una cosa intelligente fatta da Berlusconi

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Faccio parte di quella massa di italiani che da sempre trovano Berlusconi epidermicamente insopportabile, perfetto rappresentante di tutto ciò che è profondamente detestabile, socialmente, politicamente e culturalmente,

perciò quando settimana scorsa una maestra yoga mi ha invitato, come esercizio di spirito positivo, a trovare una buona notizia, volendo esagerare, ho rilanciato promettendo: farò di più, troverò una cosa buona, una cosa intelligente fatta da Berlusconi,

non è che mi sia venuta in mente subito, ci ho pensato per giorni, e alla fine l’ho trovata,  e in tutta onestà devo ammettere che una cosa buona, intelligente, Berlusconi in 20 anni l’ha fatta,

una cosa da niente, ma di grande valore, che interesserà pochi:

bisogna tornare indietro parecchio, fine anni Ottanta, primi anni Novanta,

in quegli anni io ero un giovane rampante-sovversivo in ambito pubblicità-letteratura, da un lato frequentavo l’intelleghenzia di sinistra, Milano Poesia, votavo Democrazia Proletaria e pubblicavo racconti con piccoli editori prestigiosi; dall’altro facevo marchette (copy e ghost writer) per l’odiata Milano da bere moda e design;

altri tempi: scrivevi la didascalia “poetica” per una sedia, tre righe, e pioveva il centomila lire; scrivevi una mezza cartella stampa per lanciare una nuova linea, e pioveva la mezza milionata; scrivevi agile un libro in 5 giorni sul marketing, un libro poi firmato da un grande manager, e piovevano dieci milioni;

un giorno sono al caffè Sant Ambroeus col mio boss (uomo craxiano, che tutti ritenevano un grande stratega pubblicitario, in realtà amava dipingere e aveva fatto i soldi come musicista componendo la sigla per l’antesignano dell’e.commerce: “con Postal Market è una festa”) quando la mia attenzione è attirata da un tizio (Silvio B.) che racconta barzellette al barista (impassibile, mentre tutti intorno si scompisciano)

quello lì è un leader carismatico, mi dice il mio boss. Allora io tiro fuori tutta la mia preparazione citando Max Weber. Lascia stare Max Weber, mi dice il boss, e tutti i marxisti: se vuoi capire come funziona davvero il capitalismo, leggi Pareto. Chi?

Vilfredo Pareto. In qualsiasi facoltà di sociologia francese, tedesca, inglese, americana Vilfredo Pareto è considerato il più importante scienziato della politica del Novecento, così come Marx lo è dell’Ottocento, Montesquieu del Settecento, Bodin del Seicento e Machiavelli del Cinquecento.

In Italia è quasi del tutto ignorato. Per quale motivo? Sarà stato un porco fascista! Macchè, insegnava  in Svizzera. Leggiamo le opere, e vediamo di capirci di più.

Il boss mi presta un mattone (il Trattato di Sociologia, del 1916) e un libello polemico (“Il mito virtuista e la letteratura immorale”, del 1911) in edizione originale.

Entrambe le letture sono delle rivelazioni. Nel libello polemico, il nostro se la prende con i moralisti, sia cattolici bigotti che atei socialisti, invitandoli, invece di pensare alle “foglie di fico” a occuparsi dei veri problemi del paese: miseria, corruzione, analfabetismo, mafia a camorra. Il pudore patologico serve a distrarre l’attenzione dai fatti economici: mentre la gente si sfoga a discorrere intorno alle foglie di fico, i furbi mangiano i fichi stessi.  Uno dei pamphlet più divertenti, dissacranti, eleganti e colti che abbia mai letto.

Nel Trattato, mi si apre un mondo. Le “scoperte” di Pareto sono numerose, e tutte fondamentali. La più nota è conosciuta come “teoria delle elites”: a differenza di Marx, che spiega la storia come scontro tra classi sociali, Pareto spiega la storia con la teoria delle elites: gli individui emergenti, anche quando dichiarano il contrario,  non vogliono sovvertire le elites, ma semplicemente farne parte, ed è interesse delle elites (ricambio delle elites) integrare questi individui capaci, ed emarginare i proprio rami secchi in attività oziose (sport, cultura, beneficenza…).

Quando un’elite non è in grado di assicurarsi sangue fresco, l’intera società va verso la sclerosi. Ne deriva, è il caso italiano, che il primo fattore di sclerosi sociale, che impedisce la circolazione delle elites, è il familismo.

Il familismo è la base dell’impresa familiare, e a livello d’impresa familiare è un fattore socioeconomico propulsivo. Non esisterebbe la piccola impresa senza un nucleo compatto e solidale di comando e lavoro come la famiglia.

Ma a livello di grande impresa, con grande responsabilità sociale, le dinamiche familiste delle elites italiane nel 90% dei casi sono un fattore recessivo: in una posizione di potere, servono individui di grande capacità, ed è improbabile (al max 10% dei casi) che i figli di uomini di grande capacità, nonostante le favorevoli condizioni in cui sono stati allevati, siano essi pure dotati di grandi capacità. Basta guardarsi in giro, per averne conferma.

E cosa fanno le elites? Come dominano? Come sfruttano i lavoratori?

Prendendoli in giro. Dandogli ragione. Dandogli dei contentini, e facendo grandi promesse. Lasciando che si uniscano in grandi masse, essendo più facile manovrare una massa (cooptandone i leader) che una moltitudine di individui. L’uomo massa, convinto dai suoi leader che l’unione fa la forza, rinuncia a ogni iniziativa individuale, e accetta come sue le scelte dei suoi leader.

Ci sarebbe da andare avanti ore. Ci sarebbe da leggersi Pareto. Dopo aver restituito le edizioni originali al mio boss, mi ero precipitato in libreria, volendo possedere testi così culturalmente importanti (il Trattato) o letterariamente esemplari (il pamphlet contro i moralisti).

Con mia grande incredulità e sorpresa scopro che esistono edizioni delle opere di Pareto in francese, in inglese, in tedesco… ma non c’è un editore in Italia che pubblichi Pareto!

E non stiamo parlando di un filosofo nazista maledetto come Julius Evola, stiamo parlando di un tranquillo liberale aperto e tollerante (forse un tantino elitario…).

Mistero. Misteri del sistema culturale italiano.

I grandi misteri del sistema culturale italiano sono l’imposizione nella scuola dell’obbligo di autori scadenti come il Manzoni, Vittorini, Moravia, gente che ti fa passare la voglia di leggere per il resto della vita, e in parallelo il mobbing editoriale/scolastico sul grande romanzo dell’Ottocento italiano, Le Confessioni di Nievo, e sul grande romanzo del Novecento italiano, l’unico di livello europeo, La Pelle di Malaparte.

Ma questo li supera tutti. Nessuno in Italia pubblica Pareto!

Pochi anni dopo, in una nota libreria di anarchici, trovo questa collana superlussuosa e costosa (tipo i Meridiani) che ha in catalogo l’opera omnia dei grandi pensatori eretici: Erasmo da Rotterdam, Giordano Bruno… e Vilfredo Pareto!

Chi è l’editore? Silvio Berlusconi Editore. Non Mondadori, Fininvest, o altre sigle del gruppo. Si chiamava proprio Silvio Berlusconi Editore. Il Pareto mi pare costasse 100.000 lire. Una collana che oggi non c’è più.

Ecco la cosa buona, intelligente fatta da Berlusconi. Pubblicare Pareto.

Meno buono, il fatto che lui, e non noi, intellettuali di sinistra, abbia letto, compreso bene e messo in pratica con successo la teoria delle elites, soprattutto il capitolo sulla predisposizione delle masse verso i comportamenti non logici…

In una villa sul lago di Como, alla scuola del partito, ci facevano leggere tutti i pallosissimi testi sacri del comunismo, il resto era sovrastruttura borghese, ma ripensandoci adesso  mi sorge il dubbio che il docente di dottrina, D’alema, si leggesse Pareto di nascosto.