Gori e Mussolini

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Antenor2

Per il nome che porta, l’istituto storico della resistenza (ISREC) dovrebbe avere il coraggio di trasmettere alle nuove generazioni come cosa viva i valori della resistenza, e della lotta ai regimi totalitari,

invece da decenni questo istituto si perde e si svaluta in sterili polemiche necrologiche noiose come le feste comandate  – pensiamo ai tradizionali e vibranti appelli contro il busto a Locatelli, morto nel 1936 –  e iniziative francamente ridicole che sembrano manfrine da operetta, come quella di questi giorni: la petizione e la richiesta al sindaco di revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, datata 1924, cui il sindaco Gori ha giustamente risposto scrivendo che ha altro da fare che schiaffeggiare le statue;

io credo che questa ossessione dell’ISREC per statue e cadaveri derivi dal fatto di avere degli scheletri negli armadi, scheletri locali in armadi locali,

e ovviamente penso e ripeto che questo istituto dovrebbe aprire i suoi archivi e dunque la sua coscienza e far luce sull’episodio più cruento avvenuto nella bergamasca, la fucilazione a Rovetta, a guerra finita, 3 giorni dopo la liberazione, di quaranta ragazzini tra i 15 e i 17 anni, gli ultimi patetici volontari in camicetta nera, bambini inermi, che pure avevano fiduciosamente consegnato le armi ai partigiani, e questo anche per rispetto ai veri martiri della resistenza;

Fatto questo, levati gli scheletri dagli armadi, verrà poi naturale dedicarsi a iniziative più utili e attuali e realmente antifasciste e cioè insegnare la resistenza da fare oggi, ai regimi totalitari di oggi.

Soltanto gente che vive nel passato e guarda solo le apparenze e le etichette può illudersi e bearsi di combattere il “fascismo” facendo scaramucce con le statue o con i gruppi di estrema destra, mentre i veri fascisti, non di nome ma di fatto, hanno il dominio assoluto del denaro e delle informazioni, e tengono in sudditanza totale masse intere di persone, ovunque nel mondo.

 

 

veritatem dies aperit

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ROVETTA DISSOTTERRAMENTO8

veritatem dies aperit, cioè “il tempo svela la verità” (Seneca)

sulla strage di Rovetta, sul perchè sia stata compiuta, ecco le 5 risposte più accreditate, che non si escludono, ma concorrono:

1)   per imitazione/competizione con la fucilazione di Mussolini (nello stesso giorno)

2)   per vendicare Giorgio Paglia e i crimini commessi da altri militi della Tagliamento

3)   per motivi finanziari, per ottenere i “rimborsi” del SOE inglese (tot uccisi tot cash)

4)   perché tra i 43 balilla c’era un nipotino di Mussolini, figlio dellla sorella, fucilato per ultimo, costretto a guardare morire tutti i compagni (camerati)

5)   per complotto anglo-democristiano, per screditare subito i comunisti, sanguinari, inaffidabili come forza di governo (e qui bisognava chiedere a Don Spada).

Nessuna di queste motivazioni appare onorevole, sostenibile a voce alta: da qui il silenzio “omertoso” di autorità, associazione partigiane, democristiani, curia e stampa catto-comunista.

Infine, una domanda ai “Ribelli della montagna”: ma secondo voi i partigiani e gli antifascisti negli anni Quaranta si occupavano di questioni di 70 anni prima, polemizzavano sulle guerre d’indipendenza, su cose dell’Ottocento?

Perchè non vi occupate di cose del presente e del futuro? Per fare la storia, serve coraggio. Ma anche per rileggerla, e riscriverla. Chi sono i nazifascisti che oggi ci affamano? I vecchietti di Rovetta? O quelli che siedono al Quirinale?

Sapevate che Napolitano ancora nel novembre del 44 era iscritto al partito fascista e si era già infilato in una redazione di un organo di stampa di regime?

E che Elio Vittorini, prima di diventare il leader degli intellettuali di sinistra e incitare al massacro dei “figli di stronza” (“Uomini e no”, lettura obbligatoria per decenni nelle scuole di stato)  andava tutto azzimato ai congressi degli intellettuali nazisti con Goebbels?

Napolitano e Vittorini, ecco due veri servi del regime, tutti presi a far carriera mentre le leggi razziali erano già in vigore da anni, e i veri antifascisti venivano già ammazzati da anni…

e poi, da un giorno all’altro, eccoli iscritti al partito comunista, campioni dell’antifascismo, apostoli della “peste da estirpare”: e molta gente è morta a causa della cattiva coscienza di personaggi del genere, maestri del trasformismo, sempre a cavallo del potere, intolleranti verso chi è fedele a una scelta, anche nella sconfitta (cosa che invece merita rispetto).

Allora, se proprio vogliamo attaccare i “servi del potere”, i fascisti riciclati, possiamo fare il nome di Napolitano, etichettarlo come vile, o è reato? Vilipendio?

Coraggio, ribelli!

(photo: cimitero di Rovetta, dopoguerra, le mamme dei balilla dissotterrano le salme dei figli, poi inumate al cimitero del Verano di Roma)

l’eco di rovetta

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fucilatiRovetta

Cari ragazzi “ribelli della montagna”, chi vi scrive è sempre stato un ribelle, un montanaro, un antifascista duro e puro: ma su Rovetta state prendendo un granchio colossale, vi state facendo ingannare e usare da persone ed enti (come l’istituto storico della resistenza, e L’eco di Bergamo) che da 70 anni si guardano bene dal rivelare il segreto orribile dietro a questa vicenda: il vero motivo della strage.

I fatti sono indiscutibili: 43 ragazzini dai 15 ai 17 anni, gli ultimi balilla, volontari della Legione Tagliamento, che non avevano mai partecipato ad alcuna azione di guerra, arruolati da poco, dopo aver consegnato le armi in obbedienza al proclama del Comitato di Liberazione Nazionale (è fatta salva la vita a chi si arrende) vengono messi in fila davanti al muro del cimitero di Rovetta, e trucidati a sangue freddo.

Nessuno ha mai ammesso di aver sbagliato, nessuno ha mai fato un gesto di pentimento, scusa, o detto un parola di pietà, non l’associazione partigiani, non l’istituto storico della resistenza, non la curia (che pure ebbe una parte nella vicenda).

Sarebbe bastato questo, sarebbe stato necessario questo gesto. Invece, il silenzio: di Rovetta non si deve parlare, non si deve capire, non si deve ammettere.

Per anni le mamme di quei ragazzini si sono recate a Rovetta a commemorare i loro figli. E poiché nessuno ha mai avuto il coraggio di chiarire, o anche solo riconoscere quella pagina oscura di storia della resistenza, ecco che quel raduno anno dopo anno è diventato sempre più importante, e più travisato e strumentalizzato da entrambe le parti.

Fino ai giorni nostri, con parlamentari che chiedono al governo di vietare la commemorazione, e gruppi come “I ribelli della montagna” che si appellano a una legge di 60 anni fa (anticostituzionale, perchè contraddice la libertà di opinione ed espressione) per invocare il reato di apologia di fascismo,

e l’Eco di Bergamo che pubblica come oro colato un comunicato irresponsabile nel quale si falsifica la storia e si invitano i lettori a partecipare al presidio antifascista “in concomitanza con il raduno di domenica 25 maggio a Rovetta in commemorazione dei vili assassini della Legione Tagliamento”:

La legione e i suoi partecipanti sono noti per le torture, i massacri e le devastazioni compiute nei nostri paesi” scrive l’eco, e scrive una falsità mostruosa, perchè come è provato dalle carte, da testimonianze scritte dei capi partigiani, quei 43 ragazzini non erano torturatori – alcuni erano fidanzati con ragazze del posto – e tanto meno assassini, non avendo mai sparato un colpo.

E nemmeno vili, dobbiamo ammettere, dal momento che mentre tutti si imboscavano, o si nascondevano sotto le gonne della mamma, loro si erano arruolati volontari, per difendere “la patria”: puoi dirgli ingenui, traviati, illusi, ma non vili.

Il vile assassinio, invece, veramente, vile, è stato quello compiuto da chi gli ha prima promesso salva la vita e poi, una volta arresisi (grazie all’intervento del parroco) li ha messi al muro.

Ancora l’Eco scrive cose come: “cani da guardia di un potere e un sistema economico che affamano con le loro crisi e le loro ingiustizie. Antifascismo significa lottare contro ogni discriminazione e per l’uguaglianza sociale. Significa capire il ruolo di questi servi del potere e contrastarli metro per metro: è giunta l’ora di mobilitarsi per ricacciare fascisti e nazisti fuori dalle nostre Valli, come settant’anni fa!”.

Se domenica a Rovetta ci saranno incidenti, tafferugli, feriti (o peggio ancora) io fin da ora indico L’Eco di Bergamo come corresponsabile di incitamento alla violenza (oltre che di falsa informazione).

Se l’Eco avesse la coscienza pulita, e agisse cristianamente, quello che avrebbe dovuto fare su Rovetta era raccontare la verità e dunque invitare tutti a esprimere pietas, in un contesto di riconciliazione e comunque di rispetto per ragazzi a tutti gli effetti “martiri innocenti”, anche se indossavano la divisa sbagliata, vittime della storia, una storia assurda e crudele, esattamente come molti partigiani fucilati dai fascisti.

A noi interessa individuare le responsabilità, chi ha deciso, e perchè, quell’inutile massacro, e anche chi continua a usarlo (in modo a dir poco disonesto, direi) come strumento di consenso giovanile.

Allora, se sei veramente un ribelle, prima di gioire per questa inconsueta uscita “pasdaran” del nostro Eco delle curia, spendi cinque minuti, leggi questa ricostruzione (alla quale ho dedicato anni di ricerche, e una tesi e una laurea in storia che alla fine non ho preso) fai le tue ricerche, e fatti un’idea tua.

Tratto da “Il senso segreto della strage di Rovetta”, by Leone Belotti:

Ultimi giorni di Aprile del 1945, la guerra è finita. Nel fuggi fuggi generale, mentre tutti si imboscano o si travestono, al passo della Presolana, in val Seriana, tagliati fuori da tutti, ci sono 43 balilla che ancora tengono il presidio.

Li comanda un sottotenente di 22 anni, l’età media è di 17 anni, i più giovani non hanno ancora 15 anni. Studenti, si erano arruolati dopo la fuga del re, per salvare l’onore della patria. Nati e cresciuti nella retorica fascista, non c’è da stupirsi che vogliano resistere in armi contro il resto del mondo, fino alla “bella morte”.

Il Comitato di Liberazione ordina: cessare il fuoco, arrendersi, consegnare le armi, è fatta salva la vita. E’ il parroco a convincerli a scendere dai monti, a rassicurarli che la resa sarà onorevole.

Giunti a Rovetta vengono presi in consegna dai partigiani, e dopo due giorni di prigionia quasi familiare (alcuni erano fidanzati con ragazze del posto) la notte del 27 accade qualcosa di poco chiaro, compaiono figure misteriose, agenti segreti, auto lussuose: all’alba del 28 Aprile i 43 balilla vengono picchiati, spogliati e condotti dietro il cimitero, dove vengono fucilati (mitragliati), a gruppi di cinque, e sepolti sommariamente.

Questo episodio, noto (non troppo) come “la strage di Rovetta” è la prima macchia dell’Italia nata dalla Resistenza. Chi diede l’ordine di fucilare prigionieri che si erano arresi conformemente agli ordini del Comitato di Liberazione?

Per quale ragion di stato 43 ragazzini che non erano stati responsabili di violenze, come testimoniato da uno dei capi partigiani, sono stati trucidati a sangue freddo?

Un processo farsa nel dopoguerra ha chiuso la questione (l’esecuzione fu considerata come “azione di guerra”, e dunque non punibile, grazie a un apposito decreto).

Gli esecutori materiali, processati e assolti, portano i cognomi più diffusi della zona, chiunque in Val Seriana conosce un sacco di gente con quei cognomi, Savoldelli, Zanoletti, Balduzzi, Percassi, amici, clienti, soci, collaboratori, gente con cui lavori. Gli ho detto: chiedi ai tuoi, agli zii, ai nonni: dim ergot! Niente. Nessuno sa niente, nessuno dice niente. Curioso come un bergamasco possa somigliare a un calabrese, in certi silenzi. Una pagina rimossa. E che pagina! L’innesco della mattanza!

Il giorno dopo la strage, il 29 Aprile 1945,  l’Unità scriveva: “La peste fascista deve essere annientata. Con risolutezza giacobina il coltello deve essere affondato nella piaga, tutto il marcio deve essere tagliato. Non è l’ora questa di abbandonarsi a indulgenze che sarebbero tradimento della causa…”  E’ il famoso articolo Pietà l’è morta. Firmato: Giorgio Amendola, cioè uno dei  “padri della patria”.

Amendola si riferiva a piazzale Loreto, ma come non leggere in queste parole un’apologia alla pulizia etnica?

Il macello di piazzale Loreto non bastava, qualcuno ha voluto e ordinato un bagno di sangue generale, nazionale, e occorreva un esempio immediato, ecco la strage di Rovetta: l’appello de l’Unità dunque significa “fate come a Rovetta”, trucidate pure chiunque abbia una camicia nera. A rigore: almeno il 90% degi italiani.

Ma proprio nel corso di quella notte, gli italiani, ormai ginnasti esperti del consenso,  si “liberarono”, e divennero tutti antifascisti convinti, e anche assetati di sangue. Nel corso del successivo mese di Maggio, furono uccise oltre 40.000 persone a sangue freddo, senza distinzione, civili, donne, bambini, anziani, per strada, in piazza, in casa, ovunque, per lo più vendette private su persone comuni, con l’alibi di “annientare la peste fascista”, mentre i gerarchi e i servi del regime  si riciclavano in parlamento, nei ministeri, nelle aziende e nelle case editrici.

Dobbiamo capire che dietro la cornice della “Liberazione” c’è un bagno di sangue attuato per occultare la magia del gattopardo, il trasformismo delle elites (non il ricambio).

Cose che un’intera generazione ha visto ma taciuto alla generazione successiva, la mia, la nostra, per cinquant’anni, fino anni Novanta, cioè dopo il crollo del comunismo, quando  giornalisti, storici ed editori hanno preso coraggio (!) e aperto gli archivi dell’orrore.

Torniamo a Rovetta. Nella formazione partigiana responsabile della strage c’erano personaggi noti della resistenza bergamasca, e anche una figura misteriosa,  il Mohicano, che si è poi rivelato essere un agente dei servizi segreti inglesi, il cui anonimato è stato usato fino ai giorni nostri come pretesto/alibi per non dire la verità proprio da parte di coloro che erano incaricati di fare luce (L’istituto storico della resistenza).

Non ci vuole Einstein per capire che se hai un problema non puoi chiedere di risolverlo a chi ci ha basato sopra la sua esistenza (a meno che si abbia a che fare con grandi uomini, se Einstein mi permette la precisazione, a mio parere dovuta, per quanto sperimentalmente improbabile).

Oggi possiamo dire questo: se a livello nazionale ci hanno mentito per quasi 50 anni, a livello locale, sui fatti di Rovetta, siamo già a 70. Perché? Chi c’è dietro, cosa c’è sotto questo segreto di stato? Chi diede l’ordine?

Cose pesanti da digerire per chi è stato allevato nel mito della resistenza e dell’antifascismo. Alle medie ci portavano in gita scolastica a Marzabotto, alle fosse Ardeatine, sapevamo tutto di quei fatti, ma di Rovetta, dove si andava in villeggiatura, non si sapeva niente.

Ma non vorrai paragonare… Si invece, paragoniamo, la barbarie è barbarie.

Sarebbe bello e giusto che finalmente saltasse fuori qualcuno di quelli che a Rovetta (non a Kabul) da 70 anni sanno e tacciono, anche un figlio, un nipote, e ci raccontasse come è andata. A cosa mi serve un prestigioso Istituto Storico della Resistenza e un simpatico Museo Storico della Città se dopo 70 anni non mi hanno ancora spiegato il fatto storico più rilevante accaduto qui dove sono nato e cresciuto, dove vivo e lavoro?

Leggere le carte del processo, con tutti gli omissis e i non ricordo-non so, con le raffinatezze acrobatiche del diritto per assolvere tutti, mette i birividi, perché riconosci la matrice di quella lunga serie di processi farsa che caratterizzerà la storia stragista d’Italia negli anni a seguire e fino ai giorni nostri.

Una grande delusione, una grande rabbia. Aver studiato storia per vent’anni, aver creduto a quei miti, per poi scoprire verità allucinanti, armadi nascosti, scheletri su scheletri.

Il senso, la verità di Rovetta è ancora segreta. Chi diede l’ordine della strage?

Nel 1997, quando la Regina d’Inghilterra ha tolto il segreto di stato dagli archivi del SOE, il secret service inglese che agiva in italia e nei balcani a “supporto” dei partigiani, gli storici hanno iniziato a studiare i documenti, e il quadro che ne esce ci dovrebbe portare a riscrivere alcune pagine di storia della resistenza. In primis quella della strage di Rovetta. Non ho il coraggio di rendere pubblico il sospetto, la possibilità che esce da queste carte.

Mi rivolgo a chi sa. Cos’hai, cos’avete da perdere? Quale era la cifra pagata? Chi era l’eminenza grigia arrivata con un’automobile lussuosa a dare l’ordine della strage, proveniente da Bergamo?

Non è mai troppo tardi per queste cose.

Oggi non abbiamo ancora vista riconosciuta la verità, che pure si intuisce dietro questa storia analizzando con “cinismo da commercialisti” i retroscena, le direttive del SOE, i conti dei servizi segreti inglesi relativi al “teatro di guerra” italiano:

il paragrafo che ti gela il sangue è questo, e ormai lo trovi pure su wikipedia: “il SOE garantisce il suo aiuto a tutti quei gruppi – di qualsiasi ispirazione politica siano – che diano maggiori garanzie di uccidere il maggior numero di tedeschi e/o repubblichini”.

In altre parole, i gruppi partigiani erano finanziati, armati e remunerati dai servizi segreti inglesi in base alla produzione di morte: tot tedeschi/fascisti uccisi, tot finanziamenti.

Dall’analisi dei conti, risulta che i gruppi di ispirazione comunista furono quelli più sostenuti dal SOE.

Mi stai dicendo, facendo 2+2, e “pensando male”, che questo Mohicano ordinò una strage di ragazzini per aumentare il fatturato del suo gruppo, o magari anche suo personale? Dici che in guerra succedono cose del genere? E 70 anni dopo non sono ancora state rivelate?

Basterebbe, sarebbe bastato confessare la terribile verità, i 43 ragazzini uccisi per fare cassa, intascare soldi, ammettere questa pagina nera della resistenza, per evitare l’escalation, la tensione di questo appuntamento.

Invece abbiamo dei ribelli che si appellano a una vecchia legge poliziesca, e deputati di sinistra chiedono l’intervento del governo, della prefettura per vietare una riunione pubblica,

ma quando la politica chiede l’intervento delle forze dell’ordine, sta dichiarando il proprio fallimento, e dei ribelli che invocano la legge per mio conto non sono veri ribelli

Cari ragazzi, i “cani da guardia di un potere e un sistema economico che affamano con le loro ingiustizie”, sono da cercare altrove, da identificare in altri soggetti, non in quei vecchi o nuovi nostalgici che si radunano a Rovetta perchè in qualche modo sentono che a Rovetta “hanno ragione”.

Dovrebbe farvi riflettere il fatto che deputati di sinistra e giornali della chiesa vi diano queste polpette eccitanti per aizzare l’una contro l’altra le fazioni estreme, giovanili e senili, estrema sinistra ed estrema destra, su questioni di 70 anni fa.

In questo modo entrambe le fazioni vengono distratte dalla vera guerra in corso in italia e in europa, tra ricchi e poveri, tra esclusi e privilegiati.

Il rugby è stato inventato per lo steso motivo: “tenere gli energumeni lontani dalla city nei giorni di festa, e farli cozzare tra loro”

Non vi viene il sospetto che chi vi incita a “ripulire le nostre valli dai fascisti come 70 anni fa” in realtà lo faccia perchè terrorizzato all’idea che invece vi mettiate insieme, estrema destra ed estrema sinistra, “per ripulire roma dai porci, dai servi del potere, che non sono mai rossi, o neri, ma sempre grigi, eminenze grigie” e da coloro che veramente ci stanno “affamando con la crisi”?

Non andate a Rovetta, andate all’isrec a chiedere la verità, a l’eco; oppure andate a roma, a bruxelles a fare presidi no global no usa no euro,

oppure, meglio, andate a rovetta, ma non a litigare, a insultare, a menare, ma a fare qualcosa di più difficile, che richiede molto più coraggio:

io immagino questa scena, quattro uomini seduti insieme a un tavolo a parlare, due sono ottantenni, due sono ventenni,

i due veci sono un ex repubblichino “memento audere semper” e un ex partigiano della brigata Garibaldi; i due ventenni sono una testa rasata di casa pound e un rasta del pacì paciana,

bevono insieme una boccia di vino, e i due raga ascoltano i due veci che si confessano tutte le porcate che hanno fatto, o visto fare dalla propria parte, e poi magari lo stesso possono fare tra di loro i due raga, ascoltandosi il battiato di up patriots to arms: “le barricate in pazza le fai per conto della borghesia che crea falsi miti di progresso”.

E invece di passare un pomeriggio di stupida tensione e insensata violenza imparare la ricchezza del confronto, del dialogo con il “soldato nemico” o con il “servo del potere”, in cerca della verità, e del vero nemico di entrambi, che è un altro, ed è altrove.

Sono certo che i veri eroi della resistenza, i giorgio paglia, e i veri intellettuali di sinistra, i gramsci, uomini di statura superiore, che hanno dato la vita nella lotta al fascismo, sarebbero i primi a denunciare questa vergognosa mistificazione storica, che continua ancora oggi, come una tragica commedia ordita da vili burattinai che sull’antifascismo campano da decenni, alla faccia di chi è morto giovane per un ideale.

(photo: due dei 43 balilla fucilati a Rovetta, ancora ieri definiti “cani da spazzare via” da l’eco di bergamo)