Siamo la città dei muratori, e abbiamo dismesso la materia prima, il cemento. E questo mentre l’Europa lancia una strategia neo-industriale.
E non abbiamo capito niente di quello che sarebbe successo alla prima azienda bergamasca (ex).
Abbiamo ascoltato e creduto quello che ci hanno detto, le scene che hanno fatto.
Nei mesi precedenti la vendita c’è stato tutto un fiorire di iniziative virtuose e bei discorsi, all’I.lab, al km rosso, incontri con grandi architetti (Renzo Piano), con studenti, con università prestigiose, si parla di città sostenibile, di Bg 2035, di orti urbani, di progetto Rifo per riqualificare le aree dismesse;
e sempre in queste occasioni vedevi insieme questi due superfighi della città, Giorgio e Carlo, d’amore e d’accordo,
Carlo: «Le nostre città e il nostro territorio hanno bisogno di grandi interventi di riqualificazione. Una rinascita che cambi in meglio le realtà urbane, le periferie in particolare, e la vita stessa delle persone che le vivono. È un tema profondamente innervato nel sociale Quartieri più sostenibili, più belli, più vivibili, contribuendo alla rinascita. Economica e sociale di intere città. Noi ci sentiamo in prima linea su questo fronte, insieme a molte altre imprese italiane».
Giorgio: «Il recupero e la restituzione di aree dismesse e periferiche sono elementi centrali anche nell’azione amministrativa di una media città storica italiana come Bergamo, scelta anche come «caso studio» del progetto di ricerca Bergamo 2.035 condotto da Università di Bergamo e Harvard University con il supporto della Fondazione italcementi».
A partire da luglio, con la notizia della vendita, è ancora un fiorire di “come siamo bravi”, “come siamo coraggiosi”:
Carlo: «L’accordo raggiunto oggi, rappresenta sia per Italcementi che per HeidelbergCement la soluzione ottimale in termini di sviluppi futuri e creazione di valore, ben superiori a quelli che avrebbero potuto raggiungere le due società singolarmente».
Alla domanda sul futuro dei lavoratori, risponde di aver avuto tutte le rassicurazioni del caso dalla nuova proprietà: Italcementi ha già un grado di efficientamento superiore, per cui non sarà necessario tagliare il personale.
A quell’epoca mentre tutti i media osannavano Calepio Press pubblicava un post dal titolo “Italcementi sapendo di mentire”.
Giorgio, 5 ottobre: «Ho ragionato sulla vicenda Italcementi con ammirazione per la capacità lucida di cogliere l’opportunità di uscire da un settore maturo per portare nuove risorse in settori più promettenti»
12 ottobre, arriva “come uno schiaffo alla città” (L’Eco di Bergamo) la notizia che i nuovi padroni tedeschi lasceranno a casa 1080 persone, più di 400 nella sede storica di Bergamo.
Adesso i sindacati strillano (ma a luglio dov’erano? In ferie?) e Giorgio promette che si darà da fare per trattare a nome delle città, in qualità di sindaco, mentre Carlo understatement (!) non ha niente da dire.
La voce della verità, questo giro, è nelle parole dell’ex sindacoTentorio: «Ottenere a posteriori ciò che non era stato stabilito nel contratto originario non sarà facile. Se la politica, la tanto odiata politica, e i sindacati fossero stati maggiormente coinvolti queste clausole potevano essere inserite. Non è stato informato nessuno e ora la posizione della realtà bergamasca è molto debole, in una condizione di sudditanza, con il rimpianto che una grande realtà bergamasca non sia più tale».
Alla fine la vicenda Italcementi ci lascia con un’unica sensazione certa: quella di essere stati presi in giro da leader non all’altezza delle questioni reali, e paurosamente non aggiornati sulle reali dinamiche economiche del prossimo futuro.
Il fatto è che le favole sulla rivoluzione digitale sono già vecchie.
Di soli servizi e tecnologia non si vive, è questa la lezione: bisogna tornare a produrre in Europa se vogliamo realmente creare un modello sostenibile,
piaccia o no, il progetto/strategia futura dell’UE si chiama RISE, che sta per Renaissance of Industry for a Sustineable Europe,
e in quest’ottica ci sono settori che non si possono mollare a nessun costo: energia, alimentare, edilizia! Cose che i nostri veci pre-digitale sapevano già.