50 sfumature di promessi sposi

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Quello che pochi sanno, è che il Manzoni, oltre che ricchissimo di famiglia e amicissimo del potere, quale che fosse (francesi, austriaci, piemontesi, e lui diventava repubblicano, mitteleuropeo, italianista) era soprattutto un sessuofobico della peggior specie, morboso come un cattolico, bigotto come un calvinista.

Per rendersene conto basta leggere senza paraocchi i brani  sulla Monaca di Monza, l’unica donna  non frigida de I Promessi Sposi, il romanzo che il Manzoni stesso, divenuto Ministro dell’Istruzione del neonato Regno d’Italia, impose come testo obbligatorio in tutte le scuole del regno: un abuso di potere che incredibilmente si protrae ancor oggi!  Ecco che cos’è la famosa ironia del Manzoni!

Ma con la Monaca di Monza (Gertrude, ispirata a un personaggio realmente esistito, Marianna de Leyva, 1575-1650) il Manzoni perde il controllo, e rivela il suo lato oscuro.

Fin dalla prima cosa che dice su di lei, vediamo la condanna (e l’attrazione):

Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista  un’impressione di bellezza sbattuta, sfiorita, direi quasi scomposta.

Subito dopo, si focalizza su occhi e labbra: due occhi neri neri si fissavano in viso alle persone, come un’investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare un nascondiglio. Le labbra spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi, subitanei e vivi, pieni d’espressione e di mistero.

Descritto l’aspetto, passa a raccontarne tutta la storia di bambina predestinata al convento sino al fatto che segna la sua condanna: quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovane, scellerato di professione. Allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose.

Ci siamo, da questo punto in poi il peccato e il piacere sono indissolubilmente legati:

provò una contentezza viva, nel vuoto uggioso dell’animo suo s’era venuta a infondere un’occupazione forte, continua e, direi quasi, una vita potente; divenne tutto a un tratto più regolare, più tranquilla, smessi gli scherni e il brontolio, si mostrò anzi più carezzevole e manierosa.

Si noti il maschilismo darwinista, per cui la donna è creatura che “ha bisogno” del sesso. Si noti la pornografia velata (in quel vuoto s’infonde qualcosa di forte, continuo e potente!) che uno psicanalista riconoscerebbe da quel “direi quasi” ripetuto, come un lapsus. Andando avanti, l’unico problema è capire se il nostro ci sia o ci faccia, cioè se quando scrive che il delitto è un padrone rigido e inflessibile l’allusione porno sia voluta, o inconscia.

L’ultimo brano, con Gertrude che “coccola” Lucia prima di consegnarla a tradimento agli sgherri di Don Rodrigo, “direi quasi” che non lascia dubbi:

Gertrude, ritirata con Lucia nel suo parlatorio privato, le faceva più carezze dell’ordinario, e Lucia le riceveva e le contraccambiava con tenerezza crescente: come la pecora, tremolando senza timore sotto la mano del pastore che la palpa e la strascina mollemente, si volta  a leccar quella mano; e non sa che, fuori della stalla, l’aspetta il macellaio, a cui il pastore l’ha venduta un momento prima.

Capisci perchè poi gli italiani leggono 50 sfumature di grigio? La cattiva pornografia l’hanno appresa nella scuola dell’obbligo.

(testo by Leone – imago by Studio Temp – tratto da l’Osservatore Elaviano n.4, periodico del Birrificio Elav –   tutte le citazioni sono tratte da I promessi Sposi, le prime due da cap.9, la terza da cap.10, le ultime due da cap.20 )

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Al di là delle favole, se qualcuno fosse seriamente intenzionato a capire il senso dell’Unità d’Italia, dovrebbe per prima cosa chiedersi  come sia potuto accadere che 1000 “volontari” (quasi la metà bergamaschi, studenti e artigiani) siano riusciti a sconfiggere in pochi giorni uno dei più potenti eserciti dell’epoca, forte di 100.000 uomini,

scoprirà in breve quanto segue:

al di là della favola di un sentimento nazionale del tutto “inventato”, troverà la realtà di un gigantesco investimento finanziario britannico, 3 milioni di franchi francesi in piastre turche, destinati a realizzare uno stato unitario, allo scopo di abbattere i costi doganali per le merci provenienti dall’altra grande opera in costruzione, il canale di Suez,

sarebbe stato inutile “tagliare” l’Africa se poi per attraversare l’Italia fosse stato necessario passare 5 o 6 dogane, con relative imposte,

questi 3 milioni di franchi, cifra enorme, furono destinati in parte a finanziare l’impresa dei Mille, ma soprattutto a “corrompere” a tutti i livelli l’esercito borbonico,

sbarcati i mille (sotto la protezione della flotta inglese…) le armate del regno delle due Sicilie furono richiamate a Palermo e la maggior parte degli ufficiali passarono nelle file garibaldine,

le prove di questo “golpe inglese” giacciono in fondo al mare, a 1000 metri di profondità, tra Capri e Ustica,

l’eroico colonnello garibaldino Ippolito Nievo, scrittore-soldato, che era l’intendente della spedizione dei mille responsabile dell’amministrazione dell’impresa, si imbarcò sul piroscafo Ercole intenzionato a portare a Torino, in parlamento, tutte le “fatture” e i conti della spedizione,

Ippolito Nievo, trentenne, aveva già scritto  le “Confessioni di un italiano”, l’unico grande romanzo italiano di livello europeo a parere di tutti i critici letterari, nel quale si affronta il problema costitutivo del “carattere italiano”, il trasformismo delle elites,

alcuni pescatori testimoniarono di aver visto il piroscafo inseguito da una nave militare inglese,

il piroscafo Ercole fu dato per affondato “causa bufera” con tutto l’equipaggio e il suo carico compromettente,

non fu fatta alcuna ricerca, né si ebbero superstiti,

secondo la ricostruzione di Umberto Eco l’affondamento dell’Ercole fu opera di un “agente segreto” al servizio degli inglesi,

in un sussulto di patriottismo, possiamo considerarla la prima strage di stato,

la vera perdita “Italiana”, oltre alla “verità” sulla spedizione dei Mille, fu la morte precoce (aveva trent’anni) del miglior scrittore italiano dell’Ottocento,

con l’affondamento dell’Ercole e la morte di Nievo, in un colpo solo abbiamo perso le prove del “golpe inglese” e l’autore del grande  “romanzo italiano”

disgraziatamente pochissimi anni dopo la sua morte anche il suo romanzo venne “affondato” a tradimento: il nuovo ministro dell’istruzione della neonata Italia stabiliva (provvedimento ancora oggi in vigore!) come testo unico di lettura per tutte le scuole del Regno, un mediocre romanzo “catto-regimental” appositamente scritto,  “I promessi sposi”, che rese enormemente ricco il suo autore.

Il nome del ministro? Da non credere: Alessandro Manzoni!

E dunque: l’amara lezione di storia patria che prima o poi dovremmo avere il coraggio di affrontare, è questa: ingerenze straniere, stragi di stato e conflitto d’interesse non sono malattie moderne, ma proprio fattori originari, costitutivi dell’Unità d’Italia,

siamo alle origini dello “stile italiano”, in seguito sviluppato dal Fascismo,  come tecnica di costruzione del consenso basata sul “trasformare” i panni sporchi in favole a lieto fine,

con la mitologia del Made in Italy, l’esaltazione della “grande favola” e l’occultamento delle grandi verità scomode, diventeranno il meccanismo base della società dello spettacolo globalizzato.

(tratto da “Lo stile italiano”, work in progress by Sean Blazer – Calepio Press 2013 )