sabato scorso 50 ragazzi hanno occupato una cascina abbandonata in via Baioni, zona Sace, armati di un volantino:
“Rivendichiamo il diritto a riappropriarci di questo stabile e di riqualificarlo rendendolo agibile, pubblico, partecipato, socialmente utile e attivo.
… un luogo di incontro e scambio, dove potranno nascere officine di piccolo artigianato e di autoproduzioni oltre a laboratori artistici/culturali e di formazione. Sono benvenuti tutti quelli che condividono le nostre idee, che vogliono partecipare attivamente alle assemblee gestionali e alla riqualificazione del posto. Abbiamo bisogno di una mano da parte di tutti, vi aspettiamo!”
In poche ore i giovani falce/martello in versione vanga/rastrello ripuliscono il posto e lo rendono accogliente, arrivano molte persone, tra le quali il proprietario che chiama Carabinieri e Polizia.
Dopo una lunga trattativa il proprietario e i 50 precari, disoccupati e studenti trovano un accordo: lo stabile sarà abbandonato entro mezzanotte per evitare denunce, ma c’è la promessa di rivedersi perché il proprietario intervenuto non ha escluso che il cascinale, peraltro in vendita, possa essere usato per le attività del gruppo di dimostranti dopo la messa in sicurezza.
I ragazzi scrivono: “nel momento in cui abbiamo scoperto che lo spazio non era, come da noi pensato, comunale e destinato ad uso pubblico, ma di privati, abbiamo deciso di concludere l’occupazione la sera stessa.
Il segnale che volevamo dare è stato lanciato: troppi sono gli spazi e le case vuote in Bergamo, spazi che dovrebbero essere restituiti ai cittadini e alla città.
Sono talmente tanti questi spazi che anche il catasto ormai non riconosce più le proprietà legittime”.
I commenti dei lettori de L’eco di Bergamo on line sono: “imbecilli, drogati, andate a lavorare, adesso nel quartiere ci manca solo il centro accoglienza immigrati e gli zingari”.
Molti insistono sulla “ignoranza” dei ragazzi che “non sapevano che fosse privata” e hanno promosso un’iniziativa “autolesionista”.
Io penso che in realtà sapessero benissimo cosa stessero facendo con questa “occupazione per una sera”, “temporary”
come si evince tra le righe dei loro comunicati “volevano dare un segnale” , o forse fare un test per future occupazioni, e i risultati del test sono incorraggianti da un lato (simpatia dei residenti, afflusso di persone, azione che lascia un’impronta costruttiva, non distruttiva)
e deludenti dal lato istituzioni e mass media: prontissimo intervento delle forze dell’ordine, prontissima antologia di insulti dai lettori-commentatori de L’eco on line (che non sono commenti liberi, ma di gente iscritta, che fa centinaia di commenti, quasi dei professionisti…)
il segnale più importante, come sempre, è di tipo semantico:
in futuro, forse, non si dovrà parlare di ex fabbriche o ex cascine occupate, ma di aree o cascine liberate
la parola “occupazione” è vecchia, compromessa, statica,
meglio promettere la “liberazione” ,sia degli spazi, che delle persone:
dichiararsi non “occupanti abusivi”, ma “liberatori di diritto”.