nella lingua latina la parola “homo” indica l’essere umano a prescindere dal genere, mentre “uomo” nel senso del maschio è “vir”, da cui l’italiano “virile”,
la parola “vir” appartiene alla seconda declinazione, che normalmente ha il nominativo in -us, ad esempio: lupus. Quindi la definizione corretta dovrebbe essere “virus”, ma evidentemente il maschio latino, il vir, colui che dà verbo e senso alle imprese umane, è qualcosa di eccezionale, che sfugge alla regola, e traccia percorsi fuori dall’ordinario,
d’altra parte, come qualsiasi donna può sperimentare, il “maschio regolare” alla lunga si rivela a tutti gli effetti un vero e proprio “virus”.
La grossa questione del “maschio debole”, nato dalla soppressione del “maschio antico” operata dalla rivoluzione femminista, vero e proprio “mascolicidio” generazionale, ci porta a chiederci se la fenomenologia del “femminicidio” sia una tragedia ininterrotta che viene da lontano, o piuttosto una nuova reazione del “maschio isterico” al “mascolicidio” sociale avvenuto negli ultimi 30 anni, con totale perdita di ruolo del “vir” e soprattutto del “pater familias”.
Il movimento neo-maschilista “homo sapiens” da anni studia queste dinamiche nel tentativo di costruire un “nuovo maschio” che sia in grado allo stesso tempo di conservare i plus-vir del “maschio antico” (e cioè: capacità virile di guidare, proteggere, prendere decisioni, etc) e i plus-virus del “maschio debole” (capacità di comunicare, accettare sconfitte, rifiuti, consapevolezza della sfera affettiva, sensibilità psicologica, etc).
Questo tipo nuovo di maschio, antico e moderno, eccezionale e serafico, neo-selvatico e post-industriale, è capace di difendere sé stesso e i suoi dal conformismo coatto della società unisex e sarà prossimamente protagonista della nuova ribellione maschile, che ha le stesse istanze libertarie della rivolta femminista del secolo scorso.
Questo nuovo tipo di maschio è il maschio anti-virus.
(imago: un esemplare di maschio anti-virus allo stato brado)