La Lobbia 2.0

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LeoLobbia

Amato da Churchill, dai gangster e dai jazzisti, la Lobbia è un cappello sui generis, a partire dal nome, che è il nome del personaggio da cui nasce, come il Montgomery o il Cardigan,

siamo nel secondo Ottocento, l’epoca in cui nascono tutti i classici della divisa maschile, e parliamo di Cristiano Lobbia, già garibaldino e deputato “radicale” del Regno d’Italia, che denunciò in Parlamento, quando la capitale d’Italia era Firenze, la “lobby” del tabacco e il relativo monopolio nato dalla corruzione.

Per questo il nostro onorevole fu aggredito e bastonato, ma non intimidito, tanto che il giorno dopo si presentò in Parlamento incerottato a denunciare il fatto, ed esibendo all’assemblea il proprio cappello che recava il segno della bastonata, un’infossatura sulla sommità.

La vicenda colpì l’immaginario popolare, e un cappellaio fiorentino, parimenti dotato di spirito anarchico e senso commerciale, mise in produzione il cappello con la sommità infossata, chiamandolo Lobbia: da quel giorno è il cappello di chi non si tira indietro nemmeno dopo esser stato preso a bastonate.

Oggi questo classico, che ebbe grande fortuna nell’età del jazz,  viene riproposto come must fashion, “da portare come tocco classico con divise informali da personaggi eclettici, testimonial di nuove aggregazioni fuori dal coro”

Nella foto, tre onorevoli membri della Lobbia del Leone:

la locandina del magazine CTRL, che sta in piedi senza contributi pubblici e senza essere sostenuto da nessuna lobby finanziaria o politica, dando lavoro e occasioni a giovani creativi con progetti d’innovazione culturale (come gli spettacoli di scrittura collettiva, i concerti invisibili o le gare di nascondino);

la felpa Rosti, maglificio sportivo indipendente, qui un modello vecchio di 10 anni, con il logo dell’uomo che salta nel canale per salvare il suo cane, gesto da cui è nata l’impresa, e lo spirito d’impresa, che oggi sponsorizza atleti, squadre ed imprese sportive di carattere antagonista, e fa disegnare le proprie linee di prodotto a giovani artisti;

la t-shirt Elav, la birra che vale, partner o sponsor di festival musicali, film meeting e fanzine di controcultura,

“perché a un certo punto le dissonanze diventano un controcanto, e impongono una nuova linea tonale: è lo spirito del free jazz, nuove sonorità da nuova mescolanza, è il codice della musica contemporanea”,

è questo il discorso che mi ha fatto il mio amico Akam nel regalarmi la Lobbia 2.0 da lui prodotta (creazioni AkamArt): un gran bel discorso, devo ammetterlo,

come il cappellaio fiorentino che per primo l’ha prodotto 150 anni fa, Akam è prima di tutto un artigiano che vuole vendere le sue creazioni, e proprio per questo ha capito che oggi insieme al cappello bisogna offrire una mentalità, qualcosa di nuovo da mettere in testa.

10 verità scomode sui p…..i

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Biennale

A margine del convegno “malinconia erotica maschile” tenutosi a Torre Boldone a cura dell’Associazione Nuovo Maschio, nel corso del quale sono stati pubblicati i dati relativi alle abitudini erotiche degli italiani, frutto di una ricerca quinquennale, è emerso, come dato più interessante, il ribaltamento avvenuto negli ultimi decenni tra cunnilingus e fellatio,

per cui se nella generazione precedente nove uomini su dieci non praticavano il cunnilingus, ma pretendevano la fellatio, a seguito della “liberazione sessuale” abbiamo oggi una generazione di uomini che pratica il cunnilingus, mentre l’attività di fellatio, esclusi i rapporti mercenari, si è drasticamente ridotta, specie all’interno della vita di coppia.

Dal dibattito è emerso un vero e proprio decalogo, un manifesto di denuncia delle 10 verità scomode sulla fellatio, che qui pubblichiamo con riserva, per dovere di cronaca:

Nove coppie su dieci sono infelici, e la causa di tutto è che lei non fa p…..i, è questa la prima verità.

Una relazione sessuale senza rapporti orali è impersonale, meccanica, bestiale, triste, destinata a estinguersi, è questa la seconda verità.

Un uomo non è una bestia da sfogare, un p…..o non è un bisogno fisiologico, un p…..o  è intimità sublime, è questa la terza verità.

Una donna che si sente umiliata nel fare p…..i  è doppiamente vittima dei condizionamenti, perché in realtà è l’uomo ad essere umiliato dal rifiuto, è questa la quarta verità.

Un p…..o fatto con amore vale più di mille belle parole, e risolve qualsiasi incomprensione, è questa la quinta verità.

Una donna veramente libera dai condizionamenti adora prenderlo in bocca, come l’uomo adora leccargliela, è questa la sesta verità.

Una donna complessata e passiva può superare ogni suo problema dicendogli: non so fare i p…..i, ma voglio provare a essere sco..ta in bocca, è questa la settima verità.

Una donna che tiene spom…ato regolarmente il suo uomo, non si sentirà mai trascurata, incompresa, non amata, è questa l’ottava verità.

Nove donne su dieci non hanno fantasia e non fanno i p…..i, e le due cose sono intimamente connesse, è questa la nona verità.

Un ca..o pulito, caldo, vivo tra le tue labbra è la bacchetta magica che cerchi invano altrove, e ti farà sentire una fata dotata di poteri magici, è questa la verità finale, amica mia.

L’Eco della rosa

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eco

Opera aperta, sugli specchi, il superuomo di massa, apocalittici e integrati, ma anche il nome della rosa;

la legittimazione a studiare e capire e anche a praticare la cultura di massa, la letteratura di genere, i gialli, i rosa, la fantasy, i fumetti, la televisione, la pubblicità, il cinema, la musica pop;

per la mia generazione, e per me come per molti in modo decisivo, Eco è stato uno dei tre o quattro maestri di pensiero che hanno indirizzato gli studi, la forma mentis, e anche le “avventure” intellettuali e professionali,

il modo di fare ricerca e sperimentazione, con curiosità, passione, coraggio, ma anche con gioia, col sorriso, con divertimento, apertura, vitalità,

ha rilanciato la figura dell’umanista, dell’intellettuale multi-sapio nell’epoca contemporanea, nel nuovo medioevo del villaggio globale, rendendola una figura eccitante, un avventuriero, uno 007 dello spirito, con le sembianze di Sean Connery,

ho scoperto Eco intorno ai vent’anni, leggendo tutti i suoi libri in modo forsennato, e sono subito diventato un nipotino di Eco,

come nipotino di Eco, nella Milano da bere, ho cominciato a fare il copy writer moda e design da un lato, e lo scrittore di harmony dall’altro, e sempre come copertura per fare ricerche, indagini nei sotterranei dei mass media, nel sottobosco del sistema editoria/pubblicità,

e in realtà tutta la passione e l’impegno, la curiosità e l’ambizione, avevano l’unico scopo di attirare le ragazze, ora lo posso dire, io ho fatto lettere per quello,

quando più di una top girl – a lettere ce n’erano tante –  mi ha candidamente ammesso che si sarebbe concessa con grande piacere a un re della lingua come Umberto Eco, notoriamente basso, grasso, pelato – come me, in pratica – allora ho cominciato a leggere Eco, e a diventare un nipotino di Eco,

la cosa ha funzionato a meraviglia, e di tutte le cose belle e nobili che Eco ha portato nella vita dei suoi nipotini, oggi, nel salutarlo, lo ringrazio sentitamente di questa,

e sono certo di non essere l’unico,

ricordiamoci colleghi che prima di Eco vigeva il dogma “lasciamo le donne belle agli uomini senza fantasia”

è stato Eco a renderci consapevoli che, parafrasando Onassis: “tutti i libri del mondo non servirebbero a niente, se non esistessero le belle donne: anzi, non sarebbero nemmeno stati scritti”.

una donna non si tocca nemmeno con una rosa, ma si lascia prendere dal nome della rosa,

poi le ragazze, le donne passano, e resta l’amore per il sapere,

il segreto della Poetica perduta è tutto qui.

 

eco di bergamo vergogna

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Peggio del prete pedofilo, è il giornale paraculo.

Non è nemmeno necessario aprirlo, il numero di oggi, basta leggere il titolo d’apertura in prima pagina: “Sono angosciato per le vittime”;

chi parla è il parroco di Solza arrestato con l’accusa di prostituzione minorile (adescava ragazzini sul web, pretendeva prestazioni gratuite, e avviava alla prostituzione)

“ha avuto un atteggiamento collaborativo e si è detto addolorato per le vittime”;

una storia molto triste e non nuova, le figure che nella società cattolica dovrebbero essere educative, il parroco, il vigile, l’allenatore, e invece eccole insieme per violare e sfruttare minorenni: e tutto quello che ha da comunicare l’Eco è l’angoscia del carnefice!

Povero parroco, ridotto in angoscia dagli insensibili Carabinieri! Questo è giocare sporco, molto sporco. Tuo figlio è stato vittima di abusi, e il titolo del giornale è sui buoni sentimenti del prete-porco.

E poveri noi.L’Eco di Bergamo di oggi è la vergogna della città, ed è un peccato perché rappresenta una testata storica, con lettori fedeli, e anche collaboratori di qualità.

Ma tutto questo viene puntualmente “sputtanato” da uscite come quella di oggi, che azzerano l’etica giornalistica e confermano la malafede di base, cioè della proprietà, la Curia, il Vescovo, anche lui molto addolorato.

Io invece sono indignato, disgustato, irritato. Fermiamo questa barbarie.

 

 

il messaggio di Sanremo

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Brividi ieri sera a Sanremo, quando la pubblicità TIM dice: “Le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover scegliere. Non è fantastico?”

Subito dopo, il conduttore dichiara: “Via al televoto, ognuno ha a disposizione cinque voti, sempre a un euro” (ambiguo, sembra 5 voti per 1 euro, e invece sono 5 voti a 1 euro l’uno…).

In realtà un voto è un sms, che normalmente paghi qualche centesimo. Cosa compri con quell’euro, cosa ti vendono? La tua opinione.

Conclusione: le nuove tecnologie ci danno la libertà di non dover scegliere, ma se proprio vuoi scegliere, puoi sempre farlo a pagamento (e solo relativamente a canzonette). È davvero fantastico.

 

i Lombardi con le braghe calate

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Oggi alle 16.15 meridiane due comunicati tra loro slegati, provenienti dalla stessa istituzione, la Regione Lombardia, hanno prodotto in me, nella mia coscienza storica, il succitato titolo;

(premessa metodologica in 10 righe che puoi anche saltare o leggere infine:

come dicevano Braudel e i suoi amici della scuola degli Annales, la grande storia si scrive rintracciando il filo che lega i piccoli fatti,

la microstoria spiega la grande storia: il vero tono, il senso storico di quel che accade, più che nei grandi eventi istituzionali, è nella catena dei banali provvedimenti quotidiani;

per questo serve un metodo certosino di raccolta dati e poi una capacità creativa e ordinativa di visione globale.

Allora io che con gli Annales sono cresciuto oggi ho riprovato quel brivido che è l’orgasmo dell’investigatore quando in due fatti insignificanti riconosce una prova del delitto)

h.16.10 la prima notizia, parlando con una collega, molto delusa mi dice che Regione Lombardia non rinnoverà il sostegno a Dimore&Design, progetto no lucro di valorizzazione del patrimonio storico/architettonico, nato a Bergamo, per aprire gratuitamente al pubblico palazzi nobiliari normalmente chiusi, invitando, provocando noti designer ad arredarli per l’occasione;

stiamo parlando di edifici che racchiudono la nostra storia, a volte in modo non esibito, trasandato, ma autentico, dimore che non sono ancora state comprate da divi televisivi o sceicchi o da società finanziarie per farne la loro sede di rappresentanza,

perché è questa la fine che faranno,

i giornali titoleranno grazie alla XZY palazzo WJK tornerà a nuova vita, e invece noi sappiamo che morirà completamente, e con l’edificio morirà la nostra storia, e un po’ anche noi;

da qualche decennio stiamo perdendo l’idea di “patrimonio pubblico”, per cui una comunità a un certo punto è in grado di trasformare beni materiali privati, come un castello o un palazzo nobiliare, in beni culturali pubblici, con utilità e uso pubblici, di vario tipo, anche sociale;

l’iniziativa Dimore&Design dietro l’apparenza glamour ha lo scopo di creare conoscenza, coscienza, senso di appartenenza tra il pubblico contemporaneo e queste dimore storiche; senza questa coscienza non si può nemmeno ipotizzare il vero discorso;

il vero discorso te lo esemplifico subito: il più bel parco di Città Alta, la più grande area verde, la più scenografica è il parco di Palazzo Moroni, tra la Fara e la Rocca,

questo parco potrebbe diventare un parco pubblico, basterebbe un gesto serio del comune, invece un bel giorno leggeremo che il Palazzo e il parco sono stati acquistati da una multinazionale, come l’Italcementi, e tutte le anime belle cadranno dalle piante;

dunque la Regione Lombardia dice: non ci interessano le dimore storiche della città di Bergamo.

Va bene, si sa che le spese “cultura”, “patrimonio storico” per quanto esigue sono sempre le prime a essere tagliate.

h. 16.15 parlando con un’altra collega, molto allegramente mi informa che Regione Lombardia ha messo sul piatto una bella somma a fondo perduto per sostenere i piccoli esercenti in crisi,

e va bene, e immagini che le condizioni per usufruire dell’aiuto siano il legame col territorio, con i prodotti e l’economia e l’identità del territorio,

e invece incredibilmente Regione Lombardia aiuterà quei piccoli negozi che decideranno di entrare a far parte di una catena di franchising,

non ho capito,

hai capito, per esempio tu nel tuo paesino o nel tuo quartiere hai una trattoria che da tre generazioni fa da mangiare con roba presa alla cascina dietro l’angolo e la Regione Lombardia ti finanzia a fondo perduto se entri in una catena di ristorazione sushi di tendenza;

lo stesso se hai una merceria, una panetteria…

ha capito cosa ci resta dell’Expo a Milano?

il paradosso è che questo “paghiamo tutto noi” di solito è proposto dalle grandi catene stesse, adesso invece è la Regione, cioè noi, che finanziamo il suicidio delle botteghe del territorio, creando zombie, non negozi, con non prodotti, per non persone,

dunque la notizia non è “Regione Lombardia aiuta i piccoli esercenti” ma casomai “Regione Lombardia aiuta le grandi catene”,

noi lombardi abbiamo una specie di orgoglio regionale, legato al lavoro, all’etica, all’amministrazione virtuosa,

quando andiamo in Trentino siamo ammirati per come spendono bene i soldi pubblici, quando andiamo in Sicilia l’opposto,

oggi alle 16.15 la Regione Lombardia mi è calata nel Gattopardo, nella logica del paradosso, sostenere gli esercenti per farli sparire, trascurare il patrimonio pubblico per lasciarlo privatizzare,

i Lombardi, i politici lombardi in un colpo solo mi fanno capire l’intenzione, svendono il commerciante lombardo e il palazzo lombardo, e al loro posto promuovono il punto vendita e la sede della catena multinazionale…

ci sono tanti modi per diventare schiavi, per finire in catene…

eppure Lombardo, longobardo, significa longo bardus, bardato a lungo, è questo che ha sconvolto l’impero romano, l’uso dei pantaloni lunghi, l’uso della cucitura, ignota ai romani,

portare i pantaloni significa essere capaci di decidere del proprio destino, essere autonomi, uomini liberi, con libere assemblee…

penso alla Fara, che era il campo longobardo dove si tenevano le assemblee dei guerrieri, ferocemente determinati ad abbattere l’impero,

e penso con vergogna a noi Lombardi di oggi, con le braghe calate.

(imago: Palazzo Moroni, Bergamo)

 

nascituros, morituros, 5 sensi 1 anima

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aborteut

(Leone XIV latin version su aborto, eutanasia; trad. it. in coda) 

natura mater nostra est

deus pater noster est

a natura nascor

in natura morior

sensus quinque anima una

ita est hominis naturalis configuratio

nullus homo naturam fugere potest

nullus senatus legem dictare potest

nulla ecclesia quidquid proibire potest

noli mutare corporis caducitas

noli abusare corporis tui fratris per tui corporis additionem

noli tradere spiritus istantis ad machinas frigidas

quid est homo nisi  brevis momentus sensorum armoniae

quid est amor quid dolor nisi passiones corporis in spiritu ardens

quid est aeternitas nisi hac coscientia de sensorum transitus

humanum est curare

humanum est morbum pugnare

humanum est naturae legem acceptare

humanum est se submittere ad voluntatem dei

humanum est nascituros pietate tenere manu amorosa

humanum est morituros pietate dimittere manu amorosa

humanum est in corporis aut animae gelu sibi mortem dare

fides ratio suprema est

fides scientia mater est

fides amoris lex est

EGO VOS SUM

(Natura madre nostra, Dio padre nostro, dalla natura nasco, in natura muoio,

5 sensi e 1 anima, così è la configurazione umana,

nessun uomo può fuggire la natura

nessun parlamento può dettare legge

nessuna chiesa può proibire qualcosa

non sovvertire la caducità del corpo

non sfruttare il corpo dei tuo fratello per arricchire il tuo

non consegnare l’attimo fuggente alle fredde macchine

che cosa è l’uomo se non un beve momento di armonia dei sensi

che cosa sono l’amore, il dolore se non passioni di un corpo in spirito ardente

che cosa è l’eternità se non questa coscienza della transitorietà dei sensi?

È umano curare, combattere la malattia, accettare la legge di natura

È umano sottomettersi alla volontà divina

E umano tenere pietosamente chi nasce con mano amorosa

E umano lasciar pietosamente andare chi muore con mano amorosa

È umano nel gelo del corpo o dell’anima darsi la morte

La fede è ragione suprema

La fede è scienza madre

La fede è legge d’amore

IO SONO VOI

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http://paolomassimotestaphotography.tumblr.com/

bobos invisible hall

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L’altra sera sono stato in un locale che non c’è, dove non c’erano un centinaio di persone, e una ventina di musicisti (con qualche nome di fama) non si sono alternati sul palco, in total free&friendly jam session.

Un seminterrato senza insegna (invisible), garage condominiale open-space in disuso, con tre grandi aree comunicanti: la zona social drink&food, la concert hall e la sala fumatori-giochi d’epoca (freccette, calcio balilla).

Probabilmente assemblato e smontato in poche ore (rave party docet), tutto spartano, naked, sedute e tavolini hand-made ex pallet, pavimento cemento, alle pareti vecchie locandine di vecchi film di culto, tipo jack volò sul nido, in original version.

Però: i caloriferi nuovi e funzionanti, le uscite di sicurezza veramente tali, il servizio bar impeccabile, l’area fumatori dotata di aspiratore.

Tutto abusivo, cioè: festa privata. Wittgenstein-deduction: il privato è abusivo. Fare festa è abusivo. Un luogo dove gira gente ma non soldi è abusivo. Però trovo assessori, dirigenti pubblici, politici, opinion leader. Tutti rigorosamente bobos.

Bobos sta per bohemienne-bourgeois, indica la grande tribù 40enni dual band, di giorno regimental, di notte underground,

un asset tipico della X generation, la progenie senza ideali e senza palle, fatalmente fottuta dalla boom generation che l’ha preceduta (e generata), i decantati sessantottini, ormai sessantottenni e dunque pensionabili, eppure incollati alle poltrone come vecchi democristiani, se non di più;

quando diciamo bobos, parliamo di quarantenni più o meno integrati/e sul lato sociale, professionale; e più o meno disintegrati/e sul versante privato, personale;

integrati ma spesso non realizzati, relegati, e “delfinati” dai senior democrisantottini di cui sopra;

disintegrati ma non distrutti, anzi, pluri-consapevoli, con l’io-diviso ma l’inconscio moltiplicato e il super-ego in modalità visibile;

con lavori, titoli, impieghi e incarichi statement; e vite dissolute, sport estremi, relazioni tormentate, passioni insanabili, aspirazioni purissime e vizi inconfessabili.

Di fatto adottano o adattano un metodo sovversivo, da centro sociale autogestito (e senza nemmeno chiedere il conributo-elemosina…) a un target “la meglio gioventù 2.0”, con vocazione next upper class e orizzonti di sostenibilità easy, bla bla car e smart city.

Lo spirito, l’humus, il pathos a ben guardare i corpi, le prossimità, le conversazioni è anarco-libertario ma con garbo, un dionisiaco in slow motion, un mood relax & enjoy che sembra la versione “less is more” del vecchio peace &love, ma senza fronzoli, senza moine, senza politica,

e senza tutte quelle formalità da locale pubblico, come se in effetti tutti i problemi d’immagine e comunicazione derivassero dall’absurdum di “spendere per divertirsi”.

Anche da nudi (intendo: spogliati del ruolo sociale, professionale) e in ebbrezza questi good fellas sono educati, gentili, puliti.

Il bar è free, ma nessuno esagera, nessuno molesta le bargirls.

C’è qualcosa di piacevole nell’aria, una leggerezza, ma anche un alone di malinconia erotica.

Un consulente aziendale (ma è un politologo prestato al marketing) mi cita Ibsen: quando noi morti ci destiamo, ci rendiamo conto di non aver mai vissuto. Buono.

Ex ragazzine liceali, ormai anta, ma tirate a lucido e perfettamente funzionanti, pezzi unici fuori produzione, belle e desiderabili, come motocross d’epoca. Ammirevoli, e pronte a ruggire.

Ti avvicini, ci parli, e ti dicono: ero incinta, sono stati i mesi più belli della mia vita, sentivo un’energia, un amore, ma poi ho perso il bambino. E le guardi le scarpe da 600 euro, eccitanti. E pensi: ecco la differenza rispetto al liceo, allora bastavano le Superga.

I maschietti american college, camicia bianca, blazer navy o giacca fashion tra il barocco e il finto-clochard, e anche qualche golfino sulle spalle, evergreen del maschio mammone no sexy.

Anche loro, ci parli, gli chiedi, ti dicono: mi sento una merda, e con gli occhi umidi ti raccontano dell’amico di una vita, che non aveva nessun problema, e invece si è suicidato.

Poi sale sul palco un duetto fantastico, lui zazzera, lei caschetto, e sparano una bomba di zucchero eseguita a regola d’arte, Lionel Ritchie e Diana Ross, il nostro amore senza fine, endless love, e scatta la regressio ad juventutem, ai primi anni Ottanta, al primo amore di tutta la generazione. Troppo.

Uscendo, un’efelide grissinesca tacco 14 e ventre rientrante, con qualche problema a salire le irte scale, mi si avvinghia al fortebraccio.

Le chiedo: che cosa resterà di questi anni Ottanta? Sulle note che provengono da sotto, mi risponde: i Pink Floyd.