Istruzioni per capire la città di Bergamo – il sentierino

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IMG-20170531-WA0005 (nella foto: il sentierino è quello a sinistra, alberato; il Sentierone a destra, lastricato)

 Bergamo è una donna. Ti diranno che è una donna chiusa, e questa chiusura è rappresentata dalle sue Mura, che come un decolleté incorniciano il suo volto incantatore dal profilo perfetto. Ti innamori della sua bellezza a prima vista. Ma se vuoi capirla, lascia stare Bergamo alta, e comincia da Bergamo bassa: la pancia, le gambe, la pulsazione della città.

Perché in realtà Bergamo è una donna aperta, molto aperta, anche un po’ puttana, e non da oggi. E le sue valli sono ancora più aperte, e ancora più puttane. Gli storici lo sanno.

Tutti hanno costruito mura a Bergamo. I Romani nell’evo antico, i Bergamaschi nel medioevo, i Veneziani nell’evo moderno. Ma come sempre, costruite con la scusa di proteggere dall’esterno, le mura servono poi a rinchiudere chi ci è dentro. E sempre i bergamaschi hanno trovato modo di abbatterle, o uscirne.

Bergamo bassa nasce come linfa fuoriuscita dalle mura di Bergamo alta. Colate di magma urbano che dalle porte scendono al piano. Botteghe, magazzini, opifici, edifici: i borghi.

Da Porta S. Agostino discendono verso Venezia le vie Pignolo, Borgo Palazzo, Santa Caterina, piazza S. Spirito, e via Tasso.

Da Porta S. Giacomo discendono verso Milano le vie S. Alessandro, S. Orsola, Borfuro, Piazza Pontida, e via XX Settembre.

In mezzo: il nulla. Un’area vuota che separa e unisce i due borghi, un prato, un’area periferica, adibita a pascolo, ma utilizzata un mese l’anno (fine Agosto e inizio Settembre) per dare vita a una delle più grandi –  e antiche –  fiere d’Italia e d’Europa (da cui: la città puttana commerciale): la Fiera di Sant’Alessandro.

E così, nel corso del tempo, il sentierino che attraversava questo prato è diventato il Sentierone, i borghi si sono saldati, e quella che era un’area periferica è diventata il nuovo centro della città: un centro commerciale. Non è per caso che oggi abbiamo l’Oriocenter. Ce l’abbiamo sempre avuto.

Poi, nel Novecento, negli stessi anni, mentre il nuovo centro di Bergamo Bassa veniva costruito ex novo come centro finanziario e dei servizi (da cui: la città puttana moderna)  la vecchia città alta, che era rimasta tagliata fuori, diventando a sua volta una zona degradata,  è stata “reimpaginata” come città d’arte (da cui: la città puttana turistica).

Piaccia o no, il caso Bergamo è stato il modello urbanistico di molte altre città “modernizzate” nel  ventennio, con soluzioni divenute poi di norma: e citiamo il rispetto del panorama urbano considerato come bene paesaggistico (il famoso cono ottico su città alta, da via Autostrada – sic! – a Porta Nuova).

Oggi, dal momento che la funzione di città puttana commerciale è ulteriormente migrata a sud (il nuovo Sentierone è l’aeroporto, e l’Oriocenter è il nuovo super-market) il centro piacentiniano è in fase di cambio d’identità e nuova consapevolezza da puttanella turistica, non in concorrenza, ma in sinergia con la puttana madre, Bergamo alta.

In questa dinamica psico-erotica, trova le sue motivazioni il progetto “sentierino”. Il sentierino è la traccia generativa della Bergamo Moderna oggi allestito come “percorso narrativo”, come viaggio nel passato della Bergamo Moderna, con 26 personaggi di diverse epoche che raccontano episodi, frammenti, scene dall’anno mille al duemila.

Rintracciare il sentierino nel Sentierone per riscoprire spirito, carattere, tempra dei nostri avi. Personaggi ostici, inclassificabili, spesso impresentabili, ma stranamente attraenti. Ne ho esaminati e proposti un centinaio prima di arrivare alla selezione finale.

Si, questa città è una puttana. Ma noi umani possiamo amare anche una puttana, insieme a tutti quelli che l’hanno amata prima di noi.

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Info su www.ilsentierino.it

 

 

 

Birreria Sentierone 1891

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Ingegner Giuseppe Murnigotti, chi era costui? Considerato l’inventore della motocicletta (Wikipedia), l’ingegner Giuseppe Murnigotti da Martinengo, nel 1879, cioè sei anni prima di Daimler, depositò il brevetto del prototipo del velocipede a motore, il cosiddetto motociclo.

Inventò poi una macchina per produrre il cemento e nuovi sistemi per sistemare le sponde dei fiumi. A Milano fondò l’ordine degli Ingegneri e convinse la città a trasformare la piazza d’armi in un parco (Sempione).

Pochi anni dopo, nel 1891, l’ingegner Murnigotti presentava in Comune il progetto-madre cui si deve la “invenzione” del centro di Bergamo bassa.

Il nostro ingegnere per primo ha la vision, l’idea del cono ottico;  intuisce, prevede e progetta il nuovo cardo-decumano e il nuovo foro della città lungo l’asse Sentierone-Ferdinandea (oggi Vittorio Emanuele) e disegna per Porta Nuova/Sentierone la funzione già di Piazza Vecchia: agorà, foro, salotto, passeggio, city finanziaria.

La richiesta era quella di risanare l’area della Fiera che, dopo essere stata per quasi mille anni l’anima del Sentierone, commercialmente “uccisa” dalla Ferrovia e dall’Unità d’Italia, era diventata una zona degradata.

Con questo progetto, il centro di Bergamo “trasloca” in città bassa. Fin troppo “preveggente”, il progetto Murnigotti 1891 sarà ripreso e modificato da diversi architetti, fino alla versione “pasticceria” realizzata dal Piacentini più di trent’anni dopo.

La cosa che oggi ci colpisce e incuriosisce, è che nel progetto 1891 il nostro Murnigotti prevedesse che un intero stabile, dove poi si è insediato il Balzer, fosse destinato a Birreria (v. legenda, edificio E: birreria).

Chissà che nel prossimo futuro, con il nuovo concorso per il rilancio dell’area, la E/birreria immaginata dall’ingegnere non possa finalmente rivelarsi di perfetta attualità, e contribuire a rivitalizzare il Sentierone. (E magari anche il Balzer!)

Noi che oggi siamo tutti luppolo-dipendenti, al tempo eravamo Balzer-addicted, adolescenti brufolosi divoratori di krapfen, di focaccine con la crema di pollo e di gelati molto cremosi con sopra una spessa corazza di cioccolato fuso a caldo, e tempestato di mandorle e nocciole…

L’astronomia d’impresa è una nuova scienza che considera le imprese come corpi celesti che si attraggono, si scontrano, danno vita a nuovi pianeti. Studiando le orbite e le traiettorie passate, si possono prevedere le congiunzioni astrali future. Oggi B è una stella cadente, avrebbe bisogno di incontrare un astro nascente.

Ora, 125 anni dopo, vedendo la dicitura E/birreria, quale birrificio bergamasco ci viene in mente che inizi per E? E prima di fondare il birrificio E, cosa faceva il futuro birra-fondaio? Lavorava al Balzer!

L’ingegnere ci vedeva molto lontano.

(immagini: progetto Murnigotti 1891)

 

il fantasma del Sentierone

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Il centro piacentiniano è la cattiva coscienza della città, che si nutre tanto di ignoranza storica quanto di ipocrisia sociale.  Si parla di “centro piacentiniano” come se fosse un’opera di qualità, come fossero “le stanze di Raffaello”, ma basta guardare il ritratto dell’uomo per capire l’opera: pomposo, ingessato, vanesio, ridicolo, Piacentini è il vero volto servile del fascismo, e la sua opera occupa il Sentierone da quasi un secolo a esibire il volto servile della città.

Nel 1907, il 26enne architetto figlio d’arte (o di papà) Marcello Piacentini vince il concorso per il nuovo centro di Bergamo, che poi egli stesso realizzerà tra il 1922 e il 1926, in piena epoca di “sventramenti” dei centri cittadini per l’edificazione del modello di città fascio-monumentale, senza tenere in alcuna considerazione storia e senso del luogo.

Il Sentierone non nasce storicamente come area centrale, ma prende funzione nei secoli come zona connettiva, di incontro, di commercio tra i borghi storici, “discesi” come propaggini indipendenti dalle porte di città alta: da un lato Borgo S.Leonardo, che ha come suo centro Piazza Pontida, dall’altro Borgo Pignolo/Palazzo, che ha come suo centro Piazza S.Spirito. In mezzo, ecco quest’area vuota, che aveva nome di “prato di Sant’Alessandro”, solcato da un “sentierino” (tuttora visibile: è il filare di alberi tra S.Bartolomeo e l’inizio di via XX) divenuto poi “sentierone”, e quindi fiera della città, in seguito abbattuta, e quindi oggetto del concorso del 1907.

L’identità viva, di meeting point, “melting pot” dell’area viene totalmente travisata dalla retorica piacentiniana: basta leggere l’iscrizione sopra il quadriportico, “Civium commoditate et urbis ornamento”, cioè “per la comodità dei cittadini e a ornamento della città”. Difficile immaginare un intento più gretto, del tutto fuori luogo rispetto alla storia e al carattere della città e dei suoi abitanti: dinamici, spartani, poco inclini allo struscio e al salotto, che sono le funzioni disegnate dal giovane Piacentini, funzioni forse adatte a una città meridionale, mediterranea.

Ma mentre il nostro costruiva questo “pasticcio” di ispirazione Jugendstil e Art Nouveau, nell’architettura europea, e in quella fascista, avveniva una rivoluzione, che dalla Secessione viennese doveva condurre al Movimento Moderno, al rifiuto del decorativismo e a una nuova architettura, razionale, funzionale, moderna.

Questo passaggio lo vedi bene se confronti le due architetture “fasciste” di Bergamo centro: il Quadriportico/Sentierone di Piacentini e  Piazza/Palazzo della Libertà di Bergonzo. Tra le due opere ci sono poco più di 10 anni: ma sembrano un secolo!

Nel fascismo c’è sia un aspetto di servilismo/passatismo, succube e decorativo, che un aspetto di rivoluzione/futurismo, razionalista e moderno. Qui scatta l’ignoranza, la superficialità, che ci fa percepire come fascista l’opera di Bergonzo, che invece è autenticamente moderna, e non quella di Piacentini, che è ipocrita e  vetusta.

Vittime delle nostra ignoranza-ipocrisia, da 70 anni teniamo in naftalina l’edificio moderno, razionale, nato innovativo, e ci sforziamo da dare vita all’edificio vanitoso, agghindato, nato già vecchio. Sforzo inutile.

Il centro piacentiniano non è un’opera di qualità, non è funzionale: è un pastrocchio, opera giovanile e già vecchia di un tipico servo del regime, che “come architetto era già morto nel 1925” (parole di Zevi).

Facile chiedere di “revocare” la cittadinanza onoraria a Mussolini, ma se davvero si vuole togliere la patina, l’ipocrisia, l’ignoranza-arroganza vetero-fascista che soffoca la città nel suo stesso centro occorre affrontare il fantasma del Sentierone, cominciando con il guardarlo in faccia. La città ha bisogno di un’altra faccia, autentica, pulita, rispettosa della storia e dello spirito dei bergamaschi.

Alla città, agli architetti, alla giunta, all’immobiliare che ne detiene la proprietà: per cominciare, la soluzione più sensata, semplice, coraggiosa ed economica per ridare vita e funzione al centro di Bergamo è quella di abbattere, demolire, radere al suolo il cosiddetto centro Piacentiniano, cioè il quadriportico del Sentierone, Piazza Dante e Tribunale compresi.

Guardiamo la realtà. L’area chiede di tornare alla sua funzione storica di connessione tra i borghi: da un lato i borghi vivi, molto extracomunitari, e dall’altro i borghi autoctoni, pignolo/palazzo, più morti che vivi. Isole pedonali “isolate” tra loro, che non comunicano, separate e non unite da questo quadriportico falso, non funzionale. Basterebbe riportarlo all’origine, un prato, una piazza, anche un parcheggio avrebbe più capacità connettiva dell’attuale scatolone “comodità/ornamento”.

Siamo ridotti al punto che le persone vanno dove c’è parcheggio. All’Oriocenter c’è parcheggio. Un grande parcheggio centrale, e le persone verranno in centro, e gireranno a piedi per i borghi e le botteghe.

Immagina di radere al suolo il quadriportico, piazza Dante, il tribunale: avrai una grande area di ripensamento, dove il teatro Donizetti ottocentesco e il novecento di Palazzo della Libertà si guarderanno in faccia, senza ipocrisie di mezzo.

Quando hai la coscienza sporca, è inutile rifarsi il trucco, devi prendere coraggio, affrontare i fantasmi, e fare pulizia.

il senso del gelato per Bergamo

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Una mucca che ti guarda è l’icona pop di expo-gelato 2015, mostra-happening  dedicata al gelato artigianale, che si inaugura sabato pomeriggio a Bergamo Centro zona Sentierone (la mostra sarà nel chiostro di S.Marta, il laboratorio/show in Galleria).

Parlare delle delizie del gelato, se il tema è nutrire il pianeta, può sembrare uno snobismo, e solleticare facili ironie storiche in stile Maria Antonietta, ma in realtà la storia del gelato è un perfetto esempio di come funziona realmente (o funzionava) l’evoluzione umana prima e oltre il copyright che oggi le grandi holding piazzano su qualsiasi cosa: in realtà nessuno inventa mai niente, ma tutti collaborano a creare tutto, e insieme è possibile fare qualcosa che nessuno è in grado di fare da solo.

Il gelato nasce da secoli di perfezionamenti apportati dal “fare insieme” di anonimi artigiani provocati alla creatività da alcuni “geni” o “inventori” (molti dei quali italiani): chi inventa e crea è sempre un soggetto plurale, e umano, mai un marchio commerciale.

Una storia per molti aspetti italiana, in momenti cruciali (il passaggio dal sorbetto al gelato, l’apertura di gelaterie pubbliche, l’invenzione della macchina gelatiera) che oggi rappresenta ancora un unicum mondiale: siamo l’unico paese al mondo che consuma più gelato artigianale che industriale.

La differenza è molto semplice (e non la troverai negli spot del gelato industriale): il prodotto artigianale rispetto a quello industriale contiene la metà dei grassi e meno della metà d’aria.

Viene prodotto quotidianamente da piccoli punti vendita (le gelaterie artigianali) con piccole gelatiere, mentre il resto del mondo viaggia a gelato gonfiato, con conservanti, trasportato in container su veicoli diesel, american style.

Dunque un prodotto alimentare da sempre portatore di sostenibilità, genuinità, italianità artigianale, no logo, con ingredienti veraci (e cioè: passione, tecnica, attenzione e un pizzico di follia) per certi versi assimilabile alla pizza, invece di essere uno dei temi forti di Expo Italia, è relegato negli eventi collaterali, fuori expo, a Bergamo (che del resto è uno dei distretti specializzati nella filiera del gelato artigianale, con una miriade di aziende).

L’allestimento è provocatorio, inaspettato, una scenografia irridente, un’irruzione pop nel salotto di Bergamo Centro, il cosiddetto Centro Piacentiniano, con il suo quadriportico falso e pretenzioso, e tutti i falsi problemi di identità urbana del Sentierone,

la verità – una verità che mi ha investito improvvisamente mangiando un gelato –  è che il Centro Piacentiniano andrebbe abbattuto, raso al suolo, orrido Tribunale compreso: allora forse anche la vera piazza moderna della città-libertà avrebbe spazio e senso.