la cecità dei bergamaschioni

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cazzoniBG

Guardali bene, i veri scandali dell’ex Palazzo Littorio di Piazza della Libertà, i più sexy Berga-Maschioni di sempre, scolpiti nella dura pietra:

il mitico Colleoni over (nomen omen), il Quarenghi “giovane architetto particolarmente dotato” (Caterina la Grande), l’eroico Nullo (altresì noto per essere “il più bello dei Mille”).

Dopo 75 anni sono ancora banditi e tabù per la Bergamo catto-frigida,

lo capisci anche leggendo L’Eco di ieri l’altro: la catto-testata, entrata eccezionalmente a fare un reportage (il Ministero dei Beni Culturali ha vincolato l’edificio come bene storico-artistico)  è riuscita a pubblicare 30 foto “esclusive” dove non si vedono mai i Bergamaschioni, e nemmeno le formelle di Leone Lodi, ancora più erotiche,

in compenso, come in un dossier da “geometra-restrutturazioni”  si vedono pavimenti, tetti, scalini, grondaie, macchie d’umidità (!)

e freudianamente sono stati i graffitti-vandalismi (che chiunque può vedere sui muri esterni) a finire in copertina, e a giustificare il titolo dell’articolo… sul degrado dell’edificio!

come disse una volta un mio amico al prete, anche leggendo L’Eco di Bergamo, si rischia di diventar ciechi: piacciano o no, queste opere sarebbero da far vedere, per capire chi siamo stati, e anche chi siamo (la quarta città gay d’Italia dopo Milano, Bologna e Roma, stando agli iscritti Arcigay)

limitandoci alla storia sociale dell’arte e del gusto, i Bergamaschioni sono i modulor dell’estetica fascio-gay che ha fatto le fortune degli stilisti in Italy,

guardali, Colleoni, Quarenghi e Nullo sono modelli di Versace, Armani e Gucci,

capisci, questo palazzo è chiuso da sempre con la motivazione più o meno velata che rigurgita di simbologia fascista, ma in realtà questo posto rigurgita di iconografia erotico-omosex e/o super-macho gaudens,

il problema, lo vedi, è che i Bergamaschioni parlano con le mani, e alla domanda “ti tocchi?” paiono rispondere in coro: “puoi dirlo forte!”

(photo by FoodForEyes)

essere l’altro

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leo5

Uno scrittore che scrive di sé, come un cuoco che si prepara la cena, non serve a nessuno.

Una volta dicevo, provocavo, chiedevo ai miei allievi: e chi sei per parlarmi del tuo ombelico? Leopardi? Credi di essere Leopardi?

Davvero pensi che i tuoi moti interiori siano più interessanti delle variazioni del prezzo dei vitelli, o dei risultati sportivi?

Le antologie sono piene di “scrittori” che sono riusciti a scrivere e a diventare dei “grandi” nonostante non abbiano vissuto altro che una vita piccola, insignificante, penso a Petrarca, Leopardi, Kafka.

In realtà nemmeno Leopardi si contentava del proprio ombelico, e nella scrittura disperatamente cercava la possibilità di essere altro da sé, di essere Silvia, una siepe, un villaggio, una pianta, una rana, un topo.

Quando Kafka si immedesima in uno scarafaggio, che si nasconde terrorizzato dietro il divano, sta dicendo proprio questo: perfino uno scarafaggio è più interessante di me.

Al’estremo opposto del dilemma “scrivere o vivere”, abbiamo i grandi  “viveur” protagonisti di grandi avventure, imprese e conquiste erotico-militari, che oltre a vivere sono riusciti “anche” a scrivere, dico Giulio Cesare, Cervantes, Casanova, Ippolito Nievo, D’Annunzio, Bukosvky.

Entrambi questi approcci, chiamiamoli “leopardi moon” e “d’annunzio-mood”, si basano su una concezione titanica, lo scrittore come super-uomo, iper-sensibile o dotato di qualità eccezionali, fuori dalla norma, con una patente di superiorità auto-rilasciata…

Ecco allora l’aspirante writer che li prova entrambi, e dopo aver raschiato il fondo dell’anima, si decide a viaggiare, o si butta in qualche impresa assurda, pur di aver qualcosa da scrivere.

Scornato, si ritrova davanti il famoso foglio bianco di Mallarmè, e va in crisi. A questo punto arrivo io, e lo salvo.

Gli dico: esiste un altro approccio, più corretto, meno individualista,

un altro modo per fare lo scrittore che tutti possono seguire, apprendere, praticare, senza essere Leopardi o D’annunzio: è lo scrittore di servizio, una via di mezzo tra il confessore e il reporter, che raccoglie e scrive storie non sue,

è l’artigiano della mimesi, della capacità di immedesimazione,

è un demiurgo che impasta materia non sua, è il virtuoso del collage, il tecnico del montaggio,

è uno capace di viaggiare nelle esperienze altrui, e farne un grande affresco: è Omero, Dante, Shakespeare, Hemingway.

Lo scrittore vero non crea, ma trasmette: il vero senso  della scrittura è un gesto di comunicazione, fin dall’origine, un tra-scrivere.

Scrivere significa essere l’altro, scrivere le storie degli altri.

Ecco il mestiere dello scrittore, mettere su carta le storie che legge sulle labbra di chi racconta, ecco la chiave d’accesso al pieno godimento dell’esperienza di scrivere-leggere.

Oggi, nell’epoca del web, questo segreto, questo raccoglimento, questo incontro che dà origine alla scrittura, è perduto;

con il web moltissimi scrivono: in realtà la maggioranza non sta propriamente scrivendo, ma semplicemente parlando per scritto, in modo diaristico.

Ciò che da sempre si scriveva nel proprio diario, per custodirlo privatamente, oggi lo si scrive pubblicamente sul web,

e di fatto le esperienze, i ricordi vengono così dilapidati, dispersi ai quattro venti.

Pochissimi sul web sono scrittori, se intendiamo come mestiere dello scrittore scrivere le storie di chi non scrive. Di chi vive.

Dunque, uscire, andare al pub in cerca del vecchio marinaio, e delle sue ballate.

Da queste premesse, e una certa incoscienza, è nata l’idea della Pub Writing Session, e il progetto di creare la figura del Pub Writer, l’uomo che armato di penna o portatile ruba le storie nei pub,

il pub writer – come un dj – suona musica d’altri, la sua arte è la compilation, la scaletta, il remix, il coinvolgimento-riconoscimento in uno sfondo, in un tappeto sonoro, dei nodi, dei fili individuali.

la sua arte è quella di interpretare ed esprimere, cioè interpretare esprimendo ed esprimere interpretando, c’è anche una parola che indica questa prassi: ermeneutica.

Il pub writer è lo scrittore di servizio, il suo lavoro è quello di abbassarsi a far da levatrice.

(photo by Chiara Locatelli, il pub writer -scarafaggio Leone Belotti schiacciato dal tacco del potere ginecocratico)

pub writing session

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SHAKESPEARE_IN_FASHION

Stasera, domani, sabato e domenica presso il birrificio ELAV, all’interno della YULE FEST a Comu Nuovo (BG), si terrà una Pub Writing Session per lanciare la figura del Pub Writer, lo scrittore da birreria,

il Pub Writer trasforma le storie sentite al pub in un romanzo corale.

Bukovsky Hemingway Shakespeare Dante Omero erano dei Pub Writers.

Dalla postazione-confessionale il Resident Pub Writer ascolta, trascrive, mixa e pubblica real time le storie raccontate da sconosciuti davanti a una birra.

Il tema della Writing Session “Shakespeare in Elav” è la fine/l’inizio:

YULE FEST è la festa nordica pagana di tributo al solstizio d’inverno, da cui ha origine il Natale cristiano. Nelle 4 notti più lunghe dell’anno, si buttano fuori tutte le paure e gli incubi del vecchio anno, e si esprimono i sogni e i desideri del nuovo inizio.

Il Pub Writer ti invita a raccontare storie con questi titoli:

> un storia da dimenticare

   una storia assurda -– sprofonderei – l’ammazzo – una pietra sopra

> una storia di sesso

   avevo bevuto – non così veloce – non può funzionare – chiamami

> una storia di soldi

 che pacco – soldi buttati – lo faccio per i soldi  – avendo i soldi   

> una storia mai vista

   se rinasco – giuro lo faccio – neanche te lo immagini – una bella storia

Le storie più belle saranno raccolte e pubblicate in edizione a inizio 2014.

“Shakespeare in Elav” è un’iniziativa  #pensacheignoranza ideata e realizzata da Leone Belotti/CalepioPress + redazione CTRL magazine.

Tutto sull’evento in facebook:

notte bianca della cultura dedicata all’ignoranza

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CoverPCI

stasera dalle h20 notte bianca della cultura promossa da #invasionidigitali

da Bg partirà un primo bombardamento tweet (#NBTW #pensacheignoranza ) a partire dalle h20 sul tema “ignoranza”

a seguire  invasione anche “live” su tre temi-luoghi:

h21 porta s.Giacomo bombardiamo tweet, immagini, etc sul tema “le mura di bg”

h22 alla Rocca si bombarda su parcheggio, frana, parco faunistico, etc

h23 in piazza vecchia bombardamento a tappeto su seminario, spedizione dei mille, cappella colleoni, etc

chi volesse partecipare “dal sottosuolo” segua su twitter utilizzando gli hashtag  #NBTW #pensacheignoranza

chi volesse prender parte viva alle invasioni, con tel, photo,  cartelli con sopra scritto  #pensacheignoranza gli appuntamenti sono:

h21 porta s.giacomo h22 rocca h23 piazza vecchia

Locatelli pro e ctrl

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24469

Non è facile fare le cose per bene.

Quando il mese scorso il mensile free press “ctrl magazine” mi ha chiesto di scrivere la cover story su Antonio Locatelli, per prima cosa mi sono immedesimato in Snoopy (“oggi sono un pilota della prima guerra mondiale”) e ho scritto un pezzo “allegro” che ho pubblicato in questo sito nella categoria upperdog (“Snoopy vs Berghem gnorantù”: https://calepiopress.it/2013/10/14/snoopy-vs-berghem-gnorantu/)

mi sono arrivate decine di laudi (“sei un poeta” “bravo e coraggioso!”) ma anche decine di “non desidero più ricevere la vostra newsletter” condite da commenti vari (“gratta gratta, dall’ex-comunista viene fuori il neo-fascista”)

così ho smorzato i toni, ed elaborato una prima versione pubblicata su ctrl-facebook che ha innescato un serie di polemiche on line,

quindi una seconda versione “riveduta e corretta” per l’edizione cartacea, che ha scatenato commenti a tutto campo,

da “hai fatto felice mio nonno, aspettava questo  momento da 70 anni”

a “siete degli irresponsabili” “incompetenti” “fascisti”.

Le reazioni più interessanti, sono venute da due giovani intellettuali bergamaschi d’adozione,

un tale “dale cooper”, che in facebook si dichiara nato a Saraievo,

e un certo “amanuel tewolde”, di origine etiope,

che indignato ha replicato con una sua versione “Locatelli-bis”.

Fedele alla linea editoriale di questo sito (centro raccolta idee differenziate)

mi sembra giusto pubblicarla qui (e a seguire la versione incriminata “Fa le cose per bene” andata in stampa su ctrl magazine + in post scriptum la versione Locatelli Poker, the final cut):

> LOCATELLIBIS by Amanuel Tewolde

Antonio Locatelli è l’unico eroe fascista al quale sono stati dedicati monumenti DOPO il 1945. (Anzi no, c’è l’affaire Graziani e dello scempio storico del mausoleo costruito ad Affile, ma questa é un’altra vicenda ancora, ben peggiore. Ne ha scritto in maniera approfondita il collettivo Wu Ming qui: http://bit.ly/U0n9N2).

Eppure, c’è qualche talento della creatività mondiale che lamenta della scarsa cura e attenzione che c’è a Bergamo attorno alla sua figura

(una via fra le più centrali, un istituto superiore, l’ex Palazzo Littorio – ora Palazzo della Libertà – costruito fra il 1937 e il 1940 e espressamente dedicato a Locatelli e un monumento costruito dopo la Liberazione sulla salita verso Città Alta non mi paiono poco),

agitandone la figura come quella di un eroe sopra le parti, aggrappandosi più all’estetica mediocre di un testo che dovrebbe richiamare la Settimana Enigmistica che alla Storia e alle responsabilità di Locatelli.

Se vogliamo partire dalla fine, iniziamo dalla morte di Locatelli: siamo in quella che dal 1936 al 1941 verrà chiamata “Africa Orientale Italiana” dove le ambizioni imperiali di Mussolini trovano sfogo in una guerra violenta proclamata da Mussolini il 2 ottobre 1935 dal balcone di Palazzo Venezia nei confronti dell’Etiopia.

275.000 etiopi morti (fra militari e civili), utilizzo massiccio di armi chimiche, un Paese occupato e umiliato, sottoposto alla repressione sistematica di qualsiasi anelito di libertà

(basti ricordare l’eccidio del monastero copto di Debrà Libanos dove furono trucidate più di 300 persone fra monaci e laici),

una guerriglia che cerca di resistere come può all’invasore, colpendo le truppe di ricognizione come quella in cui era impegnato Locatelli quando fu ucciso.

Antonio Locatelli, una delle stelle di un’aviazione che in quegli anni ha distribuito sulle teste delle popolazioni etiopi 85 tonnellate di bombe all’iprite per conquistare l’Impero del Duce.

Antonio Locatelli, il fascista della prima ora, quello che nel 1921 partecipava a spedizioni punitive a Crema o che probabilmente partecipava alla distruzione della sede e della biblioteca della Lega Proletaria a Lovere nel 1922.

Antonio Locatelli, deputato del PNF all’epoca dell’omicidio Matteotti, vicenda dalla quale non prese assolutamente le distanze.

Antonio Locatelli, la cui adesione al fascismo fu totale fino alla morte,

nonostante la feroce persecuzione da parte di Italo Balbo e alcuni giochi di correnti interne (unite alle pressioni di alcuni gruppi di potere bergamaschi) lo costrinsero a dimettersi dalla carica di Podestà di Bergamo,

dove alcune sue decisioni non erano piaciute all’estabilishiment dell’epoca (di contro a scelte probabilmente coraggiose, il Podestà Locatelli si appiattisce alle indicazioni sui tagli dei salari degli insegnanti, sull’aumento degli stipendi dei lavoratori pubblici “fascisti della prima ora” e spostò in Rocca il Museo del Risorgimento imponendo una visione della Storia molto propagandista che stravolge un corretto approccio al periodo storico).

Antonio Locatelli, eroe del fascismo, celebrato da Mussolini e al quale il regime dedica attenzione e tributi post mortem, così come – dopo la Liberazione – gli vengono dedicati a Bergamo in maniera acritica convegni, libri, ecc…. altro che “eroe” dimenticato!

“Che cosa di Antonio Locatelli possiamo ricordare ai nostri figli? La dedizione alla Patria? Sì, ma che questa non sia oppressione delle Patrie d’altri uomini. Il coraggio? Sì, ma che questo non significhi schiavitù e sterminio d’altri uomini. La capacità e l’intelligenza? Sì, ma che queste non siano poste al servizio di chi nega libertà e giustizia al popolo.”

(Salvo Parigi, attuale presidente ANPI, nel 1956)

> Fa le cose per bene – by Leone Belotti per CTRL magazine n.45

500 parole stile settimana enigmistica, per un’icona rebus della storia d’Italia: il top gun Antonio Locatelli, 3 ori ai mondiali di guerra tra il 1915-18 e il 1936, quando fu trucidato In East Africa.

Leggendo qua e là: di famiglia povera, a 15 anni scala il Cervino e capisce cosa vuole: volare. A 20 anni è l’aviatore più spericolato della prima guerra mondiale, 500 missioni contro gli austro-tedeschi. Lo abbattono, riesce ad atterrare; lo catturano, riesce a scappare.

Risale sul suo biplano, e nuove imprese no limits: prima la ricognizione-sfida a fotografare i segreti dei cantieri Zeppelin, poi il volo su Vienna con D’Annunzio, lanciando migliaia di volantini con sopra scritto “facciamo la guerra al vostro governo”.

Forse non tutti sanno che: dopo la guerra, diventa un superman dell’x.treme, scala l’Everest, sorvola le Ande e prima di Lindbergh tenta la trasvolata atlantica.

Con l’avvento del Fascismo, incarna l’eroe integerrimo che il Duce, il Vate, e tutti gli italiani sognano di essere.

Deputato a 30 anni, viene silurato a 35 “per indisciplina alle direttive governative”, per aver denunciato pubblicamente la corruzione della futura Alitalia. La sua lettera aperta al regime è pubblicata  dal giornale antifascista stampato a Parigi “La libertà”. Scandalo.

Si “ritira” a Bergamo, a fare il podestà. Crea la Rocca e per città alta prepara un piano urbanistico  “ecologico” all’avanguardia. Si scontra con gli interessi immobiliari (e curiali), si dimette e si arruola volontario per l’Etiopia.

Lo mandano oltre le linee in missione diplomatica. Un tranello. Appena atterra, lo fanno a pezzi. Finalmente il regime può usare l’eroe. Siamo nel 1936. Gli dedicano vie, monumenti, palazzi.

Eroe scomodo da vivo, farà molto comodo da morto ai codardi di ogni colore.

Strano ma vero!: Fotografo, disegnatore, scrittore, Locatelli  muore nel  1936,  dopo aver sfidato il regime, anni prima delle leggi razziali e dell’alleanza con i nazisti.

Vittorini ancora nel 42 andava ai convegni nazisti con Goebbels. Napolitano ancora nel 44 era iscritto al partito fascista. Dario Fo nel 45 era nelle camicie nere di Salò, le SS italiane, come volontario. Eppure il fascista è Locatelli.

Ma è logico. Chi fino al giorno prima diceva “W il duce”, per legittimare il proprio antifascismo ha bisogno di dare del fascista a qualcuno che non possa replicare. Tutti d’accordo: Locatelli!

Spigolature: Nel 2006 Il mitico biplano Ansaldo, donato da Locatelli al museo della Rocca, esemplare unico al mondo, viene praticamente “buttato via” dal sindaco Bruni, che riesce anche a far quasi crollare la Rocca nel tentativo di scavarci dentro un park per i suv dei vip col pass.

Nel 2011 dopo un iter di due anni, su iniziativa di Pirovano e Formigoni, presidenti di provincia e regione, l’aeroporto Antonio Locatelli-Orio al Serio (dal 1937) è ribattezzato “Caravaggio”. Per dargli più “appetibilità internazionale”. Stomachevole.

Soluzione del rebus: Se per fascista intendiamo dire arrogante, furbo, porco, sfruttatore dei deboli e servo del potere, allora non possiamo proprio dare del “fascista” al pur fascistissimo Locatelli.

Piuttosto possiamo dargli della spia: sì, della cattiva coscienza dell’intelleghenzia italiana, asservita a vita al potere, quale che sia.

Post scriptum, per finire, ecco la versione “final cut”

> Locatelli poker, con rilancio:

da bambino abitavo in via Locatelli, andavo a scuola alle Locatelli,

nella mia classe c’era “la Locatelli”, la bambina più vamp della scuola,

ma anche “il Locatelli”, il bambino più povero della scuola (certe cose i bambini le vedono subito)

come merendina avevamo i crackers farciti col formaggino Mio, prodotto dalla Locatelli,

a casa mia mamma faceva la pizza Catarì con la pizzaiola Locatelli,

il sabato prendevo la Locatelli (corriera) per andare dai miei cugini,

la domenica il nonno mi portava alla Rocca, per salire sull’aereo di Locatelli “tre volte medaglia d’oro”, già “eroe della rivoluzione fascista”,  autore del “volo su Vienna” (il primo volantinaggio della storia) e creatore  della Rocca come Parco delle Rimembranze;

crescendo, molti altri Locatelli sono entrati nella mia vita,

sia gente normale, il mio meccanico, il ragioniere del mio primo conto in banca,

sia gente che si è fatta un nome, come il centauro Roby Locatelli, campione del mondo sfortunatissimo (gli si è bloccato lo sterzo a 240km/h!);

o il calciatore Thomas Locatelli, talento da top player non pienamente realizzato,

o lo chef Giorgio Locatelli, della Locanda Locatelli,  il miglior ristorante… di Londra,

o giganti dimenticati, come il compositore Pietro Antonio Locatelli, genio della musica barocca (ci voleva Hollywood per riscoprirlo pochi anni fa: le sue composizioni hanno portato l’oscar per la miglior colonna sonora al film “Master and commander “con Russel Crowe)

Oggi la “Locatelli-fa le cose per bene” è stata rilevata dalla Nestlè,

l’aeroporto Antonio Locatelli- Orio al Serio è stato rinominato “Caravaggio”,

le corriere Locatelli sono diventate TBSO (trasporti bergamo sud ovest!).

l’aereo di Locatelli è finito al museo del falegname di Almenno (!)

e la Rocca è stata fatta franare per costruirci un parcheggio interrato ad opera dell’impresa… Locatelli!

il titolare, Pierluca Locatelli, in pochi mesi è passato da “mostro” (pagava tangenti in Regione a Formigoni e soci per mixare strade e discariche tossiche!) a “santo”: su L’eco in questi giorni è fotografato fighissimo mentre guida camion in piena redenzione: “pagavo le tangenti per salvare l’azienda, e i posti di lavoro!”

Poi giri pagina e vedi una foto dell’avvocato Bruni (fighissimo) che lancia la campagna elettorale.

L’avvocato Bruni, già sindaco della città mentre l’impresario Locatelli faceva il disastro fara-rocca, è anche l’avvocato che difende l’impresario Locatelli, ma tu guarda!

Intanto la città, il comune, noi, invece di chiedere i danni, da cinque anni paghiamo palate di euro-pubblici alla società privata  che avrebbe dovuto gestire il parcheggio!

Wow! Questo è saper giocare a poker!

Qualcuno rilancia, o aspettiamo 80 anni?

 

 

cascina occupata cascina liberata

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kascina

sabato scorso  50 ragazzi hanno occupato una cascina abbandonata in via Baioni, zona Sace,  armati di un volantino:

“Rivendichiamo il diritto a riappropriarci di questo stabile e di riqualificarlo rendendolo agibile, pubblico, partecipato, socialmente utile e attivo.

… un luogo di incontro e scambio, dove potranno nascere officine di piccolo artigianato e di autoproduzioni oltre a laboratori artistici/culturali e di formazione. Sono benvenuti tutti quelli che condividono le nostre idee, che vogliono partecipare attivamente alle assemblee gestionali e alla riqualificazione del posto. Abbiamo bisogno di una mano da parte di tutti, vi aspettiamo!”

In poche ore i giovani falce/martello in versione vanga/rastrello ripuliscono il posto e lo rendono accogliente, arrivano molte persone, tra le quali il proprietario che chiama  Carabinieri e Polizia.

Dopo una lunga trattativa il proprietario e i 50 precari, disoccupati e studenti trovano un accordo: lo stabile sarà abbandonato entro mezzanotte per evitare denunce, ma c’è la promessa di rivedersi perché il proprietario intervenuto non ha escluso che il cascinale, peraltro in vendita, possa essere usato per le attività del gruppo di dimostranti dopo la messa in sicurezza.

I ragazzi scrivono:  “nel momento in cui abbiamo scoperto che lo spazio non era, come da noi pensato, comunale e destinato ad uso pubblico, ma di privati, abbiamo deciso di concludere l’occupazione la sera stessa.

Il segnale che volevamo dare è stato lanciato: troppi sono gli spazi e le case vuote in Bergamo, spazi che dovrebbero essere restituiti ai cittadini e alla città.

Sono talmente tanti questi spazi che anche il catasto ormai non riconosce più le proprietà legittime”.

I commenti dei lettori de L’eco di Bergamo on line sono: “imbecilli, drogati, andate a lavorare, adesso nel quartiere ci manca solo il centro accoglienza immigrati e gli zingari”.

Molti insistono sulla “ignoranza” dei ragazzi che “non sapevano che fosse privata” e hanno promosso un’iniziativa “autolesionista”.

Io penso che in realtà sapessero benissimo cosa stessero facendo con questa “occupazione per una sera”, “temporary”

come si evince tra le righe dei loro comunicati “volevano dare un segnale” , o forse fare un test per future occupazioni, e i risultati del test sono incorraggianti da un lato (simpatia dei residenti, afflusso di persone, azione che lascia un’impronta costruttiva, non distruttiva)

e deludenti dal lato istituzioni e mass media: prontissimo intervento delle forze dell’ordine, prontissima antologia di insulti dai lettori-commentatori de L’eco on line (che non sono commenti liberi, ma di gente iscritta, che fa centinaia di commenti, quasi dei professionisti…)

il segnale più importante, come sempre, è di tipo semantico:

in futuro, forse, non si dovrà parlare di ex fabbriche o ex cascine occupate, ma di aree o cascine liberate

la parola “occupazione” è vecchia, compromessa, statica,

meglio promettere la “liberazione” ,sia degli spazi, che delle persone:

dichiararsi non “occupanti abusivi”, ma “liberatori di diritto”.

ubi maior creberg cessat

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creberg

Due notizie simultanee apparentemente non collegate:

1)    a margine del vertice Letta-Putin è stato firmato un accordo commerciale tra Ubi banca e Transcapitalbank, banca russa di recente costituzione, proprietà di una certa Olga Gryadovaya e di suo marito Leonid Ivanosky.

2)    il Credito Bergamasco sparirà, e verrà incorporato per fusione nel Banco Popolare.

Il giorno prima della fusione, il rappresentante della Curia nel CdA del Credito si era dimesso “per ragioni personali”.

Qualche mese fa l’economo della curia Don Lucio Carminati  sembrava sul punto di essere silurato, forse a causa della costituzione di un fondo di 300mln di euro cui da mesi mancava l’approvazione del Vaticano.

I giornali laici titolavano “terremoto in curia”. Polemiche.

(“Effettivamente la nostra diocesi dispone di un’ampiezza di mezzi impressionante e di risorse patrimoniali non indifferenti” dichiarava il vescovo).

Poi l’approvazione del Vaticano dev’essere arrivata, perchè l’economo è rimasto al suo posto.

Mentre a Trieste Ubi e Olga convolavano a nozze, il terremoto è sceso in città bassa, e ha fatto saltare il Credito Bergamasco, cioè la banca da sempre amica della curia.

E intanto il papa con la Evangelii Gaudium dice: “fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: voi stessi date loro da mangiare”.

Vuoi dire che la curia esce dalle banche, e userà i 300mln del fondo per dar da mangiare ai poveri? O forse la Olga Gryadovaya/Ubi prenderà il posto di Don Carminati/Creberg?

Misteri della fede, e della finanza.

Imago: modelle alla festa del “cavaliere in rosa” alla sede Creberg, estate 2013

Bergamo capitale dell’ignoranza

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BG2019ignoranza

con la sacrosanta bocciatura di Bg2019, è finalmente sotto gli occhi di tutti quello che tutti hanno sempre sospettato (e io scrivo da mesi): “Bergamo capitale della cultura” è una commedia dell’assurdo, senza alcuna possibilità reale,

messa in scena in modo irresponsabile da un trio-ignoranza (sindaco commercialista + assessore agenzia eventi + moglie di un banchiere esperta in salotti) che ci ha preso in giro per mesi (a caro prezzo!) e adesso ha pure  il coraggio di dire “la commissione ci ha presi in giro”

senza considerare il vero semplicissimo motivo dell’esclusione, e cioè aver dato prova di totale imperdonabile ignoranza sui punti decisivi della candidatura:

1) prima prova di ignoranza, come un alunno che non ha nemmeno capito il titolo del tema:  il primo requisito richiesto dal bando è infatti la “partecipazione dei cittadini”,

e invece i nostri  hanno pensato bene di non far partecipare nessuno, affidarsi a professionisti internazionali e soprattutto, a differenza delle città promosse, hanno avuto questo colpo di genio di non rendere pubblico il progetto, come si trattasse di un brevetto industriale privato!

Questo è il vero motivo della bocciatura: a prescindere dalla validità del progetto, affidarlo a esterni e non condividerlo con la città significa non aver capito niente di cosa significhi oggi far “cultura”: rendere partecipi, pubblicando e condidivendo!

Hanno titolato il progetto “Bergamo oltre le mura” e per cominciare col piede giusto  l’hanno tenuto chiuso nella stanza dei bottoni! Ridicoli!

2) seconda dimostrazione di ignoranza: i nostri sono andati sicuri e tronfi con i loro numeri “aziendali”, i milioni di euro di budget pubblico-privati, i milioni di passeggeri-shopping di Orio, dimenticandosi completamente dei numeri cui era interessata la commissione, quelli relativi alla cultura:

e i numeri della cultura, cioè livelli di alfabetizzazione e consumi culturali, spesa pro capite in libri etc,  ci dicono che Bergamo è attualmente una delle città sì più ricche, ma anche più ignoranti d’Italia e d’Europa: record di centri commerciali, mentre le librerie chiudono per fallimento e i locali dove si fa musica vengono fatti chiudere per motivi di “ordine pubblico”,

spendere 10euro per l’happy hour è pratica comune quotidiana, spenderli per comprare un libro ci si deve pensare su molto bene, una cosa da fare un paio di volte all’anno, perché poi il libro resta lì, a dirti quanto sei ignorante.

3) terza prova d’ignoranza, nel progetto non si dice una parola su questa curiosa contraddizione per cui pretende di essere capitale della cultura una città capace negli ultimi 5 anni non solo di lasciare chiusa senza un vero motivo la sua più importante risorsa culturale-artistica (l’Accademia Carrara)

ma anche di mandare sciaguratamente in rovina e abbandonare come fosse un’area dismessa il suo più notevole gioiello di storia/architettura e memoria civica: la Rocca,  l’acropoli della città,

cioè il cuore del sistema di baluardi-mura venete patrimonio unesco, fatta quasi crollare per farci dentro un parcheggio, e poi lasciata lì così, con sopra un cellophane.

Infine, appena saputo di essere stati trombati, hanno anche avuto l’arroganza ignorante di auto assolversi e insinuare che la commissione abbia premiato città “meridionali” e “di sinistra” per motivi geopolitici!

Basta guardare il sito web delle altre città (o leggere i progetti) per capire che non solo il progetto Bergamo è completamente fuori tema, ma è penosamente non competitivo in quanto a capacità di comunicare (vogliamo parlare dei totem?)

Bergamo capitale della cultura se presa sul serio è un’utopia che richiederebbe di cambiare completamente la visione, il metodo, e chiaramente le persone:

il pianoB, elaborato “dimostrativamente” a zero euro da Calepio Press, è un provocazione in questa direzione, ma nel contesto di potere attuale, con attori come Bruni Tentorio Curia L’Eco Percassi etc  si tratta chiaramente di fantascienza, fantamarketing.

Viceversa, realisticamente, paradossalmente le stesse ragioni per le quali oggi Bergamo non ha senso come capitale della cultura, ne fanno la candidata perfetta a essere “capitale dell’ignoranza”.

Ecco un progetto realizzabile, onesto e sincero, e certamente di immediata comprensione e votato a successo internazionale:

Bergamo capitale mondiale dell’ignoranza  – il fuori-salone della cultura

festival dell’ignoranza doc (salone dell’ignoranza a km0).

“perché senza sana ignoranza non si fa cultura!”:

programmino provvisorio:

> conferenza stampa d’inaugurazione: Tentorio, Olivares, Sartirani: “La nostra ignoranza al servizio della città, dell’Europa e del World”

> segue concerto rock star genuinamente ignorante (Vasco, Liga, etc) nel piazzale dell’Oriocenter.

> al Donizetti e al Sociale: commedie dialettali in bergamasco

> nelle piazze: torneo no-stop di scopa/briscolone per over 75 prelevati dalle case di riposo e dai circoli acli alta valle (con tanto di bestemmie in lingua berghem + megascreen +  riprese TV tipo poker texas).

> al KmRosso: un convegno filosofico-epistemologico inaudito sulla playstation e l’X.box e Wii come forme occidentali di meditazione-mandala per cogliere l’inutile assoluto nel vuoto della propria mente.

> Balotelli e Cassano: seminario “un calcio ai libri”

> associaz. di categoria: le risorse d’eccellenza ignorante del territorio (edilizia, agroalimentare, lavorazioni plastiche, etc)

> sponsor tecnico: Cantina Sociale Valcalepio + birrifici indipendenti

> ambasciatori: gli stessi della cultura (Atalanta, Pooh, Gimondi, etc)

> madrine-presentatrici: le sorelle Parodi.

> organizzatore/produttore tv: il marito-cognato.

> slogan: per non saper né leggere né scrivere…

 

Bg 2019/pianoB: progetto Bergheimer

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NulloCheFuxia

Bergheimer (Bergamaster): opportunità per scultori, architetti, designer:

vogliamo esibire “come si deve” i grandi bergamaschi, nascosti o dimenticati, i padri della patria, e della cultura,

non con effimeri totem pubblicitari, ma con grandi sculture permanenti nella scenografia madre, le mura venete.

Diamo immediata e duratura riconoscibilità storica-culturale alle icone della città che incarnano i più nobili valori della gens bergheimer: incoscienza, determinazione, genio, eroismo

– aereo biplano Ansaldo di Antonio Locatelli, in una bolla, cupola o piramide di vetro sullo spalto di S.Giovanni

– statua equestre di Bartolomeo Colleoni, la “più bella statua equestre del mondo”, copia gemella in bronzo dell’originale del Verrocchio e Leonardo di Venezia,  sul baluardo di S.Giacomo,

– busto marmoreo di Ambrogio da Calepio, l’inventore del vocabolario, precursore del web, sul baluardo di S.Agostino,

– statua del “più bello dei mille” Francesco Nullo, gigante, in cemento, come statua della libertà, sul mastio della Rocca

(oppure: in via autostrada/città dei mille, come colosso di Rodi)

imago: Francesco Nullo è + figo di Che Guevara, 2013by CpFfe 

3 alberi secolari per 3 posti auto privilege

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taglialberis

Ieri il parco di Sant’Agostino in Città Alta-Capitale della Cultura  era chiuso, un cartello scritto a mano avvisava “per operazioni di taglio alberi”,

al posto di tre piante plurisecolari sbucava un novissimo cartello design con il logo “Università di Bergamo, Scienze della Formazione, parcheggio riservato ai dipendenti”.

Cosa pensare? Tre secoli di architettura della natura tagliati in un pomeriggio per farci tre posti auto per scienziati posto fisso-posto auto.

Scienze della Formazione è una facoltà creata nel 2005 dal filosofo Mauro Ceruti.

Mentre tagliano gli alberi, vengo a sapere che il filosofo Mauro Ceruti, probabilmente il nome più autorevole dall’Università di Bergamo, si è dimesso.

Mauro Ceruti è l’autore di un libro importante dal titolo “Il vincolo e la possibilità” (1986, Feltrinelli) dove, riprendendo Prigogine e Stengers, spiega che il vincolo non è solo ciò che limita le possibilità, ma esso stesso è opportunità.

Quasi una filosofia del “border line”: è sui confini, sui limiti, che si gioca il cambiamento.

Una lotta tra chi sta all’interno del sistema, e ne difende identità e confini, e chi dall’esterno e agisce per il cambiamento, cioè la caduta dei confini e/o l’inglobamento del sistema entro sistemi più ampi.

Tuttavia per condurre la sua lotta l’osservatore esterno deve sempre mantenere la “consapevolezza epistemologica della sua irriducibile ignoranza  del dettaglio di ciò che avviene all’interno del sistema”: altrimenti si fa neutralizzare dalle ragioni del sistema.

Bene, volendo comunque saperne di più su questo “taglio” di alberi (e di filosofi) scopriamo che Ceruti senza tanti giri di parole, si è arreso all’evidenza: l’Università di Bergamo è di serie B, e l’idea della capitale della cultura rientra in questo quadro.

Gli alberi, invece, stando a notizie riportate dall’associazione “amici di città alta” erano malati e pericolanti, e la decisione di tagliarli è avvenuta con l’avallo di Italia Nostra.  Speriamo sia così. Ma allora non si capisce come mai, in questi casi, non venga esposto un cartello con motivazioni, tempi ed enti responsabili dell’intervento.

Quando si abbatte, costruisce o restaura un edificio, anche insignificante, è obbligatorio esporre il cartello con tutte le informazioni e i permessi e i nomi e cognomi dei responsabili,

quando si tagliano alberi secolari che fanno parte della storia della città e del suo ambiente architettonico storico-naturale, niente di niente, chi se ne frega di tre alberi,

da queste cose, l’osservatore esterno, deduce il rispetto che il Comune ha per gli alberi, e per i cittadini.