all’ultimo banco

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Firestone-(4)

B.Horn, tra i fondatori dell’Internazionale “Turbo e basta”

(“dopo tutto quello che è successo nel Novecento

la parola “comunista” deve essere superata, ma non essendoci nulla

che la possa sostituire nella sua grandezza,

meglio non mettere niente, per il momento”)

oggi scrive:  “la lista della fabbriche morte ogni giorno più lunga:

il più grande produttore di pneumatici del mondo ha deciso

di chiudere il più grande stabilimento europeo, in Puglia (1000 operai);

lo storico marchio Richard Ginori è dichiarato fallito

(indagato per bancarotta fraudolenta l’ex presidente);

e gli operai piangono per il lavoro che non c’è più.

Si producevano non solo copertoni e porcellane

ma  arte, seppure applicata, valori della collettività, cultura di un territorio,

storia, brand globali, la vita delle famiglie e l’università per i figli.

Tutto è perduto senza i copertoni.

La comunicazione generalizza le esperienze e le sofferenze,

così il buon presentatore Santoro ex marxista-leninista

esibisce l’operaio licenziato, l’esodato, il senza futuro,

lo fa per lo spettatore che vive l’emozione e il sottile piacere

di non essere al suo posto, e spera di finire i suoi giorni indenne,  lavorando,

lo fa per lo  spettatore che crede negli ammortizzatori sociali,

nelle nuove relazioni sul territorio  che gli può procurare lo status reale,

– se dichiarato in rete –  di operaio di fonderia licenziato.

Il padre e lo zio si sono bruciati i polmoni in fonderia,

il sistema nervoso  alla catena fordista, ma allora  il lavoro c’era

e loro non lo amavano,  per amarlo dovevano abolirlo.

Ma c’è una via d’uscita nota a chi ha praticato da bambino

l’arte di farsi cacciare nell’ultimo banco, da dove prevenire ogni minaccia.

Amare l’assenza, sognare l’invisibilità”.

B.Horn

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