madalina è stata uccisa 2 volte

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madalina2

madalina palade, in foto, la ragazza rumena assassinata a Cene (Bg) è stata uccisa 2 volte:

la prima, domenica 9 marzo, a bottigliate in faccia da un violento recidivo  legalmente in libertà, nativo e residente in valle

la seconda dopo 7 giorni, domenica 16 marzo, a pugnalate nel cuore da tutta la valle

e con il contributo decisivo del quotidiano cittadino, L’Eco di Bergamo, che in apertura a tutta pagina titolava: SICUREZZA, LA VAL SERIANA SI MOBILITA,

e tu pensi si riferisca all’assassinio di Madalina, ma leggendo l’articolo scopri che solo e soltanto di furti nelle case si parla, di Madalina non si fa parola, tutta la valle si è mobilitata per i furti nelle case, migliaia di firme, lettere al ministro perchè mandi più poliziotti,

ma a Maddalena hanno rubato la vita, non ha a che fare questo con la sicurezza?

mettetevi nei panni di un rumeno che legge l’eco di bergamo.

non c’è da vergognarsi, valseriana, eco di bergamo?

le mani e la terra

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Questi ragazzi sanno fare tutto col dito, col telefonino, con le app, ma senza l’energia, con le mani, non sanno fare niente,

i ragazzi vogliono roba di plastica, elettronica, la terra non gli dice niente, non hanno nemmeno i piedi per terra, figurati metterci le mani.

La prima volta che ho messo le mani nella terra ci sono nato,

mio nonno era ceramista, mio padre sculture, io sono vasaio,

ho imparato, ho anche insegnato, ceramica, tornio,

adesso ti dico che non funziona più, la gente non ne vuole più,

il mio primo vaso è stato fantastico, cominciato col tornio a pedale, a spinta, adesso usano quello elettrico, ma la tecnica vera è a pedale,

nessuno mi sta dietro al tornio a pedale, sono veramente bravo, posso sfidare chiunque,

qualsiasi cosa facevo, potevo creare albarelli da farmacia perfetti, oppure si facevano delle stufe, la ceramica è incredibile, il segreto è l’impasto della terra, con le mani,

perchè se lasci dentro le bolle è finita, quando usi l’argilla senti il mondo in mano, perché puoi modellare quello che vuoi, io lo modello , io lo faccio, tu mi dici fammi questo, io lo faccio, vuoi una biscottiera con due animaletti, sopra, facciamoli, quello che vuoi, ti dò il mondo, io ti faccio tutto, dal precolombiano al bauhaus, la ceramica è la creatività totale.

Ti rifaccio da capo il vecchio salvadanaio, maialino, ippopotamo, quello vero, che devi spaccarlo per aprirlo, se vuoi.

Ho avuto la bottega, poi l’ho mollata, la cosa è cambiata davvero dieci anni fa, oggi è tutto cambiato.

Fare altro non posso, devo fare quello, creare con la terra, è il mio mestiere.

Però quando ho cominciato a insegnare ho cambiato la vita ai miei allievi, mi hanno ringraziato, ”sei un angelo” mi hanno detto, l’hanno capito, un pezzo unico ti permette di esprimerti, ti riporta alle basi della vita, creare con le tue mani.

(racconto tratto da “Shakespeare in Elav” published 2014 by Calepio Press -CTRL con contributo birrificio Elav, storie raccolte in modalità Pub Writer davanti a una birra) 

gamec campane a martello

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GamecDoppiaIgnoranza

da 40 anni giro per musei in tutta europa, ma anche nei piccoli musei di paese, e mai, mai in 40 anni mi ero sentito insultare come sono stato insultato alla gamec di bergamo pochi giorni fa,

appena entrato nella prima sala, come sempre faccio, mi tolgo gli occhiali, e mi avvicino a passo lento all’opera, con la mia miopia che mi permette di vederla come apparire,  e come sempre dopo questa prima impressione mi chino di lato a leggere la didascalia che l’accompagna, per sapere autore e titolo, e poi guardarla con occhi coscienti.

Stupore: invece del titolo dell’opera e del nome dell’autore, stampato bello grosso, sotto vetrofania, c’è un geroglifico umanamente illeggibile, da far leggere al proprio smartphone.

Mi guardo intorno: tutte le opere sono corredate da questo monstrum absurdum incredibile dictu. Il mio mondo va in frantumi e allo stupore subentra un senso di stupro.

Tu vai al museo per incontrare un’opera d’arte, e trovi un codice a barre!

Io frequento musei perchè sono un tipo da museo, non ho lo smartphone, ma anche l’avessi mi sentirei un idiota a doverlo usare per un insensato e deleterio capriccio altrui.

Che cosa mi stai dicendo quando da un’opera d’arte originale, che io sono venuto fisicamente a fruire con 5 sensi e 1 anima, cancelli il titolo e l’autore per impormi 1 codice a barre da fotografare con 1 smart per poi caricare 1 app e connettermi a 1 sito dove scaricare 1 file con la didascalia on line? Mi stai dicendo: asino chi legge.

Tu, gamec, mi stai dando dell’idiota, io ho pagato il biglietto e mi stai dicendo di stare a casa e guardare il museo on line,

mi stai dicendo che l’artista e l’opera e il museo stesso non hanno alcun senso né valore,  servono solo come codici per entrare nel magico mondo delle app, dei social network e dei siti porno, è chiaro.

Ma io non sono venuto qui per vedere opere d’arte usando aggeggi come un turista-fotografo.

Una rabbia battente ha cominciato a montarmi dentro verso il o i responsabili di tanto crimine.

Immaginavo questi geni dell’anti-comunicazone, lautamente pagati da noi cittadini, fare riunioni intelligenti per decidere questa arroganza tecno-anale, tecnicamente un’idiozia,

perché se al posto di suoni comprensibili emetti segni incomprensibili, linguisticamente parlando, sei un idiota, gamec, lo capisci anche tu,

capisci, potevi anche mettere il codice astruso, magari più piccolo, per ultra info: ma titolo e autore dell’opera non puoi nasconderli nella mano che li offre, come zuccherini per bambini scemi, altrimenti è un museo per bambini scemi, allestito da idioti, che usano idiotismi per incrementare il sito web, e intanto, mancandogli di rispetto, allontanano definitivamente dal museo il vero pubblico.

Una tecnologia creata per facilitare la condivisione, distorta verso la finalità esattamente opposta (complicare, occultare ed escludere) e proprio in un luogo deputato alla divulgazione, e alla “spiegazione”, all’apertura dell’opera d’arte.

Le persone non sono idiote. Violazione regole basilari, rispetto dell’utente, contesti di comunicazione, abuso di tecnologia. Ignoranza doppia, esclusiva, arrogante, nociva.

Se un qualche avvocato realmente civile mi legge, lo invito a escogitare i termini di legge per montare una causa collettiva di richiesta danni da parte dei visitatori.

Con questi pensieri, alzando lo sguardo, ho guardato quel che facevano e dicevano le altre persone, e gli assistenti di sala.

Anche loro avevano problemi, e più gravi dei miei: perchè quest’assurda app, oltretutto, non funzionava! (Dio esiste)

Con grande solidarietà, come durante una calamità, le persone si passavano orribili schede plastificate, pratiche e brutte come menu di un fast food da stazione (alla faccia dell’immagine coordinata gamec) dal quale ricevere pietosamente qualche tozzo d’informazione.

Dal grande foto-affresco a tutta parete, i notabili della città foto-montati come un’orgia di avidi spettri (quale in realtà essi sono) parevano osservare con freddo distacco.

Poi sono entrate in sala un paio di gambe femminili, cappottino nero, capelli vaporosi, fascino internazionale, padronanza upper class, un’apparizione,

l’ho vista avvicinarsi alla prima opera, osservare il geroglifico, guardarsi in giro,

la mia identica fenomenologia,

e poi la rabbia, il dietrofront, l’urgenza di uscire per non esplodere.

L’ho seguita come si segue un salvatore.

Sulle scale l’ho sentita imprecare in una lingua che non mi era mai parsa tanto nobile, e adeguata.

Per due volte, in crescendo, ha ripetuto: laùr de campane a martèll.

(photo by Postini-Reuters)

gori dixit

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gori1976

Nei commenti del post satirico  “bergamo SUVstenibile”

il candidato sindaco Giorgio Gori ha postato il seguente commento:

Non lo dico per consolarti, ma io l’ho trovato divertente! Non condivido quindi i commenti sdegnati. Ho fatto la mia gaffe (anche se prontamente rimediata) e quindi ci sta che mi si prenda un po’ in giro. Ti informo comunque che, a scanso di rischi, ho deciso di lasciare l’Audi in garage e di girare solo in 500 o in bicicletta! Ciao, a presto, Giorgio Gori

Ottimo, direi! Certifico Giorgio Gori come sincero democratico, ha risposto con stile rapido e sintetico alla provocazione (300 battute 3h dopo la pubblicazione del post)

Con ciò supera il duro esame calepio fight club, già superato dal candidato sindaco Marcello Zenoni, da me attaccato nel post  https://calepiopress.it/2014/02/12/zenoni-chi/

a cui lo Zenoni ha risposto con una mail meditata e articolata (6000 battute 6gg dopo la pubblicazione: leggibile in https://calepiopress.it/2014/02/18/sarai-mondo-sei-monderai-il-mondo/ )

proxime su questi schermi andrà sotto esame il candidato Tentorio, al quale, per rispetto all’età e alla carica, anticipo i possibili titoli che ho in mente (per  ora solo i titoli):

1) TENTORIO CENTER 2) AL DON TENTORIONE

(imago: Gori 1976, mezzo consigliato x spostamenti a giorgio gori, anche il colore ok, magari però mettigli una marmitta catalizzata altrimenti gli ecolog ti massacrano)

bergamo SUVstenibile

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suv

con gori sindaco bergamo sarà la prima città italiana ad adottare la mobilità SUVstenibile integrale audi.

Un progetto di comarketing tra il PD e  “audi-italia the land of 4”: con la formula “audi-pass” con l’acquisto o il leasing di un SUV audi è compreso il pass per tutte le isole pedonali, i centri storici e le zone naturali protette di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo.

Il lancio della campagna è avvenuto su facebook, grazie al comitato gori per bergamo che ha postato le foto del suv da gara di gori in giro per bergamo in total free pass & wild park,

fino alla foto clou di gori col guru e il suv in area disabili,

con quell’espressione da maschio molto audi e poco audace.

Una campagna che apparentemente può sembrare autolesionista,

ma che nasce da strategie attentamente calcolate:

infatti, dopo aver in un primo momento investito sui social network,

con la moltiplicazione x 10  dei follower twitter da 7000 a 70.000 in pochissimo tempo,

(per questo esistono call center a basso costo nel terzo mondo dove migliaia di operatori cliccano ogni giorno su migliaia di clienti)

ci si è resi conto che in effetti  70.000 follower nel mondo non servono a niente, se i voti da prendere sono quelli dei bergamaschi,

questo si è visto chiaramente in occasione delle primarie, quando gori ha racimolato poco più di 1000 voti reali,

a quel punto gli analisti, dopo una proiezione di voto svolta utilizzando i dati bonaldi, si sono resi conto che a bergamo ci sono più possessori di suv audi che elettori di gori,

ne è scaturita come scelta logica quella di rivolgersi a questo target strategico, con una campagna ad hoc sulla mobilità SUVstenibile integrale, per una Bergamo a misura d’audi.

In una seconda fase, la campagna (realizzata in licenza common creative by FFE + CP) sarà rafforzata da uno slogan dedicato cosicché l’elettore bergamo bene si possa riconoscere totalmente in gori:

Audi, la tua unica materia grigia

 

Borgo Santa Caterina amarcord

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BorgoSCaterina2

Caro amico, storie sul borgo te ne racconto quante ne vuoi, storie di amori improbabili, di liti condominiali, storie di baristi, di ciclisti, di studenti, di vedove di guerra, di miliardari e morti di fame, cocainomani e cubiste, di muratori e tabaccai,

storie di artisti falliti e botteghe che chiudono, di impiegate di banca e vecchi sporcaccioni, storie che nascono sul pavé, negli androni, per le scale, nei cortili, tra i gatti, sui tetti, in mezzo ai comignoli, storie di luna piena e di una certa aria di Parigi che dorme,

storie di quell’ora della notte nel borgo con il silenzio e la magia, dopo le tre, quando tacciono i frequentatori di locali, i fidanzati che litigano, gli ubriachi, e fino alle quattro e mezza, quando cominciano a passare i furgoni dei lattai, e dai portoni infreddoliti escono quelli che si alzano all’alba, e vanno a lavorare, e incrociano quelli che tornano a casa, dopo aver passato la notte fuori, e a volte si salutano,

è stato proprio sui tetti di notte che ho fatto amicizia con Brutus, un quadrupede felino e tigrato, che da un camino mi guardava dentro nella mia finestra nel mio letto, e mi chiedeva “Chi sei? Cosa ci fai qui?”, casualmente io avevo nel frigorifero due etti di fegato, li ho divisi con lui, nudi e crudi.

Siamo stati insieme tre anni. Lui di giorno dormiva nel mio letto, io di notte lo seguivo sui suoi tetti, i tetti del borgo.

Una bella sera, seguendo Brutus, arrivo in zona Celestini, dove c’è una casa completamente rifatta, la prima che hanno messo a posto, con la pietra, gli ottoni, i legni, gli impianti a norma, il finto pozzo.

Brutus si faceva una gattina di razza probabilmente troppo giovane per lui, io vedo questa biondina nel suo monolocale vetrodesign, le parlo della forza antica del borgo, le chiedo cosa ci fai nel borgo, il borgo è un concetto medioevale, una congregazione, un mestiere, una chiusura, le dico: il borgo non fa per me, il borgo vuol dire arroccarsi, stare appesi con le unghie, un’attività da crostacei, una vita di scogliera, da cozze, mitilli, molluschi, lo vedi, lo capisci, questi bottegai sono ex bancarelle appese fuori dalle mura, giù da Sant’Agostino, gente che vuol stare avvinghiata a città alta,

intanto si sentivano degli spari, uno, due colpi secchi, proprio detonazioni da arma da fuoco, ma vicini, prossimi, mi sporgo, mi allungo, guardo, chiamo, vedo lo “zio”, un marocchino più vecchio degli altri, già sui quaranta, uno degli extra storici del borgo, è lì fuori da una finestra con una pistola fumante in mano, mi dice “no, volevo vedere se funsiona”,

poi vedo il gatto Brutus che passa come niente fosse con il piccione steso dallo zio tra le grinfie, se lo trascinava in giro sporcando di sangue il parquet, la biondina diceva «E’ tutto così suggestivo», io le guardavo il tanga leopardato che faceva capolino dal jeans paillettato, dalla strada si sentivano le invocazioni alla luna di un pittore spagnolo che aveva la mania del Cristo de la mala muerte, cose così, poi all’alba camminavi per il borgo te e il tuo gatto, aspettavi che aprisse qualcuno per fare colazione,

c’erano questi bar veramente marci che nemmeno alla Bovisa, c’era il bar tabacchi prima della chiesa con una vecchia coppia di meridionali che si ostinava a mantenere il dialetto del paese; c’era la pasticceria di fronte alla chiesa, con due fratelli, uno calvo e l’altro no, da trent’anni in gara di freddure tra loro e con i loro clienti;

c’era il biliardo più avanti, la torrefazione, l’altra pasticceria, quella di marito e moglie, e così via, tra l’uno e l’altro botteghe sprangate, negozi di alimentari senza futuro, una merceria, il calzolaio, la drogheria con profumi + insetticidi + pistole e fucili per bambini, e anche stanzette fredde e umide con dentro un obiettore con tre peli di barba e fuori una targa “lega protezione dei cani randagi” o “per la salvezza degli uccelli da polenta e uccelli”, cose del genere,

certi giorni ti pareva di essere in Bulgaria, vedevi in giro solo facce tristi, attività in fallimento, marciapiedi sporchi, hanno cominciato i bar a rinnovarsi, i primi ad arrivare i Divina, dalla val Cavallina, idee chiare, in dieci anni di lavoro costante hanno fatto uscire il sommerso: questa città è una delle capitali del movimento gay, e il Borgo è uno dei punti caldi di ritrovo per tutta la conurbazione,

subito dopo sono arrivati i Reef, dalla Brianza, oggi affollato ritrovo di studenti, ma che fatica i primi anni, questi bravi ragazzi forse gli sembrava un po’ troppo andare direttamente dall’oratorio al pub, gli unici che si fermavano a bere erano una specie di Rodolfo Valentino che vendeva scarpe dall’altra parte della strada, e un immigrato toscano, di mestiere antiquario, e un pappa russo, che girava tutti i bar del borgo con due o tre cavallone per volta, anche lui altissimo, sempre vestito di pelle nera, occhio da killer, sparito da anni, o forse sparato,

poi c’erano le cagnette, le chiamavamo così con i miei amici maschilisti islamici, le due cagnette nere e le due cagnette bionde, le cagnette nere gestivano il Tamara, con i divani di pelle nera, e le cagnette bionde gestivano la torrefazione, più avanti, con le tappezzerie a fiori, tu a seconda dell’umore andavi da queste o da quelle a far colazione, il cappuccino lo facevano bene tutte e quattro, ma di umore anche loro erano imprevedibili, o erano inverse e ti sbattevano la tazzina sul banco, o erano solari e ti davano anche il cioccolatino, col caffè, sparite anche loro, le cagnette,

quindici anni fa io ero l’unico bianco del borgo, oggi sono l’unico povero, proprio così, quando sono arrivato nel borgo le case te le tiravano dietro, le vecchie case come le vecchie motociclette e anche come i vecchi esseri umani se gli vuoi bene e gli parli hanno un sacco di cose da dirti, e soddisfazioni anche, e senso di stare al mondo, e segreti, e piaceri, o dispiaceri,

per dire: la prima persona che ho conosciuto era il mio vicino, un ultraottantenne che subito dopo aver parlato tre minuti del tempo è andato indietro nel tempo e ha tirato fuori dei giornali degli anni Quaranta, roba della X Mas, «tu che sei giovane..» mi diceva. «Sempre stato fascista!», e ho recitato il “Memento audere semper”. Gli sono scesi i lucciconi. Mi ha fatto un discorso che tutti questi negher non sono cattiva gente, basta trattarli nel modo giusto. La notte ho sentito un po’ di casino. Il giorno dopo era morto, commento della vecchia della porta accanto: «era un bel po’ che doveva morire».

e così, morto lui, al momento del crollo del muro di Berlino, nel coacervo di case del borgo costruite una sull’altra negli ultimi quattro secoli, io ero l’unico bianco, oggi sono l’unico povero, gli extracomunitari sono spariti tutti, senegalesi, marocchini, tunisini, algerini, peruviani, ecuadoregni, brasiliani, c’era un bel mix di gioventù nordafrica e sudamerica che si era stanziato a vivere qui, nel borgo, dov’erano rimaste solo vecchiette abbonate a Famiglia Cristiana che ricevevano visite frequenti solo dagli agenti immobiliari, come sempre un po’ troppo sorridenti, e nervosi,

alla fine si sono trovati una sera nel salone dell’oratorio, i boss del mattone, ognuno aveva i suoi rapporti dei suoi galoppini, erano unanimi, le vecchiette del borgo , a differenza dei vecchietti maschi, godevano di buona salute, anche le ottuagenarie avevano davanti prospettive decennali,

tanto valeva far venire gli extracomunitari che con la loro presenza producono questo miracolo di rendere il triplo degli affittuari bianchi e di far scendere i prezzi delle case da acquistare e ristrutturare appena morte le vecchiette proprietarie, questa è la vita immobiliare del borgo, il suo sangue, il borgo non è un’arteria, è una vena, fa sangue, ha un suo ricambio, un ciclo di speculazione,

oggi il borgo ha sangue nuovo, pelle fresca, ha rifatto il look, via i calcinacci, via le case fatiscenti, i cortili colorati, la biancheria appesa, la musica a tutto volume, gli accoltellamenti sul ballatoio, via i fili elettrici scoperti, oggi è tutto un bell’intonaco giallo polenta o rosso mattone o verde ulivo, tutto un videocitofono, un travi a vista, un bilocalizzare, e così sono arrivati i singles, i professionisti, i perbene, i rampanti, ma questo processo è durato dieci anni, e nel mentre c’è stato da divertirsi,

c’era questo muratore con una Giulia verde del 74, per anni qualsiasi lavoro nel borgo lui lo trasformava in un lavoretto, e poi ci bevevi sopra, ti pioveva in casa, e lui metteva una bella lastra di eternit, ti si era otturato lo scarico, e lui tirava due colpi di piccozza e lo allargava, ti camminavano i topi in cortile, e lui metteva le trappole,

adesso il new look del borgo è quasi completo, hanno cominciato dalle fogne, un bell’esempio di lavori spostamento terra, ti alzavi la mattina la strada non c’era più, fuori dal portone avevi il tuo ponticello, eri a Venezia, tornavi a mezzogiorno lo scavo era progredito di duecento metri, la sera era chiuso, tutto rifatto, le fogne, le condutture, i rubinetti del gas, dell’acqua, la luce, tutto nuovo, e intanto le case, le botteghe, rinnovare, via il marciume, avanti il new marketing, l’equo solidale, il biologico, l’etnico, ma intanto l’etnico vero, la presenza umana, non c’è più,

adesso nel borgo ci sono le botteghe di arredamento indiano e afgano e afrotirolese ma non ci sono più extracomunitari, gli interni delle case sono lindi e lustri, le vecchiette sono morte quasi tutte, quasi ogni giorno la chiesa è listata per una delle mie nonne che va a farsi il viaggio in Mercedes, arriverà il nuovo arredo urbano, l’isola pedonale, il granito, la segnaletica design, e insieme alle vecchiette e agli extracomunitari sono spariti anche i gatti, è sparito anche Brutus e tutti i suoi amici, adesso di notte la luna del borgo fa proprio silenzio,

quel che resta del borgo, che gli dà continuità, sono queste famiglie di bottegai storici, il formaggiaio col figlio simpatico, il coltellinaio col figlio ciclista, il fruttivendolo e il salumiere con le mogli colonnello, mamma Vittoria che da una vita con marito figli e nipoti è una certezza per tutti i caffeinomani, tabagisti e totoscommetitori che passano in piazzale Oberdan, la bionda francese che vende occhiali, il ferramenta accanto alla chiesa, le panetterie, l’intimo del borgo, e i pazzi del borgo,

la camminatrice occhialuta, il pittore barbuto, i due innamorati che hanno l’aspetto di rifiuti umani eppure vanno avanti e indietro tutto il giorno abbracciati a sbaciuccharsi e a dirsi ti amo, e tanti altri del genere, perché ce n’è tanti di pazzi nel borgo, non è che sia il borgo in sé che manda fuori di testa le persone, è chiaro, è la mancanza d’amore, solo che nel borgo, il fatto di essere un po’ tutti fuori di testa, lo vedi meglio,

le anime morte vogliono finiture di pregio e sicurezza nelle strade, è chiaro, devono custodire i loro ghiaccioli, guai se si sgelano, vogliono case d’epoca e botteghe di qualità, qual è la differenza tra un centro commerciale e un borgo, mi chiedo, non basterebbe costruire tanti bei bilocali con vista sopra l’oriocenter?

I delinquenti, gli ubriaconi, i malati di mente, i commercianti tirchi, le prostitute, gli spacciatori, le donne pazze, alcolizzate, i pittori falliti, gli scrittori in crisi, i fotografi senza studio, le ballerine, le studentesse d’arte, le vecchie innamorate del Duce, i barboni, gli skin che si radono, i punk che non si lavano, è chiaro che tutta questa gente è incompatibile con il nuovo arredo urbano,

l’anima, il sangue del borgo non può più permettersi il caro prezzi del borgo, e dire che questo caro prezzi viene proprio da lì, dal fatto di essere un borgo, di avere un’anima, che bella roba, ma il meccanismo è chiaro, non è nuovo, è così in tutto, dall’abbigliamento alla musica agli immobili, è la creazione del valore nella società dello spettacolo, fame di emozioni, di show, di real-tv, andare dove c’è vita, e mettere tutto in naftalina, imbottigliare, conservare, marmellate, distillati, capricci,

i bravi ragazzi del centro per anni sono venuti a fare vita notturna nel borgo, gli sembrava di essere a New York, Casablanca, Londra, a seconda degli interessi, droga, sesso, chiacchiere, nel borgo trovavi tutto questo, nei sottotetti, in mansarde, io li vedevo questi bravi ragazzi felici come bambini con un po’ di proibito, e anche le brave ragazze, la brave figlie modello con la loro pochette e il tailleurino giusto, intere notti a cantare ubriache fradicie nella casbah del borgo o a raccontarti tutte la loro dorata solitudine dopo una canna o una riga, e a mangiare con appetito il cous cous cucinato dal padrone di casa con dentro carne di scarto, loro che a casa non toccano neanche il controfiletto,

ho visto queste scene, ho visto che anche i bravi ragazzi vogliono la vita, ma già il giorno dopo, quando li incontri sul Sentierone, gli manca il coraggio di salutarti. Eppure hanno passato la notte con te a dirti che non erano mai stati così bene e tutte quelle cose sentimentali che in famiglia o tra di loro non riescono a dire.

testo by Leone Belotti 1999 per Bergamo Blog; titolo orig. “Borgo S.Caterina 1989-1999”,  

imago: Borgo Santa Caterina fine anni 50, achivio fotografico Sestini.

cene con delitto

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MtBò

luogo del delitto: monte bò, sopra cene, valseriana

vittima: la giovane e bellissima prima ballerina del vecchio night club di vertova

assassino: l’ex calciatore violento pregiudicato recidivo in libertà condiz.

il suo avvocato: l’ex sindaco di Bergamo

a cene in queste sere nelle case in famiglia a tavola non si parla d’altro, anche stando zitti,

sono tutto cene con delitto, nelle case di cene, e non sono divertenti.

 

vedi bergamo e poi muori

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BGmuori

circa due settimane fa mi è arrivata per Postini questa photo:  in copertina “vivi la città”, in retrocopertina “onoranze funebri”,

se sia una scelta volontaria, non si sa, certo è genio allo stato puro,  e ho subito risposto a Postini il sottotitolo adeguato: vedi bergamo e poi muori, e Postini l’ha pubblicato da qualche parte.

(Postini è un vecchio editore del cetaceo-cartaceo, esperto cacciatore di immagini e titoli)

Ieri alla PWS una laureata in lingue mi confessa di non averla capita.

Le dico: fa il verso a “vedi napoli e poi muori”.

Mi dice: non ho mai capito neanche questa.

Le spiego: dopo napoli, c’è un paese che si chiama “muori”, da cui il gioco di parole.

Ho capito, mi dice.

Mezz’ora dopo la rivedo mezza ubriaca. Ridendo, mi dice: vedi bergamo e poi mozzo.

sanguis bonus verum dixit

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ManzùResistenza

questo post è scritto con sangue e rabbia,

col sangue di chi muore, e la rabbia verso chi tira fuori di galera soggetti pluricondannati per violenza sessuale, gente che ingrassa pulito sul sangue di martiri innocenti,

gente che noi mandiamo tranquillamente ad amministrare la nostra città, e la nostra regione.

Il fatto di cronaca: prostituta rumena massacrata stanotte a Cene,

il reo confesso era stato già condannato per un episodio identico (ma allora la ragazza pur con le ossa rotte era riuscita a fuggire) nonostante la strenua difesa a suo tempo montata dell’avvocato ex sindaco Bruni (che aveva sostenuto fosse stata la ragazza a fuggire dopo aver rubato il portafoglio al cliente, il quale l’avrebbe inseguita per riprenderselo, da cui la collutazione e le ossa rotte)

la sua connazionale di ieri è stata meno fortunata, ed è morta, uccisa da questo violento recidivo (che però poteva permettersi un principe del foro)

ora immaginiamo che Bruni debba farsi in quattro (essendo già impegnato in questi giorni nella difesa del catechista accusato di violenza sessuale da due fratellini all’epoca minorenni)

oppure potrebbe passare il cliente al collega avvocato-assessore Pezzotta, anch’egli abbastanza esperto nella difesa di stupratori di minorenni e picchiatori di prostitute (in 1 minuto di ricerca on line ho trovato 3 casi)

d’altra parte anche questi poveri avvocati-politici devono guadagnarsi il pane (e anche un bel companatico, stando alle dichiarazioni dei redditi, 10-20 volte quelle di noi cittadini comuni che li votiamo)

e quindi difendere ogni genere di stupratori, anche gli stupratori di monumenti pubblici, come la Rocca (sventrata dall’impresa Locatelli, per conto del comune, quand’era sindaco Bruni, che d’altra parte è l’avvocato dell’impresario Locatelli!)

così poi da avere quell’indipendenza economica che permette loro di fare scelte politiche nell’interesse della cittadinanza,

e penso per esempio alla pagliacciata delle aste per svendere i riuniti, o alla più grande area demaniale di città alta, le ex carceri, che, sempre per iniziativa di Pezzotta, sarà destinata a costruttori privati che ne faranno un hotel lusso, cioè un’area esclusiva, da cui sarà esclusa la cittadinanza, come dagli ex espedali,

> però  a questi avvocati-politici vorrei ricordare i valori civili difesi dai loro progenitori (da cui hanno ereditato nome studio prestigio):

l’avvocato assessore Andrea Pezzotta è nipote dell’ex sindaco Giacomo Pezzotta, che fu il promotore  del monumento di Manzù dedicato alla Resistenza, che i bigotti de l’Eco volevano togliere in quanto troppo cruento;

l’avvocato ex sindaco Roberto Bruni, è figlio dell’avvocato Eugenio Bruni, che ricordo strenuo difensore in un rovente consiglio comunale del 1974 del valore etico del monumento di Manzù, con queste parole:

Il monumento raffigura un uomo che ha dato la vita per la libertà e ciascuno può vedere in esso ogni uomo che sacrifica la vita per la battaglia della libertà e della giustizia

oggi la progenie di quei grandi amministratori come abbiamo visto si dedica a battaglie lontane anni luce dalla difesa di valori come libertà e giustizia,

ne consegue che questa città, più che capitale della cultura, al momento è definibile come la capitale mondiale degli avvocati-politici figli di papà,

(specializzati nella difesa di stupratori di monumenti pubblici, donne di strada e minorenni)

e d’altra parte ne consegue che “Buon sangue non mente” oggi ha più verità riferito a una prostituta rumena, che a un avvocato di buona famiglia bergamo bene.

imago: monumento alla Resistenza, Bergamo, ph by S.Sproti

 

Italy Euro Lands 5

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ITALY5

Inedito, il concept Calepio Press-Food for Eyes sul passato/ futuro d’Italia, realizzato prima delle recenti posizioni di Grillo, e in prospettiva futura di rinascita sostenibile del made in italy, sintetizzato dal motto “condivide et impera”:

5 lands storici in sinergItaly: ospitalità e qualità della vita sono i cardini comuni dell’Italia 5 stelle, con specializzazioni e legislazioni ad hoc

1)   ALPITALY è l’Italia alpina, economia montana, legno, allevamento, caseario  + turismo/escursionismo/sport invernali, qualità di vita.

2)   MADITALY è l’Italia della creatività artigiana, ricerca e sviluppo, design, moda, comunicazione, laboratori, qualità del lavoro.

3)   FOODITALY è ltalia agro-food, colture bio + pasta italiana + insaccati, qualità alimentare.

4)   ARTITALY è l’Italia d’arte, archeo-medievale-rinascimentale-barocca, borghi storici + città d’arte Firenze-Roma-Napoli, qualità culturale.

5)   BEACHITALY è l’Italia sole e mare, turismo e ospitalità special terza età, la Florida d’Europa, qualità relax-enjoy.

Enclaves: sono isole extraterritoriali, città stato e territori autonomi confederati al distretto di riferimento.

(imago: l’Italia 5 stelle, Calepio Press + Food for Eyes, novembre 2013)