la perversione dello scarpulì

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SaeveLeones

Si, lo ammetto, anche io faccio parte di quella grande categoria di pervertiti che segue le orme dei ciabattini, degli scarpulì, scarpe bellissime per i clienti, e loro in giro con le scarpe bucate.

Mi occupo di comunicazione, ma se per sbaglio un cliente guarda il mio sito, si spaventa. Invece della home c’è la domus, e grazie a questo abbatti del 50% i visitatori.

Qui sopra, un file ritrovato per caso, con l’evoluzione del marchio calepio press. Guardando con distacco, mi verrebbe da dire: di male in peggio.

Per rispetto e per scusarmi verso chi mi legge nonostante questi marchi, di cui mi prendo ogni responsabilità, mi sento in dovere di scrivere i tre “rational”, quei brevi testi che si presentano al cliente per spiegare nascita e senso del marchio.

1, lo sgorbio:

fatto da me “al computer”, primi anni Novanta, su pc 286 Honeywell-Bull; me lo portavo dietro su floppy, lo piazzavo sulle cose che scrivevo come mia firma.

A un certo punto accompagnava un marchio di nome Malomodo Communicatons, antesignano di ADVzero, col quale firmavo progetti esemplari di ultra-pubblicità, o pubblicità auto-denigratoria;

sotto la stessa etichetta scrivevo e pubblicavo qui e là racconti di fantamarketing (come il progetto del cimitero elettronico, il social net dei più, che avevo battezzato YouDie, e che adesso, quindici anni dopo, vedo realizzato da quel Raffaele Sollecito ex Amanda-delitto Meredith di Perugia,

2, il charro:

fatto da Benedetto Zonca (ma su mie indicazioni) una sera nel 2007, la sera che ho deciso di creare la calepio press, scansionando un piccolo leone di plastica che faceva parte di una scatola di soldatini del 1974 sul tema colosseo, con leoni, cristiani e gladiatori,

e dunque giustamente tamarro, con un leone kitch sbranacristiani che di fatto fa a pugni con una font hercolanum, astutamente scelta per comunicare all’inconscio che calepio press è un’etichetta commerciale, dal momento che la “e” dell’hercolanum, come si vede, è il prototipo dell’euro

3, il chess:

cosiddetto in quanto chess vuol dire scacchi, non per altro, fatto dallo studio Bamboo nel 2011 (sempre su mie indicazioni…),  un cavallo con testa di leone, che dovrebbe esprimere la situazione neo-situazionista dell’azione culturale sovversiva, non rivoluzionaria,

e cioè infiltrarsi nel sistema per ribaltarlo, sovvertirlo (secondo le istruzioni “debordanti” tratte dal manifesto “arte della rivolta – la rivolta dell’’arte”)

esattamente come fa il cavallo, con la nota mossa del cavallo, che scompiglia tutto lo scacchiere,

e però con testa di leone, che scompiglia mordendo, ruggendo o graffiando, secondo mia indole, segno e nome.

Ora però c’è quasi la tentazione di ripristinare lo sgorbio. In ogni tentativo di serietà intellettuale, ma anche in ogni avventura-business, c’è sempre qualcosa di patetico, di commovente, e anche di comico.