facebook esiste dal 1929

play this post

fbfriends

noi usiamo facebook e ne vediamo ogni pregio ma dobbiamo anche dire che in realtà facebook è un’idea nata in Italia, 85 anni fa, con il nome di ovra,  per

monitorare opinioni, viaggi e attività sociali dei singoli, cosa pensano, cosa fanno, dove vanno, quando, con chi; e attraverso fotografie, registrazioni e resoconti scritti creare, aggiornare e archiviare i profili dei soggetti.

L’ovra (Organizzazione Vigilianza Repressione Antifascismo) nasce nel 1929 come polizia segreta del regime fascista.

Occupava migliaia di informatori e teneva aggiornate le schede, i profili, di 200.000 italiani.

La stessa funzione oggi svolta gratuitamente da facebook su/da 25 milioni di utenti/informatori, ognuno dei quali è in primis delatore efficientissimo di sé stesso,

si scheda da solo, gratis, e offre i suoi dati a un invisibile server (controllato dalla Cia? dalle multinazionali?)

L’ovra era una polizia segreta, pagata, e rispondeva direttamente al duce, una sorta di emanazione fisica del duce, allo stesso tempo megafono e spione del paese, vocione, orecchione, occhioni,

polizia segreta e mass media nascono infatti col fascismo,  come tecniche di irregimentazione mediatica, per quelle funzioni complementari di consenso globale e controllo massivo che sono oggi svolte da un unico soggetto auto-riferito: i social network.

L’idea ovra di una polizia preventiva che controlla i pensieri, le opinioni, una “polizia del pensiero” è stata poi adottata dalla germania di hitler e dall’urss di stalin, fino a trovare la sua massima applicazione nella DDR della guerra fredda, dove la stasi aveva già realizzato prima di facebook l’ideale di schedare tutti i cittadini.

In realtà un filo rosso-nero collega i regimi totalitari del novecento (nazifascismo e comunismo) e l’attuale società dello spettacolo, post-industriale e post-democratica.

Camuffare, omologare, esibire. Fascismo, facebook.  Ecco il made in Italy.

Il fascismo ha creato (o assecondato) un popolo di coatti, succubi e furbetti

Il made in Italy ha prodotto generazioni di snobisti di massa e fashion-victim,

Facebook ha reso endemica e pandemica la pulsione esibizionista,

e la conseguente psico-dipendenza dal pubblico, dal consenso del pubblico,

nevrosi un tempo riservata a vip, star, attori, cantanti, uomini politici, artisti, scrittori, oggi a portata di chiunque, e devastante.

Quando ogni esperienza viene vissuta all’unico scopo di essere pubblicata, la propria vita reale perde di significato  e autonomia,

ci si riduce di fatto a fare i turisti di sé stessi, sempre stanchi, nauseati, infine svuotati.

Inizialmente esaltante, la propria visibilità col tempo diventa un supplizio, umanamente insostenibile, è questo che rende pazzi i dittatori,

tutta quella massa che potrebbe amarti e invece non ti ama, ti crea una pressione, ti dà una solitudine che è la solitudine del dittatore, o anche dell’attore e dell’artista.

Oggi comprendiamo il finale tragico della profezia di Warhol su un mondo in cui tutti avranno il loro quarto d’ora di celebrità: e il resto della vita vissuto a quello scopo.

Come è successo? I social ci hanno dato la possibilità di pubblicare gratis, e noi gli abbiamo regalato con gioia tutto di noi,

dati, contenuti, pensieri, foto, poesie,

ma alla fine ce ne accorgiamo, lo percepisci, ti sei privato di qualcosa di molto importante che prima avevi e adesso non hai più: la dimensione del privato, che è una dimensione di tipo “sacro”, inviolabile.

La questione vera, filosofica, è: di cosa è privato, il privato, nel momento in cui viene reso pubblico? Di senso, di verità, di autenticità, di valore.

Con arroganza, chiamiamo primitivi e ingenui i popoli convinti che una fotografia possa rubare l’anima. In realtà gli ingenui siamo noi.

Quel che ogni giorno ci capita sui social network dovrebbe aprirci gli occhi.

Se facciamo una gita romantica in barca e appena tornati tu posti foto e sensazioni, in quel momento tra noi è tutto finito (oppure era già tutto falso fin dall’inizio).

Viene al pettine il famoso nodo parmenideo all’origine della filosofia occidentale, e del nostro modo di essere:“noi diciamo le cose come sono, o le cose sono come le diciamo?”

Il mondo non esiste sino a quando c’è qualcuno che “lo” dice: ma nel momento stesso in cui ne fai parola, o immagine, quel mondo, che prima era tuo, diventa di tutti,

e siamo nel tunnel di Aristotele, un mondo dominato da filosofi, profeti, dittatori, pubblicità e opinion leader.

Nei social network, sintesi di mass media e polizia segreta, in realtà ci giochiamo i nostri rapporti umani, i nostri rapporti col potere, e anche i nostri rapporti con noi stessi.

Nella versione ovra, il potere cerca gli oppositori, li identifica, li conta, ne ha bisogno per alimentare la sua ideologia sintetizzata dallo slogan molti nemici, molto onore.

Nella versione 2.0 la dinamica è speculare, sono i sudditi che cercano il potere, lo desiderano, ne hanno bisogno per alimentare il credo molti amici , con quel che ne comporta (molto disonore).

Il consumo della parola amici, amicizia, è forse il vero danno sociale prodotto da facebook in questi dieci anni.

Puoi avere uno, due, tre, dieci amici, o anche nessuno, e sei un essere umano.

Ma se hai mille amici, sei un burattino. L’amicizia non è un click.

tratto da: Sean Blazer, Lo stile italiano, inedito CalepioPress©, precedenti uscite:

https://calepiopress.it/2013/03/25/lo-stile-italiano/

https://calepiopress.it/2013/05/29/un-fantasma-si-aggira-per-leuropa-litalia/

https://calepiopress.it/2013/10/25/union-jack-italy-1861/