diventare poveri

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Cibo

prima avevi uno stipendio le ferie l’assicurazione per le spese odontoiatriche

ti davano l’aumento viaggiavi cambiavi la macchina la tele il divano l’Apple

poi ti hanno proposto di fare carriera cioè diventare un vero professionista e con il lavoro garantito guadagnare il doppio con l’I-phone pagato e l’auto aziendale

compravi il giornale tutti i giorni, il sabato ne prendevi anche due o tre, e un paio di magazine

l’aperitivo nel bar chic era la norma

andavi al ristorante in enoteca ai concerti alle mostre ai vernissage

avevi l’Audi il telepass la scooterone trendy la city bike Bianchi

a far la spesa andavi all’Esselunga, non guardavi nemmeno i prezzi, tanto meno le offerte,

poi il lavoro è diminuito e per continuare a prendere gli stessi soldi in pratica ti sei indebitato con il tuo datore di lavoro

allora hai cominciato a guardare i prezzi e hai preso la tessera fedeltà Esselunga e poco dopo l’hai tradita per il più economico Carrefour,

poi il lavoro è diventato saltuario e pagare l’Inps è diventata un’impresa

dal Carrefour sei passato  all’Auchan, quindi al Liddle, adesso all’Eurospin

prima spendevi cinquanta euro per roba che sembrava di alta qualità, genuina, italiana, bio, kmo, equosolidale: e queste tipologie d’acquisto ti davano gratificazione

adesso spendi meno della metà per roba di cui ti vergogni, che sembra di bassa qualità, industriale, proveniente da ogni dove, legalmente commestibile,

in pochi anni sei passato dal target a+, benestante-istruito, al target np, nuovi poveri,

prima avevi l’abbonamento Sky, e pagavi anche il canone Rai

adesso hai la partita Iva e le cartelle di Equitalia

d’inverno nel fine settimana andavi a sciare, adesso hai freddo in casa

ma non ti abbattere, diventare poveri è probabilmente l’unico futuro, l’unico destino della generazione nata col boom economico

da bambini i nonni ci raccontavano la fame e i disagi in tempo di guerra,

ai nostri figli e nipoti noi potremo raccontare quanto siamo stati ricchi e viziati durante la nostra infanzia e giovinezza, nel secolo scorso

memorie di un vetero patentato 2

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> piccoli gruppi vegetali, un albero, tre arbusti, due cespugli,

che resistono per anni, tra un parcheggio e uno svincolo,

come stati cuscinetto, nella terra di nessuno, e tirano avanti insieme,

come una famiglia, anno dopo anno, inverno dopo inverno,

cercando di non farsi notare, e sono pazienti, tolleranti con uomini e animali,

che a volte li usano come privè, e anche come latrina pubblica;

> certe donne che vedi per strada le quali senza nemmeno guardarti

ti bucano carrozzeria e cristalli camminando come donne di strada,

che sono capitate sulla tua strada, per essere tue nella prossima mezz’ora,

che comincia subito, con un’inchiodata, e una sorta di panico,

perché non sei stato tu a schiacciare il pedale, non è stato il tuo piede:

è stata la bestia che hai dentro, emersa prepotente dal subconscio;

> a un certo punto, con gli anni Novanta, le auto più brutte, più povere, banali,

sono diventate desiderabili, sobrie, eleganti, quasi obbligatorie, silenziose, leggere,

discrete, come il mondo intorno, le nuove architetture, l’alluminio,

e l’amico alfista fedele ti sfotte facile, l’unica materia grigia che hai, ti dice,

è l’audi; oppure: hai l’audi, ma non sei audace;

> giornate impaginate dalla teoria infinita del guard rail autostradale,

cinquecento, ottocento chilometri in un giorno, andata e ritorno,

la Cisa, l’autostrada dei fiori, la Serravalle Scrivia, il Brennero,

i Pavesini, gli oleandri, i lavori in corso a Barberino del Mugello,

giornate intere al volante, ascoltando la radio, facendo telefonate,

fino al punto d’arrivo, il tuo unico contatto umano diretto,

il grugnito-assenso del casellante, quando non c’era il telepass;

> certe strade che hai vissuto a fondo, consumando l’asfalto,

andavi da lei a ogni ora, conoscevi ogni tombino,

era un itinerario viscerale e teologico, dell’amante verso l’amata,

e improvissamente un giorno ti è diventato estraneo, nemico,

un percorso che poi hai evitato per anni, fino a non riconoscerlo più;

> notti d’insonnia, girandoti nel letto, guardando la luna,

e poi tirar giù i piedi dal letto, infilare una tuta, le scarpe, un giaccone,

e infilarsi nella propria macchina come un ladro che la stia rubando,

e lasciar guidare il pilota automatico che hai incorporato,

e un’unica frase in testa, una risposta: “non riuscivo  dormire”;

> tramonto grigio d’autunno con pioggerellina sporca e fondo viscido,

e i pensieri che slittano in direzioni impreviste, il k-way, l’inps, le Metzeler,

tua suocera in ospedale, le nuove Volvo con i lavatergifari elettrici,

e alla fine quando parcheggi un flashback del Liceo, la vecchia prof di lettere,

che aprendo il registro ripeteva: si sta come d’inverno sugli alberi, le foglie;

fine seconda puntata, tratto da “Andare in giro in macchina è sempre stata la mia unica attività intellettuale” by Leone Belotti per BaDante/CalepioPress 2013; immagine by Virgilio Fidanzahttp://www.virgiliofidanza.it/