Ti è simpatico a pelle. Quando lo incontri gli escono e ti escono cazzate a raffica su donne, soldi, sesso. Le cose importanti della vita.
Ci sono amici di amici che non sono propriamente tuoi amici, li vedi casualmente, sporadicamente, ma con i quali sei subito in libera sintonia, con quella complicità e leggerezza che con i tuoi amici-amici non hai più, per troppi vincoli.
Parliamo di questo giovane uomo molto sportivo e molto giramondo – tutto il contrario di te – faccia e voce da attore, molto comunicativo, probabilmente uno che piace molto alle donne, un privilegiato.
Da ragazzino l’avresti detestato e invidiato, da adulto ti è piaciuto a prima vista. Libertario, ipersensibile, acuto e ingenuo. Punte di snobismo, di iper-consapevolezza e autodenigrazione. Senso del grottesco, autoironia, momenti di grande affabulazione. Impressioni riduttive, del tutto superficiali, o personali.
La notizia arriva sporca, incomprensibile, come una bomba che esplode in frammenti di verità parziali, da interpretare. L’hanno trovato morto nel suo letto. Stava facendo una cura.
Cerchi on line, vai su facebook, nei social: c’è tutto sulla sua vita, ma niente sulla sua morte. Ti tocca comprare il bugiardino. Sul giornale si invita a non mandare fiori, ma donazioni all’oncologia. Dunque, era malato?
No, l’oncologia non c’entra niente. Non l’hanno trovato morto nel suo letto. Si era chiuso in garage. Niente autopsia.
Raramente si ha il coraggio di dichiarare apertamente la tragedia delle tragedie.
Così ti ritrovi sul sagrato di una chiesa della città, dove magari eri stato una volta, a un matrimonio. Una giornata bellissima, luminosa, un cielo nitido. Cinquecento persone.
Ti stupisci che oltre agli amici del tuo giro avesse molti altri amici di altri giri, che bene o male a ben vedere conosci tutti, come è normale quando hai una certa età, in una piccola città. Vedi gente che non vedevi da anni, scambi un muto cenno di saluto.
Arriva il carro funebre, si entra in chiesa. Il prete comincia parlando di libertà, poi parla di perdono, e allora ognuno trae le sue conclusioni.
Alla fine sono state le parole del prete a darti la notizia. Altre volte in chiesa hai provato forte disagio per l’esibita ipocrisia cattolica. Ti togli la vita perché non reggi più l’ipocrisia che hai intorno, o dentro. Ma nemmeno il tuo ultimo gesto sfugge al dominio dell’ipocrisia, la tua scelta è taciuta, negata, rimossa.
Invece, stavolta, sentire il prete parlare di libertà è stato quasi confortante.
E su questa parola venuta dal pulpito, tutti hanno cominciato a viaggiare in flash back. Quella volta che. Vengono in mente scene, ricordi, nottate, risate, sbronze, traslochi, pomeriggi di cazzeggio.
Finita la messa, lo portano fuori, vedi passare la bara.
Esci dalla chiesa, devi tornare al lavoro. La giornata è davvero bellissima. Pensi anche gli altri amici che hai perso in questi anni. Ti accorgi che la lista comincia ad essere lunga.
Prima di tornare in ufficio, entri in una bar a bere un caffè. E di nuovo ti capita sottomano il giornale. Eccolo lì, con gli occhiali da sole e i capelli arruffati, 40 anni, e nient’altro. Quello spazio bianco, senza parole, è una condanna. Accanto a lui è c’è chi “si è spento” o “ha raggiunto la casa del signore”.
Ripensi alle parole del prete. Forse la chiesa sta cambiando più rapidamente dei suoi mezzi d’informazione. Dovremmo poter leggere “si è tolto la vita”, con tutto il peso che comporta. Parliamo di rispettare le ultime volontà di chi muore, ma non rispettiamo mai chi ha come ultima volontà quella di morire.
Rivedi la foto del suo profilo facebook, lui che surfa splendido sull’onda perfetta, e come in una visione, vedi arrivare l’onda buona, rivoluzionaria, francescana, è un’onda che solleva tutti, anche i suicidi, anche il nostro amico, è nostra sorella acqua.
I morti non muoiono quando discendono nella terra, ma quando vengono dimenticati.
Mentire, non dire, è più facile, ma è già dimenticare. Si può ricordare solo se si ha il coraggio della verità. Ci sono verità che fanno molto male, che non si possono capire né accettare, ma soltanto affrontare e combattere ogni giorno.
Esci dal bar. Stai per entrare in ufficio, e lo senti che ti cammina a fianco. Gli dici subito che sei incazzato nero, di umore nero, hai buttato via due ore per andare al suo funerale e adesso hai 19 rotture di coglioni da risolvere.
Tranquillo, ti dice, non ti incazzare, ti dò io una mano. Entra con te in ufficio, dice la cazzata, e poi si mette a lavorare. Due ore dopo uscite insieme dall’ufficio.
Era lunedì sera. Quella è stata l’ultima volta che l’hai visto. Era appena morto, ma stava bene.