ti rendering conto?

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Sabato scorso doppia pagina su L’Eco per “il rilancio del centro”, “la città green” “immaginiamo Bergamo senz’auto”, con una serie di rendering commoventi, che mi hanno fatto ripensare a quando all’asilo, per non sapere né leggere né scrivere, la maestra ci chiedeva di disegnare la piazza o il quartiere. Io mettevo gli indiani e i cow-boys a combattere sul ponte della Morla.

L’Eco mette una signorina in due pezzi in via Tiraboschi, e una panchina dalla prospettiva impossibile in Porta Nuova.

Se penso ai decenni di ricerche, alle decine di professionisti di ogni ambito (architetti, naturalisti, ingegneri, urbanisti…) che da anni cercano seriamente di fare la Bergamo green, e penso ad esempio al “passante pedonale verde” che dall’Accademia Carrara via Parco Suardi-Montelungo-Tasso arrivi al Sentierone”, oppure al sentiero sotto le mura, già proposto negli anni Trenta; oppure alla “riscoperta” della rete delle rogge che attraversa il centro, di cui evidentemente gli autori dei rendering non hanno la minima idea…

Se l’intento è realmente quello dichiarato (“immaginiamo Bergamo senz’auto”) certo queste immagini non rendono un buon servizio alla causa, anzi…

Se invece l’intento fosse esattamente quello opposto, e cioè screditare le visioni green e la città senz’auto, allora sono perfetti.

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Istruzioni per capire Bg – suore, soldi e soldati

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STORIA5 LUOGHI  Allegoria su foglio ufficiale rappresentante la Libertà vittoriosa in Bergamo. - B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi -

Prendi un libro di storia, vai all’indice. Trovi 98 uomini e 2 donne.

Prova a riscrivere la storia partendo dai personaggi donna. Ti troverai contro gli storici (anche gli storici donna) che ti diranno: e dove sono le fonti? Tu stai facendo narrativa!

Va bene. Resta il fatto che non puoi capire la storia di Bergamo Bassa senza le donne.

Per cominciare: Santa Grata, la fanciulla che prese in grembo la testa mozzata di Sant’Alessandro martire, e se la trascinò seco per mezza città, sanguinolenta. Dalle perdite di sangue della testa del Santo (nel grembo della Santa) su quel prato – poi detto di S.Alessandro – spuntano fiori, piante perenni, le stesse oggi piantate nel sentierino.

Ogni anno, nell’anniversario del martirio, in questo prato presero a ritrovarsi gruppi sempre più numerosi di credenti. Da questi assembramenti devozionali, nasce la Fiera di Sant’Alessandro, che darà anima e storia all’odierno Sentierone.

Poi, un esercito di suore. Tra il 1300 e il 1800, gli unici edifici presenti nell’attuale centro di Bergamo erano conventi e monasteri femminili. Che in seguito divennero caserme, o banche.

Santa Marta, “la nota antica della Bergamo Moderna”, è un convento di suore domenicane del 1335. Ci resta il chiostro, interamente circondato dalla sede della Banca Popolare.

Poi c’era Santa Lucia, proprio a fianco di Santa Marta, dove oggi sorge Palazzo Frizzoni, sede del Comune, anch’esso convento di domenicane. Più antico, sempre di suore domenicane, e tuttora “in esercizio”, il monastero di Matris Domini. Più periferici, scoperta di questi giorni, i conventi femminili nell’area della Caserma Montelungo.

In via Pignolo e in via S. Alessandro, altre suore di clausura, nonché la chiesa della Maddalena, sconsacrata (da fonti non attendibili: tra le mille imprese del Colleoni, l’aver trafugato il corpo della Maddalena da Senigallia, dove l’avevano portato i crociati, e l’averlo traslato a Bergamo).

Unica presenza maschile nell’area oggi centro della città: i frati di San Bartolomeo (domenicani pure loro).

Per centinaia di anni, l’unica possibilità di carriera e di potere, l’unica impresa che una donna poteva dirigere (e con profitto!), era il convento.

Suore, soldati, soldi: conventi che diventano caserme che diventano la city finanziaria.  In mezzo, la fiera, cioè la città commerciale, i cui proventi andavano all’ospedale di San Marco, in linea con la tradizione “ospitaliera” della città della suore. Santa Marta di Betania era la santa “ospitaliera” per definizione. Santa Grata stessa fondò un ospedale.

La più antica istituzione cittadina, la MIA, nasce nel 1265 per “prevenire l’eresia” sostenendo la popolazione bisognosa. Nel 1500 Bergamo ha 20.000 abitanti: ben 7000 sono “mantenuti” dalla MIA. In occasione della Fiera, la popolazione triplica. Commerci internazionali e finanza solidale.

Secoli dopo, con motivazioni moderne, ma assimilabili, nasce la Banca Popolare di Bergamo, che stabilirà la sua sede proprio dove sorgeva l’ex convento di Santa Marta (e assumendosi il compito di conservare e ristrutturare quel che ne restava: il chiostro).

Oggi le donne a Bergamo “hanno in mano” la cultura, e l’8 marzo l’Eco di Bergamo le intervista in coro. Ma io credo che per cambiare le cose, cioè per costruire una nuova cultura a partire dalle donne – cosa di cui c’è un gran bisogno – le donne dovrebbero prendere l’economia, il potere vero, la politica, la finanza.

E poi affidare la cultura agli uomini.

(Immagine: Allegoria della Libertà vittoriosa a Bergamo, da Storia di Bg e dei Bg di Bortolo Belotti)

 

Istruzioni per capire la città di Bergamo – il sentierino

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IMG-20170531-WA0005 (nella foto: il sentierino è quello a sinistra, alberato; il Sentierone a destra, lastricato)

 Bergamo è una donna. Ti diranno che è una donna chiusa, e questa chiusura è rappresentata dalle sue Mura, che come un decolleté incorniciano il suo volto incantatore dal profilo perfetto. Ti innamori della sua bellezza a prima vista. Ma se vuoi capirla, lascia stare Bergamo alta, e comincia da Bergamo bassa: la pancia, le gambe, la pulsazione della città.

Perché in realtà Bergamo è una donna aperta, molto aperta, anche un po’ puttana, e non da oggi. E le sue valli sono ancora più aperte, e ancora più puttane. Gli storici lo sanno.

Tutti hanno costruito mura a Bergamo. I Romani nell’evo antico, i Bergamaschi nel medioevo, i Veneziani nell’evo moderno. Ma come sempre, costruite con la scusa di proteggere dall’esterno, le mura servono poi a rinchiudere chi ci è dentro. E sempre i bergamaschi hanno trovato modo di abbatterle, o uscirne.

Bergamo bassa nasce come linfa fuoriuscita dalle mura di Bergamo alta. Colate di magma urbano che dalle porte scendono al piano. Botteghe, magazzini, opifici, edifici: i borghi.

Da Porta S. Agostino discendono verso Venezia le vie Pignolo, Borgo Palazzo, Santa Caterina, piazza S. Spirito, e via Tasso.

Da Porta S. Giacomo discendono verso Milano le vie S. Alessandro, S. Orsola, Borfuro, Piazza Pontida, e via XX Settembre.

In mezzo: il nulla. Un’area vuota che separa e unisce i due borghi, un prato, un’area periferica, adibita a pascolo, ma utilizzata un mese l’anno (fine Agosto e inizio Settembre) per dare vita a una delle più grandi –  e antiche –  fiere d’Italia e d’Europa (da cui: la città puttana commerciale): la Fiera di Sant’Alessandro.

E così, nel corso del tempo, il sentierino che attraversava questo prato è diventato il Sentierone, i borghi si sono saldati, e quella che era un’area periferica è diventata il nuovo centro della città: un centro commerciale. Non è per caso che oggi abbiamo l’Oriocenter. Ce l’abbiamo sempre avuto.

Poi, nel Novecento, negli stessi anni, mentre il nuovo centro di Bergamo Bassa veniva costruito ex novo come centro finanziario e dei servizi (da cui: la città puttana moderna)  la vecchia città alta, che era rimasta tagliata fuori, diventando a sua volta una zona degradata,  è stata “reimpaginata” come città d’arte (da cui: la città puttana turistica).

Piaccia o no, il caso Bergamo è stato il modello urbanistico di molte altre città “modernizzate” nel  ventennio, con soluzioni divenute poi di norma: e citiamo il rispetto del panorama urbano considerato come bene paesaggistico (il famoso cono ottico su città alta, da via Autostrada – sic! – a Porta Nuova).

Oggi, dal momento che la funzione di città puttana commerciale è ulteriormente migrata a sud (il nuovo Sentierone è l’aeroporto, e l’Oriocenter è il nuovo super-market) il centro piacentiniano è in fase di cambio d’identità e nuova consapevolezza da puttanella turistica, non in concorrenza, ma in sinergia con la puttana madre, Bergamo alta.

In questa dinamica psico-erotica, trova le sue motivazioni il progetto “sentierino”. Il sentierino è la traccia generativa della Bergamo Moderna oggi allestito come “percorso narrativo”, come viaggio nel passato della Bergamo Moderna, con 26 personaggi di diverse epoche che raccontano episodi, frammenti, scene dall’anno mille al duemila.

Rintracciare il sentierino nel Sentierone per riscoprire spirito, carattere, tempra dei nostri avi. Personaggi ostici, inclassificabili, spesso impresentabili, ma stranamente attraenti. Ne ho esaminati e proposti un centinaio prima di arrivare alla selezione finale.

Si, questa città è una puttana. Ma noi umani possiamo amare anche una puttana, insieme a tutti quelli che l’hanno amata prima di noi.

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Info su www.ilsentierino.it

 

 

 

santa maria sedativa

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Ieri sul Sentierone al Festival dell’Ambiente di Bergamo acquistata marijuana light (thc < 3) in libera vendita. 17 euro in promozione, 5 grammi, cartine in omaggio. Buona. Il commerciante mi dice: per il suo contenuto inferiore al limite di legge, è perfettamente legale, tuttavia potrebbero sequestrarla per esaminarla. Quindi?

Meglio evitare, se siete persone riservate, di andare in giro a fumarla vistosamente, perché l’aroma è quello. Nei primi tempi ci saranno dei controlli, ma possiamo abbastanza realisticamente prevedere che nel giro di x mesi/anni, tutti fumeranno tutto ovunque.

Trambai tribe

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CRESPIcentrale

Una lingua di terra sempre più esigua tra due corsi d’acqua, da una parte il canale, gonfio e rapido, dall’altra il fiume, placido e sinuoso. Improvvisamente dietro un’ansa appare il grande edificio d’altri tempi, che torreggia sulle acque, con dentro macchine gigantesche, grandi come astronavi, dipinte di nero.

In questo scenario da Metropolis + Indiana Jones, in una mattina di sole, ecco un gruppo eterogeneo di persone –  giornalisti, assessori, atleti e alcuni selvaggi tatuati e barbuti – che bevono insieme birre spillate da un impianto montato al momento, e non è nemmeno mezzogiorno.

“Tutto comincia qualche anno fa negli Usa, una festa di compleanno di un gruppo di amici che amano la birra, e sono tutti bike messengers, i fattorini in bicicletta, e si sfidano in una gara improvvisata nel quartiere. Subito la moda arriva in Europa, parliamo di gare semiclandestine notturne, in zone industriali, a Milano, a Bologna, nasce una tribù, un fenomeno. Parlando con Giovanni (boss del maglificio sportivo Rosti, ndr) ci viene l’idea di fare una gara del genere nel villaggio operaio di Crespi d’Adda. Da perfetto sconosciuto vado a bussare all’amministrazione comunale” (Alessandro Gallo, Balanders’ crew – team fixed).

“Subito sono rimasta colpita dalla serietà e dalla professionalità di queste persone (gente con gli orecchini e la barba lunga trenta centimetri, ndr) e l’idea mi ha conquistata, qui ci piacciono le sfide, questo luogo deve tornare a vivere, è un gioiello di storia, un volano di energia” (Valeria Radaelli, sindaco di Crespi d’Adda)

“Si corre su un circuito urbano, con curve secche, ma con una bici da pista, a scatto fisso, pedalata continua, niente freni… per rallentare pedali all’indietro, in contropedalata, come facevi da ragazzino con la Graziella della nonna… arrivi alla curva a 50km/h, devi riuscire a fare una skittata, hai bisogno di tante forza fisica e tanta tecnica, sia di gambe che di testa, insomma: tanta adrenalina, e cervello, perché se sei stanco…” (Manuel Scerbo, squadra corse team Beltrami Criterium Italia)

“Per il food avremo la Casa di Enzino, una comunità creata da Don Mazzi in Val Camonica, e poi le birre Balanders’. Dicendo Balander in dialetto si intende un poco di buono: però buono, e benvoluto” (Gottardo Ferrati, birrificio Balanders’)

“No io non parlo, cosa c’è da dire? Che il ricavato andrà in beneficienza? C’è bisogno di dirlo?” (Giovanni Alborghetti, maglificio Rosti)

Succedeva stamattina (25 maggio, ndr), alla vecchia centrale idroelettrica di Crespi d’Adda, “cattedrale” di archeologia industriale che un tempo faceva “girare” la fabbrica, e oggi è stata rimessa in funzione, in ottica sustineable-energy. Era la conferenza stampa di presentazione della Trambai Rosti Criterium, gara fixed che si correrà il 10 giugno, nelle strade del villaggio operaio di Crespi d’Adda (luogo che è patrimonio Unesco).

“Una vera conferenza stampa si fa così: prima si beve, poi si parla. Nessun discorso preparato, niente sedie, palchi o microfoni. L’evento parla da sé” (Leone Belotti, Calepio Press) (Photo: interno della centrale di Crespi d’Adda).

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quando si faceva il bagno al diurno

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La domenica mattina se ne andava tra scrivere a casa e fare il bagno, all’albergo diurno, perché la signora Gemma aveva lo scaldabagno guasto, e secondo lei c’era il pericolo che il gas facesse scoppiare ogni cosa.

Il diurno era sotto il piano della strada, e bisognava scendere una rampa di scale a chiocciola. Laggiù scoprivi un labirinto di corridoi a piastrelle bianche e tante porte. Una decina di donne cinquantenni e atticciate, con grembiule celeste e fazzolettone in capo, trottavano su e giù, portando asciugamani sporchi, secchi di liquido per disinfettare, spazzoloni di cencio per strofinare le vasche. I clienti invece stavano seduti in fila su certi sgabelletti cromati, in attesa del turno. All’ingresso ti davano un biglietto con il numero, e dovevi star bene attento, quando la donna lo chiamava, altrimenti c’era il pericolo che quella passasse al successivo, e il turno andava perso.

“Novantasei” urlava la donna. E Subito, se nessuno si alzava a dire “Io”, oppure “Presente!” secondo i casi, quella incalzava: “Novantasette”, e così via.

Con tanta gente bisognava far presto a lavarsi, altrimenti la donna ti bussava alla porta gridando con voce di naso: “Sollecitare!”. Così io non avevo mai tempo di tagliarmi con comodo le unghie dei piedi: ho sempre tenuto le forbicine apposta io, per le unghie dei piedi, di quelle che funzionano a molla, come le cesoie dei giardinieri.

(Luciano Bianciardi, L’integrazione, 1960. Immagine: il Diurno di Milano)

Domani 19 maggio dalle h18 il Diurno di Bergamo in piazza Dante, chiuso dal 1978, riapre in anteprima come Contemporary Locus (progetti d’arte in luoghi dismessi temporaneamente riaperti attraverso opere e progetti site specific di artisti internazionali).

Si scenderà da uno scalone dietro il Sentierone, ci si ritroverà in un grande salone sotterraneo, in origine costruito come rifugio antiaereo, quindi trasformato in albergo diurno. Bagno, manicure, pedicure, coiffeur, liquori, sigari, biliardo. Una specie di mix centro benessere-malessere. Negli ultimi anni era diventato il posto dove i perdigiorno-nottambuli della città andavano ad aspettare il tramonto. Qui sotto, immagine del Diurno di Piazza Dante.

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cosa vuol dire banca immagine

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Passi interi pomeriggi on line sulle più grandi banche immagini, guardi migliaia di foto perfette, in alta definizione, e non ne trovi una che ti dica qualcosa. Paesaggi fantastici, uomini e donne bellissime, luci studiatissime, inquadrature intelligentissime: e non ti smuovono niente. Zero sentimento, zero suggestione.

Torni a casa, cambi epoca, ti si apre un mondo. La vera banca immagine è quella scatola di scarpe nell’armadio di tua madre, con dentro le vecchie foto di famiglia. Un patrimonio che andremo a perdere. Mi viene da ridere quando le anime belle digitali pensano di salvare questo patrimonio a colpi di scanner.

In realtà tutte le nostre schede di memoria, i giga, il cloud, i server sono tecnologie di perdizione. I miei romanzi degli anni Ottanta su floppy disk sono irrecuperabili. Il diario di mio bisnonno del 1880 è perfettamente leggibile. Credo che molto difficilmente potremo mostrare ai pronipoti le nostre bacheche facebook. A meno di stamparle, e metterle in banca, cioè in una scatola di scarpe, e in un armadio.

 

 

Il consiglio del maschio antico

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MschioAntico

Corpo di ninfa, pelle di seta, bocca d’amore, occhi di brace.

Può ucciderti con uno sguardo, resuscitarti con un cenno.

Toglitela dalla testa. Portala nel cuore.

(consiglio del maschio antico, dal retro di una vecchia fotografia anni quaranta) 

 

ti piace studiare?

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IMG_20170424_150403 Quando siete un piccolo genio, e un adulto vi chiede se vi piace studiare, la risposta giusta è: no, mi piace sapere.

(photo: il bambino Leone Belotti riceve la sua prima borsa di studio in storia dal presidente della grande banca)

 

Quando sharing/condivisione si diceva comunione

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Prima ti confessavi, poi ti comunicavi.  Facebook ce l’hanno installato da piccoli.

La parrocchia era la community, l’oratorio il social network. La confessione è stata la nostra prima chat. La comunione ci ha portati all’happy-hour. La ridondanza dei messaggi – comandamenti, preghiere – ci ha predisposti alla pubblicità.

Il titolo di quel vecchio libro del grande laico Benedetto Croce, “Perché non possiamo non dirci cristiani”, funziona ancora.

Sono queste le cose che mi dice il me-bambino della foto Wells. Primi anni Settanta, prima comunione. Chiesa di S. Anna, Borgo Palazzo.