Se le Mura Venete potessero parlare

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BGterrazzaUmanità

Se la cosa fosse avvenuta spontaneamente, l’accetteremmo; la lingua è una cosa viva, niente è immutabile. Ma che la cosa sia frutto di una scelta dall’alto, che venga imposta, e con motivazioni così basse, e linguaggio non pertinente (una scelta “stilistica”, la definisce un portavoce istituzionale) ci deprime profondamente.

Cambiare “leggermente” nome alle Mura Venete di Bergamo, creando un falso come le “Mura Veneziane”, che fa subito souvenir, con la motivazione di attirare turisti (considerati come allocchi), mi sembra un’operazione non dignitosa, che non crea valore, ma al contrario squalifica sia il messaggio che l’emittente.

Parliamo del monumento simbolo della città. Vogliamo tutelarlo, promuoverlo valorizzarlo. Noi siamo sognatori. Pensiamo al tracciato pedonale sotto le mura, e immaginiamo i bastioni panoramici come una terrazza dell’umanità, senza auto né asfalto.

E intanto ci sono persone al servizio della città che sui monumenti e sulla nostra identità fanno scelte di marketing adatte a merendine senza valore, cui trovare un naming appetibile. Noi non siamo tra i cacciatori di titoli e medaglie, non riusciamo a entusiasmarci per questa rincorsa al riconoscimento di “patrimonio dell’umanità”, ma se sei convinto che sia un patrimonio dell’umanità, come puoi pensare di cambiargli nome? Come puoi pensare di ristrutturare i parapetti con cemento armato, ed effetto “muretto in stile”.

Non possiamo sentir parlare di scelta “stilistica”. Le Mura Venete sono vere. Le Mura Veneziane suonano false a chilometri di distanza, puzzano di dolciastro come certi profumi. Il fatto è che le Mura Veneziane non esistono. Venezia non ha mura. Sono le Mura di Bergamo, non di Venezia. Bergamo è una città di pietra, non d’acqua.

Questo appello è lanciato dalle Mura a tutti coloro che amano questa città di pietra, e ascoltano i sussurri delle pietre, e i silenzi, e le urla.

Ma il Comune vuole attirare turisti a forza di like, segue la politica dei like, di google, e del SEO.  Bene, se il Comune capisce solo i like, diciamoglielo con i like.  Preferiamo tenerci le Mura Venete. Condivide, et impera!

(qui sotto, riporto un estratto da WALL STRETT 1588, by Max Rebelot:

…e allora perché non far luce sul più gigantesco abuso edilizio mai realizzato a Bergamo,demoliti centinaia di edifici orti vigne cascine monumenti chiese per rinchiudere la città in un enorme inutile muro, succedeva nel 1561,

da preventivo dovevano costare 40.000 ducati ma a fine lavori siamo arrivati al milione, era il 1588, si inaugurava il Viale delle Mura (in english: “wall street”)

mega opera completamente inutile, perché nel frattempo l’invenzione delle armi da sparo le rendeva militarmente superate, mentre il nuovo assetto geopolitico uscito dalla battaglia di Lepanto segnava la fine del ruolo di Bergamo come caposaldo di terraferma della Repubblica Veneta,

il suo vero valore è quello di opera concettuale, la città delle mura, la città dei muratori, la città murata, città chiusa, con i muri in testa,

all’alba della civiltà dei motori il circuito delle Mura ospitava gran premi di auto e moto, poi il soap box rally,

adesso sarebbe ora di chiuderle al traffico, e dare l’esempio della città pedonale,

ecco da cosa ci possono proteggere oggi le mura: dalle auto! Dall’idea superata di libertà come abitacolo mobile privato. Oggi abbiamo capito che la libertà è uscire da quell’abitacolo, gioia di vivere con gli altri, e condividere aria e terra, anima e corpo.

Vogliamo scale mobili, ascensori, piste ciclabili, vie ferrate, trenini elettrici,

per cominciare rimettiamo a posto i parchi e le aree archeologiche di città alta devastate per realizzare parcheggi da ignoranza atavica +  grasso benessere, mix micidiale, da sempre dna delle nostre elites sociali e politiche

poi per godersi veramente il fascino storico-paesaggistico delle mura, ed entrare nello spirito del luogo, ci vorrebbe un servizio di risalita slow-motion, a dorso di mulo

e per la discesa uno scivolo d’acqua diretto, mozzafiato, panoramico, spettacolare, un fast rafting  tra la piscina del Seminario e quella dell’Italcementi, e glielo facciamo inaugurare insieme, a esperti, artisti e assessori..

non è una città per turisti

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NNcittàturisti

Bergamo non è una città per turisti, nonostante l’apparenza, nonostante la scenografia monumentale di città alta e la scenografia ambientale dei colli, Bergamo è una città geneticamente anti-turistica;

nonostante l’impegno, i programmi, i soldi che si stanno investendo per costruire questa “industria turistica”, l’impresa non decolla, il cittadino, il commerciante, le imprese non hanno la mentalità per fare accoglienza;

non c’è amore per la propria storia, non c’è cultura del territorio, non c’è realmente desiderio di ospitare l’altro, il diverso, lo straniero;

ospitare gente non è come produrre tondini metallici, occorrono materie prime come anima, cultura, cuore;

chi ha queste materie, da sempre è fuggito da questa città; tutti i grandi uomini che oggi si pretende di usare come icone turistiche, Beltrami, Quarenghi, Donizetti, fino a Manzù hanno sempre dovuto andarsene altrove, mai riconosciuti in patria: solo dopo che tutto il mondo celebra un genio, allora lo rivendichiamo, e volgiamo che tutti sappiano: è di Bergamo!   Si, peccato che a Bergamo sarebbe morto di fame!

Per fare un’industria turistica le risorse artistiche-paesaggistiche in realtà sono secondarie, primarie sono competenze come pazienza, elasticità, curiosità, tutte cose contrarie allo spirito del bergamasco introverso, lavoratore, ostico, mugugnante;

per questo, la costruzione di un’industria turistica, dovrebbe essere fatta umilmente, un passo alla volta, non da un giorno all’altro con slogan e iniziative destinate a sicuro fallimento;

per cominciare, si dovrebbe valorizzare l’autenticità, la verità, il carattere profondamente onesto, sincero, modesto, anti-show, della città, e dire questa cosa, usare questo contro-slogan:   “non è una città per turisti”, e valorizzare ciò che realmente può portare uno slogan del genere, e cioè viaggiatori che detestano la città turistiche, ad esempio, ovvero il target molto alto dei ricchi snob, e il target molto pregiato di intellettuali e artisti e viaggiatori no-massa;

lavoriamo sulla qualità, creiamo una mentalità, costruiamo un modello sostenibile di città storica, non risorsa da sfruttare ad esaurimento come un pozzo di petrolio, ma giacimento da mantenere vivo, e tutelare come una fonte sorgiva.

O davvero vogliamo le piazze di città alta invase da “restaurant” che propongono “lasagne e cappuccino 9 euro”, come a Roma? Seguendo gli esperti in marketing turistico, si finisce lì.

Con tutti i suoi difetti, è ancora una città vera, con un suo carattere, un suo pudore, non facciamo finta di essere bresciani o milanesi, dare spettacolo non sarà mai il nostro forte, troviamo il coraggio di costruire un nostro modello, una nostra prospettiva coerente, pertinente.