Dalle parti del mio babbo (i papà in Romagna non esistono) si dice: “bada!”.
Non è necessariamente un avvertimento severo, piuttosto un “fai attenzione!”, detto per il tuo bene.
Mio padre, ad esempio (e così mio nonno), diceva “bada!” o “scappa!” quando gli ero tra i piedi, mentre lui trafficava con qualcosa che potesse contenere una punta di pericolo per il prossimo, soprattutto se bambino o figlio.
Due verbi scorticati di ogni suono affettivo, privati della buccia di qualsiasi contatto; urgenti, maschili,
e pronunciati per spuntare guai, per prevenire e proteggere, che credo sia buona parte del compito di un genitore, soprattutto se gli capita la ventura di chiamarsi padre.
Ora lui, e mi ba, non lo sento più dire “bada!”, perché non maneggia più con le cose per aggiustarle o per farne altre.
Vero è che è fermamente convinto tanto di aggiustarne quanto di farne e, di conseguenza, potrebbe ancora invitare qualcuno ad allontanarsi lasciando a lui il totale governo di una faccenda spiccia, cosa che gli è sempre riuscita egregiamente,
al contrario di altre, quelle, ad esempio, che si trascinano in bave di emozioni o restano addentate ai rebbi del conflitto.
Lì infatti si sperdeva e, per scappare, si irritava o taceva, invece di dire “bada!”.
Ora lui, e mi ba, è badato.
Ma non lo sa. O, se lo sa, non gli piace pensarci e, dunque, dice “scappa!” a quel pensiero.
In questo senso, mio padre è smemorato.
Ma vorrei sapere chi è dotato della memoria sufficiente per rintracciare, nei ricordi come nel contingente, ciò che ci dispiace riconoscere
e che causa non trova da nessuna parte, se non in come ci troviamo a essere.
(testo by Anna Bonaccorsi)