quel cane morto per salvare un finestrino

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un cane il cui habitat naturale ha temperature di -20 gradi, un Labrador,

dimenticato chiuso in un’auto nera a + 40 gradi, sotto il sole, senz’aria e senz’acqua.

Il cane abbaia, attira l’attenzione, attorno all’auto arroventata le persone lo guardano, si forma un capannello, poi qualcuno dice: bisogna rintracciare il padrone!

Giusto! Allora chiedono al bar, chiedono nei negozi, il padrone non si trova, tutti vedono che il cane è disperato, e allora qualcuno dice: chiamiamo la protezione animali!

Giusto! Arriva la protezione animali, il cane ormai sta annaspando in cerca d’aria, così cominciano a buttare acqua sulla macchina, poi qualcuno dice: qui adesso bisogna chiamare i vigili!

Giusto! Arrivano i vigili, i vigili studiano la situazione, il cane ormai è  agli ultimi guaiti, non si sa cosa fare, intanto il cane sta crepando, e così qualcuno pensa: è uno scandalo, bisogna chiamare i giornali!

Giusto! Arrivano i giornalisti, prendono nota, fanno interviste, e poco alla volta prende piede l’opzione tecnico-sanitaria: chiamare un veterinario!

Giusto! Arriva il veterinario, che conferma quello che tutti vedono, il cane è in fin di vita: ed ecco che si comincia a vagliare una soluzione estrema: rompere un finestrino!

Giusto! Ma chi lo deve fare? Si tratta di danneggiare un bene di proprietà privata! Ci sarà pure qualcuno che se ne potrà incaricare a norma di legge! Ed ecco nascere una nuova voce: bisogna chiamare i pompieri!

Giusto! Così arrivano i pompieri, e con l’avallo del veterinario, coadiuvati dai vigili, supportati dal pubblico, e sotto gli occhi della stampa rompono il finestrino.

Il veterinario dichiara: il cane è ancora vivo.

La giornalista del Corriere manda in stampa il titolo “Labrador salvato dai pompieri” con tanto di lieto fine fantastico: “il cane è provato, ma è forte, e si riprenderà”.

Su L’Eco di Bergamo l’amara verità: “Il labrador non ce l’ha fatta”.

Dopo ore di agonia, è morto. Onesti cittadini, insieme a onesti vigili urbani, insieme a onesti vigili del fuoco, insieme a onesti veterinari e onesti animalisti e bravi giornalisti, messi insieme, non sono riusciti a salvare un cane, per paura di rompere un finestrino, è questo che è successo, è questo che fa rabbia.

Questa storia poteva finire in un altro modo, e io lo so bene:

sempre a Bergamo Bene, più di dieci anni fa,  il mio amico P. sentiva  un labrador abbaiare disperato chiuso in una station wagon sotto il solleone:

dopo meno di venti minuti il mio amico P. con un pugno sfondava il finestrino e salvava il cane,

dopo più di due ore di attesa, quando finalmente arrivava il padrone del cane, dal momento che invece di ringraziarlo per avergli salvato il cane, averlo dissetato e sfamato, pretendeva i danni per il vetro rotto, il mio amico P. –  che non è uno che chiami i vigili –   sferrava un secondo pugno, al padrone della macchina (e del cane)

cosa che in seguito gli sarebbe costata una denuncia e una causa,

alla fine il mio amico P. decideva di indebitarsi per risarcire “il cretino”, pretendendo di avere in cambio il cane,  cosa che “il cretino” accettò subito, amando evidentemente più i soldi del cane,

in tutto questo, la cosa bella, è che in seguito il mio amico P. e il cane per più di dieci anni sono rimasti sempre insieme,

poi il cane, diventato vecchio, non era più in grado di alzarsi sulle zampe, era ammalato, non c’era più niente da fare: così un giorno, come tutti gli ripetevano di fare,  il mio amico P. “l’ha portato a farlo sopprimere” dal veterinario, come d’obbligo di legge, ma io so che non è mai andato da nessun veterinario:

tenendolo in braccio, l’ha portato invece in certi boschi, dove insieme cane e padrone avevano trascorso innumerevoli giornate, e credo che l’abbia “soppresso” con quel coraggio che la vera pietà esige, per poi seppellirlo sotto un grande albero,

tutte procedure assolutamente illegali,

capisci il retroscena della storia: il mio amico P. – sia quando c’è stato da salvargli la vita che quando si è trattato di dargli la morte – non ha esitato ad agire in base a criteri morali e virili superiori (ma diciamo anche più semplicemente: con amore e umanità)

e per questo ha avuto una serie di guai giudiziari e finanziari;

invece, quelle cinquanta brave persone, metà delle quali in divisa, che dovendo scegliere tra sacrificare un finestrino o un cane, sono riuscite nell’impresa di sacrificare entrambi, oggi non hanno niente da rimproverarsi: come recita un comunicato riportato dalla stampa: “non c’è stata alcuna anomalia nelle procedure adottate”,

capisci, siamo a questi livelli, la iper-legalità è diventata la più orribile forma di barbarie, come scrive un lettore de L’Eco: “la gente ormai ha paura anche a fare del bene”,

e per lo più si limita a “pensare bene”, capisci la perversa im-moralità del “benpensante”, che non si sporca mai le mani, e delega sempre tutto “a chi di dovere”:

il cane morto non è solo un cane morto, è un lampo di verità che mette a nudo la falsa coscienza di cittadini e autorità benpensanti, e anche dei media a lieto fine,

e infine il “cane morto” è anche un modo di dire che forse i benpensanti non conoscono,

essere un “cane morto” significa non poter più accedere ai privilegi del benessere e della legalità, non avere più la casa, o il lavoro, o la famiglia, e non avere futuro, ma soltanto debiti, condanne, ingiunzioni, e diventare inutili, impotenti e invisibili come “un cane morto”, da sopprimere,

ultimamente anche il mio amico P, che faceva il corriere, il padroncino, era diventato “un cane morto”, che “non ci stava più dentro con Equitalia e tutto il resto”,

dopo che gli era morto il cane non sembrava più lui, non parlava più, non s’incazzava più,

sei mesi dopo l’hanno trovato chiuso nel cassone del suo furgone, il decesso da ascrivere come “infarto” in seguito all’assunzione di un “cocktail di farmaci”.

Nell’Italia Bene, non solo un Labrador, ma anche molti uomini di razza possono crepare come un cane, per mancanza d’ossigeno, in tutta legalità.

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