Poiché in inglese “to visit” significa sia visitare che contagiare, sostiene la mia stagista, il claim “Visit Bergamo” già da sei mesi ottiene un effetto autolesionistico, presentandoci al mondo come città di untori.
In effetti, le dico, il Comune da anni investe sul titolo “Visit Bergamo” giocando proprio sul doppio senso, sull’allusione “vieni e lasciati contagiare da Bergamo”. Poi il covid in poche settimane è riuscito a portarci nella hit dei motori di ricerca.
E non ci si è chiesti, s’infiamma la stagista, l’effetto di questa grande visibilità internazionale di “Visit Bergamo”, cioè “vieni a Bergamo a farti contagiare”? Un effetto spaventosamente macabro, offensivo verso i morti, autolesionista per la città.
Ha ragione, penso. Con questa etichetta che noi stessi ci siamo dati e continuiamo a esibire, non solo nessuno verrà mai più a Bergamo ma chiunque ci chiuderà la porta in faccia appena saprà da dove veniamo.
Nessuno poteva immaginare quello che è successo, le dico.
Ma è successo, mi risponde, e “Visit Bergamo” non sarà mai più suggestivo, sarà sempre Visit Bergamo e poi muori. Troviamo un altro titolo, cambiamolo, interveniamo perché evidentemente Google non è quel gran cervellone che dicono, che capisce tutto e in tutte le lingua e corregge tutti gli errori. Altrimenti avrebbe già processato Visit Bergamo con un re-indirizzamento automatico alla pagina laùr de campane a martèl.