B.Horn, tra i fondatori dell’Internazionale “Turbo e basta”
(“dopo tutto quello che è successo nel Novecento
la parola “comunista” deve essere superata, ma non essendoci nulla
che la possa sostituire nella sua grandezza,
meglio non mettere niente, per il momento”)
oggi scrive: “la lista della fabbriche morte ogni giorno più lunga:
il più grande produttore di pneumatici del mondo ha deciso
di chiudere il più grande stabilimento europeo, in Puglia (1000 operai);
lo storico marchio Richard Ginori è dichiarato fallito
(indagato per bancarotta fraudolenta l’ex presidente);
e gli operai piangono per il lavoro che non c’è più.
Si producevano non solo copertoni e porcellane
ma arte, seppure applicata, valori della collettività, cultura di un territorio,
storia, brand globali, la vita delle famiglie e l’università per i figli.
Tutto è perduto senza i copertoni.
La comunicazione generalizza le esperienze e le sofferenze,
così il buon presentatore Santoro ex marxista-leninista
esibisce l’operaio licenziato, l’esodato, il senza futuro,
lo fa per lo spettatore che vive l’emozione e il sottile piacere
di non essere al suo posto, e spera di finire i suoi giorni indenne, lavorando,
lo fa per lo spettatore che crede negli ammortizzatori sociali,
nelle nuove relazioni sul territorio che gli può procurare lo status reale,
– se dichiarato in rete – di operaio di fonderia licenziato.
Il padre e lo zio si sono bruciati i polmoni in fonderia,
il sistema nervoso alla catena fordista, ma allora il lavoro c’era
e loro non lo amavano, per amarlo dovevano abolirlo.
Ma c’è una via d’uscita nota a chi ha praticato da bambino
l’arte di farsi cacciare nell’ultimo banco, da dove prevenire ogni minaccia.
Amare l’assenza, sognare l’invisibilità”.
B.Horn