Chioma selvaggia, occhi verdi, era la minorenne più erotica del campus.
Appena conosciuta ti chiedeva scopiamo? Poi dipendeva dalla risposta che davi.
I suoi avevano fatto i soldi con le cucina di formica, fin da bambina lei in fabbrica aveva respirato fumi di poliuretano-silicone, e già alle medie aveva i seni espansi.
Diceva cose come: mi fanno schifo le foglie, gli insetti, la pioggia, le lumache.
Oppure: adoro il moplen, il plexiglass e la vimpelle.
Aveva una passione insana per la plastica e la chimica, e per questo si era iscritta al Natta.
Voleva viaggiare nel futuro. Abbiamo troppa energia per limitarci a questa vita, a questo corpo.
Indimenticabile, la risposta da Mc Enroe a un Carabiniere che ci aveva fermati: mai avuto problemi con le droghe, signorina? No, mi sono sempre trovata benissimo.
L’avevo soprannominata “Natta come un cavallo”.
Aveva tutti 8 in pagella, ma era stata bocciata per il 4 in comportamento. La motivazione era questa: la stazione treni e bus era proprio davanti al polo scolastico Esperia-Natta-Galli-Geometri, ma assurdamente l’ingresso era dall’altra parte. Invece di fare 3 chilometri a piedi 2 volte al giorno, come facevano gli altri 3000 studenti, lei scavalcava muro di cinta e binari.
La mossa del cavallo, la chiamava, lo scarto creativo che scompagina l’ordine del gioco.
Questo muro serve a inculcare sottomissione nei figli dei lavoratori. L’anno prossimo lo faccio saltare.
Il sottopassaggio era in progetto dal 1963, ma ci sono voluti 50 anni, e il mitico sindaco Bruni, lo sventra-berghem, per vederlo realizzato.
Incredibilmente, dopo 30 anni che non la vedevo, qualche mese fa l’ho incontrata proprio lì, nel sottopasso della stazione.
Assomigliava a Charlotte Rampling. Tornava da un convegno vegano.
Aveva cambiato prospettive a 360°, dunque in fondo non era cambiata.
Servono idee per salvare il pianeta. Bisogna lanciare il premio Natta. Il premio Nobel ha rotto le palle.
Mi mostrò un barattolo di vetro con dentro della muffa viola. I miei funghi mi disse.
Li nutriva con unghie, capelli, croste del naso, cerume delle orecchie, tutta roba sua. In questo modo mi riconosceranno.
Una volta cadavere, spiegò, li avrebbe indossati e i funghi l’avrebbero bio-degradata in modo totalmente ecologico.
Sai quanto inquinano i cadaveri? E le ceneri? Abbiamo pochi anni per salvare il pianeta.
Cambiando discorso, le ho chiesto: ti ricordi il nostro primo incontro? Certo, scienziato!
Una festa in tavernetta, a Martinengo, doveva essere il 1983, lo stereo sparava i Boney M.
Io indossavo un’orribile cravatta di pelle, e cercavo il bagno, col Martini bianco caldo in mano. Lei usciva dal bagno, strafatta.
Era la prima volta che la vedevo.
Tenendomi aperta la porta del bagno, mi aveva detto: ciao sfigato, scopiamo?
Da fighetto del Lussana, permaloso, avevo risposto: ho le mie cose.
E lei, senza scomporsi: che problema c’è scienziato? Facciamolo dietro.
(Ndr: editoriale di Leone Belotti per n.44 CTRL magazine, in occasione di Bergamo Scienza e delle iniziative sulla figura di Giulio Natta, premio Nobel per la chimica, morto a Bergamo nel 1979. L’uomo che ha inventato la plastica)
e pensare che gli ultimi anni li ha passati a bergamo a casa dei pesenti che ne avevano sposato la figlia … quini carlo pesenti è nipote di natta … mal’arguzia non si tramanda per via copulativa .. questo ormai è sicuro
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