easy writer

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EasyWriterFb

Il vero senso dello scrivere è scrivere d’altro, fuori da sé, lungi dal creativo, ma umanamente e onestamente traspositivo, da chiunque a chiunque, a presente diletto e futura memoria,

a recuperare, in epoca di social network e comunicazione world wide web, il gesto matrice di ogni cultura, l’incontro di due esseri umani, il mondo che si fa parola, la parola che si fa segno: raccontami una storia, ascolta la mia storia, non dimenticarmi, io rivivo nella mia storia rivissuta da chi verrà dopo o altrove,

attività ancestrale, rupestre, cavernicola, di testimonianza,  un lavoro facile, easy, alla portata anche di due carabinieri, uno parla, l’altro prende nota, perché la storia che oggi tu mi racconti possa essere ascoltata da altri,

come un film è una trasposizione di un testo, un testo è la trasposizione di un vissuto,

Easy Writer è la seconda PUB WRITING SESSION organizzata da Calepio Press con CTRL magazine e Birrifico Elav,  nel corso del Bergamo Film Meeting marzo 2014, dentro e fuori le bolle-bar in piazza della Libertà a Down Berghem.

Pub Writing Session è la performance live della scrittura fatta da genti (come dicono al CTRL) che raccontano una storia (Story Teller) davanti a una birra e  genti che la ascoltano e la tra-scrivono in presa diretta (Pub Writer):

Dunque PWS non è per gente che legge, e non è per gente che scrive di sé, ma sono storie raccontate da gente che non scrive, per far leggere gente che non legge.

Il tema della PWS Easy Writer è la magia del grande schermo, il cartellone delle storie da raccontare è questo:

1 UN FILM VISSUTO (d’amore/ d’orrore/d’avventura/da ridere) è una scena, una vicenda, una storia della tua vita che si è svolta o hai vissuto come in un film, da protagonista, comparsa, spettatore o regista.

2 UN FILM  VESSATO (in sala/ nella mia testa/nella mia cineteca/nella storia del cinema) è un film che ha sofferto e patito in vari modi, disturbato in sala, sparito dalla tua cineteca, o rifiutato dalla tua psiche, o dalla critica e dal pubblico.

3 UN FILM DA DIRIGERE (in casa/ a Bergamo/ a Cinecittà/ a Hollywood) è un soggetto o una sceneggiatura che hai nel cassetto, o nella testa, e che vorresti vedere girato e diretto da te, o da un regista scelto da te.

4 UN FILM DA DIGERIRE (una pizza/ un minestrone/ stimolante/ esplosivo) è il film che hai appena visto al Bergamo Film Meeting: parlane con noi, erutta le tue impressioni a tutta birra, ti aiuterà a digerirlo.

per partecipare come Story Teller, porta una storia,

per partecipare come Pub Writer, porta un portatile (ma va bene anche una biro).

blu chimay rossa pagata 1981

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chimay

una sera di pochi giorni fa, prima di andare a fare una performance da pub writer a un festival della birra, mi fermo a trovare i miei,

mia madre sta facendo ordine nei vecchi armadi, mi mostra delle mie vecchie giacche destinate alla caritas, tra queste il mio piumino Dubin 1980, è un vintage perfetto, lo indosso subito,

mezz’ora dopo alla festa della birra il boss mi mette in mano una manciata di tappi da birra bianchi, valgono come gettoni per le consumazioni, mi riempio le tasche del Dubin vintage e comincio la mia performance,

gente mai vista si siede davanti a me, in 15 minuti mi racconta una storia, io la scrivo in simultanea, i mie soci la stampano e distribuiscono,

ad ogni storia stacco qualche minuto e vado al bancone a farmi una birra a gettone,

finché, verso la fine della serata, forse alla decima birra, il cow boy alla spina osserva il tappo che gli ho dato, se lo gira tra le mani, e ride,

con un tuffo al cuore lo riconosco, è blu chimay, è un flash-back saltato fuori dal vecchio Dubin,

serissimo, dico al cow boy:  non è un gettone qualsiasi quello che ti ho dato, ha una storia, adesso non posso raccontartela, ma è una bella storia, vale molto più di una birra rossa,

d’accordo, risponde lui porgendomi la birra, però mi devi una storia,

e siccome uno scrittore chiaramente è un uomo di parola, la storia è questa:

stazione-dogana di Strasburgo, doveva essere il 1981, per la prima volta sperimentavo l’Europa, in viaggio-comitiva-convegno con i giovani studenti comunisti,

io in coda al gruppo, e sbucata dal nulla al mio fianco ecco questa ragazza che mi parlava camminandomi vicino, addosso,

magrissima, ambrata, slavata, occhi grigi, un viso delizioso, indossava solo jeans e t-shirt, ed era inverno,

mi mostrava come fosse una moneta preziosa questo tappo di birra, mi guardava negli occhi, e mi diceva, in francese: blu chimay è una petit rouge  corposa e persistente,

io avevo sedici anni, lei ne dimostrava di più, ma ne aveva tredici,

diceva d’essere parisienne, diceva di essere scappata di casa da due giorni, suo padre insegnava alla sorbona, sua madre una “gran vacca” della moda,

se tu adesso compri questo tappo, e vieni con me, mi disse, ti racconto una storia,

le servivano i soldi per tornare a casa, e un istante dopo, non so come, ci stavamo baciando con passione, in mezzo alla calca,

mi aveva preso per mano, trascinandomi nella direzione opposta, a bere blu chimay in un pub dietro la stazione,

poi ubriachi ci eravamo ritrovati in una carrozza in disuso su un binario morto,

al termine della notte, prima di scappare via, stringendomi nella mano il tappo blu chimay, mi disse:

finché terrai questo, saremo marito e moglie, ma poi un giorno lo perderai, e allora ti lascerò per sempre, bastardo, e tutto il mio amore andrà al primo fortunato che lo troverà.

 

animali da romanzo

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PWSimg

Shakespeare in Elav: esperienza fantastica, da raccontare.

L’occasione è stata la YULE FEST, assembramento di fine anno delle tribù dei pub/birrerie indipendenti

+ ii compagni d’avventura Matteo e Nicola (miei vicini di redazione di CTRL magazine)

+ il mitico cowboy Antonio del birrificio Elav, che alla pubblicazione del pianoB (idee vere per fare cultura, ricreare l’humus) aveva dato la sua disponibilità a ospitare iniziative di tal segno.

Idea nata da anni di esperienza, ma concretizzatasi in poche ore, con poche linee guida:

> Pub Writing Session significa ascoltare, trascrivere, mixare e pubblicare storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

> il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale,

in quanto scrittore di servizio non è un creativo, non è uno stilista, ma un artigiano anonimo, come i maestri pittori e scultori del medioevo,

l’opera che ne risulta non è d’autore, singolare, unica, ma plurale, comune, congiunta,

e dunque niente nome dello scrittore, né del “raccontatore”, ma tutta l’attenzione sulle storie, e non storie a piacere, di fantasia, letterarie, ma storie concrete, vere, capitate in questo 2013,

nello spirito della festa (YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano) il tema scelto per la Pub Writing Session  “Shakesperare in Elav” è stato la fine/l’inizio: nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio;

perciò abbiamo fornito un “cartellone” delle storie da raccontare, 4 generi per 16 titoli proposti come una lista di birre tra cui scegliere:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

L’unica “regola” è stata questa: storie brevi, 1000-3000 battute, cioè stampabili su un flyer e di produzione immediata (pronte in mezz’ora, tra racconto, trascrizione, edizione e distribuzione)

La Pub Writing Session ha preso vita con la collaborazione di tutta la redazione CTRL, una decina di writer coinvolti, così organizzati:

Resident Pub Writer: nella postazione-confessionale, costruita con 4 palllets, due seggiole e una panca/scrittoio, lo scrittore riceve “tet e tet” chi vuole raccontare una storia (min15-max30 minuti)

Insider Pub-Writer:  disseminati tra i tavoli, riconoscibili da un distintivo, distribuiscono le storie fresche di stampa, aiutano le persone a scrivere la propria storia, ascoltano e trascrivono sussurri e grida, mezze frasi,  storie di gruppo, conversazioni

Pub Writing Box: l’urna dove mettere la frase o la storia scritta direttamente da te

Pub Writing Editor: l’uomo alla stampante, che rapidamente riceve, rilegge, edita e stampa le storie.

Ne è uscita un’esperienza estrema, controtendenza, dal successo imprevisto.

In un contesto per nulla letterario, senza altri mezzi che qualche portatile e una stampante, abbiamo raccolto e pubblicato in 4 serate circa 150 storie “vere”,

come volevasi dimostrare, dove c’è buona birra, si trovano esemplari fantastici di maschi e femmine che in stato di grazia (non proprio sobri, ma nemmeno in ebbrezza molesta, diciamo alla seconda media) si rivelano animali da romanzo di prima scelta,

perché ti raccontano la storia così come l’hanno vissuta, il film, non le sensazioni e i ragionamenti che ti imbastiscono le o gli pseudo intellettuali da caffè letterario,

e tu rapido come una dattilografa scrivi tutto, ed è già tutto perfetto.

Alla Yule Fest vedevi in postazione il resident writer scrivere in diretta la storia di chi si sedeva davanti a lui,

la stessa cosa facevano disseminati in giro 5, 10 insider writer con portatile o notebook, mentre l’editor alla stampante sfornava le pagine di questo romanzo corale in progress,

e ovunque tra i tavoli persone intente a leggere, ed altre a scrivere a mano la propria storia sul retro, e a imbucarla nel box.

La pub writing session come spettacolo della scrittura, attrazione live, partecipata, è di fatto antica, ancestrale, cavernicola, rupestre;

evoca uno spazio protetto dove gli individui stanno raccolti attorno al fuoco, in prossimità fisica e intimità spirituale, a distanza d’alito;

nella caverna-pub la parola-voce diventa gesto-segno, incisione sulla roccia.

A mente fredda, si notano i caratteri dell’iniziativa:

> prima controtendenza: nell’epoca della creatività diffusa e del divismo di massa, tra scuole di scrittura e concorsi letterari, il pub writing è un’esperienza di scrittura non creativa, non d’autore, ma di servizio, d’ascolto e trascrizione, anonima.

> seconda controtendenza: nell’epoca del digitale e del web, il pub writing è la scrittura/lettura su carta, a voce, a mano, a distanza d’alito.

Dunque la scrittura come pratica sociale, fisica, manuale-orale, conviviale, a viva voce, frizzante, leggera, funziona,

e funziona lo scrittore come raccoglitore di brandelli di vita, e in seguito compositore di affreschi corali, texture che diventano il codice letterario di un luogo nel tempo,

e il pub il luogo deputato a pubblicare, come dice la parola.

Esperienza da replicare o testare in pub piccoli, in serate feriali, in modo stabile, continuativo, una sera la settimana, nel quadro di attività che rendono vivo l’humus culturale di una città.

La cosa che mi ha davvero stupito, oltre all’adesione del pubblico, è stata la disponibilità dei writer, liberati dalla responsabilità dell’autorialità, trasformati in un unico autore collettivo, capace di scrivere un romanzo-brogliaccio di 500 pagine in quattro notti.

Il vero lavoro editoriale adesso sarà quello di produrre una selezione delle meglio storie, per la pubblicazione rilegata, agile, in librino di 60-70 pagine,

e convincere il pub a pubblicare questo “polittico” come strumento di comunicazione, quasi a restituire ai propri clienti il distillato della grande bevuta di birra: lo “spirit”.

essere l’altro

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leo5

Uno scrittore che scrive di sé, come un cuoco che si prepara la cena, non serve a nessuno.

Una volta dicevo, provocavo, chiedevo ai miei allievi: e chi sei per parlarmi del tuo ombelico? Leopardi? Credi di essere Leopardi?

Davvero pensi che i tuoi moti interiori siano più interessanti delle variazioni del prezzo dei vitelli, o dei risultati sportivi?

Le antologie sono piene di “scrittori” che sono riusciti a scrivere e a diventare dei “grandi” nonostante non abbiano vissuto altro che una vita piccola, insignificante, penso a Petrarca, Leopardi, Kafka.

In realtà nemmeno Leopardi si contentava del proprio ombelico, e nella scrittura disperatamente cercava la possibilità di essere altro da sé, di essere Silvia, una siepe, un villaggio, una pianta, una rana, un topo.

Quando Kafka si immedesima in uno scarafaggio, che si nasconde terrorizzato dietro il divano, sta dicendo proprio questo: perfino uno scarafaggio è più interessante di me.

Al’estremo opposto del dilemma “scrivere o vivere”, abbiamo i grandi  “viveur” protagonisti di grandi avventure, imprese e conquiste erotico-militari, che oltre a vivere sono riusciti “anche” a scrivere, dico Giulio Cesare, Cervantes, Casanova, Ippolito Nievo, D’Annunzio, Bukosvky.

Entrambi questi approcci, chiamiamoli “leopardi moon” e “d’annunzio-mood”, si basano su una concezione titanica, lo scrittore come super-uomo, iper-sensibile o dotato di qualità eccezionali, fuori dalla norma, con una patente di superiorità auto-rilasciata…

Ecco allora l’aspirante writer che li prova entrambi, e dopo aver raschiato il fondo dell’anima, si decide a viaggiare, o si butta in qualche impresa assurda, pur di aver qualcosa da scrivere.

Scornato, si ritrova davanti il famoso foglio bianco di Mallarmè, e va in crisi. A questo punto arrivo io, e lo salvo.

Gli dico: esiste un altro approccio, più corretto, meno individualista,

un altro modo per fare lo scrittore che tutti possono seguire, apprendere, praticare, senza essere Leopardi o D’annunzio: è lo scrittore di servizio, una via di mezzo tra il confessore e il reporter, che raccoglie e scrive storie non sue,

è l’artigiano della mimesi, della capacità di immedesimazione,

è un demiurgo che impasta materia non sua, è il virtuoso del collage, il tecnico del montaggio,

è uno capace di viaggiare nelle esperienze altrui, e farne un grande affresco: è Omero, Dante, Shakespeare, Hemingway.

Lo scrittore vero non crea, ma trasmette: il vero senso  della scrittura è un gesto di comunicazione, fin dall’origine, un tra-scrivere.

Scrivere significa essere l’altro, scrivere le storie degli altri.

Ecco il mestiere dello scrittore, mettere su carta le storie che legge sulle labbra di chi racconta, ecco la chiave d’accesso al pieno godimento dell’esperienza di scrivere-leggere.

Oggi, nell’epoca del web, questo segreto, questo raccoglimento, questo incontro che dà origine alla scrittura, è perduto;

con il web moltissimi scrivono: in realtà la maggioranza non sta propriamente scrivendo, ma semplicemente parlando per scritto, in modo diaristico.

Ciò che da sempre si scriveva nel proprio diario, per custodirlo privatamente, oggi lo si scrive pubblicamente sul web,

e di fatto le esperienze, i ricordi vengono così dilapidati, dispersi ai quattro venti.

Pochissimi sul web sono scrittori, se intendiamo come mestiere dello scrittore scrivere le storie di chi non scrive. Di chi vive.

Dunque, uscire, andare al pub in cerca del vecchio marinaio, e delle sue ballate.

Da queste premesse, e una certa incoscienza, è nata l’idea della Pub Writing Session, e il progetto di creare la figura del Pub Writer, l’uomo che armato di penna o portatile ruba le storie nei pub,

il pub writer – come un dj – suona musica d’altri, la sua arte è la compilation, la scaletta, il remix, il coinvolgimento-riconoscimento in uno sfondo, in un tappeto sonoro, dei nodi, dei fili individuali.

la sua arte è quella di interpretare ed esprimere, cioè interpretare esprimendo ed esprimere interpretando, c’è anche una parola che indica questa prassi: ermeneutica.

Il pub writer è lo scrittore di servizio, il suo lavoro è quello di abbassarsi a far da levatrice.

(photo by Chiara Locatelli, il pub writer -scarafaggio Leone Belotti schiacciato dal tacco del potere ginecocratico)

pub writing session

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SHAKESPEARE_IN_FASHION

Stasera, domani, sabato e domenica presso il birrificio ELAV, all’interno della YULE FEST a Comu Nuovo (BG), si terrà una Pub Writing Session per lanciare la figura del Pub Writer, lo scrittore da birreria,

il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale.

Bukovsky Hemingway Shakespeare Dante Omero erano dei Pub Writers.

Dalla postazione-confessionale il Resident Pub Writer ascolta, trascrive, mixa e pubblica real time le storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

Il tema della Writing Session “Shakespeare in Elav” è la fine/l’inizio:

YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano. Nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio.

Il Pub Writer ti invita a raccontare storie con questi titoli:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi   

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

Le storie più belle saranno raccolte e pubblicate in edizione a inizio 2014.

“Shakespeare in Elav” è un’iniziativa  #pensacheignoranza ideata e realizzata da Leone Belotti/CalepioPress + redazione CTRL magazine.

Tutto sull’evento in facebook: