post alchemical conversation

play this post

Mendini+KarimCP

incontriamo Alessandro Mendini nel suo atelier dietro Porta Romana,

spazio serenamente sacro pieno di oggetti immagini semplicemente presenti.

Ci riceve in una stanza-studio con un piccolo ercole come fermaporta e un don chisciotte come fermalibri,

si parla di vetro ingabbiato, vasi di vetro ingabbiato, oggetto difficile, a me sembra metafora dell’uomo social net, espositore di purho disagio, sorta di crocefisso reverso;

poi si parla di karim rashid, di mondo flou, si parla di nipotini, si parla di nipotini del Petrarca,  e si parla anche di Val Taleggio e di carattere de la rasa bergamasca,

poi ci offre un caffè su un vecchio vassoio alessi veramente vissuto.

Quello che volevamo chiedere a questo grande astronauta è lumi sull’orbita di senso del progetto alchimia-ermafrodita-banale 30 anni dopo con l’arrivo sulla terra dell’extra-terrestre karim rashid,

(e chiaramente Andrea Dotto, ad purho made in italy, nuovo brand con focus azzardato vetro di murano + design, voleva anche chiedergli: maestro, non sarebbe fantastico fare una linea purho mendini in risposta alla linea purho rashid?)

e così con coraggio ignorante e purho gli abbiamo chiesto tutto:

nessuno può immaginare, tantomeno descrivere il modo fantastico di ridere, diciamo pure di sghignazzare, del grande maestro, e poi l’affetto, l’intelligenza, l’ironia  degli occhi:

e la promessa: manderò dei disegni!

Torniamo a casa turbati (come capita quando si incontra un gigante della storia o del pensiero),

chiaramente per prima cosa andiamo su Wikipedia sulla Treccani su Domus e alla fine sul sito dell’atelier Mendini per capire cosa ci ha detto Mendini,

per me Mendini erano quelle tre robe lì, Alessi, Swatch, la poltrona Proust, il maestro del postmoderno, della mescolanza, del pezzo unico, il contrario del minimalismo, del design industriale,

bene, andiamo sul sito dell’atelier Mendini e troviamo una schermatina semplice semplice, minimalista, con le solite quattro voci, storia, progetti, scritti, contatti.

Ma se clicchi “progetti”, trovi migliaia di progetti; e se clicchi “scritti” trovi migliaia di pagine: alla faccia del minimalismo!

In purho spirito “fedele nei secoli”, come due carabinieri: Andrea, tu guarda i progetti, io mi leggo gli scritti.

Abbiamo letto circa 3000 pagine-mendini in questi dieci giorni,

di questo immenso sapere abbiamo abbiamo selezionato 1000 battute scritte nel 1984

con la pretesa di accendere in 30 secondi un Purho discorso storico

sul salone del mobile milano, con questi due estremi distanti 30 anni: Mendini 1984, Rashid 2014.

Così abbiamo creato questa conversazione post-alchemica, o dialogo a distanza generazionale, facendo reagire cose scritte da Mendini nel 1984 (in corsivo) e cose dette da Rashid l’altro giorno al telefono, per presentare la linea purho 2014.

Mendini 1984: L’uomo e la donna di oggi vivono in stato di turbolenza e di squilibrio.

Rashid 2014:  le persone sono spaventate dal colore – dio solo sa perché (lui non lo era).

Mendini 1984: Se io fossi un designer molto giovane avrei la certezza che oggi questo mestiere è molto difficile, perché gli animi delle persone sono chiusi a difendere una involuzione vischiosa che sembra accettare, ma che di fatto esclude, la diversità e la novità.

Rashid 2014: alcune delle mie creazioni migliori siano nate dalle collaborazioni con le start-up e le piccole imprese. Il designer può dare quella linfa vitale che permette ad un piccolo brand di diventare globale.

Mendini 1984: Cercherei comunque la forza (la generosità) di espormi al disagio dell’ignoto, alla ricerca (finalmente, dopo tanti anni di dominio prevalente della cultura logica) di generi di design più completi, stratificati e magici, di DESIGN EMOZIONALI.

Rashid 2014: Amo lavorare con il vetro. Lo ritengo un liquido solido, potente ma poetico, energetico ma allo stesso tempo statico, sensuale e versatile.  La luce del giorno è essenziale per un’armonia positiva e per il benessere. Cerco sempre dei modi per massimizzare la luce e i colori chiari di ciò che ci circonda, e il vetro è una risorsa frequente.

Mendini 1984: Il gruppo di Alchimia svolge il suo atto di introversione: il progetto agisce ambiguamente in uno stato di spreco, di indifferenza disciplinare, dimensionale e concettuale

Rashid 2014: Amo il ruolo che la luce gioca con il vetro, lo spessore può far cambiare i colori, e cambia il modo in cui i vetri traslucidi, opachi e trasparenti reagiscono uno con l’altro al fine di creare nuove combinazioni.

Mendini 1984: E la fantasia individuale, base della sopravvivenza del mondo, può percorrere in tutti i sensi ogni cultura e luogo, purché operi in maniera innamorata.

Rashid 2014: Faccio uso di forme organiche combinate. Definisco il mio lavoro come un minimalismo sensuale, o sensualismo, poiché non é finalizzato solo decorazione ma ha un qualcosa di più umano, una connessione più sensuale con noi.

Mendini 1984: Vorrei vivere l’esperienza del ritrovamento di un uomo ancestrale e amoroso (…) oggetti non violenti, calmi, poetici, delicati (…) un DESIGN ERRANTE per una comunicazione culturale fra gli uomini,

Rashid 2014: Io vorrei che le cose che ci circondano siano intelligenti, belle, colorate, poetiche, utili, sexy, illuminanti, ispiratrici, contemporanee, energetiche, fuggenti, e potenti e che l’ispirazione arrivi da questo mondo in cui viviamo

(imago: disegno Mendini + Rashid by Karim Rashid;

collezione purho:  http://www.purho.it/ su fb: https://www.facebook.com/purhodesign)

 

easy writer

play this post

EasyWriterFb

Il vero senso dello scrivere è scrivere d’altro, fuori da sé, lungi dal creativo, ma umanamente e onestamente traspositivo, da chiunque a chiunque, a presente diletto e futura memoria,

a recuperare, in epoca di social network e comunicazione world wide web, il gesto matrice di ogni cultura, l’incontro di due esseri umani, il mondo che si fa parola, la parola che si fa segno: raccontami una storia, ascolta la mia storia, non dimenticarmi, io rivivo nella mia storia rivissuta da chi verrà dopo o altrove,

attività ancestrale, rupestre, cavernicola, di testimonianza,  un lavoro facile, easy, alla portata anche di due carabinieri, uno parla, l’altro prende nota, perché la storia che oggi tu mi racconti possa essere ascoltata da altri,

come un film è una trasposizione di un testo, un testo è la trasposizione di un vissuto,

Easy Writer è la seconda PUB WRITING SESSION organizzata da Calepio Press con CTRL magazine e Birrifico Elav,  nel corso del Bergamo Film Meeting marzo 2014, dentro e fuori le bolle-bar in piazza della Libertà a Down Berghem.

Pub Writing Session è la performance live della scrittura fatta da genti (come dicono al CTRL) che raccontano una storia (Story Teller) davanti a una birra e  genti che la ascoltano e la tra-scrivono in presa diretta (Pub Writer):

Dunque PWS non è per gente che legge, e non è per gente che scrive di sé, ma sono storie raccontate da gente che non scrive, per far leggere gente che non legge.

Il tema della PWS Easy Writer è la magia del grande schermo, il cartellone delle storie da raccontare è questo:

1 UN FILM VISSUTO (d’amore/ d’orrore/d’avventura/da ridere) è una scena, una vicenda, una storia della tua vita che si è svolta o hai vissuto come in un film, da protagonista, comparsa, spettatore o regista.

2 UN FILM  VESSATO (in sala/ nella mia testa/nella mia cineteca/nella storia del cinema) è un film che ha sofferto e patito in vari modi, disturbato in sala, sparito dalla tua cineteca, o rifiutato dalla tua psiche, o dalla critica e dal pubblico.

3 UN FILM DA DIRIGERE (in casa/ a Bergamo/ a Cinecittà/ a Hollywood) è un soggetto o una sceneggiatura che hai nel cassetto, o nella testa, e che vorresti vedere girato e diretto da te, o da un regista scelto da te.

4 UN FILM DA DIGERIRE (una pizza/ un minestrone/ stimolante/ esplosivo) è il film che hai appena visto al Bergamo Film Meeting: parlane con noi, erutta le tue impressioni a tutta birra, ti aiuterà a digerirlo.

per partecipare come Story Teller, porta una storia,

per partecipare come Pub Writer, porta un portatile (ma va bene anche una biro).

occupare l’obitorio per tenere vivo il senso civico

play this post

2

Gli Ex Ospedali Riuniti, l’area più bella,  più grande, più scenografica della città, è stata rubata ai cittadini,

e i cittadini dovrebbero essere contenti, perchè con la Guardia di Finanza  diminuiranno i furti nella zona.

Con una manovra degna di un film dell’assurdo,  una società pubblica di nome Infrastrutture Lombarde  incaricata a carissimo prezzo di valorizzare l’area è riuscita a deprezzarla  all’inverosimile fino a svenderla di fatto a 500€/mq, cioè 1/10 del valore immobiliare dell’area.

Il dialogo dell’amministrazione comunale  con i cittadini è stato pari a zero.

Io dico che non era difficile trovare 100 bergamaschi abbienti disposti a investire 500.000€ cad o addirittura 1000 piccoli proprietari con 50.000€ cad, e realizzare progetti riuniti di riconversione virtuosa, le idee non mancano, le esigenze nemmeno, le risorse le abbiamo,

I cittadini non hanno potuto far altro  che subire la vicenda leggendo i giornali, avvisati a cose fatte, come inquilini in affitto,  sottomessi da amministratori anonimi.

In una città normale i cittadini sono padroni consapevoli della propria città, e gli amministratori personale di servizio, e di professionalità inappuntabile.

In una città normale un’area come questa è evidentemente la soluzione ideale per l’Università, ma questa essendo una città finta, hanno fatto finta di darla all’Università, poi hanno detto che l’università non aveva i soldi, mancavano 10 milioni (il prezzo era 120, poi 90, poi 75, e oggi la Guardia di Finanza ha fatto l’affare a 55 milioni)

in una città previdente un’area come questa è evidentemente la città del futuro, del benessere e del riposo, una grande casa di riposo, è già pronta, magari integrata con le piscine italcementi e l’accademia finanza (ora ex, a sua volta in vendita…) per un grande polo residenziale-terza età, terme, pensionato (anche misto, anziani-studenti)…

no, anche la terza età è oggetto di speculazione, case di risposo lager a prezzi da hotel lusso,

oltre al danno, la beffa: e ci tocca  leggere sui media che l’occupazione (la militarizzazione) dell’area è un segno di attenzione del potere statale verso la nostra città,

io direi che se la Guardia di Finanza e cioè lo stato avesse voluto dare un segno d’attenzione avrebbe dovuto occupare e occuparsi delle sue aree dismesse, come l’ecomostro centro tributario di azzano, o la caserma montelungo,

e non di fatto sequestrare al ribasso come un usuraio un’area sana da sempre al servizio dei cittadini per trasformarla in una propria roccaforte di controllo fiscale,

questa vicenda mi fa venire voglia di occupare simbolicamente una piccola area degli ex ospedali: l’obitorio municipale, per tenere vivo il senso civico.

photo: reparto radioterapia, by Virgilio Fidanza. Tutte le foto dell’area dismessa in 

http://www.piucorpiriuniti.com/home.html

 

 

 

 

banda larga

play this post

PaciPacianaTemp

Paci Paciana era un oste della Val Brembana. Illetterato, di poche parole, e quelle poche in dialetto.  La memoria delle sue gesta, delle sue risposte, si è tramandata per via orale di generazione in generazione.

La sua storia di fuorilegge nasce da un torto ingiustamente subito. Inizia una guerra personale al potere, ai ricchi, ai nobili, ai gendarmi. Imprendibile, Pacì Paciana appare e scompare in un baleno, come un angelo vendicatore.

Detratto il necessario alla sua vita di bandito, divide il bottino delle sue rapine quotidiane  in tanti piccoli “gruzzoli” che poi distribuisce alle famiglie bisognose.

Diventa un personaggio leggendario per come si fa beffe della “sbirraglia”. E intanto assume quasi un ruolo di “protettore” dei più deboli. Si rivolgono a lui per comporre liti come fosse un giudice, o per chiedere permessi, pareri, favori.

Per tutti è “ol padrù de la al brembana”. Un ruolo che gli pesa, e gli procura amarezza.  Lo schiavo è quello che aspetta qualcuno a liberarlo.

Il cerchio si sta chiudendo. Innumerevoli le delazioni, i tranelli cui sfugge, finché una sera lo sorprendono al ponte di Sedrina.  Se un uomo non è disponibile a rischiare la vita per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o lui non vale nulla.

Si getta nel Brembo, lo danno per morto certo, e invece riesce a mettersi in salvo. Il prefetto mette sulla sua testa una taglia di 200 zecchini d’oro, se vivo, o 60, se morto.

Sarà un amico a tradirlo, sparandogli alla schiena, e consegnando la sua testa al prefetto, che la farà appendere alla ghigliottina della Fara a Bergamo Alta, in pasto ai corvi, a segnare la fine dei banditi. E’ il 6 agosto del 1806. Ma quello che ami veramente, la libertà, sarà la tua vera eredità, e non ti sarà strappata.


Oggi lo spirito Paci Paciana rivive nella comunità hacker.

Prima degli hacker ci fu l’epoca dei phreaker (phone freak):  John T. Draper, più noto come Captain Crunch, in seguito autore del word processor per Apple, è il phreaker più famoso della storia. Già da ragazzino aveva creato un blue box per telefonare gratis.

Celebre la sua intrusione telefonica alla Casa Bianca, ai tempi di Nixon, dopo aver scoperto la password (Olympus) per parlare direttamente con il presidente.

Draper: “Olympus, per favore” Operatore: “Un attimo, per favore…”

Nixon: “Che succede?”

Draper: “Signor Presidente, è in atto una crisi qui, a Los Angeles”

Nixon: “Che tipo di crisi?”

Draper: “Siamo senza carta igienica, Signor Presidente.”

Poi vennero Richard Greenblatt, fondatore della prima comunità hacker al MIT e

Richard Stallman, ideatore del concetto di copyleft (il primo software che “liberò” fu quello della stampante Xerox del Mit), quindi Eric S.Raymond “inventore” dell’open source e Ward Cunningham creatore del concetto di Wiki.

Ma la figura di riferimento del movimento hacker è forse Loyd Blankenship, autore del Manifesto Hacker: «Noi facciamo uso di un servizio già esistente che non costerebbe nulla se non fosse controllato da approfittatori ingordi, e voi ci chiamate criminali.

Noi esploriamo…e ci chiamate criminali. Noi cerchiamo conoscenza…e ci chiamate criminali. Noi esistiamo senza colore di pelle, nazionalità, credi religiosi e ci chiamate criminali.

Voi costruite bombe atomiche, finanziate guerre, uccidete, ingannate e mentite e cercate di farci credere che lo fate per il nostro bene, e poi siamo noi i criminali»

ndr: i corsivi, inseriti in spirito hacker, sono citazioni tratte dalle opere di E.Pound.

testo by Leone Belotti per CTRL magazine. Imago della cover by Studio Temp.

CTRL magazine n.48 on line: http://www.ctrlmagazine.it/

 

 

gratis laborare

play this post

Apple-iPad-Air-TV-Ad-Your-Verse-YouTube-1

gratis laborare pro bono aut pro domo tua si res ita fert opus est

gratis laborare pro domine aut pro gloria si dominus non es subiecti est

atque ingloriosi

lavorare gratis per una buona causa o per la propria casa se le circostanze lo richiedono è d’uopo;

lavorare gratis per il padrone o per la gloria se il padrone non sei tu è indice di sudditanza, non di gloria

> Leone XIV aderisce alla campagna per la tutela dei creativi:

http://www.youtube.com/watch?v=sd5mHHg1ons&feature=youtu.be

http://www.wired.it/tv/coglioneno-la-campagna-per-la-tutela-dei-creativi-italiani/

a pensar male

play this post

9skyline

sul Corriere – Bergamo di oggi la notizia che la Procura ha riaperto l’indagine sul piano integrato di via autostrada (già ecomostro taglia skyline):  si legga il post “neosituazionista” da me pubblicato a suo tempo sul blog bamboostudio (e quindi rimosso) dove mi immaginavo un editoriale scritto da Giulio Andreotti sul tema:

Se la città più bella del mondo(definizione di Le Corbusier) decide di cancellare il suo biglietto da visita, lo splendido profilo di città alta (o skyline come si dice oggi) che da 500 anni accoglie chiunque con lo stupore della bellezza, per mettere al suo posto un casermone di nuova edificazione, con hotel e supermercato – ovvero la banalità della bruttezza – questo significa sic et simpliciter che tutti i soggetti coinvolti in questa scelta, costruttori, architetti, amministratori, mezzi d’informazione, si qualificano come culturalmente e politicamente indegni dei propri avi, che per secoli hanno conservato e curato la città come un gioiello d’arte e architettura.

E dopo essermi documentato, dico che non solo sono indegni, ma sono in malafede, o ancora peggioincoscienti e intendo dimostrarlo. A pensare male, con internet, si fa bene e presto: ai miei tempi per ottenere certe informazioni e avere un quadro d’una vicenda, dovevo impiegare mesi e mobilitare i servizi segreti; oggi, in poche ore, ho ricostruito il quadro di riferimento che ora illustrerò.

Per cominciare, i mezzi d’informazione, e L’Eco di Bergamo su tutti: scatenando solo ora, a cose fatte, lo scandalo, vengono meno alla missione del giornalismo, che è quella di indagare e scoprire le malefatte in anteprima e non già a cose fatte.

Inoltre, leggendo tutto quanto pubblicato, mi viene da pensare (male) che c’è qualcosa di strano, giornalisticamente, nel montare un attacco a un’iniziativa immobiliare, senza nulla dire né indagare sull’identità di questo costruttore d’ecomostri:

è vero che hanno pubblicato il nome dell’impresa e dell’imprenditore, bergamasco, ma non hanno aggiunto una virgola, e giacché questa ditta, Bruman’s, nessuno la conosce o riconosce, come sarebbe con Percassi, Ferretti o Gabetti, e visto che questo imprenditore, Bruno Scarpellini, non è Caltagirone, non è Ligresti, e non è nemmeno Ricucci, era primo dovere dei media svolgere ricerche e informare:

che cos’è la Bruman’s, chi è Bruno Scarpellini, qual è la sua storia d’impresa: dal momento che il soprintendente arch. Napoleone sulle colonne de l’Eco dichiara che l’unica speranza a questo punto è un gesto nobile del costruttore, mi sembra il minimo andare a verificare se questo Scarpellini non sia magari un nuovo mecenate come il conte Giacomo Carrara, o addirittura come mi auguro un uomo di Chiesa credente e osservante, o anche un imprenditore illuminato alla maniera di Adriano Olivetti…

* * *

E dunque, trovando del tutto insufficienti le informazioni a mezzo stampa, inizio la mia indagine on line, vado su Google, e a nome Bruman’s non si trova niente, né un sito, né una mail, una società fantasma, almeno sul web: dunque riparto dall’indirizzo di questa Bruman’s, una via di Pedrengo, e lo incrocio con una ricerca su Bruno Scarpellini, che risulta titolare di un’impresa di produzione e distribuzione liquori, Dilmoor o DLM, con sede a Pedrengo, allo stesso indirizzo della Bruman’s costruzioni:

e in questo modo ho la prima notizia, il costruttore dell’ecomostro è un produttore e distributore di distillati e liquori: e fin qui niente di male.

Ma dopo una visita al sito della Dilmoor, con tanto di catologo prodotti on line,  resto profondamente sconcertato, poiché questa Dilmoor produce un whisky di nome Macaulay, spaventosamente simile, all’aspetto, al noto Macallan; e un Rum Jamaican con l’etichetta col bollo rosso su fondo scuro, che pare proprio il noto Rum Havana; e un Golden Barry Gin con etichetta gialla e rossa simil Gordon’s Dry Gin; e una crema Whisky di nome Beautiful che riporta in etichetta il disegno di una valle verde che ricorda fin troppo la nota etichetta Bailey’s; e un Amaretto con bottiglia ed etichetta pseudo Saronno; e una Sambuca perfino con la grande capital letter rossa come la nota Molinari; e potrei continuare, non manca nulla, la grappa, la vodka, la tequila, il bitter tipo Campari…

certamente si tratterà di prodotti conformi alla normativa sul copyright, probabilmente in maniera cavillosa, per questioni di millimetri e pixel, d’altra parte l’azienda ha (ovvero: esibisce, ma così fan tutti) tutte le certificazioni di qualità, e immagino che lo Scotch Whisky sia distillato in Scozia come la legge impone (per quanto i nomi delle distillerie William Macfarland e Frank Mcnaoughty sembrino di fantasia, e in rete non vi sia traccia della loro esistenza) ma resta il fatto che, a pensar male, tutti questi distillati, che per nome, carattere, grafica e colori dell’etichetta si spacciano per i ben più noti prodotti autentici, sembrano volutamente ideati per trarre in inganno il consumatore sprovveduto, e dunque sono prodotti in astuta malafede per essere venduti a consumatori incoscienti….

ecco dunque una seconda e semplice verità-informazione: il costruttore del turpe edificio che deturpa l’immagine di Bergamo non è un produttore virtuoso di liquori autentici del proprio territorio, non ha valorizzato la vera grappa bergamasca o l’ottimo amaro che producono certi frati nelle valli, no, è uno spacciatore industriale di liquori-imitazione di tutti i continenti, dalla Scozia al Messico, e in questo somiglia a quei furbetti che in Russia o in America producono porcherie come il formaggio Grand Paddan o il Chianty italian red wine. Per persone come me, che agiscono in base a criteri morali (ridete pure) questo imprenditore mi pare che agisca in modo immorale.

Questo fatto,  questa notizia, a pensare male è certamente nota ai giornalisti de L’Eco di Bergamo, eppure non pubblicano due righe sul genere d’impresa e d’imprenditore da cui nasce l’ecomostro, come sarebbe doveroso quando si fa una campagna d’opinione.

Dunque il costruttore, il sig Bruno Scarpellini, ha fatto fortuna con distillati-liquori che nonostante le certificazioni legali noi certifichiamo senza dubbio come moralmente scorretti, e pertanto, sempre ragionando da vecchio cattolico bigotto, sono portato a pensare male del suddetto, e tanto per togliermi lo sfizio, faccio una ricerca giudiziaria on line a suo nome, qualcosa che chiunque può fare, e in breve scopro che il nostro non è del tutto nuovo a quegli ambienti immobiliari e finanziari-immobiliari che non sempre agiscono con specchiata moralità: a titolo d’esempio, riporto tre notizie dal web, scelte in siti affidabili e istituzionali (non da Blog sovversivi e faziosi come quello per cui sto scrivendo ora…):

1) dall’archivio di Repubblica.it: Il mutuo era facile ma con tassi da usura I titoli di credito venivano girati poi a Bruno Scarpellini (pure lui imputato) che provvedeva all’incasso sui suoi conti.

2) Comando Provinciale di Milano CC, indagine Infinito, deposizione di Fabio Lonati, vittima di usura:

ho iniziato a rivolgermi ad alcuni imprenditori per ottenere denaro in prestito. Tra questi vi è stato BRUNO SCARPELLINI che ha una impresa che si chiama DILMOOR DOMANDA: Lei puo’ indicarci le persone che le hanno prestato i soldi? RISPOSTA: SCARPELLINI Bruno, NOVELLA Alessio, PONZONE Antonio, MANCUSO Luigi, FILIPPELLI Nicodemo, ZOCCHI Fabio BELOTTI Giuseppe”.

3)  Tribunale di Milano, uff. indagini preliminari, indagine Infinito, ordinanza di applicazione di misura coercitiva, con mandato di cattura:

…… La certezza di Filippelli in ordine al buon esito dell’operazione …… ha organizzato la cena a sostegno della elezione di Valle Leonardo (nato a …… Ha ottenuto denaro altresì da “SCARPELLINI Bruno, PONZONE Antonio, MANCUSO Luigi)

A pensar male, ma anche solo a guardar bene, i nomi che vengono accostati allo Scarpellini sono nomi noti, e non per opere di bene o gesti di beneficenza: sono nomi in questi mesi alla sbarra a Milano al maxi processo alla ndrangheta in Lombardia:

Novella è il figlio del boss ucciso l’anno scorso a Vittore Olone (omicidio Novella). Valle è il giovane rampollo del noto boss don Ciccio, vanta precedenti per estorsione e usura, eppure è stato candidato nella lista di centrosinistra a Cologno Monzese, grazie alla raccomandazione di un uomo di Penati (l’assessore provinciale alla moda!)…

A questo punto, cominciamo a scuotere la testa, e ritorniamo al sito de l’Eco di Bergamo, e inseriamo una ricerca a nome Bruno Scarpellini nell’archivio della cronaca:

lo ritroviamo in un fatto di cronaca nera:

Eco di Bg, maggio 2009: minuti di terrore in una villa nella serata del 7 maggio, dove quattro malviventi con volto coperto e armati di pistola hanno immobilizzato e chiuso in una stanza la famiglia dell’imprenditore Bruno Scarpellini. La banda è riuscita a scappare con un bottino di 250 mila euro complessivi […] più 50 orologi d’oro, collezionati dal padrone di casa. La fuga è avvenuta su due auto rubate nel garage della villa: un’Audi A8 e una Golf.

A pensar male, 50 orologi d’oro sono una tipica collezioni di pegni d’usura…

A pensar male, ma proprio male, considerando la date della rapina, maggio 2009, e la data dell’approvazione definiva dell’ecomostro, giugno 2009, per opera della giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Bruni (che ha fatto la campagna regionale in appoggio a Penati…) e incuriositi dal fatto che l’approvazione è stata firmata giusto il giorno prima di quelle stesse elezioni 2009 che, oggi lo sappiamo, videro il tentativo della ndrangheta di infiltrarsi in Lombardia  …

si potrebbe, pensando davvero malissimo, e del tutto dietrologicamente, ipotizzare un qualche nesso tra la concessione all’ultimo minuto del permesso edilizio, e una eventuale tangente o finanziamento elettorale alla lista Bruni… e magari proprio con quei denari (quegli orologi) rapinati al nostro, che immaginiamo fosse anche assicurato…

E’ chiaro che queste supposizioni sono solo fantasie di un vecchio malpensante, investigatore dilettante e lettore di gialli, che per una volta si diverte a fare con uno sconosciuto quello che milioni di italiani hanno sempre fatto con me (pensar male…) e tuttavia questi scenari somigliano a vicende già viste, e nondimeno i fatti ci so

no, i verbali, i nomi ci sono, e sarebbe stata comunque pertinenza dei mezzi d’informazione puntare i riflettori sul sig. Scarpellini, che anche senza pensar male risulta in odore di usura e finanziamento a malavitosi con legami nell’ambiente del Pd lombardo:

guardacaso, sarà proprio un caso, il cliente finale dell’ecomostro  è la Coop.

Dunque, a pensar male, queste cose che io, un novantenne, scopro in due ore in rete, cose che i cittadini non conoscono, sono verosimilmente fatti noti a tutti coloro che in questa vicenda hanno fatto dichiarazioni di facciata (architetti, costruttori, immobiliaristi, politici) talmente insignificanti da adombrare in me il sospetto della malafede, e spingermi a indagare:

in primis, indagherei a fondo sugli  amministratori pubblici che hanno autorizzato questo scempio in quel famoso ultimo giorno della giunta Bruni, quando vennero dati i permessi, con l’autorizzazione a superare l’altezza prevista dal piano regolatore, in particolare l’assessore ai lavori pubblici, Valter Grossi, che oggi giustifica l’operato dei suoi tecnici spiegando che l’attenzione fu posta soprattutto alle opere di bene, un asilo e una strada, contestuali al progetto, e alle volumetrie, trascurando le altezze (!):  a pensar male, questo assessore, insieme al sindaco e ai tecnici, è in mala fede, o incosciente.

Quindil’ordine degli architetti, che per bocca del suo presidente, Paolo Belloni, oggi coraggiosamente dichiara: “E’ un caso che ha avuto troppa enfasi” e l’Associazione Costruttori, che per bocca del suo presidente, Ottorino Bettineschi, oggi maldestramente dichiara “Quando ci si trova di fronte a casi simili individuare il colpevole è molto difficile, perché la colpa è un po’ di tutti, in questo caso particolare, credo che la causa sia da ricercare nelle lungaggini burocratiche”. Sono dichiarazioni che si qualificano da sé, e qualificano chi le ha rese: a pensar male, gente in malafede o incosciente.

Peggio di loro, i rappresentanti degli immobiliaristi, Gianfederico Belotti e Antonello Pagani, che dichiarano “è vero che l’opera taglia la vista di città alta a chi viene dall’autostrada, ma in compenso ne regala una eccezionale a chi nel nuovo complesso abiterà o alloggerà”. Impresentabili.

Non dimentichiamo i comitati di quartiere, due, in lotta tra loro, sostenuti dalle diverse parti politiche, che oggi dichiarano “ormai è tardi, adesso il quartiere ha bisogno di tranquillità”: a pensar male, sono anch’essi in malafede, o incoscienti (sappiamo bene che in occasione di grandi iniziative immobiliari è previsto un budget per “sedare” i comitati di quartiere).

In posizione d’onore, cito il progettista, Bertasa, che nel 2008 dichiarava pubblicamente “il progetto è attento, grazie alla realizzazione della superficie monopiano centrale, a non precludere la vista sulla Città Alta”: visti i risultati sotto gli occhi di tutti, a pensar male, è anch’egli in malafede, o peggio incosciente.

Infine il soprintendente ai beni architettonici e paesaggisticiarch. Napoleone, che incredibilmente dichiara, dopo aver precisato di non essere stato interpellato, che a questo punto l’unica soluzione possibile è un gesto di generosità da parte del proprietario, che mi dicono bergamasco, e si guadagnerebbe la gratitudine dei suoi concittadini.

Napoleone! Si svegli, porti rispetto quantomeno al suo nome, e prima di supplicare generosità a un immobiliarista, si guardi allo specchio, e si ripeta quale è la sua carica, e il suo compito: tutelare i beni architettonici e paesaggistici!

Il senso dello Stato è precipitato davvero in basso se un sovrintendente chiede un gesto di generosità a un costruttore-distillatore (forse usuraio e forse colluso alla ndrangheta) che con la sua palazzina oscura il biglietto da visita di una città d’arte di primaria rilevanza:

a meno che, pensando di male in peggio, questa richiesta di generosità sia un messaggio in codice allo Scarpellini, ad estendere la sua generosità al soprintendente…

A pensar male, su questa vicenda L’Eco di Bergamo ha fatto molto rumore per nulla: poiché di fatto a fronte di tutto lo sdegno raccolto, il messaggio di rimbalzo è sempre stato questo: non si può fare niente, non è colpa di nessuno…

inspiegabilmente hanno pompato lo sdegno, ma col freno a mano tirato, senza fare nomi né andare in fondo ai sospetti (perché è chiaro che questa vicenda è sospetta!):

e questo atteggiamento mi viene confermato da un’altra piccola scoperta che faccio leggendo le centinaia di commenti dei cittadini su l’Eco di Bergamo, si tratta di un commento piuttosto manzoniano:

Forse è tardi per insorgere, non per alzare la voce. 
Claudio Calzana.

Ora, questo cittadino che invita ad alzare la voce (ma a non insorgere!) non è un cittadino qualsiasi, basta fare una ricerca a suo nome e si scopre che si tratta del direttore marketing editoriale del gruppo Eco di Bergamo, qui camuffato da lettore, che di fatto rivela esattamente l’obiettivo della campagna d’opinione de L’Eco: una dimostrazione di potere della testata, o del gruppo, di forza mediatica e capacità di costruzione del consenso, in grado di pompare l’opinione pubblica (ma anche di sgonfiarla!), dunque un partner ideale, o un attore da considerare, per ogni lobby o forza politica…

Dopo qualche giorno glorioso, infatti, ecco il titolo che conclude l’operazione “alzare la voce”: “Ormai la gente è rassegnata” e la perfetta chiusa del discorso messa in bocca a un anziano residente del quartiere: “Purtroppo quello che è fatto è fatto, chi lo farà demolire adesso? Nessuno”

Improvvisamente mi sembra di essere tornato nella Bergamo contadina di fine Ottocento, tutta accettazione e rassegnazione.

Ma come? Che messaggio d’acquiescenza sociale è mai questo?

E’ per questa via che venne il fascismo, cari amici de L’Eco di Bergamo: ve lo dice un vecchio democristiano. Viviamo ancora in un paese a sovranità popolare!

Tutto può essere cambiato! Il Popolo è sovrano! E i colpevoli vanno perseguiti e puniti!

Se al posto del simpatico Bruni, con quella faccia onesta di uomo intelligente ed affascinante, ci fossi stato io, con il mio aspetto di Belzebù oscuro, avreste già aperto almeno tre inchieste, cari bergamaschi!

I fatti sono semplici, gli amministratori di  Bergamo, a prescindere dal sig Scarpellini e dai suoi liquori (c’è anche l’ipotesi che li abbia fatti bere, da non sottovalutare) sono riusciti in tre anni e in tre mosse a rovinare il patrimonio artistico-architettonico della loro città:

e mi piace ricordarle agli amici de L’Eco, a volte un po’ distratti:

2008: dimenticato il monito di Le Corbusier (“non si deve toccare una pietra, sarebbe un delitto, e assolutamente tenere le auto fuori da città alta) costruzione abortita di un parcheggio mostro sotto la Rocca, con abbattimento degli alberi piantati in memoria dei caduti e distruzione del parco faunistico, ma soprattutto con una ignoranza geologica tale da causare una frana con pericolo di crollo totale della Rocca stessa, che stava lì solidissima dal 1300, costruita dall’imperatore. Colpevoli: nessuno. Ne parla: nessuno.

2009: col pretesto di ammodernare  l’Accademia Carrara (gli impianti, l’allestimento, la bookshop, il bar, un maquillage da sei anni di lavori! Una barzelletta! Se un intervento di ammodernamento dura sei anni, è già vecchio!), edificio solidissimo, dove i preziosi capolavori – raccolti e donati alla città da uomini nobili di nome e di fatto – stavano benissimo da centinaia di anni, ecco l’assurda iniziativa di mandare in tournee nel mondo tavole delicatissime (Il Louvre non sposta la Gioconda per nessun motivo!) col risultato, che si è tentato di tenere nascosto al pubblico, di danni irreversibili a quattro capolavori, tra cui un Bellini e un Tiziano, danni riportati non già nelle traversate oltreoceano, ma nello spostamento dalla Cararra al Palazzo della Ragione, in locali con temperatura e umidità tali che in pochi giorni hanno prodotto il restringimento delle tavole, la fessurazione e il distacco del manto pittorico. Colpevoli: nessuno. Ne parla: nessuno.

2010: al via i lavori dell’ecomostro di via autostrada, e quando lo scheletro arriva al sesto piano ci si rende conto che l’invito, il biglietto da visita della città, il profilo di città alta, è perduto e nascosto dall’obbrobrio.

Ne parlano tutti. E cosa dicono?

Non è colpa di nessuno!Non c’è niente da fare!E’ colpa della burocrazia!

Ma la burocrazia siete voi, proprio voi, cari amministratori e presidenti spocchiosi!

La colpa non è “di nessuno”, bensì, al contrario, di tutti voi! Quantomeno, state zitti.

Maria Antonietta è stata decapitata per molto meno!

Il popolo a un certo punto non sopporta più di essere preso in giro da chi dovrebbe fare il bene pubblico, e si rende invece colpevole di disastri, senza ammetterli nemmeno di fronte all’evidenza!

Intanto, inconsapevole e in buona fede, il Comune di Bergamo sta vagliando in questi giorni l’ipotesi d’introdurre una nuova tassa: «L’importo potrebbe oscillare tra i 2 e i 5 euro e graverebbe sui pernottamenti in albergo e nelle altre strutture d’accoglienza»  ha spiegato l’assessore al bilancio.

E’ la tassa di soggiorno, iniziativa geniale di promozione turistica: deturpata la Rocca, chiusa l’Accademia Carrara e perduto lo skyline, ovvero le tre principali attrazioni artistico-architettoniche, è probabile che verranno da tutto il mondo a vedere che faccia abbiano questi bergamaschi capaci di scelte tanto originali.

L’assessore comunque ha voluto precisare: non graverebbe in alcun modo sui cittadini.

Una precisazione che ha qualcosa di comico, ed è pure imprecisa: può accadere infatti che un cittadino, perfino un assessore o un presidente, si ritrovi nella necessità di rifugiarsi in un albergo della propria città: ad esempio quando si ritrova una folla inferocita che lo aspetta sotto casa.

con simpatia, Giulio Andreotti

napolitano-ucraina film già visto in ungheria

play this post

napolitanoungheria

alla faccia della politica di piazza, notizia del giorno:

napolitano e renzi si sono incontrati nella sede dei servizi segreti!

giorgio ha spiegato a teo alcune cosette per cui all’italia, nonostante un’apparenza pro ucraina libera e filoamericana, convenga virare morbidamente e sostanzialmente in posizione filorussa (e filotedesca):

quando il gioco si fa duro, giorgio torna al suo vecchio amore, i tank dell’armata rossa.

(imago: le dichiarazioni del “pacifista” Napolitano quando l’armata rossa invase l’Ungheria, 1956, stroncando nel sangue la rivolta popolare)

 

2 segreti in 2 libri

play this post

1segretoin2libri

segreto 1 da “come funzionano i servizi segreti” by Aldo Giannuli ediz. Ponte alle Grazie:

… chi pensa che i servizi segreti siano solo la longa manus dei governi farebbe bene a meditare sul fatto che uno degli ultimi presidenti degli USA (George Bush padre) sia stato precedentemente direttore della CIA, mentre il presidente russo Putin proviene dal KGB.

segreto 2 da “Confessioni di un pubblicitario” by David Ogilvy ediz. Lupetti:

quando il cliente si lamenta a più non posso, fai il suo logo due volte più grosso;

e se ancora non è contento, metti la foto del suo stabilimento;

se proprio nulla c’è che a lui piaccia, allora mostra la sua faccia.

Bosatelli sei vecchio, rilassati

play this post

la-gewiss-compie-40-anni-e-il-cav-domenico-bo-L-BhGUdq

il simpatico domenico bosatelli, boss della gewis (da lui fondata 1970 a Cenate, elettrotecnica, domotica, energia, 300ml fatturato 25 di utile 1600 dipendenti)

giunto alla terza età si mette a fare il boss dei giovani e dei laureati,

adesso è alla guida della Luberg, l’associaz. laureati bergamaschi,

e a proposito del 40% di disoccupazione giovanile su l’eco di oggi dichiara “i giovani dovranno avere particolare intraprendenza e saper inventare nuovi lavori e nuove attività d’impresa, come ha fatto la generazione degli anni Cinquanta”.

Allora, finiamola con questa bufala dei giovani e dell’intraprendenza.

L’intraprendenza del dopoguerra fino al boom economico era data dall’aver appena abbattuto un regime, avere un mondo da ricostruire e soprattutto finanziamenti a pioggia (piano marshall) e condizioni favorevoli a qualsiasi attività d’impresa (legislazione, costo lavoro, mercati, crescita),

ai tuoi tempi, bosatelli, qualsiasi attività uno aprisse praticamente funzionava da sola;

la vostra generazione è ingrassata grazie al traino dell’economia americana, mentre la nostra è affamata dalla micidiale sinergia del debito stato italiano- comunità europea;

oggi qualsiasi attività utile redditizia intelligente che in condizioni di libero mercato funzionerebbe è destinata a fallire appena apri la partita iva e cominci a entrare nei meccanismi assurdi dello stato italiano.

Ai tuoi tempi bastava prendere una roba qualsiasi, e dire “la faccio in plastica” e facevi i miliardi, anche tu hai fatto così,

oggi noi dobbiamo fare il contrario, tutto la roba di plastica tornare a farla in materiali naturali, in un paese in recessione, in mano a un esercito di vecchi di plastica.

Non parlare di intraprendenza, per favore, perchè l’intraprendenza che dovremmo avere è quella di abbattere il regime-gerontocrati,

l’intraprendenza oggi è totalmente soffocata da uno stato kafkiano, tu apri una partita iva o un negozio o una piccola società e in due anni puoi dare una tesi su kafka,

le uniche intraprendenze percorribili sono intraprendenze classiche (sposare ereditieri/e) o marginali non proprio esaltanti: ad esempio l’intraprendenza statalista-extracomunitari, specializzata in concorsi, rimborsi, sovvenzioni, etc; o l’intraprendenza notturna settore spettacolo-sesso-droghe-nuovi business,

per il resto: qualsiasi nuovo lavoro o idea d’impresa in Italia di fatto è illegale. Pensaci. Si comincia dal food, che dovrebbe essere il nostro futuro. Anche tenere tre galline è vietato, ormai. Anche produrre cibo per cani è vietato, se non sei una multinazionale.

Bisogna ribaltare il discorso, bosatelli, di fatto l’unico mercato rimasto ai giovani senza lavoro, sono proprio i molti vecchi ricchi o agiati come te, capisci,

la tua generazione è il nostro futuro, il nostro lavoro,

dobbiamo creare servizi per vecchi, case di riposo, case di vacanza senile, auto di riposo, vacanze di riposo, case editrici di riposo,

lascia perdere gli incubatori per le nuove imprese e i club per laureati,

se vuoi renderti utile aiutaci a fare il contrario, un hospice per vecchie imprese morenti, una casa di riposo per aziende decotte, un lebbrosario per enti inutili,

tutte le associazioni d’impresa, tutti i sindacati, mandiamoli al lazzaretto,

al km rosso, una grande casa di riposo per imprenditori,

insomma bosatelli, e mi rivolgo a tutta la categoria plutocrati: siete vecchi!

Avete conciato questo paese da far schifo, continuate a farlo, tenete strettissime tra le mani tutte le leve del potere, e avete pure il coraggio di dirci che non siamo intraprendenti!

Rilassatevi, mettetevi a scrivere libri, o anche blog a tempo perso come facciamo noi

(e lasciate in pace gli avvocati, che hanno già abbastanza lavoro inutile).

cercasi disabili per sollevare palestrati

play this post

tambor-2012-04

a proposito di advertising e diversamente abili (già disabili già portatori d’handicap)

e dell’appello da Sanremo della Littizetto ai big della GDO come Barilla e Nutella perchè inseriscano testimonial disabili o down nei grandi spot tv della “famiglia felice italiana”,

e sulla base del commento del mio amico P (Aiuto! Preferisco stare in comunità!),

e in seguito alla segnalazione fattami su facebook da Carlo Dal Lago, in merito alla voce “tambor” del calepinus bg moderno-it antico, che dà nome alla testata “il tambor”, organo d’informazione di una comunità disabili della val seriana, fatto e scritto da disabili,

mi permetto di avanzare una modesta proposta:

invece di aspettare e subire gli spot e gli zuccheri della Nestlè,

si cominci in ambito PDO-locale negozi imprese locali a fare piccola pubblicità su pubblicazioni come il Tambor, invece che sui superpatinati luxus (a Bergamo abbiamo più mirror-magazine che in interi paesi civili come l’Austria o la Danimarca)

sono convinti che a livello di immagine sia più sensato e redditizio per un negozio, una ditta, un laboratorio, un professionista fare pubblicità sul magazine della locale comunità disabili,

perchè con questo messaggio, siamo tutti disabili, si affronta la crisi, il deficit, e si impara a conviverci,

oggi abbiamo più da imparare dai margini sociali che non dalle elites,

non ci interessano più storie di successo, soldi, lusso, eterna giovinezza,

vogliamo imparare come poter vivere bene anche in tempi disgraziati.

Su “il tambor” si leggono articoli-recensioni come:

Albino è una grande città. C’è l’oratorio ma non ci sono mai andato. Non ci posso andare perché non è il mio oratorio. Ad albino c’è la discarica dove portiamo la  carta. Dove c’è il Pellicano io conosco una ragazza gentile e bella.  Jhony Rota

Di bello c’è la pista ciclabile, si cammina da Albino. Si va a piedi o anche in bicicletta fino a Cene dove c’è il parco giochi e i giardini pubblici. C’è la funivia che va a Selvino. Sono andato ancora con la funivia con gli operatori. Avevo la tessera per non pagare. Mi è piaciuto tanto, si vedevano i paesaggi giù a basso.

Al mercoledì c’è il mercato grande. Noi in comunità andiamo al mercato a fare la spesa. C’è il laboratorio del Pasquale: ci vanno i disabili a lavorare il legno. Mi piace di più la chiesa di San Giuliano, patrono di Albino. E’ la chiesa parrocchiale. Tutti gli anni vado alla messa di natale alla vigilia con Luca e qualche ragazzo della comunità Deinos. L’anno scorso siamo andati alla chiesa di San Rocco. I custodi ci hanno offerto da bere e sono molto bravi.  Danilo Paris

Ad Albino di bello c’è il bar e la biblioteca e qualche bancarella e c’è anche il mercato. Di brutto c’è la chiesa e c’è la palestra e poi ci sono le scuole che sono brutte perché si scrive e si colora e uno si annoia e si stanca e suda quando scrive. 

E poi è brutta la Valle del Lujo, è brutto il sentiero perché ci sono le vipere e le bisce e poi si inciampa e si cade e si rischia di prendere la storta alla caviglia. E poi di brutto c’è il fiume perché c’è la corrente e poi di brutto c’è il campanile perché è alto e suonano le campane e dà fastidio.

Di bello ci sono quelle commesse del Punto Scarpe perché ci danno 5 euro e c’è anche il caffè e ci fanno fare le cose facilissime. Qualche volta ci danno il cioccolatino e anche le caramelle e ci sono anche persone gentili.  Juri Bonadei

(imago: il Tambor n157 aprile 2012, da cui sono tratti i testi citati)