insight alla quarta birra

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Alla quarta birra, dopo tre flash-back, ho avuto un insight,

cioè una madeleine, un’epifania, un’apparizione,

è successo quando all’ultimo sorso della quarta birra, ormai innamorato perso di questa quarta birra, ho recuperato la bottiglia e guardato l’etichetta: in quel momento è apparso lo spettro di John Terrible annunciandomi: “ti sei innamorato di una birra di merda”.

Su queste parole, scattava l’insight, che in un colpo solo (dottrina della grazia divina) mi permetteva di reimpossessarmi di un trauma giovanile, superarlo, e aprirmi a nuove possibilità gustative.

Le cose sono andate così:

ieri sera, alle ore c.ca 20.00 mi recavo in località Bg-Birra, e senza badare a spese, data la mia situazione psico-emotiva, acquistavo:

una MukkaMannara Mukeller da 75cc, da Porto Sant’Elpidio –Macerata;

una Space Man Brewfist da 33cc, da Codogno –Lodi;

una My Antonia del Borgo da 33cc, da Borgorose- Rieti;

una Mein Grunes Schneider Weisse da 50cc, da Kelheim-Deutschland;

devo riportare per onore di cronaca i consigli di Fra’ Daniele, che insieme al fratello Monaco Zein tiene con scrupolo religioso il banco di mescita:

sulla MukkaMannara: capisco; sulla Space Man: ci sta; sulla My Antonia: ci vuole; sulla Mein Grunes, da me scelta solo perchè costava poco (pensando di usarla per cucinare): potrebbe essere la tua weisse.

Ignaro di quel che sarebbe accaduto, non ho dato troppa importanza a queste parole.

Rintanatomi nei miei appartamenti in spirito Dostoievskj – memorie del sottosuolo, cominciavo a scolarmi le referenze in ordine d’acquisto lasciando libero corso alla regressione neurologica:

con la MukkaMannara precipitavo in stato d’ebbrezza patetica, e di nuovo come allora (primo flash-back) mi innamoravo di Sharon Stone e rivivevo la prima volta che l’ho vista, al cinema Astra, in S.Orsola, io pubescente, lei già donna, diciannovenne, un cerbiatto, io in platea, lei sullo schermo, deuteragonista nel film fantastico Total Recall- Atto di forza, protagonista Arnold Schwarzenegger;

con la Space Man ritrovavo le amare certezze del mondo IPA e guardando l’etichetta mi risvegliavo nel fumetto l’Eternauta (secondo flash-back), anni 80-90, Skorpio e Lanciostory, capolavoro assoluto, la totale solitudine dell’uomo contemporaneo;

a quel punto ero ormai in modalità Superciuk-Alan Ford, e la terza birra “di aulità”, My Antonia, non l’ho bevuta, l’ho usata per sbaglio per fare un risotto alla birra con una cipolla, una zucchina e un pezzo di costata della Dimocar in offerta che avevo in frigo,

il risotto alla Superciuk è venuto bene, fin troppo saporito;

così m’è venuta sete, e distrattamente ho versato la Mein Grunen, la birra-merda da cucina, l’ho versata in due bicchieri, perchè in uno non ci stava, e mi sono poi perso a leggere il Deuteronomio in piedi davanti alla libreria, finché senza pensarci ho bevuto il primo sorso, e mi sono innamorato al primo sorso;

entrato in estasi, ho scolato il bicchiere, e mi ha preso un desiderio fortissimo di berne ancora,

mi ero dimenticato del secondo bicchiere, e quando dieci minuti dopo l’ho visto che mi guardava, dicendomi “bevimi”, eccomi ebbro di felicità,  invaso da una gioia infantile-superciuk;

solo dopo averla davvero finita mi sono posto il problema: che birra era?

Così ho recuperato la bottiglia, era la Weisse tedesca, industriale, rifilatami da Fra’ Daniele a un prezzo basso rispetto alle altre, le artigianali italiane luppolatissime con etichetta fichissima e prezzo da Amarone.

Ho guardato l’etichetta: un’etichetta banale, brutta, vecchia, quasi da discount, tradizionale, ma con disegnate in aggiunta delle brutte cime di luppolo, di un brutto verde.  è stato a quel punto che mi è apparso Jhon Terrible. Ti sei innamorato di una birra di merda.

Nella mia ignoranza avevo sempre considerato quel marchio anonimo (Schneider Weisse) e la tipologia in generale (Weisse) come birre di merda, da sfigati, buone giusto per innaffiare cene tirolesi.

E invece questa avversione nascondeva un trauma, un ricordo dimenticato (terzo flash-back): all’età di sedici anni, con un compagno di scuola, il mio primo viaggio in moto, in Baviera.

Una sera, a Monaco, prendiamo una sbronza colossale, ci aggiriamo la notte ubriachi in periferia in cerca di un campeggio, lo troviamo, entriamo, montiamo la tenda, dormiamo;

ci svegliano voci inquietanti, apriamo la tenda, è giorno, due SS con la divisa Polizei ci stanno fissando, e così pure la comitiva di turisti alle loro spalle: ci troviamo, noi e la tenda, nelle aiuole tra le baracche del campo di concentramento di Dachau, da noi scambiato per un campeggio-ostello.

Questo episodio tragicomico nascondeva un particolare rimosso, che era sparito dalla mia coscienza: ecco l’oggetto dell’insight, la rivelazione, l’eureka: per la prima volta ho rivisto il prima, la sbronza, quel pub di Monaco, e quella birra: la Weisse, proprio la Schneider Weisse, ci eravamo ubriacati a Weisse, nasceva da lì la mia avversione per la Weisse.

Alla fine, aveva ragione Fra’ Daniele: ho trovato (ritrovato) la mia Weisse.

Morale, anche nell’itinerario religioso verso la birra, appena credi di aver raggiunto una certa saccenza, ecco che il Signore ti umilia, aprendoti nuovi orizzonti di gioia dietro porte che avevi chiuso.

 

isis e made in italy

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Astrea_HotelShow

Non prendiamoci in giro parlando di embargo allo stato islamico, a quelle 50 autocisterne di petrolio “in nero”: parliamo di embargo vero, totale, ai paesi che finanziano il Terrore – che il compagno Putin ha svelato al mondo –  e dunque tutti i paesi arabi ricchi, con tutte le ripercussioni che possiamo immaginare sulla nostra economia.

Questi nostri amici sceicchi finanziano l’isis in primis per non essere essi stessi il primo obiettivo del terrorismo, come sarebbe logico, cioè pagano per tenerli alla larga, non diversamente da quel che fece a suo tempo Papa Leone I Magno, quando si presentò incontro ad Attila con al seguito una carovana di carri carichi d’oro, chiedendogli di non oltrepassare il Po;

in secundiis per ragioni ideali, mossi da senso di colpa o simili, non diversamente da tanti nostri nababbi idealisti che pochi decenni fa finanziavano il terrorismo di estrema sinistra;

Vogliamo combattere il terrorismo? Dovremmo cominciare col dire la verità e avere il coraggio delle nostre azioni. Siamo pronti a tagliare ogni legame, a chiudere ogni attività commerciale, finanziaria, industriale con i ricchi sceicchi che lo finanziano?

E con ciò stendere un velo pietoso sulla mitologia del made in Italy moda e design, a finirla con questa commedia su “i nuovi ricchi che vogliono vestire italiano”.

(E questo vorrebbe dire rimetterci a produrre prodotti onesti, anonimi, competitivi, non drogati dal circolo pubblicità-finanza-propaganda, tornando a essere quel paese povero che in realtà siamo)

Con embargo e sanzioni, dovremmo altresì confiscare, requisire, nazionalizzare le proprietà degli sceicchi in occidente, in Italia, luxury brand, squadre di calcio, formula uno, immobili, a cominciare dal nuovo centro-bufala di Milano, che gli abbiamo appena venduto a prezzo triplo.

Di cosa parliamo quando parliamo di terrorismo islamico?

D’accordo, questi “terroristi” che si mettono a sparare random, non sono degni di essere chiamati uomini, e tantomeno soldati,

però non dimentichiamo che: le armi sono di nostra fabbricazione;

l’intelligence, la comunicazione e spesso perfino gli esecutori materiali sono cittadini occidentali,

e soprattutto i finanziamenti, che provengono da paesi o personaggi nostri amici, nostri partner in decennali business di sfruttamento delle risorse naturali del medio oriente, e questo a vantaggio di pochissimi membri di una elite reazionaria, maschilista, col risultato di affamare intere popolazioni ridotte in servitù;

Sappiamo perfettamente come stanno le cose, ma come tanti pecoroni preferiamo belare insieme ai nostri mass media;

Da 25 anni con ipocrisia sfacciatia offendiamo i nostri stessi valori (democrazia, diritti umani, pace) e bombardiamo, occupiamo, deprediamo  il medio oriente a scopo di lucro (petrolio, e cioè un’economa senza futuro, inquinante, dissipatoria, contraria al nostro stesso spirito scientifico e tecnologico).

Ora dopo tanto export bellico ci ritroviamo in casa il nostro stesso prodotto: violenza, distruzione, morte, terrore.

Se vogliamo ragionare seriamente, sulla base della nostra cultura, non possiamo far finta di non sapere che per ogni membro dell’aristocrazia saudita e affini (emirati, 2bai, 4tar, q8) nato ricco da petrodollari, schifosamente ricco, ci sono centinaia di migliaia di esseri umani che nel deserto accanto crepano di sete, fame, diarrea, bombe, epidemie, massacri, carestie, migrazioni,

e questo mentre lui, l’arabo di sangue blu, nostro amico, compra (da noi) yacht, aerei, elicotteri, auto sportive, gioielli, castelli, piscine, pellicce, borsette, autodromi nel deserto, piscine nel deserto, grattacieli nel deserto, fontane nel deserto, alimentando il peggio della nostra imprenditoria pseudo creativa, in realtà familista e ignorante, al pari della sua clientela.

Di cosa stiamo parlando quando parliamo di democrazia e diritti umani? Che cosa c’è di nuovo rispetto alla democrazia ateniese, basata sulla schiavitù di massa dei beoti, degli iloti, dei lavoratori della terra?

Sostenendo gli sceicchi sosteniamo un modello di sfruttamento improponibile nelle nostre comunità, e adesso ci ritroviamo a fare i conti con l’onda di ritorno, un’onda che sarà lunga, e fatta di sangue.

Per fare davvero la guerra al terrorismo, non serve chiudersi in casa, o ghettizzare la comunità islamica, e nemmeno fare della Siria un nuovo Vietnam,

occorre il coraggio di cambiare amicizie e vizi, smettere di drogarci di petrolio facile e di arricchire regimi anacronistici.

Non è dalle macerie siriane-irakene che viene il cancro del terrorismo, ma dal lusso degli emirati. Lo sappiamo.

Democrazia, diritti e libertà sono solo parole vuote se non c’è un minimo di uguaglianza.  Non dimentichiamo come e dove è nata la civiltà occidentale moderna: a Parigi, tagliando migliaia di teste, quelle di sangue blu, perchè erano delle sanguisughe. Un periodo che sui libri di storia si chiama il Terrore.

la settimana dello scrittore cottimista

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GeorgeSimenon2

abbiamo incontrato un vero scrittore cottimista, che ci ha concesso 3 minuti per 3 domande: 1) come si definisce  2) come lavora 3) cosa consiglia agli aspiranti scrittori cottimisti.

> Mi definisco un idealista, nel senso che come il piastrellista mette giù piastrelle, l’idealista deve mettere giù idee.

> Per farti capire come lavoro ti faccio la lista delle cose da fare / pagine da scrivere questa settimana, che ho stampata in testa:

10 pag. >  racconto-favola di natale per società multinazionale,

50 pag. > 5 racconti di birra-lett (gialla, rosa, rossa, nera, bianca)

80 pag. > raccolta racconti/testimonianze di imprenditori

100 pag. > foto-romanzo pocket per collezione moda

1 pag. > naming evento + testo invito x evento aziend nataliz x azienda n1

1 pag. > naming evento + testo invito x evento aziend nataliz x azienda n2

1 pag. > naming evento + testo invito x evento aziend nataliz x azienda n3

1 pag. > naming evento + testo invito x evento aziend nataliz x azienda n4

1 pag. > naming evento + testo invito x evento aziend nataliz x azienda n5

10 pag. > persone che in qls momento ti chiamano per chiederti “mi scrivi questa paginetta, grazie!” e riagganciano prima che tu riesca a dirgli di no.

TOT: prosaicamente, 255 pagine in 5gg, cioè programma Stakanowriter:

51 pag.  produz. min. giornaliera in 12-16h alla tastiera.

Premio di produzione orario: sigaretta.

Premio di produzione giornaliero: partita alla playstation.

Premio di produzione di qualità: una birra giù al pub.

L’avvertenza è questa: al pub non provare anche tu a lamentarti della dura giornata di lavoro come fanno tutti i tuoi amici, dal manovale al manager. Cominceranno a divertirsi e a prendere per il culo te e tutta la categoria dei “creativi”: non avete idea di cosa vuol dire lavorare, faticare, produrre! Vorrei farlo io il tuo lavoro! 

Gori e Mussolini

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Antenor2

Per il nome che porta, l’istituto storico della resistenza (ISREC) dovrebbe avere il coraggio di trasmettere alle nuove generazioni come cosa viva i valori della resistenza, e della lotta ai regimi totalitari,

invece da decenni questo istituto si perde e si svaluta in sterili polemiche necrologiche noiose come le feste comandate  – pensiamo ai tradizionali e vibranti appelli contro il busto a Locatelli, morto nel 1936 –  e iniziative francamente ridicole che sembrano manfrine da operetta, come quella di questi giorni: la petizione e la richiesta al sindaco di revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, datata 1924, cui il sindaco Gori ha giustamente risposto scrivendo che ha altro da fare che schiaffeggiare le statue;

io credo che questa ossessione dell’ISREC per statue e cadaveri derivi dal fatto di avere degli scheletri negli armadi, scheletri locali in armadi locali,

e ovviamente penso e ripeto che questo istituto dovrebbe aprire i suoi archivi e dunque la sua coscienza e far luce sull’episodio più cruento avvenuto nella bergamasca, la fucilazione a Rovetta, a guerra finita, 3 giorni dopo la liberazione, di quaranta ragazzini tra i 15 e i 17 anni, gli ultimi patetici volontari in camicetta nera, bambini inermi, che pure avevano fiduciosamente consegnato le armi ai partigiani, e questo anche per rispetto ai veri martiri della resistenza;

Fatto questo, levati gli scheletri dagli armadi, verrà poi naturale dedicarsi a iniziative più utili e attuali e realmente antifasciste e cioè insegnare la resistenza da fare oggi, ai regimi totalitari di oggi.

Soltanto gente che vive nel passato e guarda solo le apparenze e le etichette può illudersi e bearsi di combattere il “fascismo” facendo scaramucce con le statue o con i gruppi di estrema destra, mentre i veri fascisti, non di nome ma di fatto, hanno il dominio assoluto del denaro e delle informazioni, e tengono in sudditanza totale masse intere di persone, ovunque nel mondo.

 

 

La freddezza nel lenzuolo

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morti

Ieri mi sei venuto in mente tre volte, e sempre per motivi di donne, e alla fine della giornata grazie a te ho fatto due buone azioni, e ritrovato un ricordo dimenticato.

La prima al semaforo, mentre si avvicinava il lavavetri, e pensando a te devo aver assunto un’espressione così arcigna che quello si è dirottato sull’auto accanto, dove c’era giovane mamma, che poi si stava quasi per mettere a piangere, perchè non aveva soldi per pagare il lavaggio, e allora io, sempre pensando a te, ho abbassato il finestrino, con voce sicura ho detto “ci penso io, signora!” e ho allungato l’euro al lavavetri, e tutto è andato a posto.

La seconda verso sera, al supermercato, scaffale dei vini, una badante non più giovane con in mano una bottiglia di vino rosso da 2 euro mi chiede se me ne intendo, se è buono, e di nuovo mi sei venuto in mente, o per meglio dire ho sentito il tuo spirito entrare in me, diventare me,

e allora ho tirato fuori il cinque euro che avevo in tasca – da dieci minuti mi aggiravo non sapendo cosa prendere –  e le ho detto “prenda questo signora, e lo beva alla salute degli amici lontani” e così dicendo le ho tolto dalle mani il vinaccio, e le ho messo in mano e il 5 euro e un chianti da 7 euro, e le sone scese subito le lacrime, e per un quarto d’ora mi ha spiegato che non potrebbe bere alcolici, perchè prende delle medicine, e  io le ho detto che anche questa medicina, il buon vino, è indispensabile, a volte;

e infine rientrando a casa, nella mia via, mi è tornata in mente quella volta, due o tre anni fa, era estate, stavamo aiutando un amico a fare un trasloco, eravamo su un furgone tenuto insieme a fil di ferro e scotch,

parlavamo di tecniche maschili per sgamare le tipe che fingono gemiti e tensioni che in realtà sono sbadigli, e tu citasti un caso tipico:

hai presente Leone quando risali da sotto le lenzuola con la forza di un vulcano, e sei un eccello infuocato che piomba nel nido, e la scopri, la copri, la scopi, e lei geme e tutto quanto: eppure ha la freddezza, nel groviglio di membra, per afferrare il lenzuolo, e coprire!