habemus tutorem

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hatu2

olim manifesta scabrosa patefacere poetarum opus erat

un tempo manifestare argomenti scabrosi era compito dei poeti,

ad esempio quando il regime decise di massificare l’uso del preservativo

anche a costo di sfidare la Chiesa, per ragioni di salute pubblica (bordelli, militari),

chiamarono il poeta più pagato dell’epoca, anzi, dell’epoque, un certo Gabriele D’Annunzio,

e mostrandogli il prodotto gli dissero: vogliamo conquistare tutto il mercato italiano con questo articolo, ma non sappiamo nemmeno come chiamarlo,

in America e Gran Bretagna si chiama “condom”, ma con le leggi sulla purezza della lingua non possiamo usare termini stranieri.

A quel punto il poeta/pubblicitario del regime si era fatto una bella mezza grammata di cocaina degli  anni Venti,

poi aveva intinto la penna nel calamaio, e schizzando inchiostro ovunque aveva scritto direttamente sulla tappezzeria del ministero: habemus tutorem

e si era divertito a guardare le espressioni sbigottite dei grandi capitani d’industria e ministri vari di sanità pubblica.

Annoiato, aveva spiegato che habemus tutorem significa “abbiamo protezione”

ma naturalmente, aveva aggiunto, habemus totorem sarà il sottotitolo, mentre il marchio commerciale vere e proprio “sarà costituito dal suo acronimo vocalico”,

e di nuovo aveva guardato gli occhi lessi dei suoi committenti.

L’acronimo vocalico di habemus tutorem, aveva detto infine, è: “hatu”.

Era balzato in piedi indicando uno a uno i presenti: hatu? Hatu, hatu e anche hatu! Dico a voi! Quando siete “hatu per tu” con la bella Gigogin preferite prendervi sifilide, lue, gonorrea e scolo, o avere protezione, e non dal papa, ma da hatu?

Chiamatelo “hatu”, e si diffonderà per l’Italia e l’Europa,

e anche in America: perché fa rima con I love you.

Capite? Concordate? Non importa, fate come dico, per questo mi pagate a peso d’oro!

Au revoir! Anzi: hatu!

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