Bergamo non è una città per turisti, nonostante l’apparenza, nonostante la scenografia monumentale di città alta e la scenografia ambientale dei colli, Bergamo è una città geneticamente anti-turistica;
nonostante l’impegno, i programmi, i soldi che si stanno investendo per costruire questa “industria turistica”, l’impresa non decolla, il cittadino, il commerciante, le imprese non hanno la mentalità per fare accoglienza;
non c’è amore per la propria storia, non c’è cultura del territorio, non c’è realmente desiderio di ospitare l’altro, il diverso, lo straniero;
ospitare gente non è come produrre tondini metallici, occorrono materie prime come anima, cultura, cuore;
chi ha queste materie, da sempre è fuggito da questa città; tutti i grandi uomini che oggi si pretende di usare come icone turistiche, Beltrami, Quarenghi, Donizetti, fino a Manzù hanno sempre dovuto andarsene altrove, mai riconosciuti in patria: solo dopo che tutto il mondo celebra un genio, allora lo rivendichiamo, e volgiamo che tutti sappiano: è di Bergamo! Si, peccato che a Bergamo sarebbe morto di fame!
Per fare un’industria turistica le risorse artistiche-paesaggistiche in realtà sono secondarie, primarie sono competenze come pazienza, elasticità, curiosità, tutte cose contrarie allo spirito del bergamasco introverso, lavoratore, ostico, mugugnante;
per questo, la costruzione di un’industria turistica, dovrebbe essere fatta umilmente, un passo alla volta, non da un giorno all’altro con slogan e iniziative destinate a sicuro fallimento;
per cominciare, si dovrebbe valorizzare l’autenticità, la verità, il carattere profondamente onesto, sincero, modesto, anti-show, della città, e dire questa cosa, usare questo contro-slogan: “non è una città per turisti”, e valorizzare ciò che realmente può portare uno slogan del genere, e cioè viaggiatori che detestano la città turistiche, ad esempio, ovvero il target molto alto dei ricchi snob, e il target molto pregiato di intellettuali e artisti e viaggiatori no-massa;
lavoriamo sulla qualità, creiamo una mentalità, costruiamo un modello sostenibile di città storica, non risorsa da sfruttare ad esaurimento come un pozzo di petrolio, ma giacimento da mantenere vivo, e tutelare come una fonte sorgiva.
O davvero vogliamo le piazze di città alta invase da “restaurant” che propongono “lasagne e cappuccino 9 euro”, come a Roma? Seguendo gli esperti in marketing turistico, si finisce lì.
Con tutti i suoi difetti, è ancora una città vera, con un suo carattere, un suo pudore, non facciamo finta di essere bresciani o milanesi, dare spettacolo non sarà mai il nostro forte, troviamo il coraggio di costruire un nostro modello, una nostra prospettiva coerente, pertinente.
Perchè i nostri amministratori non ascoltano la saggezza dell’uomo di cultura? Tutto quanto sopra riportato è pienamente condivisibile. Apriamo alla cultura la città e verranno i turisti, quelli veri, quelli che forse non portano soldi come i tifosi di certe squadre, ma che ammirano le fontane e le opere d’arte. Ma prima di ogni cosa bisogna istruire i notri giovani alla cultura, nelle scuole, non alla coltura spacciata per cultura come si è fatto fino ad oggi.
Bergamo city kiwi è un progetto nato per mettere in luce attività commerciali che sfuggono spesso ai percorsi turistici si tratta di boutique, botteghe e laboratori gastronomici dove la ricerca della qualità e la passione delle persone che li gestiscono sono assoluti protagonisti!
Quando abbiamo iniziato a recensire i luoghi presenti sulla guida non pensavamo che Bergamp fosse così ricca di queste realtà che non hanno nulla a che fare con souvenir , “restaurant con lasagne” perché prima di tutto raccontano le storie di chi li vive in prima linea. Sono d’accordissimo Bergamo è una città Vera!!!
dimentichi quella cappa sottile che decide il ns destino, quel binomio cdo/cl che aleggia sopra le nostre smidollate crape vuote, non vogliamo capire che per vivere decorosamente serve una civiltà laica e disgiunta da partitit, mafie e raccomandazioni varie, che favorendo qualcuno derubano qualcun altro.
Devo farti i complimenti, ancora… anche questa volta sei riuscito in modo sintetico a fornire le basi di un ragionamento che tutti noi, in noi, come bergamaschi dovremmo sentire di fare. Perchè se è vero che le risorse ci sono (anche se non faraoniche, visti i tempi), gli effetti di tali sforzi sono sempre vanificati e ridotti a vetrina per gli organizzatori di qualche convegno o di qualche iniziativa spacciata per originale o frutto di elaborate e lunghe fasi di preparazione. Mancano le basi e di conseguenza mancano le leadership. Nel settore del commercio, nell’ambito della cultura stessa, negli enti pubblici e non per forza, in questo ultimo caso, per colpa degli Amministratori….
Comunque credo che ovunque ci sia un “vuoto” o un “insufficienza” c’è anche un’occasione. Puntando sulla qualità e sulla/e valorizzazione/ umana e culturale, sulle relazioni umane (da riattivare), dalla partecipazione al mondo associativo…… etc… etc… ma non possiamo aspettare che tali virtù ci vengano calate dal cielo…. siamo noi i primi che dobbiamo provare a cambiare e cambiarci.