Parliamo dell’abusata citazione “Dio è nei dettagli”; una di quelle frasi che tutti usano e quasi tutti fanno finta di capire. E invece ha almeno 3 significati molto diversi, a seconda delle versioni e delle attribuzioni: a Gustave Flaubert (“Dieu est dans le detail”); ad Aby Warburg (“Gott ist im detail”) e a Mies Van der Rohe (“God s in the details”).
1) Gustave Flaubert è il padre del romanzo moderno, siamo nella Parigi secondo Ottocento, caput mondi per artisti, scrittori, sovversivi, avventurieri, imprenditori; con Madame Bovary Flaubert ha creato non solo il modello nella nuova donna, psicolabile e “fashion victim” ante litteram, ma il modello del nuovo romanzo;
la lezione del maestro Flaubert è condensata in un slogan, “occorre far parlare le cose”: è la tecnica narrativa che sarà poi la base del cinema e della pubblicità.
Dalla descrizione della spazzola di Madame Bovary percepiamo l’inquietudine della donna moderna con più forza e più precisione rispetto a un’astratta e prolissa descrizione psicologica.
Attorno a Flaubert si ritrovano una serie di “nipotini” di grande futuro, Maupassant, Zola, Hugo, tutti i protagonisti del nuovo realismo.
Lo scrittore moderno è un selezionatore, un decoder, che costruisce una storia mostrando oggetti e fatti. Non è più il Dio onnisciente manzoniano, che vede tutto dall’alto.
Un giorno Maupassant chiese al maestro: “Dunque Dio è morto?”
No, rispose Flaubert, Dio non è morto: Dieu est dans le detail.
2) Aby Warburg è il padre della critica d’arte contemporanea, siamo ad Amburgo nel 1925, attraverso una serie di conferenze Aby Warburg diffonde la sua fondamentale teoria sull’arte e l’architettura occidentale come continua ripetizione di archetipi ricorrenti: proprio dall’analisi dei dettagli si rintracciano una serie di rimandi, nei dettagli si nascondono stratificati significati simbolici ma anche diabolici:
il diabolon è un segno di doppiezza, che divide e falsifica, frammenta e disperde, il simbolon è la metà di un segno, che rimanda a un insieme originario autentico.
Warburg faceva l’esempio degli ornamenti architettonici – siamo nell’epoca del liberty simboli autentici di una realtà perduta, quando sono in rovina, che diventano doppi e falsi quando vengono “restaurati” o “rifatti in stile”, tramutandosi da simboli in diavoli.
Per rendere chiaro il concetto, Warburg riprese Flaubert, e disse: non solo Dio è nei dettagli ma anche il Diavolo è nei dettagli! Di fatto, la sua frase rese celebre il motto di Flaubert, e lo diffuse nella lingua tedesca (Gott ist im detail!)
3) Mies Van der Rohe è il padre dell’architettura contemporanea: siamo a Chicago attorno al 1960, Mies Van der Rohe insieme a Gropius, Aalto e Wright è considerato il padre del movimento moderno, già direttore del Bauhaus, quindi emigrato negli Usa a causa del nazismo, è il capostipite nobile dell’archistar-guru contemporaneo.
Tutta la sua filosofia è in due celebri slogan: “less is more”, manifesto del minimalismo, del sottrarre funzione alla forma per arrivare a dare forma alla funzione, quasi come se l’architetto fosse Dio, e a precisare la questione se l’architettura sia la divinità dell’uomo razionale, Van der Rohe pronunciò quello che divenne il suo secondo slogan:
“God is in the details”, Dio è nei dettagli, intendendo però dire l’esatto contrario di quanto disse Flaubert: se per Flaubert Dio si rivelava nei dettagli, segnali e simboli di un’unità superiore, per Van der Rohe i dettagli, ossia l’assenza di dettagli, o comunque la non manifestazione dei dettagli, rappresentano e significano l’assenza di Dio, o la sua non visibilità.
Dunque: per Flaubert dai dettagli si capisce la qualità divina di una creazione; per Warburg nei dettagli inutili, decorativi, si nasconde il Diavolo; per Van Der Rohe la perfezione divina è nella non visibilità dei dettagli, corrispondente alla non visibilità di Dio, il vecchio Dio absconditus. E quindi, oggi, la cura per ogni dettaglio è proprio nell’evitare di far vedere i dettagli!
(imago: R.Guttuso, Stiratrice e ragazzo di Caravaggio, 1974)
Complimenti, è un ottimo lavoro; però bisogna aggiungere anche Theodor Adorno e Gershom Scholem W. (fa da sottotitolo alla loro corrispondenza 1939-1969 in 8 volumi, in tedesco).
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Mio caro. Non sapre esattamente su Flaubert, ma su Mies Van der Rohe direi proprio che le sue osservazioni sono di una superficialità strabiliante. Mies Van der Rohe era pieno di dettagli. Solamente curati in modo da non apparire dominanti nel tutto. Non credo che Lei sia un architetto altrimenti una cosi palese ignoranza sarebbe stata impossibile. MIes è legatissimo alla visibilità di una Presenza Altra nel suo lavoro. ( altro che nascondere ) Per favore approfondisca meglio. Non si vive di solo carattere divulgativo.