dulcis in fundo

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Mi hanno chiesto se navigo in internet, ho risposto che non so nemmeno nuotare,

e nel sorriso mi è venuta in mente la mia terra, i sapori, gli odori, le case di Nicosia, la mia città, nel cuore della Sicilia,

molti anni fa, decenni, lustri, ero solo un ragazzo, sedici anni, e partivo, emigravo, e del mondo non sapevo niente, se non che dovevo guadagnarmi il pane

il primo lavoro vero a Bergamo, in città alta,  aiuto cuoco da Mimmo, locale storico, famoso,

Mimmo andava a Genova a scovare i grandi chef giramondo che lavoravano sui grandi transatlantici di lusso

cuochi, e uomini, navigati, che portavano sui fornelli la cultura internazionale della cucina:

le prime parole che mi rivolse il grande Natalino La Fata, già capopartita di bordo di prima classe, furono:  ricordati, Filippo, in cucina la base di tutto, il segreto, sono le salse, i sughi.

Lo ricorderò sempre quella volta che, nel pieno del lavoro,  depose il mestolo, si tolse il cappello da cuoco, e tenendolo tra le mani, si presentò in sala, al tavolo dello sconosciuto commensale  che aveva ordinato un certo piatto, e disse: mi dispiace, non glielo posso fare.

La mia storia d’amore con la cucina è iniziata allora, una passione che poi ho sempre coltivato, sperimentato, frequentando ristoranti, e incontrando cuochi,

mentre i casi, il destino, mi portavano a nuove attività:

sono passato dalle cucine dei ristoranti degli anni Sessanta, all’apertura delle prime pizzerie negli anni Settanta e delle primissime paninoteche, negli anni Ottanta, per trovare infine quasi per caso il mio destino:

avevo una paninoteca, chiudevamo tardissimo, e al termine della notte, per piacere personale, o per nostalgia, preparavo i cannoli siciliani,

e quei cannoli, poche ore dopo, la mattina, scatenavano l’invidia delle pasticcerie, che mi facevano i dispetti, mi mandavano le ispezioni,

allora per ripicca mi sono messo davvero,in modo industriale, a fare pasticceria,  ho ceduto la paninoteca, e iniziato una nuova vita,

e sempre usando quel nome, Florian, in omaggio  a Venezia, all’arte di godere del prelibato.

Oggi distribuisco ogni mattina dodicimila croissant, ognuna di queste dodicimila brioche è importante, ogni mattina, ogni giorno, ogni persona è importante, ogni cosa che facciamo è importante

ma ogni notte, da sempre, coltivo la mia vecchia idea, la mia vera passione, l’arte della cucina notturna, in solitaria, rifacendo certi classici, il risotto alla milanese, l’ossobuco, la casseula,

anche un piatto di spaghetti al pomodoro può essere grande cucina, se fatto a regola, con la miglior pasta, il miglior pomodoro, la qualità nasce dagli ingredienti, e poi la tecnica, la curiosità, i segreti, come la grande musica classica, certi piatti della tradizione rinascono con nuove esecuzioni,

cucina classica e ricercata, cioè di ricerca e di classe, partendo dai frutti della terra a metri zero, dall’orto, dal’erbario, dal frutteto, dalle vigne, dalla selvaggina, il sapore, la semplicità, la scoperta di un olio, la prova di una rarità di norcineria, la delizia improvvisa di certe prelibatezze

e poi naturalmente la cantina, i veri vini, e infine (dulcis in fundo) i più preziosi gioielli di pasticceria,

è proprio quando tutto decade, quando un’epoca finisce, che si possono godere i risultati più alti di una civiltà, e tramandarli a futura memoria.

Filippo Trovato, intervistato da Leone Belotti per BaDante,

 immagine: Ragazzo con cesto di pane, Evaristo Baschenis, 1660, collez. privata