BaDante Kawasaki

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Kawasaki500

Negli anni Sessanta questa era una città importante per gli appassionati di moto.

Il fuoristrada è nato in quegli anni, nelle nostre valli, la Sei Giorni, la Cavalcata, su per mulattiere e ghiaioni, erano gare massacranti, si sudava come bestie.

Io correvo con la Gilera 175, ma si teneva duro, perché l’ultimo giorno c’era l’ora di velocità, a Monza, in pista, con le gomme tassellate, ma non come quelle ecologiche di oggi, proprio i tasselli da trattore, era tutta una derapata, facevamo già supermotard, anche se lo chiamavamo in un altro modo.

Poi sono arrivate le prime giapponesi, le prime quattro cilindri, le Honda Four, e le due tempi, le Suzuki, le Kawasaki.

Ricordo come fosse ieri, sarà stato il ’68 o il ’69, c’era la contestazione, il femminismo, non si capiva più niente, ma era primavera e io aspettavo una telefonata da Genova, dal porto, stavo tutto il giorno al bar Orobico, in viale Roma, ad aspettare questa telefonata.

Finché una sera che era già tardi, mezzanotte passata, il barista mi chiama, ti cercano al  telefono, non ci credo, è arrivata, parto subito con un amico, nell’autostrada deserta la Giulia canta che è un piacere.

Siamo a Genova prima delle tre, arriviamo a un certo molo, lei è lì, ancora imballata, la tiriamo fuori dalla cassa, montiamo il manubrio, due regolazioni, un po’ di benzina travasata dalla Giulia, e via, la prima Kasasaki 500 arrivata in Italia era già in strada, ed era la mia…

Poi bisognava fare 600 chilometri di rodaggio, bisognava educarla, addomesticarla, formargli il carattere, renderla competitiva…

Eravamo un bel gruppo, tutti con la passione, una passione totale, passavamo le giornate ad allenarci per la Sei Giorni con le moto da regolarità, anche d’inverno, mettevamo le ruote chiodate, una roba da brividi…

Poi la sera, tanto per fare qualcosa di diverso, con le moto da strada, si stava al bar fino all’ora di chiusura, poi, quando non c’era più in giro nessuno, in piena notte, su e giù dieci volte Bergamo-San Pellegrino senza soste, erano queste le gare che facevamo.

Chi perdeva, pagava il cognac, ma quello buono.

Ricordo quella sera del ’69, eravamo al solito bar in viale Roma, avevamo appena visto in televisione l’astronauta Armstrong mettere piede sulla Luna, avevamo le moto lì fuori già calde, e uno ha detto: vediamo chi arriva alla Marianna su una ruota.

Il punto critico era Porta Sant’Agostino, allora uno si è piazzato a bloccare il traffico, mentre noi si passava, lì ricordo che qualcuno è caduto, io con il Kawa mai, stava su che era un piacere, la guidavi in aria col manubrio come una vela, i piedi sulle pedane dietro, quelle del apsseggero, aveva un equilibrio fenomenale su una ruota, su due no, era un po’ ballerina, ma su una ruota diventava stabile…

La domenica si partiva in gruppo, appuntamento al bar, si prendeva l’autostrada, al bivio della Serravalle ci aspettava la banda Galtrucco, i nostri rivali milanesi, appena ci vedevano, o ci sentivano arrivare, gas, e si gareggiava come matti, come incoscienti, sdraiati su quei missili senza freni passavamo sotto le portiere delle Seicento, vedevi al volante impiegati allibiti coi bambini incollati al finestrino a guardarti, si fermavano a chiamare la polizia, ma la polizia cosa poteva fare, mica riusciva a restarci dietro…

Ricordo una domenica, ci si era detti “oggi non andiamo troppo lontano”, va bene, andiamo a mangiare a Sarnico, si parte a manetta…

un quarto d’ora e siamo arrivati, è presto per andare a mangiare, dai che arriviamo giù a Canneto, che andiamo a mangiare le rane…

poi dopo mangiato un caffè, non sono neanche le due, dai che andiamo a bere un Fernet alla Futa, altro pieno, altra gara…

e arrivati alla Futa vediamo che è la giornata è proprio bella e ancora giovane, e allora uno dice: io vado a bere l’aperitivo al belvedere Michelangelo, e qualcuno chiedeva dove fosse, a Firenze, bestia, ed eri già in sella, perché chi arrivava prima cominiciava a bere,  e gli ultimi pagavano…

Alla fine della stagione avevi fatto venti o trentamila chilometri, bisognava cambiare moto.

Oggi vedo moto con duecento cavalli, gli fanno fare si è no duemila chilometri in tutta la stagione, la usano per andare da un bar all’altro,  questo lo facevamo anche noi, solo che magari i bar dove andavamo noi erano a Viareggio, a Venezia, a Sanremo o a Cervinia…

(testimonianza raccolta nel 2006 al bar Le Iris-Bergamo dal BaDante Leone Belotti)