le nouvelle jacquerie

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jacquerie

(“Le nouvelle jacquerie”, by Sean Blazer, intervento al seminario “attualità dell’esproprio proletario” tenutosi a margine dell’incontro dei saggi di governo a Francavilla a Mare; imago ex scene iniziali del film cult Zombie by G.Romero.)

Nell’ancient regime, quando i signori del castello sguazzavano nell’oro senza nemmeno accorgersi che i servi della gleba già da tempo avevano iniziato a crepare di fame, improvvisamente, scoppiava una jacquerie,

cioè una rabbia e disperazione collettivamente repressa, che a una certa temperatura esplodeva in modo non organizzato, quasi per combustione spontanea,

la jacquerie contadina si risolveva solitamente in una notte, con l’assembramento della massa critica, l’assalto al castello con forconi e badili, lo sterminio dei signori, l’incendio “dei registri”, la rapina dei tesori, delle armi, del bestiame, la spartizione dell’oro, e delle scorte dei granai,

poi, nel giro di ore, di giorni, al massimo di settimane, arrivava un’armata imperiale, e ristabiliva l’ordine, con punizioni esemplari

l’equivalente della jacquerie dei servi della gleba, nell’epoca dei servi del consumo, sarà evidentemente l’assalto al centro commerciale,

assalto sino ad oggi “metaforico”, ma che prossimamente, salendo la temperatura di frustrazione nella massa oppressa, si realizzerà in assalto vero e proprio, semplicemente sposando un qualche meccanismo di contagio “social event”, quasi autogenerato dai network,

si veda l’esempio del centro commerciale “assaltato” a Palermo (si promettevano televisori a 1 euro): basterà che qualcuno dica “spesa gratis”, basterà un numero, una data, un’ora,

50.000 persone, contro qualche decina di vigilantes, che deporranno le armi, come ha quasi sempre fatto l’esigua e sottopagata guarnigione del castello (per non essere linciati, non per altro)

sarà un assalto ai beni di necessità, e dunque, oltre ai beni di necessità fisica, cibo, vestiti, anche ai beni di necessità psicologica e sociale, inerenti la comunicazione:

le tecnologie, gli abbonamenti selvaggi alle tv,

smart e tablet, non solo sfiorati col touch, ma afferrati a piene mani,

per poi magari essere gettati dopo poco, e con stizza, come noccioline che non si aprono:

e quello sarà il vero passo avanti,

cui le armate imperiali non potranno porre rimedio.

(“Cosa te ne fai, non è collegabile” dice lo Zombi1 allo Zombie2 che ha rubato una tivù,

al che lo Zombie2 risponde: “Hai ragione”, e la distrugge a mazzate)

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ing.-11-13-Orio-Center-1

una donna che ingoia-perle da posizione prona-pecorina ci invita a fare shopping selvaggio a Oriocenter,

i soliti bigotti vi diranno che questa campagna è un insulto alla dignità della donna,

e anche un insulto alla dignità della povertà,

e in generale un insulto all’intelligenza,

ma soprattutto un insulto al buon gusto,

insomma: un insulto globale, proprio come l’Oriocenter;

i bigotti evoluti invece invocheranno  l’Art.9 del codice di autodisciplina pubblicitaria (“volgarità, indecenza”)

e permetteranno ai creativi di farsi pagare anche la versione edulcorata;

i bigotti rivelazionisti diranno infine che questa campagna rivela la cattiva coscienza Oriocenter in relazione ai giganteschi flussi mensili di traffico lowcost-sex-shopping Orioport-Oriocenter e vi spiegheranno che di fatto la città del papa buono, che a suo tempo aveva bandito il vizio, è oggi una moderna capitale del sex-shopping così organizzata:

1) ogni fine settimana interi aerei di prostitute part time provenienti da ogni dove atterrano a Orio al Serio con biglietti week-end andata/ritorno;

2) svuotano le tasche (…) dei pensionati, dei mariti e degli scapoli nel raggio di 30km,

3) riempiono le casse di Oriocenter facendo shopping selvaggio,

4) rientrano a casa, dove verosimilmente sono studentesse modello del Sacro Cuore, fidanzate con allievi della Guardia di Finanza.

Senza essere bigotti, né sessofobici,

osserviamo invece con lucida pacatezza tecnica che i compagni pubblicitari dell’Oriocenter sono di fatto dei grandi sovversivi

che in qualche modo sono riusciti a riproporre lo slogan più diffuso  nel 1977:  ESPROPRIO PROLETARIO

ovvero il saccheggio collettivo di grandi supermercati per motivi politici con ridistribuzione gratuita della merce nei quartieri operai;

è chiaro, incitando allo shopping selvaggio una massa di persone rapidamente impoverite,  è questo che stanno dicendo:

“morti di fame, scatenate la vostra brama selvaggia di merce verso l’Oriocenter!”

“accorrete sbavando all’Oriocenter, fate parcheggio selvaggio, entrate dove vi pare bestemmiando,

buttate giù dagli scaffali tutto quello che non vi piace, accaparratevi selvaggiamente tutto quel che riuscite e poi uscite senza pagare, urlando oscenità alle cassiere e tirando calci alla security:

fatelo tutti insieme, il sabato pomeriggio, in ottantamila.

Forza selvaggi, venite nella capitale della cultura!”

(per gli azionisti, i pubblicitari e i legali dell’Oriocenter:

– l’apologia di reato, la diffamazione a mezzo stampa, l’oltraggio al pudore sono reati ascrivibili alla campagna in oggetto, rivolta a milioni di persone;

– questa recensione, rivolta a poche centinaia di addetti ai lavori,  si limita a segnalare l’effetto di comunicazione di simili campagne “irresponsabili”, v.anche il recente assalto a un centro commerciale a Palermo che aveva pubblicizzato “televisori” a 1€ )