Kafka in via Pignolo

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BiciPiss

Un’isola pedonale, chiusa al traffico motorizzato, dovrebbe essere la parte più viva della città, dove ci si riappropria del piacere di girare tra le botteghe senza auto, clacson e fumi di scarico, e si ricostituisce il legame tra il centro e i borghi.

Sabato scorso a Bergamo mi è successo questo: prendo una bicicletta pubblica in piazza S.Anna, risalgo Borgo Palazzo, e accedo all’isola pedonale di Pignolo, dove un amico ha aperto una bottega. L’isola pedonale di via Pignolo bassa-piazzetta S.Spirito è da 10 anni una zona morta. Dovrebbe essere lo snodo ciclo-pedonale del “passante verde” sentierone-accademia carrara. Il comune da anni favorisce l’apertura delle botteghe pagandogli l’affitto per un anno, e puntualmente dopo un anno le botteghe chiudono.

Giunto quasi alla piazzetta, ecco un’automobile dei vigili urbani in mezzo alla via. Mi intimano di fermarmi. Mi intimano di tornare indietro, o proseguire a piedi.

Sei contromano, mi dicono. Mi viene da ridere: ma è un’isola pedonale!

Si, ma ha comunque un senso di marcia!

Situazione kafkiana, e umiliante, per me, e anche per i vigili, che entrano e si piazzano  in un’isola pedonale in macchina per fermare i ciclo-cittadini.

Così, per andare da un borgo all’altro (Palazzo e Pignolo) sono costretto a raddoppiare la distanza e a percorrere via Camozzi o Frizzoni, 4 corsie killer e niente pista ciclabile.

Io non credo che quella pattuglia fosse lì di sua iniziativa a fermare le bici, penso invece che fosse lì in seguito a un preciso ordine di servizio.

L’amico della bottega poi mi conferma che non si tratta di un fatto estemporaneo, ma di una vera e propria operazione di polizia in corso da qualche settimana (da quando “Scelta Civica” ha bocciato in Parlamento il provvedimento che avrebbe reso possibile “il contromano” alle biciclette nei centro storici, come già avviene in via sperimentale in moltissime città italiane e in modo stabile in tutte le città europee più progredite).

Vai a Ferrara, Mantova, Bologna, Parma, e ti fai un’idea di com’è viva la città senza auto. Vai a Siviglia e capisci come è cambiata la qualità della vita urbana in seguito a un progetto lungimirante. Questo progetto di vita urbana, che nelle città emiliane fa parte della storia cittadina (mentre a Siviglia è stato implementato con successo dall’amministrazione) si basa su una scelta strategica elementare, civica, che si chiama bicicletta.

La bicicletta è il vero strumento di realizzazione dell’isola pedonale, del borgo vivace, del centro vissuto. Con la bicicletta devi poter partire da casa tua e andare in centro senza rischiare la vita sulle strade dove sfrecciano gli auto-pazzi. Finché non favorisci l’uso della bicicletta in città, le tue isole pedonali resteranno sempre zone morte.

Questa giunta è guidata da un sindaco che in campagna elettorale, dopo essere stato beccato più volte con il suv in aree riservate o vietate, si è dato un’immagine di ciclista urbano.   Evidentemente si trattava giusto di un’immagine elettorale.

Pattugliata dai vigili, l’isola pedonale Bergamo style risulta di fatto un’area privatizzata dei residenti, che devono poter sgommare sui loro suv senza intralcio di pedoni e biciclette.

Lo si capisce anche dagli assurdi, brutti, troppi paletti anti-parcheggio, uno ogni metro, che riducono il marciapiede a una corsia singola, e impediscono di camminare in due come sarebbe naturale se stai passeggiando in compagnia. L’intera carreggiata è vuota, ma deve stare a disposizione delle auto di residenti e forze dell’ordine.  I pedoni devono camminare sul marciapiede, e in fila indiana!

Capisci perchè Pignolo è morta? Un’area dove le bici non possono entrare, e i pedoni devono andare in fila indiana per non disturbare la libera circolazione delle auto dei residenti agiati e delle forze dell’ordine. Più che un’isola pedonale, è l’immagine di un’amministrazione che ragiona con i piedi.

Caro Giorgio, ti consiglio 3 semplici iniziative: 1) fai tirar via i paletti che impediscono di camminare civilmente 2) delimita una porzione di carreggiata a pista ciclabile 3) ma soprattutto, in centro, manda in giro i vigili in bicicletta.

Vedrai che magicamente in pochi mesi Pignolo rifiorirà come una pianta quando la bagni.  Inutile spendere soldi per rendere expo-rtabile a suon di marketing una città morta. Meglio provare a rianimarla con interventi semplici, logici, come da promesse elettorali.

 

liberi tutti

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mondilainascondino

a 10 anni

da bambini si giocava a nascondino,

il nostro campo di gioco era un isolato suburbano

con due grandi condomini, un piccolo parco mezzo abbandonato,

una fabbrica-laboratorio abbandonata, un parcheggio di camion,

e un tratto di seriola, che divideva il territorio in due nazioni,

la svizzera e l’africa.

a 20 anni

poi crescendo i bambini di quei due condomini, quelle due nazioni,

cominciano a nascondersi socialmente, negli anni della formazione,

bambini svizzeri condividono stanze, sogni, economie africane,

e bambini africani frequentano posti, ambienti e svaghi svizzeri,

si sta molto attenti a non farsi stanare, si nasconde l’estrazione sociale,

il figlio del magnate nei centri sociali, il figlio di nessuno nei club chic,

si nasconde l’identità, per cambiarla

a 30 anni

dopo qualche anno, o anche decennio, si scopre con amarezza

che era solo un gioco, un periodo giovanile, finito il quale

si deve accettare la verità nascosta, il predominio della famiglia,

il destino segnato dalla casta di appartenenza, come degli indù,

questo riguarda la grande maggioranza,

i bambini svizzeri tornano in svizzera, e sposano

professioni e donne svizzere, e così i bambini dell’africa.

Ci si relaziona molto sui social ma in realtà non ci si parla più.

a 40 anni

ormai consapevoli dei meccanismi nascosti, dei poteri nascosti,

delle ricchezze nascoste, delle gerarchie nascoste,

succede agli svizzeri di esibire amici, lavori, viaggi,

case, macchine, scarpe, e scoprirsi malinconici;

mentre gli africani diventano cinici, e nascondono

passioni, problemi, ansie, intenzioni, aspettative.

Alla fine si tiene nascosto qualsiasi tipo di sentimento.

a 50 anni

ci si rende conto che lo sport più praticato è il nascondino,

e che ormai da decenni viviamo in una dimensione di realtà nascosta,

economia sommersa, relazioni clandestine, taciti accordi, discariche abusive,

evasione fiscale, ipocrisia sociale, inganni istituzionali, truffe legalizzate,

anche noi diamo il nostro contributo alla visibilità della mediocrità,

anche noi abbiamo tenuto nascosti i nostri i talenti

a 60 anni

doppia vita, doppia morale, doppia identità,

in famiglia, sul lavoro, nella sfera erotica,

ci si nasconde per convenienza, comodità, codardia,

ma anche per sopravvivenza, fuga, ribellione, sovversione intima, oblio.

ci si nasconde anche davanti allo specchio, o guardando un calendario,

e qualcuno a un certo punto getta la maschera.

a 70 anni

si torna a giocare a nascondino, con i nipotini.

e si capisce che il senso del nascondino è diabolico,

doversi nascondere, per potersi poi liberare,

è questo che abbiamo fatto per anni,

per una vita intera.

sono questi i pensieri, le cose che mi vengono in mente

quando il vecchio Postini, all’assemblea degli editori del cetaceo-cartaceo,

mi informa che sabato 30 agosto in località Brembo beach,

nell’isola bergamasca, tra l’adda e il brembo, tra il serio e il faceto,

si svolgerà la quinta edizione del campionato mondiale di nascondino,

lo sport più praticato in Italia dai 10 ai 70 anni, è questo che penso,

è proprio un’idea giusta,

nell’Italia del carnevale permanente,

la vera giornata del ribaltamento è questa,

andare a nascondersi per gioco, semel in anno,

alla ricerca dell’emozione perduta, il tempo del gioco.

Sarebbe bello che poi il gioco contagiasse, ribaltasse la realtà,

e i talenti nascosti saltassero fuori prepotentemente a cambiare il paese

affiancati da  orde di possidenti allucinati che corrono in banca  gridando “liberi tutti”.