La domenica mattina se ne andava tra scrivere a casa e fare il bagno, all’albergo diurno, perché la signora Gemma aveva lo scaldabagno guasto, e secondo lei c’era il pericolo che il gas facesse scoppiare ogni cosa.
Il diurno era sotto il piano della strada, e bisognava scendere una rampa di scale a chiocciola. Laggiù scoprivi un labirinto di corridoi a piastrelle bianche e tante porte. Una decina di donne cinquantenni e atticciate, con grembiule celeste e fazzolettone in capo, trottavano su e giù, portando asciugamani sporchi, secchi di liquido per disinfettare, spazzoloni di cencio per strofinare le vasche. I clienti invece stavano seduti in fila su certi sgabelletti cromati, in attesa del turno. All’ingresso ti davano un biglietto con il numero, e dovevi star bene attento, quando la donna lo chiamava, altrimenti c’era il pericolo che quella passasse al successivo, e il turno andava perso.
“Novantasei” urlava la donna. E Subito, se nessuno si alzava a dire “Io”, oppure “Presente!” secondo i casi, quella incalzava: “Novantasette”, e così via.
Con tanta gente bisognava far presto a lavarsi, altrimenti la donna ti bussava alla porta gridando con voce di naso: “Sollecitare!”. Così io non avevo mai tempo di tagliarmi con comodo le unghie dei piedi: ho sempre tenuto le forbicine apposta io, per le unghie dei piedi, di quelle che funzionano a molla, come le cesoie dei giardinieri.
(Luciano Bianciardi, L’integrazione, 1960. Immagine: il Diurno di Milano)
Domani 19 maggio dalle h18 il Diurno di Bergamo in piazza Dante, chiuso dal 1978, riapre in anteprima come Contemporary Locus (progetti d’arte in luoghi dismessi temporaneamente riaperti attraverso opere e progetti site specific di artisti internazionali).
Si scenderà da uno scalone dietro il Sentierone, ci si ritroverà in un grande salone sotterraneo, in origine costruito come rifugio antiaereo, quindi trasformato in albergo diurno. Bagno, manicure, pedicure, coiffeur, liquori, sigari, biliardo. Una specie di mix centro benessere-malessere. Negli ultimi anni era diventato il posto dove i perdigiorno-nottambuli della città andavano ad aspettare il tramonto. Qui sotto, immagine del Diurno di Piazza Dante.