ci sono alcune cose che sono invariabili nell’esistenza dell’uomo.
sono cose talmente immutabili che quantomeno oggi le consideriamo luoghi comuni, perché tutti sono d’accordo che siano così.
ma il fatto irritante è che ogni generazione le deve vivere, ci si deve scontrare, deve provare a mutarle, per poi arrivare ad un punto in cui accetta che siano immutabili.
non parlo di polpettoni maximi come il fatto che tutti devono morire. parlo di cose appena un po’ più astratte:
perché gli artisti devono essere poveri?
perché i leader devono essere cinici e spietati?
perché le idee più brillanti sono destinate a non essere comprese?
perché le belle speranze sono destinate ad essere disattese?
chiunque è disposto a dire che l’arte è importante nella vita al pari del cibo, e contemporaneamente tutti sono pronti a dire che senza cibo si muore, senza arte si può sopravvivere, quindi prima il cibo, poi, forse, l’arte.
invece che dell’arte potrei parlare dell’amore:
chiunque è pronto a giurare che l’amore è fondamentale per vivere, anche se poi, nella pratica, una società si autoregola prescindendo bellamente dall’amore. “ahhh, l’amore” si dice, “l’amore è un’illusione”. il cibo no. quindi zitto tu che aneli l’amore, e ubbidisci a me, che porto il cibo.
che poi davvero arte e amore sono importanti, infatti chi professa, cinico e compiaciuto, il primato del pane sui sentimenti, si ritrova col figlio tossico o suicida per carenze affettive, il partner che lo abbandona per andare a cercare sentimento altrove, si ritrova a vivere una vita di merda, col cibo, certo, ma una vita che non si aspetta altro che finisca, perché insopportabile, una vita che non vale più la pena di essere vissuta.
e specularmente, che dolore infinito in un padre che segue instancabile il sentimento, ma che non ha di che sfamare i figli. che dolore, ogni volta, porgere l’altra guancia, per poi essere annichiliti dagli schiaffi di chi oggi prevarica il tuo fragile sentimento, e domani accudisce la tua prole cui non hai saputo dare la sicurezza della “roba”, cui non hai saputo lasciare un bottino di monete con cui farsi scudo delle ristrettezze della vita.
è questa cronica, incrollabile, stupidità umana che mi dà da pensare la sera, invece che dormire, o la mattina, invece che lavorare.
come è possibile che l’uomo in migliaia, milioni di anni di esistenza, non sia ancora venuto a capo di questo paradosso?
come è possibile che le società si regolino negando alcuni fattori che poi, puntualmente, regolarmente, si rivelano bombe capaci di distruggere la vita dei singoli?
io vorrei, davvero vorrei, fortissimamente vorrei che l’umanità decidesse, una volta per tutte, se pane o sentimento.
che bello sarebbe, da domattina, sapere che solo il pane conta!
sarei il primo, il principe, dei figli di puttana accaparratori, uscirei di casa alla ricerca del possesso materiale dei beni, allenerei il mio corpo ad essere forte, la mia mente ad essere felina e reattiva, ucciderei, fotterei, senza pietà, finché ancora ho un po’ di forze in corpo, perché se non ora quando?
oppure, che bello sarebbe, da stanotte, sapere che solo il sentimento conta!
che liberazione superare una volta per tutte la materialità delle cose, l’angoscia della sopravvivenza, finalmente potersi dedicare agli altri, alla bellezza, all’arte. all’amore.
ma ogni strada intrapresa, stanotte o domattina, è una strada parziale, che mi avvicina a qualcosa per allontanarmi da qualcos’altro, senza possibilità di felicità definitiva.
che triste la vita così, come da sempre la viviamo.
che tremendo e banale il dolore che ne deriva.
che coglioni siamo, non essere ancora riusciti a capire che in una società, in ogni momento, in ogni luogo, hanno pari diritti e pari dignità gli artisti, gli amanti, i condottieri e i panettieri.
gli uomini sono stupidi.
p.s.: la fotografia è a mio parere una delle più belle fotografie che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, è stata la copertina di una rivista che non conosco, e l’ho trovata per caso googleando non ricordo più quale keyword.
Non ho niente da aggiungere; voglio solo farti sapere che ci sono, che ho letto questo ed altri scritti sul sito, e che sono felice che tu li abbia scritti.
La foto è così bella che mi fa piangere.