agli antipodi della pubblicità, case history sperimentale: la cover story di un’impresa marmi e graniti (Remuzzi) metaforizzata nella genesi di un’opera marmorea e sintetizzata come stringa-divertissment linguistico in 60 pietre scagliate come fossero parole “a dimostrazione che le pietre parlano” (60 vocaboli su 75 sono denominazioni tecniche dotate di senso specifico per addetti ai lavori settore marmi, graniti, onici, pietre dure, etc):
Estate 1940, lido di Venezia
in posa serena e basaltina sull’arenaria
il corpo arabescato dal sole e perlato d’un velo di sudore
sorseggiando un jaspè all’arancio di jerusalem
la modella osserva il maestro tutto serizzo e statuario
nel rigato grigio spazzolato d’alta levigatura
con quel contegno repen sived da nembro accademico.
Uno zandobbio l’assale: che l’uomo sia porfido, porfiroide?
O è in penice d’amor e d’umor nero?
Qualcosa le va di travertino nella trachite, nella calacatta,
forse un cipollino marinace o un peperino cardoso,
il viso si fa rosa, rosso, multicolor, la beola fiammata,
e un attacco di quarzite, fors’anche di sienite!
Lui le offre prima un’aurisina con un teakwood freddo al fior di pesco,
poi miele e asiago con un botticino di vino verde del portogallo.
Fatta breccia, pomiciata, tutta gaia e piasentina,
e lui in levanto come un empreador del gran violè,
scalpellatura a spacco e bocciardatura senza macchia,
e alla prima luserna dell’aurora, ecco il brivido:
santa fiora, è fantastico!
(testo by Leonidas Calepinus, titolo originale “sexaginta saxa pro brivido uno”,
Imago: Il brivido, opera di Gianni Remuzzi, marmo, particolare, esposta alla XXII Biennale di Venezia, 1940. La modella dell’opera divenne in seguito la moglie dello scultore.)