(discorso ai figli di papà della sig.ina G., 72 anni, ex sarta, ammiratrice di Edoardo Agnelli)
> se prendi il Mereghetti, la Bibbia del cinema, e guardi nomi come Comencini, De Sica, Gassman, Risi, Tognazzi, Manfredi, Placido, Cervi, e molti altri,
scopri questa curiosa evidenza: mentre i padri hanno firmato le migliori pagine del cinema italiano, capolavori d’arte e/o successi internazionali, i figli, e le figlie, figurano tra il peggio assoluto, con film inguardabili, finanziati dallo stato
> se apri oggi l’Eco di Bergamo trovi che la città è in mano al sindaco Tentorio, all’ex sindaco Bruni, all’assessore Pezzotta, all’industriale Pesenti,
se apri l’Eco di Bergamo di 40 anni fa trovi che la città era in mano all’ingegner Tentorio, all’avvocato Bruni, al sindaco Pezzotta, all’industriale Pesenti,
idem se guardi i nomi dei professionisti di grido, avvocati, commercialisti, fotografi, architetti,
> se i peggiori imitatori di Jannacci, De Andrè e Dario Fo sono i loro figli, e ci vivono bene
> se i peggiori presidenti di Milan, Inter e Juve sono i loro figli, figlie o nipoti
> se l’attuale capo del governo recita per il centrosinistra la stessa parte tenuta da suo zio per il centrodestra negli ultimi 30 anni
> se esempi del genere sono ovunque, negli ospedali, nelle aziende, nei tribunali…
allora siamo rimasti il paese dei figli di papà, è questa la rovina dell’Italia contemporanea:
fino a quando l’economia lo reggeva, non ci siamo resi conto del peso del familismo e del nepotismo, di fatto il primo fattore di sclerosi sociale e di conservazione dello status quo, dal momento che impedisce il ricambio delle elites e la mobilità sociale e per il corpo sociale è esattamente come il colesterolo,
> dunque più della mafia, anzi, più diffusamente della mafia, e più della finanza mondiale, la lobby parassitaria che ha governato il paese Italia è la “famiglia”,
da sempre la madre di tutte le lobby d’affari sorte per la conservazione del patrimonio attraverso il matrimonio e i legami di sangue.
e in realtà, i figli di papà oggi al potere nelle aziende, in politica e nella cultura si sono dimostrati la peggior elite possibile: hanno dissipato risorse, sprecato occasioni, perso tempo e denaro,
> così abbiamo finalmente capito il senso dell’Amleto: il marcio in Danimarca viene dalla famiglia, dal morbo-famiglia, ed ora, come a Elsinore, qualcosa si è rotto nel palazzo,
> lo vediamo, lo sperimentiamo: i nuovi figli di papà sono in grossi guai: qualsiasi cosa facciano, è un fallimento,
se prendono in mano l’azienda, va tutti a rotoli,
se si dedicano a una propria idea d’impresa, sono soldi buttati,
tutto al contrario di quel che accadeva 20, 30, 40 anni fa, quando qualsiasi cosa facesse il rampollo, l’azienda andava bene;
e se decideva di dedicarsi a un nuovo business, andava bene anche quello!
> ora è il momento che i figli di papà cambino mestiere, e prendano esempio dall’unico genere di figli di papà davvero ammirevoli, e sono quelli che hanno fallito, che hanno rifiutato il ruolo,
quelli che fanno un lavoro qualsiasi, che non c’entra nulla con l’ingombrante genitore,
ma anche quelli che hanno dilapidato tutto fallendo in tutto,
e quelli che semplicemente si sono dimostrati incapaci di stare al mondo con quel nome, e hanno cercato col proprio fallimento di espiare il successo della famiglia,
> dovendo citare un esempio, io direi pure un martire, uno che si è dato fino in fondo a questo nobile “rifiuto” del ruolo, faccio il nome del primogenito dell’Avvocato Agnelli, Edoardo Agnelli, intellettuale marxista-leninista e filo islamico, viaggiatore, eroinomane, esteta,
morto suicida gettandosi da un cavalcavia, lasciando come unico messaggio la sua Fiat nella piazzola d’emergenza,
> i figli di papà oggi sono un problema, sono in piazzola d’emergenza,
noi possiamo aiutarli: per cominciare, dicendogli che i figli di papà che si tirano indietro sono più utili al paese di quelli che portano avanti il nome e gli affari di famiglia,
> fate un passo indietro, dite mi spiace, caro papà, cara mamma, tutto questo ben di dio non è più replicabile, non è più eticamente praticabile.
> tagliate i ponti con la famiglia, cominciate una nuova vita, mollate ogni cosa, tornate alla terra, mollate ogni business, investimento estero, import-export, e.commerce, edilizia, trasporti, finanza, mollate tutto,
> poi, in un secondo tempo: figli di papà, unitevi
> comprate terreni agricoli nel vostro territorio, boschivi, aree dismesse, da bonificare,
tornate alla nuda terra, parlate ai lavoratori, proponetegli di diventare neo-contadini,
siate scaltri, folli, lanciatevi con nobile intento nell’impresa più lussuosa del made in italy, ridisegnare il mondo, stravolgendo le regole, disegnando, costruendo mondi nuovi,
> occorre un nuovo modello positivo di figlio di papà,
nuovo e antichissimo, che non agisca nel nome del padre, ma nello spirito del pianeta,
figli di papà, siate determinati, vi seguiranno, come hanno seguito Chiara e Francesco.
Io sono un figlio di papà. Ma non ho smanie da delfino o da numero uno. Farei anche il numero sette, per dire, se trovassi sei stronzi più bravi di me che fossero capaci di triplicare le vendite. Mandate pure curriculum vitae, evitando però di scrivere “capacità di relazione lavoro di gruppo lavorare per obbiettivi bla bla” o come mi ha scritto un tizio una volta “coreografare soluzioni”.
Nel frattempo mi spiace ma non mi getto da nessun ponte, non lascio la Jaguar in piazzola e penso alla parte finale dell’articolo, che mi è piaciuta assai.
Un abbraccio a tutti i figli, qualsiasi padre abbiate.