Ricuperati credits

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GiovannaRicuperatiGiovanna Ricuperati parlerà oggi all’Assemblea di Confindustria Bergamo della strategia RISE (Renaissance of Industry for a Sustainable Europe). Qui sotto, il ritratto “prima impressione” da me scritto un anno fa, dopo averla conosciuta.

Il sorriso di una contadina di cuore lieto, proprio quello, è la chiave del suo successo, e ti parlo di una donna di potere, che ha un sorriso d’altri tempi, pudico e solare, che risulta così nuovo, e invece è probabilmente genetico, è il sorriso di sua nonna, che sarà stata davvero una contadina, capisci,

quel sorriso che la nonna portava nei campi, o in fabbrica, lei lo sfoggia nell’Italia postindustriale, nell’epoca del made in Italy: con quel sorriso ce la immaginiamo adolescente acqua e sapone, la vediamo ventenne ad Harvard con il golfino giallo Benetton, poi in azienda con il tailleur d’ordinanza, magari Marras, e oggi in Confindustria ingioiellata Tiffany, e sempre l’effetto di questo sorriso supera gli status,

sono Benetton, Marras e Tiffany a prendere valore da lei, da quel sorriso, non il contrario, capisci, oggi il massimo valore culturale aggiunto, il più ricercato, è il sorriso dell’ignoranza perduta,

è un sorriso che rintracciamo sui volti di donne d’altra etnia, donne del sud del mondo, mentre portano l’acqua, la vita, e ci piace, ci conquista, ci ricorda quello delle nostre nonne, ci dice carattere, e anima, freschezza, e fierezza; e di fatto è un sorriso elementare, spontaneo come fiori di campo,

capisci, con quel sorriso, la nostra donna potrebbe anche essere una grande attrice, sempre che non stia già recitando, e vorrebbe dire che è davvero brava.

(Imago: Giovanna Ricuperati. Photo by Ezio Manciucca)

 

10 piccoli interventi per Bergamo

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BGaltaNorthSided

(pagina di appunti ritrovata dalla donna delle pulizie nei corridoi di Palazzo Frizzoni, si invita il consigliere o l’assessore che l’avesse perduta a reclamarne la paternità)

Egregi colleghi, ecco la lista dei 10 piccoli interventi per Bergamo da realizzare con minima spesa e massima resa per fare più bella e accessibile la ns. città:

1)    Bg automobile, appena arrivi a Bergamo dall’autostrada, il brutto traliccio nero dell’orologio, questione annosa, cosa ci vuole per toglierlo? Anche lo sponsor si è tolto, dalla vergogna. Monito alla dismissione dell’inquinamento pubblicitario (pannelli, totem, etc)

2)    Bg automobile, soluzione del pastrocchio viabilistico autostrada/asse interurbano con l’apertura di una nuova uscita autostradale Bergamo Bassa (aeroporto, oriocenter, stadio, valli) mentre l’attuale rimarrebbe come uscita Bergamo Alta (ospedale, città alta, colli)

3)    Bg ciclabile, portiamo le Bigi pubbliche in città alta, sulle mura e sui colli.

4)    Bg ciclabile, dalla stazione di Bergamo la ciclabile della Val Seriana dista duecento inaccessibili metri: sfido chiunque non conosca la città a trovare l’inizio della pista in via David, eppure nell’area ex magazzini generali non manca certo lo spazio per completare la connessione. Questo è solo l’esempio di molti tratti di ciclabili non connesse tra di loro.

5)    Bg pedonale, sistemiamo definitivamente il Sentierone per le manifestazioni fieristiche: attualmente brutti tendoni di plastica o brutte bancarelle-bungalow: invece, pensiamo a come utilizzare, ampliare, estendere, proteggere, rendere funzionale il sistema dei portici piacentiniani, portici in realtà mai usati per quello che sono: è sotto i portici che si crea la vita di una città, guardiamo altre città, pensiamo a bancarelle sotto i portici, a tende che coprano i marciapiedi, in modo da rendere sensato il sistema piacentiniano, o altrimenti abbattiamolo!  Ma evitiamo i tendoni di plastica che trasformano il Sentierone in un “non luogo” qualsiasi.

6)    Bg pedonale, connettiamo l’area musei-gallerie d’arte Carrara-Gamec con il Sentierone, realizzando con interventi minimali il “passante verde” ciclo-pedonale: dal cortile Gamec ingresso diretto al parco Suardi (un cancello da aprire!) dal Parco Suardi alla Monte Lungo (un sovrappasso pedonale) e da questa attraverso i Parchi Marenzi e Caprotti siamo in Via Tasso-Sentierone-Piazza Pontida.

7)    Bg alta, le Mura Venete: imprescindibile  realizzare, cioè aprire, l’anello pedonale completo ai piedi delle mura. Attualmente il percorso sul versante nord c’è già, c’è sempre stato (anche se pochissime persone l’hanno mai percorso (da Colle Aperto giù dal colle fino a porta S.Lorenzo,  e seguendo le mura fino a sotto lo spalto di S.Agostino) mentre sul versante che affaccia a meridione, si tratta di aprire un percorso tra le porte S.Agostino e S.Giacomo (dove inizia via Tre Armi che riporta a Colle Aperto)

8)    Bg alta, la Rocca: aprire l’anello pedonale super-panoramico circum-rocca, un sentiero che corre ai piedi Rocca,  sopra il parco Moroni e l’ex Parco Faunistico (da quanti anni in abbandono dopo la frana/scandalo del maledetto Locatelli parking? Già ormai l’area è diventata un vero e proprio terzo paesaggio) con accessi dalla Fara, dal Pozzo Bianco, da via delle Rocca e dal convento di San Francesco (scaletta del condannato, accesso diretto Mercato Fieno-Rocca)

9)    Bg alta, eco-logistica della consegna merci: oggi le vie medievali e piazza Vecchia sono occupate da grossi furgoni (spesso diesel!)  che squalificano l’aria, lo spazio e l’esperienza “città d’arte”. Definiamo un’area d’interscambio logistica e logica (es. zona Baioni, o vecchio Ospedale) dove tutte le consegne per città alta siano raccolte da una flotta di veicoli ad hoc, piccoli, elettrici, non inquinanti, non invadenti, che siano vettori di qualità urbana, e non deturpatori del centro storico.

10) Bg alta, Seminario, apertura al pubblico passaggio dell’area nevralgica del Seminario, il colle di S.Giovanni: due cancelli da aprire, e via Arena si connette a Colle Aperto e Piazza Mascheroni, creando la possibilità di percorsi (oggi limitati alla Corsarola avanti e indietro) e migliorando la vivibilità della città.

Imago: Bergamo Alta vista da Nord, con sentiero e parco sotto le mura.

il senso del gelato per Bergamo

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Una mucca che ti guarda è l’icona pop di expo-gelato 2015, mostra-happening  dedicata al gelato artigianale, che si inaugura sabato pomeriggio a Bergamo Centro zona Sentierone (la mostra sarà nel chiostro di S.Marta, il laboratorio/show in Galleria).

Parlare delle delizie del gelato, se il tema è nutrire il pianeta, può sembrare uno snobismo, e solleticare facili ironie storiche in stile Maria Antonietta, ma in realtà la storia del gelato è un perfetto esempio di come funziona realmente (o funzionava) l’evoluzione umana prima e oltre il copyright che oggi le grandi holding piazzano su qualsiasi cosa: in realtà nessuno inventa mai niente, ma tutti collaborano a creare tutto, e insieme è possibile fare qualcosa che nessuno è in grado di fare da solo.

Il gelato nasce da secoli di perfezionamenti apportati dal “fare insieme” di anonimi artigiani provocati alla creatività da alcuni “geni” o “inventori” (molti dei quali italiani): chi inventa e crea è sempre un soggetto plurale, e umano, mai un marchio commerciale.

Una storia per molti aspetti italiana, in momenti cruciali (il passaggio dal sorbetto al gelato, l’apertura di gelaterie pubbliche, l’invenzione della macchina gelatiera) che oggi rappresenta ancora un unicum mondiale: siamo l’unico paese al mondo che consuma più gelato artigianale che industriale.

La differenza è molto semplice (e non la troverai negli spot del gelato industriale): il prodotto artigianale rispetto a quello industriale contiene la metà dei grassi e meno della metà d’aria.

Viene prodotto quotidianamente da piccoli punti vendita (le gelaterie artigianali) con piccole gelatiere, mentre il resto del mondo viaggia a gelato gonfiato, con conservanti, trasportato in container su veicoli diesel, american style.

Dunque un prodotto alimentare da sempre portatore di sostenibilità, genuinità, italianità artigianale, no logo, con ingredienti veraci (e cioè: passione, tecnica, attenzione e un pizzico di follia) per certi versi assimilabile alla pizza, invece di essere uno dei temi forti di Expo Italia, è relegato negli eventi collaterali, fuori expo, a Bergamo (che del resto è uno dei distretti specializzati nella filiera del gelato artigianale, con una miriade di aziende).

L’allestimento è provocatorio, inaspettato, una scenografia irridente, un’irruzione pop nel salotto di Bergamo Centro, il cosiddetto Centro Piacentiniano, con il suo quadriportico falso e pretenzioso, e tutti i falsi problemi di identità urbana del Sentierone,

la verità – una verità che mi ha investito improvvisamente mangiando un gelato –  è che il Centro Piacentiniano andrebbe abbattuto, raso al suolo, orrido Tribunale compreso: allora forse anche la vera piazza moderna della città-libertà avrebbe spazio e senso.

 

is this Domus?

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Bergamo Experience: ieri, in piazza Dante, una signora inglese, utrasettantenne, una specie di Maggie Thatcher, me la trovo davanti rigida e formale, un depliant in mano, indica la Domus, e mi pone la domanda: is this Domus?

Segue una three minutes absurd conversation, tutto un is this Domus e this is Domus. In sintesi mi chiede: è questa la Domus? Rispondo: sì, è questa la Domus.

Scusandosi, mi chiede di nuovo: ma dov’è la Domus? E io indico la struttura: è qui, è questa la Domus. Lei la osserva, la sua mente è al lavoro. Sospettosa, conclude: dunque non c’è la Domus?

Come sempre, dinanzi ai casi umani, mi scatta la pietas. Così cerco di capire, sorridere, rassicurare.

Faticosamente, riesco a dipanare la questione: la Thatcher, appassionata di rovine romane, avendo visto su un depliant un’immagine della Domus, dava per certo che la struttura suddetta fosse l’ingresso, o la copertura, di un’area archeologica, di una  Domus romana sotterranea.

Non ho il coraggio di dirle che sotto la Domus c’è l’ex Diurno, cioè un rifugio antiaereo riciclato come bagno diurno, uno spazio che ha avuto 30-40 anni di vita, e non 2000.

D’altra parte, sullo stesso depliant si parla di rovine romane nel sottosuolo della città, alludendo evidentemente alle Domus romane più o meno nascoste o non segnalate in città alta (dietro la Mai, sotto il S.Lorenzo, in via Solata).

Le spiego il “qui pro quo” (yes, we have Domus, but not marked as Domus. This one is marked as Domus, but is not a Domus, is a wine bar) e la indirizzo in città alta.

Morale della Domus: per vedere una parola fuori luogo, serve qualcuno che non sia del luogo.