is this Domus?

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domusBG

Bergamo Experience: ieri, in piazza Dante, una signora inglese, utrasettantenne, una specie di Maggie Thatcher, me la trovo davanti rigida e formale, un depliant in mano, indica la Domus, e mi pone la domanda: is this Domus?

Segue una three minutes absurd conversation, tutto un is this Domus e this is Domus. In sintesi mi chiede: è questa la Domus? Rispondo: sì, è questa la Domus.

Scusandosi, mi chiede di nuovo: ma dov’è la Domus? E io indico la struttura: è qui, è questa la Domus. Lei la osserva, la sua mente è al lavoro. Sospettosa, conclude: dunque non c’è la Domus?

Come sempre, dinanzi ai casi umani, mi scatta la pietas. Così cerco di capire, sorridere, rassicurare.

Faticosamente, riesco a dipanare la questione: la Thatcher, appassionata di rovine romane, avendo visto su un depliant un’immagine della Domus, dava per certo che la struttura suddetta fosse l’ingresso, o la copertura, di un’area archeologica, di una  Domus romana sotterranea.

Non ho il coraggio di dirle che sotto la Domus c’è l’ex Diurno, cioè un rifugio antiaereo riciclato come bagno diurno, uno spazio che ha avuto 30-40 anni di vita, e non 2000.

D’altra parte, sullo stesso depliant si parla di rovine romane nel sottosuolo della città, alludendo evidentemente alle Domus romane più o meno nascoste o non segnalate in città alta (dietro la Mai, sotto il S.Lorenzo, in via Solata).

Le spiego il “qui pro quo” (yes, we have Domus, but not marked as Domus. This one is marked as Domus, but is not a Domus, is a wine bar) e la indirizzo in città alta.

Morale della Domus: per vedere una parola fuori luogo, serve qualcuno che non sia del luogo.

 

dillo in italiano, bergamo

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erroriItaliano

A proposito della petizione “Dillo in Italiano!” lanciata da Anna Maria Testa, contro l’abuso di terminologia anglo nella comunicazione pubblica, istituzionale, ieri sera ho guardato per 2 minuti il tg-orobie su berghem tv:

1 minuto di immagini di Gori e architetti in piazza Dante, dove ci sarà un inf-point sul Palma e lo show-cooking del territorio, poi 1 minuto di intervista a Piazzoni, ma il fuoco dell’immagine è sulla nitida scritta alle sue spalle, come fosse l’azienda per cui sta parlando: roof-garden.

Poi si parla della Bergamo Experience e mi viene in mente l’orridicolo marchio University of Bergamo.

Ah, il problema della lingua!

Vorrebbero valorizzare città, territorio, architettura, arte, cultura: ma il primo valore di un territorio è la lingua! Noi abbiamo una lingua autentica, nobile, e la buttiamo via come carta straccia per usare la lingua internazionale, cioè la lingua dei luoghi privi di identità e di storia, la lingua dei non luoghi.

Se il mezzo è il messaggio, tanto più la lingua è il messaggio.

Allora, come la mettiamo con il Campanone? The Big Bell?

E il Viale delle Mura? Wall Street?

 

Expo 2015 a Bergamo è già finita

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MULTIMAGINE-EXPO-2015

Expo 2015 a Bergamo è già finita. Vai sul sito dedicato, expo.bergamo, e la prima cosa che leggi in > Expo2015 > sistema Bergamo >  “Sistema Bergamo parteciperà al Padiglione Italia con uno spazio espositivo dedicato per una settimana a cavallo tra settembre e ottobre 2014”.

2014? Se lo correggi subito, un lapsus è solo un lapsus; ma se dopo un anno non l’hai ancora corretto non è più un lapsus: è un requiem, significa che quel sito non lo guarda nessuno, nemmeno chi lo gestisce.

E forse il sistema Bergamo, la Bergamo experience effettivamente è già morta, è già finita prima ancora che Expo apra i battenti. Lo percepisci dai discorsi, dagli atteggiamenti nel mondo dell’expo-business. Fino ad ora abbiamo visto un grandissimo “das de fà”, darsi da fare, e qualsiasi cosa diventava un “lo facciamo in occasione dell’expo!”. Adesso vedo già gente che dice: “Ehh! Adesso c’è l’expo, lasciamo passare l’expo, lo faremo dopo l’expo!”.

Questo “Sistema Bergamo” giusto un anno fa in previsione expo ha prodotto anche un suo logo specifico “Idee per expo” con tanto di manuale per l’utilizzo e invito a tutti gli operatori ad utilizzarlo.

Io me li immagino. Riunioni su riunioni. Ci servono idee? Facciamo un marchio per promuovere le idee! Passato un anno, vedi i risultati. In rete trovi forse un paio di agenzie pubblicitarie che l’hanno adottato.

Ma un’agenzia pubblicitaria, o chiunque, con un logo che certifica “qui si producono idee”, con un marchio “emozioni-entusiasmo-energia”  perde di credibilità, e di fatto asserisce il contrario: mancanza di idee, di emozioni e di energia, e infatti per quanto tu smanetti in rete  cercando “idee per expo bergamo” non trovi uno straccio d’idea.

Non che sia facile tirare fuori idee ai bergamaschi. Tanto più che appena uno ha un’idea viene preso per pazzo. Oggi Arlecchino è diventato a sua volta un logo, un marchio turistico, e così il senso vero, tragico di questa maschera, è del tutto travisato: non siamo una città colorata e vivace, ma una città grigia e morta, nella quale l’individuo “creativo” viene bollato come buffone, pazzo e pezzente, e trasformato in burattino.

Basta guardare le 10 immagini di copertina di questo sito expo/bergamo per deprimersi, e vedere che l’idea che la città proietta di sé stessa  è ferma da decenni, mummificata.

Immagini dapprima pesantemente belle e banali (le mura venete, città alta by night, i monti innevati, i dolci colli) quindi leggermente brutte e venali, con il poker pancetta-aero-papa-talanta, e cioè natura morta di salumeria + grande aereo/salsiccia inquinante al decollo (con sfondo città alta e montagne, che ha tutta l’aria del brutto fotomontaggio) + grande faccione al lardo del papa buono (ma ormai a chi interessa, diciamocelo, oltre a qualche nonna indigena e qualche suora filippina?) + logo iper-commerciale della società Atalanta, che fa molto tristezza-business.

Se poi abbassi lo sguardo, e leggi i testi, e guardi le altre immagini, l’impressione di falsità è totale, quasi di volgarità: Bergamo sembra una città di cartapesta, in mano a venditori group-on “imprestati” al turismo, che non sanno distinguere romano e romanico, e trovano tutto romantico.

Io sono convinto che tutti questi autogol di comunicazione rivelino un inconscio molto lontano dalle intenzioni di facciata, a proposito di Bergamo città d’arte e turismo.

In realtà sappiamo benissimo che Bergamo non è una città per turisti. Non bastano i monumenti giusti, se non c’è lo spirito giusto.  Non bastano i marchi, i concorsi, non basta uno slogan. Uno slogan ha forza solo se ha verità.

Non è una città per turisti. Potrebbe persino funzionare.