movida si movida no

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[…] almeno fino ad oggi, ciascuno di noi può ancora muoversi liberamente, e qualsiasi ora, all’interno degli spazi pubblici della città (naturalmente quelli accessibili).

[…]  se io voglio andare a fare due passi in città alle quattro di notte nessuno me lo può vietare. Naturalmente dovrò evitare di urlare o urinare sotto casa […]

Nel caso del Borgo assistiamo a un fenomeno dove più individui, liberamente, decidono di frequentare la stessa zona; magari perché hanno avuto la stessa idea o, più in generale, perché a loro modo trovano tutti molto interessante e piacevole frequentare la stessa area.

[…] Le attività commerciali si dislocano nello spazio secondo principi economici; banalmente, secondo il principio di domanda e offerta. Le attività commerciali però non sono un soggetto pensante. […] se in una determinata area assistiamo ad un processo di “agglomerazione” è perché, anche se nessuno in particolare lo ha previsto, diverse persone (imprenditori e clienti), attraverso decisioni individuali, hanno via via creato spontaneamente un ambiente a loro consono. […]

Il comune dispone di regole che disciplinano minuziosamente ciò che si può fare e ciò che non si può fare nello spazio. Ad esempio: i proprietari dei bar devono chiudere entro le due di notte, non possono servire da bere in bicchieri o bottiglie di vetro e devono tenere il volume della musica sotto un determinato limite. Oppure: ai cittadini non è permesso di sostare in mezzo alla strada ostacolando la circolazione delle autovetture, non possono urinare nello spazio pubblico e non devono gettare rifiuti per strada.

Le regole, per loro natura, vertono sempre sui comportamenti dei singoli cittadini o gruppi di cittadini costituiti formalmente. Al di fuori di queste due categorie è impossibile imporre regole comportamentali su soggetti non esistenti giuridicamente.

Supponiamo per un attimo che tutte le regole che ho citato vengano rispettate diligentemente. Con tutta probabilità avremmo ancora dei problemi derivati dalla somma di tutte le azioni dei singoli che coabitano lo stesso posto (un esempio lampante è il rumore prodotto dalla  somma di tutte le voci dei frequentatori del Borgo). Ma come facciamo a dire che qualcuno ha infranto le regole? […]

Il tema generale, nel caso del Borgo Santa Caterina, riguarda come, in che modo e se il comune deve agire di fronte a fenomeni urbana di natura spontanea che producono degli effetti imprevisti (positivi per qualcuno, ad esempio per chi si reca alla sera per fare una passeggiata, e negativi per qualcun altro, come per coloro che li vi abitano e vorrebbero dormire).

[…] possono essere prese grossomodo due posizioni contrastanti: da una parte si possono negare o combattere, dall’altra  tali processi possono essere accettati e promossi.

[…] Immaginiamo che il comune voglia risolvere la situazione attraverso delle azioni che puntano a limitare gli effetti negativi della “movida” del Borgo.

[…] Soluzione 1: anticipare la chiusura dei locali. In questo caso il comune potrebbe agire mediante un provvedimento di natura spaziale (attraverso una specifica zonizzazione) dove, ad esempio, obbliga gli esercenti della zona a chiudere a mezzanotte invece che alle due (soluzione che recentemente ho più volte ho sentito citare). A mio modo di vedere questo provvedimento sarebbe assolutamente ingiusto per chiari motivi di parità di trattamento. Perché nel Borgo i locali devono chiudere a mezzanotte e non alle due come in tutte le altre parti della città?

Se mai si decidesse di ridurre l’apertura dei locali, per ovvi problemi di equità, tale decisione dovrebbe riguardare l’intera città.

Soluzione 2: evitare la concentrazione delle persone. […] Se il problema è la troppa concentrazione di persone nello stesso luogo, si potrebbe pensare di introdurre una specifica limitazione relativa al numero massimo di persone concentrate nello stesso posto (ad esempio, dopo mezzanotte si potrebbe vietare il formarsi di gruppi di persone superiori a dieci unità e, magari, prevedere che tra i vari gruppi si debba tenere una certa distanza). Naturalmente sono ironico, ma credo che qualcuno in questo strano mondo ci abbia già pensato.

Soluzione 3: ridurre il numero di locali. […]  le licenze sono ormai libere (fortunatamente) ed è quasi sempre possibile convertire un bar in uno studio professionale, una gioielleria in una gelateria e un negozio di pompe funebri in un’erboristeria. […] Se si prende per un attimo sul serio quest’ultima possibilità, è giusto sapere che gli effetti potrebbero essere perversi se non  addirittura regressivi (ad esempio si rischierebbe una museificazione del Borgo, oppure si creerebbe una sorta di “monopolio” innalzando drasticamente i prezzi del mercato immobiliare).

[…] Proviamo ad immaginare invece che il comune reputi la “specializzazione” del Borgo come zona della “movida” cittadina un’occasione importante […]

Soluzione 1: assecondare il processo mediante progetti sullo spazio pubblico. Visto che il Borgo si sta aprendo a questa nuova vocazione, il comune potrebbe anche ritenere auspicabile una  rivisitazione dello spazio pubblico in modo da rendere l’area sempre più piacevole. Come? Ad esempio rivendendo la larghezza dei marciapiedi, inserendo nuove sedute, chiudendo sempre più spesso la strada al traffico, inserendo nuovi cestini, ma anche prevedendo nuovi servigi igienici pubblici e gratuiti e etc. […]

Soluzione 2: incentivare nuovi investimenti privati. Un’ulteriore soluzione potrebbe essere quella di incentivare economicamente l’apertura di nuovi locali mediante bandi o concorsi.  Il comune di Bergamo ha recentemente promosso un bando per la “valorizzazione” di ambiti ritenuti degradati (via Quarenghi, via Moroni, via san Bernardino etc.) attraverso incentivi pubblici di 15.000 euro per l’apertura di nuove attività artigianali.  Perché in alcune zone si deve incentivare la rigenerazione e in altre no? Sulla base  di quale criterio? Perché via Moroni si ed, ad esempio, via Gabriele Rosa a Boccaleone no? […]

Soluzione 3: non intervenire. […] Se consideriamo “il non intervento” come una delle possibili soluzioni, chi deve decidere lascerà che sia il gruppo di interesse più forte a prevalere sugli altri e, a mio modo di vedere, questo è grossomodo ciò che sta accadendo proprio nel caso del Borgo.

Il comitato dei residenti ha iniziato a raccogliere alcune firme. I commercianti non sono rimasti a guardare e si sono coalizzati per difendersi. Nel frattempo l’opinione pubblica si è sviluppata e il caso è uscito dalle “mura” cittadine. Grazie anche ai numerosi articoli prodotti recentemente, il caso del Borgo è diventato celebre e la sua utenza è aumentata ulteriormente (forse anche per la molta pubblicità involontaria prodotta da alcuni giornali locali). Insomma, si è creata una maggioranza netta che, facilmente, nel caso in cui si decidesse di non intervenire, prevarrà sui residenti della zona. Ma è giusto che la maggioranza decida e schiacci la volontà delle minoranze? […]

[…] la città è un sistema molto più complesso di ciò che noi tendiamo a credere. Andando al sodo, personalmente credo che fino ad oggi non sia ancora stata trattata una questione a mio avviso centrale: la città cambia.

[…]  la città non è un oggetto controllabile in toto e spesso assistiamo a  processi imprevedibili che possono piacere o non piacere. Ciò che conta osservare però è che tutti questi processi spontanei, dietro al loro apparente disordine, nascondono sempre un proprio equilibrio dettato da scelte individuali.

[…] possiamo concepire la città come un sistema complesso che comprende il concetto di imprevedibilità. […] il concetto di adattabilità: la città è di per sé è un oggetto vivente che cambia continuamente. Le sue varie parti mutano e cambiano perché le persone al suo interno sono soggetti viventi diversi fra loro, con vari interessi che si esprimono nello spazio.

La città  si adatta nel tempo. Il Borgo ha subito e sta subendo una profonda metamorfosi. Sono cambiate le persone che lo frequentano, le attività, i valori immobiliari e altri aspetti ancora, ma sempre e soltanto perché gli interessi e le opportunità cambiano insieme alle persone, e perché le persone liberamente agiscono nello spazio.

I nuovi abitanti del Borgo, quelli che oggi decidono di andarci a vivere, oppure quelli che decidono di aprire nuove attività, lo fanno volontariamente perché amano questa nuova atmosfera. Allo stesso tempo però altri abitanti invece ne rimpiangono il passato e magari decideranno di andarsene lasciando il posto a coloro che stanno per arrivare. Questo non è altro che un processo di sostituzione (qualcuno potrebbe chiamarlo gentrification).

Come direbbe Jane Jacobs questa è la città, perché la città cambia ed è il frutto della diversità intrinseca presente in ciascuno di noi che si riflette nello spazio. La città si adatta, e si adatta sempre rispecchiando una micro-razionalità affascinante e profonda che il più delle volte sfugge all’osservatore distratto.

(estratto da “Il borgo che cambia” by Stefano Cozzolino,  dottorando in Pianificazione Urbana al Politecnico di Milano, professor assistant per il  corso di Land Use Ethics and Law) > per leggere la versione integrale scrivi a stefano.cozzolino@polimi.it

 

 

5 thoughts on “movida si movida no

  1. […] Proviamo ad immaginare invece che il comune reputi la “specializzazione” del Borgo come zona della “movida” cittadina un’occasione importante […]

    Non ha nemmeno bisogno di immaginarlo: esistono così tanti esempi che farne l’elenco sarebbe ridicolo.
    Ma i morti hanno occhi che non vedono.

    • Meglio non mettere le scimmie e gli ignoranti sullo stesso piano: “La scimmia pensa, la scimmia fa”.
      Gli ignoranti non si educano, si ignorano.

      • Uh?
        Ma se dove c’era il vespasyano ora c’è i tavolini?
        E se metty le sedūte ci s’ appoggyan le botillye.
        Son dicyottenni alcolizzati, una zóna industryale é equispolente.

  2. Il borgo é gyusto darlo agli anzyani che spatentati bercyano colle carte ma si rityrano presto per entrare nel bús.

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