Liceo 626 la sicurezza dell’ignoranza

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ho 30 anni e non sono una brava ragazza, sono meglio,

di famiglia operaia, grandi sacrifici, sempre stata la prima della classe, col sogno di insegnare, quoziente superiore, talento musicale, molto bella,

università massimo dei voti, e sempre lavorando, cameriera, baby-sitter, commessa,

finalmente il primo incarico di insegnante, liceo bene del centro,

lei è schifosamente giovane, mi accoglie il preside, non faccia l’errore di farsi amica degli studenti,  d’accordo,

contratto a termine da 500eu al mese, e la sera a servire i tavoli, dove vengono i miei studenti, non c’è problema,

poi mi chiama il vicepreside, mi dice che devo frequentare il corso sulla sicurezza, la 626, è obbligatorio, e non retribuito, ok,

mi ritrovo in un’aula con 30 “colleghi”, tutti 50enni di ruolo, e un tizio totalmente incapace di attirare l’attenzione che tiene questo corso,

tempo zero e la gente inizia a farsi i cazzi  suoi, prima velatamente, poi palesemente, uno corregge i compiti, l’altra messaggi con la figlia, uno legge la gazzetta, altri mettono le sedie in circolo e parlano di fatti loro,

peggio degli studenti, molto peggio,

il tizio parlava, nessuno lo ascoltava, col brusio era impossibile sentirlo, chiedo alla mia collega, mi dice non preoccuparti, è così,

resisto ancora una mezz’ora, poi non ce la faccio, e sbotto, mi alzo e dico: scusate ma cosa siamo qui a fare?

Silenzio. Tutti mi guardano. Interviene il vicepreside, guarda l’orologio: bene, qualcuno ha altre domande?

Uno chiede come si fa a capire dalle crepe dei muri se sono pericolanti. Un’altra chiede come si fa a sapere se la disposizione dei banchi è pericolosa in caso di evacuazione.

Il tizio non sa minimamente cosa rispondere, il vicepreside dice non tartassiamolo di domande tecniche, lui è qui per tenere il corso non può sapere tutto,

alla fine bisogna fare un test, lo faccio in cinque minuti, la collega mi chiede di passarglielo, lo copia, lo passa a tutti, lo copiano tutti mentre il vicepreside  e il tizio si girano dall’altra parte,

questi sono gli insegnanti di ruolo nella scuola, gente scazzatissima, nessuna passione, nessun interesse, totalmente incapaci, totalmente intoccabili,

da 20 anni fanno lo stesso identico programma, le stesse lezioni, gli alunni non li guardano nemmeno in faccia,

e io devo dire grazie se uno si mette in malattia, o aspettativa, o in maternità, per lavorare qualche mese,

e seguire gratis i corsi sulla sicurezza, con gente che grazie alla sicurezza del posto di lavoro può scandalosamente permettersi di fare malissimo il proprio lavoro, e affogare intere generazioni di studenti in un mare d’ignoranza,

sono loro il vero pericolo della scuola, questo genere d’insegnanti.

(imago: Keira Knightley in abito Balenciaga)

 

 

3 thoughts on “Liceo 626 la sicurezza dell’ignoranza

  1. Il corso sulla 626, come quasi tutti i corsi obbligatori di pseudo aggiornamento, sono essenzialmente organizzati per creare indotto, per far lavorare incapaci come il relatore di cui parla la tua amica. L’ultimo che ho frequentato, un corso sulla sicurezza per dirigenti e collaboratori della presidenza (come me), era una farsa come quello descritto e non mi vergogno di dire che mentre il tizio parlava di assolute ovvietà ho più proficuamente impiegato il tempo stendendo la relazione finale di una classe.
    Detto questo, il vero dramma è che la scuola (ma non solo la scuola, temo) ha sbarrato le porte a giovani capaci e motivati come la tua amica, tagliando fuori un’intera generazione di gente in gamba. L’orrenda realtà è che in questo paese abbiamo fottuto la generazione dei trentenni. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti.

    Tuttavia, pur riconoscendo le magagne della scuola e di chi ci lavora (ci sto da più di vent’anni e, credimi, non faccio sconti a nessuno) non penso che si possa correre alle conclusioni della tua amica.
    Innanzitutto perché non si può parlare per categorie. Così non si salva nessuno in Italia (vogliamo parlare di giornalisti, primari ospedalieri, avvocati, . . . ?). Bisogna parlare dei singoli.
    E ti posso dire che, in mezzo a gente scazzatissima, nessuna passione, nessun interesse, totalmente incapaci, totalmente intoccabili, che da 20 anni fanno lo stesso identico programma, le stesse lezioni, gli alunni non li guardano nemmeno in faccia, ci sono professori preparati, appassionati, attenti, sensibili, sempre pronti ad ascoltare e a mettersi in discussione. Ripartiamo da questi.
    Se la tua amica vuole fare quattro chiacchiere con me, ben volentieri. Ma, soprattutto, le auguro di trovare un posto nella scuola pubblica. Ci troverà colleghi scazzatissimi, etc. etc., ma anche qualcuno da cui imparare parecchio. (Questo è un lavoro bellissimo, che si impara solo sbagliando e guardando quelli che meritano di essere guardati).

    • “Il vero dramma è che la scuola (ma non solo la scuola, temo) ha sbarrato le porte a giovani capaci e motivati”.
      Il vero dramma è che non ci sono più giovani che prendono a spallate le porte chiuse.

      “L’orrenda realtà è che in questo paese abbiamo fottuto la generazione dei trentenni.”
      L’orrenda realtà è che i trentenni – fino anche ai cinquantenni – si sono fottuti da soli, per mille ragioni.

      “Bisogna parlare dei singoli.”
      Una sorta di generalizzazione è necessaria a una teoria efficace . Un’attenta particolarizzazione utile a una buona pratica.

      “Ma, soprattutto, le auguro di trovare un posto nella scuola pubblica.”
      Come bidella: chi sa fare fa, chi non sa fare insegna e chi non sa insegnare fa il critico!
      (Naturalmente su quest’ultimo punto sto scherzando!)

    • “Innanzitutto perché non si può parlare per categorie. Così non si salva nessuno in Italia (vogliamo parlare di giornalisti, primari ospedalieri, avvocati, . . . ?).”
      Giornalisti, primari ospedalieri, avvocati, etc. sono educati da un insegnamento. La categoria degli insegnanti, unitamente alla famiglia, è la prima a formare e plasmare una certa coscienza morale se non etica, prima ancora che una preparazione tecnica e nozionistica. D’altra parte come dice un vecchio proverbio cinese l’alunno trova il proprio maestro quando è pronto a imparare.

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