Delitto e castigo in 4 sorsi di birra

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Mi mettono davanti una Raskol’nikov, il protagonista del romanzo più famoso di  Dostoevskij: “un’opera dove non esistono personaggi minori, ma dove ogni figura è portatrice di una voce, di una propria potente visione del mondo”.

È stato il critico Michail Bachtin a inventare l’espressione “romanzo polifonico” parlando di Dostoevskij: ogni personaggio rappresenta in qualche modo un’idea, un’ossessione, un punto di vista sulle cose”.

Siamo tutti Raskol’nikov, cioè: compiere un delitto, e passare il resto della vita a cercare di giustificarsi con sé stessi. Tutto è assurdo fin dall’inizio, e la Raskol’nikov è sicuramente una delle birre più strane del pianeta. Tutto strano, tutto illogico in linea con i tempi.

L’unica mentre si beve una Raskol’nikov?  Leggersi la biografia di Dostoevskij. Come si legge una biografia?  La vera lettura è la scrittura che ti fai nella mente quando decidi cosa ti devi ricordare! 4 cose al massimo.

1) A vent’anni è un rivoluzionario e scrive: “Le notti bianche”.

2) A trent’anni sposa una donna ricca, e cosa scrive? “Umiliati e offesi”.

3) A quaranta muore la moglie, lui inseguito per debiti, e scrive: “Delitto e castigo”.

4) A cinquant’anni  riesce ad acquistare una villetta in campagna dove si ritira a scrivere. E cosa scrive? “L’idiota”.

Meglio farsi un’altra  Raskol’nikov. In bocca è salata (sale rosso delle Hawaii!), acida, speziata, lamponata e persino luppolata, ma poco. Una rivisitazione delle classiche Gose di Lipsia. Ha un effetto vieppiù interessante: rende gli uomini più intuitivi e le donne  intelligenti.

testo di Alessandra Corti (ex conversazione con Papa LeoneXIV)

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la gonna della nonna

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Lei non era mia nonna, era molto di più. Ma arriva un bel giorno in cui qualcuno svuotando un armadio ti dice: “forse questa la volevi tu…?”. Certo. Un pezzo di storia. Un capo d’abbigliamento speciale, una gonna in jersey degli  anni ‘40 color blu notte.

Nella mia follia di gonne così ne volevo almeno 3. Tutte uguali.  Ma non è stato possibile. Vediamo come e perché. Lei, che non era mia nonna è nata negli anni ’20, con la corporatura esile e con le ossa a punta.  Educata in Italia, vissuta in Inghilterra, cresciuta tra i bombardamenti e il thè delle cinque. Una “signorina” minuta di 80 anni, ma sempre una signorina, così la si poteva percepire. Così la percepivo io. E sentivo.

Deve esserci voluto del tempo e un gran dinamismo di storie per dare al suo sguardo quell’impronta unica di azzurro. Pensavo.  Come posso indossare una gonna forgiata su misura da un corpo che non sono io? Osservavo. Ma, cosa aveva di così speciale quella Gonna in jersey di cotone? Perché non è duplicabile? Iniziano le ricerche.

Per cominciare quel jersey di cotone è introvabile da decenni, le macchine per fabbricarlo sono state tutte svendute in Romania o chissà dove. Anche trovata la stoffa da fondi di magazzino, quello che non si trova è il colore. Un punto di blu scuro al limite del nero, davvero  introvabile. Senza quel blu niente divinità. Si, perché il blu scuro tinta unita richiama sempre qualcosa di divino, in particolare se  si esclude dal blu tutto ciò che potrebbe dar luogo a un’impressione di viola o di verde. Dicevamo, senza quel blu niente divinità.

Poi c’è il problema della linea, semi modellata ma morbida, scivolata ma anche secca, difficile da replicare anche da mani esperte.  E la struttura?  Due pieghe abbassate al punto giusto delle anche, e una cinturina a marcare la vita alta e stretta. Si potrà copiare su di me? Pensavo. Nell’insieme l’aspetto a trapezio così  vicino a certi abiti destrutturati  da stilista orientale è inarrivabile oggi.

Ci vogliono altre mani a creare un gonna così. Ma non cedo e tento la clonazione con i mezzi che ho. Un’altra sarta, un’altra stoffa e un altro monaco che tenta di farsi  l’abito.  Eh si!…non è l’abito a fare il monaco, è che ogni monaco si fa un abito diverso. Infatti: il risultato è la stessa gonna che è uguale ma diversa. Il risultato è un corpo 2.0 che tenta di muoversi in una gonna pensata per altri movimenti, altri atteggiamenti, altre storie. Questa è la storia.

(testo e photo by Alessandra Corti, a.danzarelunare@gmail.com )