un nome che oggi non c’è più

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Quando sono nato io, nel marzo del 45, si chiamava Curdomo,  Curno-Dorotina-Mozzo, un nome che oggi non c’è più.

I primi ricordi sono i giochi che facevamo da bambini, in cascina, nella stalla, le battaglie  armati di fionde per conquistare e difendere la Cà di Rane, un casolare che per noi era il posto di frontiera tra il nostro territorio, Mozzo, e quelli delle Fornaci di Longuelo, che erano già ragazzi di Bergamo, quella era la zona di guerra, tra il colle Lochis e il colle dei Gobbi, tra villa Masnada e villa Bagnada.

Ci davano l’uva melluna, come premio, i contadini di Mozzo… in realtà giocavamo in un posto che era stato un deposito d’armi dei tedeschi, con una serie di cunicoli scavati sotto i colli, alcuni franati, e una sera tre nostri compagni, il Tarcisio Gamba, noto fifone, e il Rota Basilio, noto sbruffone (ma anche lui fifone) e un altro che non ricordo, si erano persi nei tunnel, non li si trovava. Il prevosto, Don Assolari, da Somendenna, aveva suonato le campane – cosa che faceva sempre, anche in caso di temporali – erano arrivati i vigili del fuoco… alla fine erano saltati fuori…ma poi tutta la zona è stata chiusa, i cunicoli murati.

Un altro ricordo sono gli scherzi macabri che facevamo nascondendoci dietro le siepi del cimitero, lungo la ferrovia,  proprio lì sotto passavano in bicicletta le ragazze che tornavano dal lavoro in fabbrica alla Legler, e allora noi, all’ora del primo buio, accendevamo le torce e facevamo voci di spirit, come fossimo i morti e chiamavamo a noi una delle ragazze, fichè una sera le ragazze sono venute con i fidanzati, e ci hanno tirato fuori dai cespugli per le orecchie – con le ragazze c’era anche mia madre Angela, che lavorava alla Legler!

Mia madre era del 14, come mio padre, Alessandro, originario di Valbrembo (macelleria Mangili). Mio padre lavorava alla Caproni, alla Caproni facendo aerei, poi dopo la guerra è stata chiusa, e allora è passato in Comune, poi alla Dalmine. Ricordo il maestro Tadini, alle elementari di Mozzo, veniva da Piazza Pontida, era un tipo, faceva anche un doppio lavoro, i mercati, vendeva articoli di cartoleria. La mattina arrivando a scuola ci dava i soldi per andare a comprargli la brioche, noi ne prendevamo tre regolarmente, lui non si accorgeva di niente, o faceva finta.

Al colle Lochis c’erano posti dove si appartavano le coppiette, noi la domenica invece di andare al catechismo andavamo a spiare le coppiette, finché una domenica siamo lì nascosti tra i cespugli quando sentiamo la voce del prevosto tuonare “la grazia del Signor colpisca quei disgraziati che dovrebbero essere al catechismo…” e dal sentiero lo vediamo sbucare armato di tutto punto, come in processione…

(ricordi d’infanzia di i Luigi Mangili – centro diurno anziani Caprotti-Zavaritt – raccolti dal BaDante Leone Belotti))

1 thought on “un nome che oggi non c’è più

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