titolo di coda di cavallo

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StalloneBerbero2

ai giardinetti fuori dal bar ho conosciuto un marocchino piuttosto ben piantato, una specie di quercia, faceva una certa impressione, con quel minuscolo chihuahua al guinzaglio,

è della signora, mi dice, e mi racconta la sua storia,

in Marocco lavoravo con i cavalli, gli stalloni berberi, la razza all’origine dei purosangue da corsa, quelli dei famosi quadri di Gericault, che già i romani usavano per le corse al circo Massimo,

poi non so nemmeno perchè sono venuto in Italia, venivano tutti, parlo di 15 anni fa,

e per me è stata una rovina: giù non bevevo, non fumavo, non facevo…

qui sono entrato in un giro strano, conosciuto questa signora divorziata, le piaceva fare tutto, mi pagava tutto, anche la macchina,

poi mi presenta una coppia di suoi amici, tanti soldi, piscina, sauna, champagne, al marito piaceva guardare,

poi volevano fare dei film, ma quello io no, non l’ho mai voluto fare,

cercato altro lavoro, cioè un vero lavoro, e trovato un’altra signora che fa il recupero crediti,

tu non devi fare niente, mi dice, solo accompagnarmi, mi raccomando non aprire bocca, appena parli con quella voce, quel tono musicale, si capisce che sei un cuore tenero, e non fai più paura a nessuno,

va bene, sempre un lavoro da animale, comunque,

in più la signora vuole anche altre prestazioni, gratis,

in più devo dare da mangiare al gatto e portare giù il cane,

allora tanto vale che torno a fare lo stallone, fin quando ho il fisico,

adesso non mi farei più problemi, se vogliono fare il filmino, facciamo anche il filmino,

però voglio mettere una maschera, e non usare  il mio nome vero…

giusto, ti serve il nome d’arte, gli dico ispirato: da oggi in poi tu sei Marocco Siffredi, lo stallone berbero.

(photo: Al Kawakib,
maschio Imperial Pharaji 2005, Arabian Training Point, Roma)

una bestia chiamata memoria

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cani-canile-lager-2

Essendo nero e segregato, e di memoria corta, nel giorno della memoria io penso ai funerali di Mandela, succedeva meno di due mesi fa,

ogni tv ogni giornale omaggiava il grande leader sudafricano, l’uomo che ha cambiato la storia del suo paese, e non solo,

percorrendo e costruendo la via della riconciliazione di tutta una nazione, con gesti semplici e leggendari, ha messo veramente il bene comune prima dell’interesse di parte

così scriveva in quei giorni Daniele Lussana nel suo blog, (http://danielelussanablog.wordpress.com/2013/12/10/igrandi-uomini-vanno-imitati-e-non-solo-celebrati/)

e si stupiva di come invece i nostri leader fossero capaci, nello stesso tg, di spendere parole nobili su Mandela, per poi subito dopo cambiare completamente linguaggio, e usare parole come massima fermezza o tolleranza zero o nessuno sconto in relazione alle tensioni sociali inerenti la crisi politica-economica italiana,

Perchè – si chiedeva il blogger – siamo così bravi nel capire cosa c’è di buono e di straordinario in uomini come Mandela e nello stesso tempo siamo così pigri, e incapaci di imitarli?

La mia risposta alla  tua domanda, caro Daniele, nel giorno della memoria, è questa: lodiamo e incensiamo i buoni esempi, i martiri e gli eroi, proprio perchè non abbiamo alcuna intenzione di fare come loro:

li mettiamo sul piedistallo, di modo che possiamo starcene sotto.

Allo stesso modo, si celebrano le giornate della memoria,

ma in realtà queste ricorrenze più che a conservare la memoria del passato, servono a lavare la coscienza del presente, e in modo molto efficiente:

collocano nel passato la tragedia, e ribadiscono nell’immaginario collettivo questa confortevole visione, che tutto sommato non ci riguarda:

gli ebrei vittime, i nazisti carnefici, 70 anni fa,

oggi queste cose non succedono, noi non c’entriamo,

noi siamo buoni, organizziamo serate con letture teatrali di lettere dei prigionieri di Auschwitz, una bella locandina con Anna Frank, poi qualche canzone vagamente in tema di De Andrè e Bob Dylan…

così siamo tutti sentimentalmente ebrei il giorno della memoria…

e il resto dell’anno dimentichiamo istantaneamente le tragedie in corso,

o non le vogliamo nemmeno sapere, proprio facevano gli onesti cittadini del terzo reich.Displaced+People+Dadaab+Refugee+Camp+Severe+6ngipqkcMLLl

Imago: campo profughi Dadaab, Kenya, 400.000 persone, 2011.

nedròt selvadeg dìga negot

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nedrot2

una volta in questa valle c’erano i pastori, e i tessitori,

poi sono arrivate le fabbriche, la ferrovia, le cave, il cemento,

poi sono arrivati gli sport invernali e le seconde case,

poi hanno abbandonato la ferrovia, le cave, le fabbriche,

è arrivata la plastica, le lavorazioni plastiche, le fibre artificiali,

e ad ogni piena del Serio ormai mi ritrovo a soffocare nei sacchetti di plastica,

poi è arrivata la crisi industriale, allora hanno cominciato a parlare di turismo,

hanno creato un nuovo ente per la promozione turistica, Promoserio,  hanno messo dei cartelli penosi con scritto “cinque terre della valgandino”, che fantasia,

ma l’ufficio del turismo Promoserio fa orari d’ufficio statale e la domenica è chiuso, tu pensa, come se un bar chiudesse in pausa pranzo,

hanno costruito la nuova strada, e il nuovo tram delle valli,

ma ormai la valle è un posto desolato di seconde case vuote e fabbriche chiuse,

il buon Percassi, dopo aver cementificato tutta la valle, azzerando l’identità di interi paesi a forza di villette e finiture di pregio (fatevi un giro a Onore) adesso vola con Alitalia, e le azioni salgono;

il tram delle valli arriva solo ad Albino, l’unica stazione al mondo che non ha nemmeno una tettoia,  e l’ultima corsa è alle nove di sera;

le fornaci, le dighe, i cementifici del secolo scorso potrebbero essere un fantastico parco di archeologia industriale (vedi il progetto su http://blog.bamboostudio.it/?p=2178) ma sono in abbandono;

giù in città ci si riempie la bocca di capitale della cultura, expo2015, food made in Italy e green economy,

ma se hai la fortuna di conoscere un contadino che ti vende una vera formaggella, devi stare attento come un delinquente a non imbatterti nella finanza, o nell’asl, perchè formaggelle e salami del contadino non sono a norma UE,

intanto la valle si è riempita di centri commerciali dove trovi formaggi olandesi e tedeschi a 3×2,

e se l’ultimo pastore della valle non sa più dove portare le pecore a pascolare e si suicida, sui giornali non trovi nemmeno la notizia…

E te diga negot, nedròt selvadeg, prima o poi arriveremo a capirlo:

come possiamo pensare di fare del turismo se, oltre ad essere per natura chiusi e inospitali, non siamo in grado di salvaguardare la nostra identità, i nostri beni storico-paesaggistici, la nostra terra, la nostra gente, e nemmeno di capirne il valore?

(imago: nedròt selvadeg, ovvero germano reale, alias anas platyrhynchos, specie murales-fluviales, località Ponte del Costone – Ponte Nossa, Valle Seriana, ph.  by J.Gandossi)

 

barzelletta da Canetti bastardi

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valie

volendo fare i bastardi citando Canetti, divertitevi a raccontare questa barzelletta da centro tavola, quando i vostri amici “gravemente sposati” vi invitano a cena:

una moglie si rivolge al grande psichiatra e psicanalista Carl Gustav Jung

dottore, mi aiuti, mio marito è impazzito, è convinto di essere una gallina

non si preoccupi signora, risponde Jung, glielo guarirò in due mesi di ricovero

ah! – esclama la donna – e intanto a casa come facciamo per le uova?

(barzelletta viennese d’epoca psicanalitica, dai diari di Elias Canetti.

Imago: Vienna 1968, la performer femminista Valie Export tiene al guinzaglio Peter Weibel, oggi guru dei new media) 

magister, margot e margì

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leo maddi2

Il grande maestro Leone Bulgakov con i suoi poteri magici

mentre cerca di liberare la gattina Margì e la fanciullina Margot

dall’incantesimo satellitare di Disney Channel.

All’ennesimo tentativo, mentre già le malelingue iniziavano a diffondere notizie false e tendenziose sull’inefficacia dei suoi poteri,

la fanciullina l’ha guardato e gli ha  chiesto:: vuoi che cambiamo canale?

animali da romanzo

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PWSimg

Shakespeare in Elav: esperienza fantastica, da raccontare.

L’occasione è stata la YULE FEST, assembramento di fine anno delle tribù dei pub/birrerie indipendenti

+ ii compagni d’avventura Matteo e Nicola (miei vicini di redazione di CTRL magazine)

+ il mitico cowboy Antonio del birrificio Elav, che alla pubblicazione del pianoB (idee vere per fare cultura, ricreare l’humus) aveva dato la sua disponibilità a ospitare iniziative di tal segno.

Idea nata da anni di esperienza, ma concretizzatasi in poche ore, con poche linee guida:

> Pub Writing Session significa ascoltare, trascrivere, mixare e pubblicare storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

> il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale,

in quanto scrittore di servizio non è un creativo, non è uno stilista, ma un artigiano anonimo, come i maestri pittori e scultori del medioevo,

l’opera che ne risulta non è d’autore, singolare, unica, ma plurale, comune, congiunta,

e dunque niente nome dello scrittore, né del “raccontatore”, ma tutta l’attenzione sulle storie, e non storie a piacere, di fantasia, letterarie, ma storie concrete, vere, capitate in questo 2013,

nello spirito della festa (YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano) il tema scelto per la Pub Writing Session  “Shakesperare in Elav” è stato la fine/l’inizio: nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio;

perciò abbiamo fornito un “cartellone” delle storie da raccontare, 4 generi per 16 titoli proposti come una lista di birre tra cui scegliere:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

L’unica “regola” è stata questa: storie brevi, 1000-3000 battute, cioè stampabili su un flyer e di produzione immediata (pronte in mezz’ora, tra racconto, trascrizione, edizione e distribuzione)

La Pub Writing Session ha preso vita con la collaborazione di tutta la redazione CTRL, una decina di writer coinvolti, così organizzati:

Resident Pub Writer: nella postazione-confessionale, costruita con 4 palllets, due seggiole e una panca/scrittoio, lo scrittore riceve “tet e tet” chi vuole raccontare una storia (min15-max30 minuti)

Insider Pub-Writer:  disseminati tra i tavoli, riconoscibili da un distintivo, distribuiscono le storie fresche di stampa, aiutano le persone a scrivere la propria storia, ascoltano e trascrivono sussurri e grida, mezze frasi,  storie di gruppo, conversazioni

Pub Writing Box: l’urna dove mettere la frase o la storia scritta direttamente da te

Pub Writing Editor: l’uomo alla stampante, che rapidamente riceve, rilegge, edita e stampa le storie.

Ne è uscita un’esperienza estrema, controtendenza, dal successo imprevisto.

In un contesto per nulla letterario, senza altri mezzi che qualche portatile e una stampante, abbiamo raccolto e pubblicato in 4 serate circa 150 storie “vere”,

come volevasi dimostrare, dove c’è buona birra, si trovano esemplari fantastici di maschi e femmine che in stato di grazia (non proprio sobri, ma nemmeno in ebbrezza molesta, diciamo alla seconda media) si rivelano animali da romanzo di prima scelta,

perché ti raccontano la storia così come l’hanno vissuta, il film, non le sensazioni e i ragionamenti che ti imbastiscono le o gli pseudo intellettuali da caffè letterario,

e tu rapido come una dattilografa scrivi tutto, ed è già tutto perfetto.

Alla Yule Fest vedevi in postazione il resident writer scrivere in diretta la storia di chi si sedeva davanti a lui,

la stessa cosa facevano disseminati in giro 5, 10 insider writer con portatile o notebook, mentre l’editor alla stampante sfornava le pagine di questo romanzo corale in progress,

e ovunque tra i tavoli persone intente a leggere, ed altre a scrivere a mano la propria storia sul retro, e a imbucarla nel box.

La pub writing session come spettacolo della scrittura, attrazione live, partecipata, è di fatto antica, ancestrale, cavernicola, rupestre;

evoca uno spazio protetto dove gli individui stanno raccolti attorno al fuoco, in prossimità fisica e intimità spirituale, a distanza d’alito;

nella caverna-pub la parola-voce diventa gesto-segno, incisione sulla roccia.

A mente fredda, si notano i caratteri dell’iniziativa:

> prima controtendenza: nell’epoca della creatività diffusa e del divismo di massa, tra scuole di scrittura e concorsi letterari, il pub writing è un’esperienza di scrittura non creativa, non d’autore, ma di servizio, d’ascolto e trascrizione, anonima.

> seconda controtendenza: nell’epoca del digitale e del web, il pub writing è la scrittura/lettura su carta, a voce, a mano, a distanza d’alito.

Dunque la scrittura come pratica sociale, fisica, manuale-orale, conviviale, a viva voce, frizzante, leggera, funziona,

e funziona lo scrittore come raccoglitore di brandelli di vita, e in seguito compositore di affreschi corali, texture che diventano il codice letterario di un luogo nel tempo,

e il pub il luogo deputato a pubblicare, come dice la parola.

Esperienza da replicare o testare in pub piccoli, in serate feriali, in modo stabile, continuativo, una sera la settimana, nel quadro di attività che rendono vivo l’humus culturale di una città.

La cosa che mi ha davvero stupito, oltre all’adesione del pubblico, è stata la disponibilità dei writer, liberati dalla responsabilità dell’autorialità, trasformati in un unico autore collettivo, capace di scrivere un romanzo-brogliaccio di 500 pagine in quattro notti.

Il vero lavoro editoriale adesso sarà quello di produrre una selezione delle meglio storie, per la pubblicazione rilegata, agile, in librino di 60-70 pagine,

e convincere il pub a pubblicare questo “polittico” come strumento di comunicazione, quasi a restituire ai propri clienti il distillato della grande bevuta di birra: lo “spirit”.

creò gli animali e vide che era cosa buona

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teologiaAnimal1

“Permettetemi di dire con franchezza una cosa: siamo circondati da un’impresa di degradazione, crudeltà e sterminio in grado di rivaleggiare con ciò di cui è stato capace il nazismo”

“Il nazismo ha prefigurato il destino degli animali nell’epoca della tecnica. Abbiamo scoperto dopo Auschwitz cosa significa essere trattati come animali.”

“Gli allevamenti intensivi “a norma di legge” rappresentano una tale massa di dolore e deprivazione che è veramente ipocrita pensare che siano un beneficio per gli animali.”

“Il caso “mucca pazza” non ci ha aperto gli occhi sulla responsabilità nei confronti degli animali: ha semplicemente ed egoisticamente puntato l’attenzione sulla “nostra” sicurezza alimentare.”

“Quando Dio crea gli animali,  la Bibbia dice e vide che era cosa buona,

quando crea l’uomo, Dio non dice nulla, non dice che era cosa buona”.

“L’animale che io guardo e che mi guarda, l’animale con cui parlo e che a modo suo mi parla, è nella maniera più completa il mio prossimo”

(da RadioRaiTre, Uomini e Profeti, conversazioni con Paolo De Benedetti, raccolte in volume da editricre Morcelliana, Teologia degli animali; imago by Chagall 1930)

pensa che ignoranza

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Che cos’altro può essere la mia ignoranza, se non una visione?

Venerdì 13 dicembre, la notte di Santa Lucia sarà appena passata, ma regaliamocene ancora un po’.

Dalle 20.00 alle 2.00, CTRL magazine, insieme a Calepio Press e anna.bonaccorsi1  partecipa alla seconda Notte Bianca su Twitter dedicata alla cultura, proposta e coordinata da #InvasioniDigitali e Insopportabile

Segui e utilizza gli hashtag #NBTW e #pensacheignoranza:

vogliamo provare a raccontare qualcosa di Bergamo da un’angolazione particolare. Se vuoi condividere anche il tuo punto di vista, twitta parole e immagini Bg-site: opere, luoghi storici/d’arte anche ignorati, fatti, storie che nessuno conosce, facce, cose svanite, che ti emozionano.

#pensacheignoranza è l’altra faccia della cultura

Qui il programma dettagliato della #NBTW: http://www.invasionidigitali.it/blog.php?idn=22

Qui le informazioni su Invasioni Digitali: http://www.invasionidigitali.it/index.php

 

 

l’asinello di S.Lucia su Bg2019

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Mi sembrano in tutto e per tutto miei simili, i responsabili di Bg2019 (sindaco in testa) che oggi piangono protestano spulciano e accusano alcuni membri della commissione di avere avuto rapporti con i team di progetto avversari,

ma come? Fino a ieri lasciavano intendere di aver le carte giuste, le lobby giuste, i contatti giusti, ed ora, essendosi fatti fregare al loro stesso gioco, dicono che era un gioco sporco, e ragliano?

Dai, Bergamo, basta gettare fumo con la cultura, parliamo di soldi, ci sono ancora in giro 400.000 euro di budget, mi pare!

A sostegno della candidatura della Olivares a farmi da partner la notte di S.Lucia per distribuire agli artisti poveri qualche monetina,

ho trovato questa interessante dichiarazione dell’interessata:

Sono protestante e la mia religione mi ha insegnato un principio che non rinnegherò mai: dedicare una parte consistente della mia esistenza per opere di utilità sociale”. Federica Olivares

(intervista al Corriere della Sera del 6-3-1995 sulla “Fondation Europeenne des Femmes”, sodalizio creato in Lussemburgo da un gruppo di donne europee “con responsabilità ai più alti livelli istituzionali, politici ed economici”)

Brava Chicca, tieni fede alle tue parole, se devolvi anche solo il 10% del tuo mega-cachet puoi aiutare 100 artisti bergamaschi poveri di riconosciuto valore,

tra 10 o 100 anni, saranno i loro libri e i loro quadri a fare di Bergamo una città di cultura, non il tuo team o i tuo totem,

dai Chicca, porta giù qualcosa anche dal Lussemburgo,

ti aspetto alla rotonda di S.Lucia la sera del 12!

Bg2019 cane sciolto

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upperDog

ricevuta una mail assurda, dove si parlava di vedersi in banca per una pioggia di 1,5 miliardi di euro facilmente accessibili che il comitato Bg2019 avrebbe “lasciato in dote alla città prima di chiudere o riposizionare i vari progetti del dossier”

il cane sciolto Leone Belotti sabato mattina, verso mezzogiorno, con la bava alla bocca, giunto a metà di via Bortolo Belotti, schizzava prima in piazza Dante e poi s’infilava nella direzione generale della Ubi e raggiungeva la sala Funi dove era riunito il comitato Bg2019;

dopo aver annusato l’aria e ascoltato i discorsi, il cane sciolto si faceva un’idea precisa della situazione:

in pratica, il comitato Bg2019 dopo aver speso palate di europubblici in consulenze e totem, con questo incontro, stava in realtà facendo un’operazione di maquillage della mission,

ripresentandosi come interfaccia bg per accedere alla pioggia di euromiliardi (sì, miliardi, non milioni) che la comunità europea ha destinato alla cultura con il programma “Europa Creativa”,

a questo punto, mentre tutti si complimentavano tra loro, il cane sciolto Leone Belotti afferrava il microfono e chiedeva: “a che titolo questo comitato che ha appena fallito la sua mission si auto-incarica di gestire i fondi europei per la cultura?”

a questa domanda la sala esplodeva in fischi e schiamazzi,

diversi vip si alzavano e abbandonavano il loro posto per andare a congratularsi con il cane sciolto Leone Belotti,

bravo, bravissimo! hai detto l’unica cosa sensata di tutta la mattinata!

profondamente commosso, il cane sciolto Leone Belotti se ne tornava alla sua cuccia e cominciava a guaire tutta la sua disperazione,

nel vedere tutte quelle gran dame parlare spudoratamente di miliardi alla cultura creativa, non avendo mai visto 1€ di finanziamenti ma sempre e solo cartelle esattoriali, aveva improvvisamente capito il ruolo dell’artista per le istituzioni:

lo stesso del bambino africano per i funzionari dell’Unicef, crepare di fame, e continuare a farlo, per mantenere l’Unicef.