occupare l’obitorio per tenere vivo il senso civico

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Gli Ex Ospedali Riuniti, l’area più bella,  più grande, più scenografica della città, è stata rubata ai cittadini,

e i cittadini dovrebbero essere contenti, perchè con la Guardia di Finanza  diminuiranno i furti nella zona.

Con una manovra degna di un film dell’assurdo,  una società pubblica di nome Infrastrutture Lombarde  incaricata a carissimo prezzo di valorizzare l’area è riuscita a deprezzarla  all’inverosimile fino a svenderla di fatto a 500€/mq, cioè 1/10 del valore immobiliare dell’area.

Il dialogo dell’amministrazione comunale  con i cittadini è stato pari a zero.

Io dico che non era difficile trovare 100 bergamaschi abbienti disposti a investire 500.000€ cad o addirittura 1000 piccoli proprietari con 50.000€ cad, e realizzare progetti riuniti di riconversione virtuosa, le idee non mancano, le esigenze nemmeno, le risorse le abbiamo,

I cittadini non hanno potuto far altro  che subire la vicenda leggendo i giornali, avvisati a cose fatte, come inquilini in affitto,  sottomessi da amministratori anonimi.

In una città normale i cittadini sono padroni consapevoli della propria città, e gli amministratori personale di servizio, e di professionalità inappuntabile.

In una città normale un’area come questa è evidentemente la soluzione ideale per l’Università, ma questa essendo una città finta, hanno fatto finta di darla all’Università, poi hanno detto che l’università non aveva i soldi, mancavano 10 milioni (il prezzo era 120, poi 90, poi 75, e oggi la Guardia di Finanza ha fatto l’affare a 55 milioni)

in una città previdente un’area come questa è evidentemente la città del futuro, del benessere e del riposo, una grande casa di riposo, è già pronta, magari integrata con le piscine italcementi e l’accademia finanza (ora ex, a sua volta in vendita…) per un grande polo residenziale-terza età, terme, pensionato (anche misto, anziani-studenti)…

no, anche la terza età è oggetto di speculazione, case di risposo lager a prezzi da hotel lusso,

oltre al danno, la beffa: e ci tocca  leggere sui media che l’occupazione (la militarizzazione) dell’area è un segno di attenzione del potere statale verso la nostra città,

io direi che se la Guardia di Finanza e cioè lo stato avesse voluto dare un segno d’attenzione avrebbe dovuto occupare e occuparsi delle sue aree dismesse, come l’ecomostro centro tributario di azzano, o la caserma montelungo,

e non di fatto sequestrare al ribasso come un usuraio un’area sana da sempre al servizio dei cittadini per trasformarla in una propria roccaforte di controllo fiscale,

questa vicenda mi fa venire voglia di occupare simbolicamente una piccola area degli ex ospedali: l’obitorio municipale, per tenere vivo il senso civico.

photo: reparto radioterapia, by Virgilio Fidanza. Tutte le foto dell’area dismessa in 

http://www.piucorpiriuniti.com/home.html

 

 

 

 

2 segreti in 2 libri

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1segretoin2libri

segreto 1 da “come funzionano i servizi segreti” by Aldo Giannuli ediz. Ponte alle Grazie:

… chi pensa che i servizi segreti siano solo la longa manus dei governi farebbe bene a meditare sul fatto che uno degli ultimi presidenti degli USA (George Bush padre) sia stato precedentemente direttore della CIA, mentre il presidente russo Putin proviene dal KGB.

segreto 2 da “Confessioni di un pubblicitario” by David Ogilvy ediz. Lupetti:

quando il cliente si lamenta a più non posso, fai il suo logo due volte più grosso;

e se ancora non è contento, metti la foto del suo stabilimento;

se proprio nulla c’è che a lui piaccia, allora mostra la sua faccia.

Bg in 15 loghi comuni verticali

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BGcolonnalexs

Per “loghi comuni verticali” intendo i landmark verticali del paesaggio, architetture, erezioni, segni che identificano il territorio antropizzato.

1) uscendo dalla A4, la Torre dei Venti, il segno d’accesso alla città, d’epoca fascio, qualche anno fa volevano demolirla: ma i segni di un regime si possono abbattere nei giorni in cui quel regime crolla, farlo 70 anni dopo è ridicolo. Oggi in abbandono, ospita un pollaio.

2) appena passato il casello, sulla sinistra svetta il Traliccio dell’Orologio: un orribile, grosso cubo nero, con le scritte sgangherate BANCA – POPOLARE DI – BERGAMO, forse sostituitiva della torre dei venti, indica il vero padrone della città.

3) dove un tempo appariva lo skyline di Città Alta, ecco il nuovo edificio con il Taglio Ipocrita, prima approvato e quindi sull’onda delle reazioni pubbliche decurtato in obliquo: proprio a dire il Taglio Ipocrita della città.

4) in centro, la Torre dei Caduti, ovviamente sempre chiusa, con quel nome (e i tempi che corrono)

5) a est, la Torre del Galgario, ultima rimasta delle Muraine, le vere mura di Bergamo, come una sentinella davanti alla Caserma Montelungo, inutilizzata da lustri, simulacro dell’incapacità di ripensare gli spazi pubblici.

6) a ovest, la colonna romana di S.Alessandro in Colonna: indica il martirio del bergamasco, del pendolare bergamasco, dello studente, del magut, il supplizio della colonna, ore e ore, giorni e anni spesi incolonnati tra Milano e le valli.

7) salendo in Città Alta, Porta S.Giacomo, la notte illuminata di fuxia, o di verde, sembra la scenogafia Las Vegas di una discoteca, stampata su forex, e invece è marmo monumentale del rinascimento, indica esattamente la perdita di autenticità che si ottiene facendo esibizionismo.

8) la Torre campanaria di S.Maria Maggiore, prototipo del kitsch: la basilica è un must del romanico, poi hanno aggiunto un campanile rinascimento in stile veneziano, fatto da un Moroni di Albino, e infine un bel cocuzzolo a cipolla barocco in stile mitteleuropa, un mes-ciòt, e qui capisci anche l’ignoranza media di massa, e le origini storiche delle finiture di pregio e del mobile in stile, cioè della falsificazione del gusto, alla base del disastro sociale.

9) la Torre del Gombito amputata d’autorità per ragioni di pubblica sicurezza, perchè più alta della Rocca, è un monito a chi sfida il potere.

10) la Torre  del Campanone, che ancora oggi alle 10 di sera suona i 100 colpi del coprifuoco, opera sonora ininterrotta da 5 secoli, vero segno della chiusura dei bergamaschi, la sera tutti a casa propria, con le mura in testa

11) il Mastio della Rocca, l’acropoli della città, luogo della memoria, da 5 anni sventrata da un cantiere-frana, diventata luogo della perdita della memoria della città,

12) il Castello di San Vigilio, occupato dei ripetitori, segno di una città a misura di telefonia mobile e tivù satellitare, come ogni periferia del mondo,

13)  scendendo dai colli, Il Campanile del Monastero di Astino, antichissimo locus fantastique, dal 1973 oggetto di scontro su come, perchè, per chi restaurarlo: simbolo di uno sport per architetti e assessori, una nuova parola: la restauromachia.

14) poco lontano, ecco le 5 Torri del Nuovo Ospedale in forma di coni ribaltati, conficcati, impaludati, a indicare un modo di operare contronatura, e contrologica, della techno-medicina.

15) ovunque in città, i totem promozionali della capitale della cultura, scaduti da 4 mesi, ancora lì, a ricordarci che siamo una tribù di selvaggi, succube dello stregone del villaggio.

(imago: la colonna romana sul sagrato di S.Alessandro in Colonna, Bergamo)

 

 

da tambor a tobercol

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tolòt

Dall’istituto di glottologia Pagus Palatii, riceviamo e pubblichiamo gli aggiornamenti (aggettivi denigratori, anni 1950-2000, Dipartimento del Serio, lettera t) al Novissimo Calepino “bergamasco moderno – italiano antico” a cura del Ch.Dr.Prof. Leonidas Calepinus

tambor: d’etimo incerto, s’accredita la lezione del Beltrami: italianismo da “tamburo-tamburello”, e dunque persona che vale come istrumento rumorista in pelle d’asino.

taparela: vedasi tenda, con la fattispecie della tapparella e del buio totale dell’intelletto.

tenda: dicasi di persona in specie giovine eppure d’intelligenza oltremodo ottenebrata e piatta sia d’ingegno che d’opinione, come chi abbia una tenda alla finestra, e reputi il ricamo della medesima essere il paesaggio reale.

tenda a fiori: vedasi tenda, con la fattispecie del paesaggio idilliaco, popolato di villici d’animo gentile e pastorelle dal core puro.

tola (facia de):  faccia di latta, malleabile,  e con ciò atta  e rotta  ad ogni aspetto.

tolot: lattina, barattolo vuoto, epperò colmabile da chicchessia con qualsivoglia intento.

tobercol: piccolo tubero, bitorzolo, germoglio malriuscito, tuttavia non obbrobrioso, ma umanamente compatibile e talvolta persino amabile.

(fonti autoctone: Massimiliano Gandossi e Jennifer Gandossi, scuole medie Nembro anni 1978-1982. Imago: tolot 1981, ormai naturalizzato)

Bergamo project by Le Corbusier

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BgAltaLeCorbusier

un caso di serendipity classic  (trovi quello che cerchi solo quando cerchi qualcos’altro)

nel caso specifico cercavo info e progetti per la città di questo arch. zenoni (marcello)  candidato sindaco di Bergamo 5 stelle,

e invece, sfogliando schermate google prima di marcello zenoni trovo il blog di stefano zenoni con il progetto per bergamo fatto da Le Corbusier su un tovagliolo di carta,

un disegno di cui avevo sentito parlare, ma che non avevo mai visto, una storia che mi aveva raccontato suo tempo Enrico Baleri, e avevo dimenticato,

siamo nel 1949, a Bergamo si svolge un congresso internazionale di architettura, e il grande Le Corbusier prende un tovagliolo e disegna in massima semplicità e assoluta certezza la storia e il futuro di Bergamo Alta: senza auto!

In alto scrive: “Qui niente macchine. Qui la splendida città senza ruote.”

E sotto: “Quando entro da un amico lascio il mio ombrello alla porta; I visitatori della vecchia Bergamo possono benissimo lasciare le loro ruote alla porta. (Rettifica: non ho più un ombrello da più di quarant’anni)”

Inoltre (Baleri version) dopo aver fatto il giro di Città Alta, a chi lo accompagnava (forse Pino Pizzigoni?) Le Corbusier chiese: e le puttane dove sono? il bordello dov’è?

Immaginiamoci pure le possibili risposte.

Qualcuno è in grado di sviluppare questo concept di Le Cobusier per Bergamo, un’idea in attesa dal 1949?

Questo disegno di le Corbusier io glielo appiccicherei in fronte a Bruni, a Tentorio, alla Sartivares, al vescovo, all’ascom, a l’eco, all’università e al prossimo sindaco.

Da almeno dieci anni rompo le scatole a tutti gli architetti che conosco ( a Bergamo sono centinaia, forse migliaia!) ma non ho ancora trovato uno che abbia soddisfatto la mia semplice richiesta:

fammi vedere un disegno, uno schizzo, un rendering, un’immagine di Bergamo Alta senza asfalto! Viale delle Mura senza asfalto, me lo fai vedere come sarebbe?

Sono bravissimi a fare box interrati, aerei, sottomarini; e non si rendono conto che è finita l’epoca dei posti auto, è tempo di progettare posti-uomo!

Niente, se non c’è il cliente, non muovono un dito! E dovrebbero progettare il futuro! Ma il cliente sono io! Il cliente uomo! Il cittadino!

Hai capito adesso dove sono le puttane a Bergamo?

E hai capito dove è finita la tua visione, il tuo concept, il consiglio del più grande architetto del mondo alla nostra piccola città?

Nascosto in un blog clandestino, che trovi per caso.

(l’immagine del progetto “Le Corbusier per Bergamo” 1949 è tratta da http://stefanozenoni.altervista.org/)

la giunta Galgario

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GiuntaGalgario

I soliti bergamarci sono quelli che da 300 anni hanno quella faccia da trota-squalo del maschio di soldi o di potere che si dà l’aria del nobile ma è bastardo dentro, e si vede.

Un tipo d’uomo moralmente un po’ suino, mediamente ignorante e piuttosto vanitoso, visibile per strada, nelle aziende, in società, sulle copertine patinate,  sui manifesti elettorali, identico nell’espressione ai vecchi ritratti di Fra Galgario (il frate-pittore dei vip, al secolo Vittore Ghislandi, Bergamo 1655-1743) che si possono vedere alla Carrara (ndr: no, scusate, è chiusa da 5 anni).

Secondo una ricerca #pensacheignoranza, il 69% dei bergamarci  non sa chi sia Fra Galgario, e chi lo sa, crede sia una figura minore. Sui libri di storia dell’arte è il maggior ritrattista del 700 in Europa, l’anello di congiunzione tra la pittura veneta e quella fiamminga, il maestro delle lacche.

Una storia tragicomica la sua, che si presta al gossip e all’amarezza, come i soggetti dei suoi ritratti.

Gossip: ancora ragazzo, mentre sta facendo il ritratto a una prosperosa contessa, quella, insoddisfatta, si apre il corpetto e gli sbatte in faccia il seno chiedendogli: ma perchè voi mi togliete quel che Dio m’ha dato? Il giovane Ghislandi fugge terrorizzato, scappa a Venezia, si fa frate.

Starà a Venezia 25 anni, imparando i segreti del colore dai grandi maestri. Nella Venezia barocca sarà il frate pittore amante del ritrarre orfanelli, speculare al prete-rosso Vivaldi che adorava far suonare le orfanelle.

Tornato a Bergamo, diventerà il ritrattista dei vip, lavorando fino a 90 anni, e facendo sempre e solo ritratti di 3 tipi: 1) bellissimi, di fanciulli bellissimi 2) bellissimi, di committenti orrendi 3) orrendi, di donne orrende.

Dal che derivano: 1) la fama di frate-pittore gay, con preferenze teen (il Cerighetto, il chierichetto, l’assistente più ritratto nella storia dell’arte, incarna per Zeri il modello ideale dai grandi occhioni e dalle labbra carnose e ricurve) 2) la fama di misogino 3) la vergogna-ignoranza dei bg b.got + ostracismo chiesa + iconoclastia femminista (le donne si vendicheranno).

Amarezza. Il corpus delle sue opere raccolte dal conte Carrara per la futura Pinacoteca, appena morto il conte, è smembrato e svenduto dalle nobildonne della commissione. Da lì in poi, l’oblio.

Fu il Longhi, già “scopritore” del Lotto, a spiegare il senso  di Fra Galgario ai moderni: distraendo committenti e spettatori con le magie del colore di vesti e tessuti, denudava le anime nei volti.

Pietro Citati scrive: non si rendevano conto, mentre posavano, che il loro demoniaco ritrattista penetrava dentro di loro, e frugava nelle anime, o nelle contraffazioni delle anime.

Gli aristocratici e i ricchi borghesi di Bergamo hanno gli sguardi rivolti verso sé stessi, in laghi di ansia e apprensione, forse nascondono follie; altri sono impavidi, arroganti, stolidi, immersi in tutto ciò che di equivoco e losco offre la vita. 

Un grande maestro, un minore nella sua città. Anche il Fra Galgario appeso nell’ufficio di presidenza della Ubi è stato sostituito con un’opera più glamour, optical, di un artista donna.

Tra gossip e amarezza, Fra Galgario continua ad aggirarsi inquieto tra i corridoi chiusi della Carrara (dove hanno messo i miei quadri?) e gli stanzoni dell’ex convento del Galgario dove posavano i vip, oggi dormitorio per extracomunitari dai grandi occhi e dalle labbra carnose.

(editoriale by Leone Belotti per il nuovo numero di CTRL, il magazine che “va a ruba pur essendo gratuito”, in distribuzione da oggi nei locali giusti con il titolo “i soliti bergamarci” partorito del duo Postini e Fennino, editore e direttore. L’immagine di copertina, elaborazione di un celebre ritratto doppio by Fra Galgario, è stata realizzata dai goodfellas dello Studio Temp)

spirito duende

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FedericoDuende2

Una volta Federico García Lorca parlò del duende: uno stato emotivo topico, vortice interiore di sensazioni che conduce all’autentica espressione artistica.

Il termine è prettamente musicale, indica l’animo gitano del flamenco, ma è riferibile ad ogni forma di arte e dunque ad ogni artista che crea con questo spirito.

Poi esiste un altro Federico che fa Duende di cognome, e il musicista di professione.

Non lo vedevo da un decennio, o più.

L’ho rivisto ieri per caso. Gli ho detto: raccontami la tua storia.

La storia è semplice, ti racconto quello che m’ha cambiato la vita in 3 movimenti,

1 intro adagio in crescendo, cioè è come sono arrivato alla musica,

la voglia di suonare mi è venuta all’inizio delle superiori,

prima giocavo a calcio, sciavo, rugby, basket,

dopo non andavo più in curva, cominciavo a stare meno con gli amici, più con la musica, con le ragazze,

la mia prima batteria, usata, 150.000 lire

con gli amici del liceo tentavamo di suonare il punk rock, clash, sex pistols, led zepelin, iron maiden

dopo un paio d’anni ascoltavo il jazz, il blues, anche il blues elettronico, ero più curioso, cercavo le radici, john lee hooker, steve ray waughan,

a un certo punto mi iscrivo in accademia della musica, il mio maestro è Vittorio Marinoni, che suonava con Trovesi, e nell’orchestra Rai,

a un certo punto mi ha fatto capire questo: per suonare il rock non serve andare a lezione, ascolti i rolling alla radio, i cure, fai come faceva come jimy hendrix, impari anche senza saper leggere la musica,

in quel periodo ho cominciato a sentire la fusion, weather report, jaco pastorius, diijawan, la musica brasiliana,

la tecnica diventa più una questione di sensibilità sullo strumento, lo sviluppare capacità lessicale ti permette di non aver paura della musica, e cominci a divertirti, come quando impari una lingua, e prendi una scioltezza che ti rende estroverso,

stavo tutte le sere quattro ore in questo scantinato sotto casa mia a provare, suonare, riprovare, è stata questa la mia formazione,

a diciotto anni con la patente la macchina gli amici andavo a vedere i concerti jazz-blues,

da tre metri di distanza imparavamo come si suona, senza tanti microfoni, mettendo giù chitarra basso e batteria in piccoli locali, tassino, mentafredda, reef, caribe,

posti dove ho sentito suonare i miei maestri, e dove poi ho cominciato a suonare io,

intanto facevo il liceo, a scuola conosciuta questa ragazza australiana, oriunda italiana, in Italia per gemellaggio culturale, siamo nel 1990,

nella sala prove con la stufetta elettrica e il freddo porco scatta la love story,

restiamo in contatto per lettera,

dopo la maturità, mi regalo viaggio in australia per andarla a trovare, due mesi, western australia, a perth, scopro un mondo diverso, nel distretto ristoranti e locali tanta vita notturna e tantissima musica dal vivo, conosciuti tantissimi musicisti, specialmente italo-australiani,

mi avevano adottato,  mi portavano in giro in harley, mangiare, bere, suonare,

cominciato a suonare, andavo a genio a tutti, nessuno mi aveva mai cacciato da una band,

tornato in italia mi iscrivo al dams, corso di musicologia, due anni, la mattina studiavo e il pomeriggio una ragazza del centro di bologna mi affittava una stanzetta con una batteria per 50.000 lire a settimana, andavo a scuola col piatto, poi a suonare,

a 20 anni avevo la mia reputation di batterista capace, avevo suonato con un pò di gente, per caso o per fortuna mi chiamano i reggae national ticket, conoscevo il saxofonista, finisco a suonare con loro che cercavano un batterista,

loro avevano appena vinto arezzo wave emergenti, siamo nel 1995, facciamo una tournèè di un mese tutta italia con arezzo wave festival inverno, prima esperienza da musicista professionista,

ricordo un concerto a torino al palastampa,  dicembre 95, dovevamo aprire il concerto degli africa unite, 7000 persone,  poi registriamo il cd, “squali”,  oramai lavoriamo insieme da 6 mesi, le cose vanno bene

2 andante con brio, cioè come ho cambiato tonalità e continenti

a quel tempo la mia ragazza australiana si era trasferita in italia da me, ma dopo un po’ lei qui aveva problemi con i documenti, deve rientrare,

comunque là c’era lavoro, e possibilità di stare insieme,

decido, vado in australia, per stare con lei,

così prendo la decisione definitiva, a 22 anni, mi trasferisco in australia,

a 22 anni pensi di poter fare tutto, non ci pensi più di tanto, vuoi andare,

stupidamente magari li ho mollati, i reggae national ticket (loro poi sono andati in jamaica) ma volevo di più come solista, solo quando sono arrivato là mi sono reso conto di quello che ho perso, una carriera,

dovuto ricominciare tutto da capo, da zero, piano piano, subito a lavorare, impresa di pulizie, e cinque mesi di inglese corso per immigrati, gratuito, anzi mi sovvenzionavano, ma già al primo anno mi inserisco in una band di cover, andiamo a fare un capodanno, creatività poca, ma energia ok,

il pub rock austrialno era ancora fermo ai kiss agli anni 80, decido di evolvermi,

prendo un diploma per avere accesso all’università, e poi vado a fare l’audizione al conservatorio di perth, corso di batteria jazz,

anche se non sapevo molto di teoria, sono passato, poi sono fatto quattro anni regolari, e mi sono diplomato al conservatorio,

e intanto suonavo sempre più, anche due spettacoli a sera il venerdì sera, matrimoni, feste, in trio, quartetto, con cantanti donne, facendo pop, jazz, blues, di tutto,

siamo nel 2000, il mio socio un anglo-indiano, chitarrista, kim, lui portava lavori, io portavo lavori cominciavano a girare bei soldi in tasca, lavoravamo 5 – 6 sera la settimana, a volte vampate di cash di mancia ai matrimoni,

la mattina libero, dormivo, tutti i giorni in spiaggia nudista, corsa, bagno, poi andavo a comprare 2-3 cd, andavo al dely italiano, pecorino, carne,

il pomeriggio prove, la sera suonare,

a un certo punto succede che ci lasciamo, la storia era finita, vado a vivere da solo, e divento un iper-nomade, col gruppo partivamo per 3 mesi, andavano in corea a lavorare negli hotel, singapore, dubai, negli hotel 5 stelle, nel loft garden, bei soldi, tutto pagato, colazione, pranzo, cena, tutto 5 stelle, aerei prima classe, verdure fresche, pesce fresco, sushi,

di giorno in giro, poi in albergo relax e prove, la sera pop internazionale, avevamo 200 brani in repertorio, m.jackson eagles madonna frank sinatra tutto, la cantante una bella ragazza, kim alla chitarra, il suo amico al basso, io alla batteria, 4 ore a sera, 7 sere la settimana, dopo 3 mesi così suonare diventa il tuo gesto naturale, suoni a occhi chiusi qualsiasi cosa,

oppure tournè in east australia, sidney, melbourne,

registravo cd con artisti che mi chiamavano per registrare cd di musica originale australiana, anche le percussioni, le congas,

poi per un anno insegno in un college anglicano privato, insegno batteria ai ragazzi delle superiori, si guadagnava bene, poi lo mollo per le tournee,

andava tutto bene,

fondo la mia band, il mio primo disco da solo, genere jungle-dub e jazz,

per un paio di anni prendo la nomination per la musica awards in west australia come best batterista, poi mi butto sul latin jazz, creo una band “federico duende collettivo latino”

io percussioni, alla batteria un altro italo-australiano, contrabbasso e chitarra,

facevo trasmissioni in radio, siamo nel 2005, e sta finendo tutto,

m avevano proposto 9 mesi allo sheraton di bangkok a scatola chiusa

un pacco di soldi, un paese pieno di tranelli droghe ragazze

quello prima di me di stanza allo sheraton mi diceva: troie superlusso gratis tutte le sere ti entrano in camera diventano tue amiche

3 il ritorno della tonica,  cioè come ho ripreso le mie radici

intanto quando potevo un mesetto l’anno tornavo qui in italia a scanzo a trovare i miei, facevo qualche spettacolo, al tagliere, al paprika,

mi rendevo conto di non saper più, non riuscire più a parlare italiano,

quasi per caso succede che in australia non potevo più guidare per tre mesi,

un semaforo rosso, una sera per andare a suonare un matrimonio dove si guadagnava bene, un controllo, alcool ok ma patente sospesa, e vengo arrestato con due accuse,

4 giorni dopo in tribunale ho pagato l’avvocato d’ufficio 100 dollari mi sono dichiarato colpevole mi hanno dato 500 dollari di multa e tolta la patente 9 mesi,

in australia non puoi farti venire a prendere tutte le sere, intanto ero cittadino australiano dal 2001, siamo  ad agosto 2006, e torno in italia,

vado a stare da una ragazza, ci sto due anni, , ormai ero madre lingua inglese, e ho insegnato inglese per 4 anni

e dopo più di 10 anni ho ripreso a suonare in giro, druso, bopo, polaresco, col jazz club di bg, col mio maestro,

qualche volta ho suonato con carotone, sostituivo il batterista degli arpioni, grandi concerti a barcellona, a palermo, belle date,

ho fatto le percussioni per il nuovo disco roby zonca,

adesso con dudu e tommaso lando lavoriamo a progetto nuovo,  i “duende kangaroos” un collettivo intercambiabile di musica  jazz improvvisazione

facciamo 1h di musica nostra e poi 1h con tutti gli ospiti facciamo la jam, una volta al mese, al bopo ponteranica,

creato un mio set particolare di batteria e percussioni,

adesso insegno batteria nella scuola dove ho imparato, c’è l’attrezzatura giusta, e buone soddisfazioni, ho tanti ragazzi, ed esperienze da trasmettere,

non sono diventato una grande star, ma chi vuol fare questo mestiere adesso mi vede come io vedevo il mio maestro, e questo è appagante.

(storia di Federico Duende raccolta da Leone Belotti)

invisible show

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s

> invisible show  è un concept no logo no time no space,

un ossimoro perfetto, un contro-senso in termini, invisible e show,

> invisible la location, un mistery locus, address last minute, venerdi 24 gennaio h21.30 all’oratorio settecentesco di san Lupo, (“oratorio” in senso pre salesiano, no social, privè, forma mixta archi-musicale per la preghiera recitata-cantata) con introitus ex via San Tomaso, lungo la

> invisible directory geo-temporale via Brigata Lupi-Palazzo Lupi, nel back stage di S.Alex de la Crux, a Bergamo,

> invisible la facciata neoclassica, quattro semicolonne d’ordine gigante, trabeazione altissima,

> invisible l’epigrafe sul fregio DIVO LUPI BERGOMATUM DUCI,

> invisible il genius loci: il “divo Lupo” , in seguito “san Lupo”, duca longobardo di Bergamo, epoca Carlo Magno, figura leggendaria, confusa con gli omonimi e coevi  San Lupo di Troyes, Verona, Lione, ex antiqua casata franco-longobarda (Lupo, Lupi, de Lupis, Lopez) con grandiosi palazzi a Ragusa, Soragna, Padova,  Roma

e il citato e prospiciente Palazzo Lupi di Bergamo (project 1560 by archistar Pietro Isabello, salone d’onore fantastique, oggi invisible e in svendita, già sede del comando della Brigata Lupi, di stanza alla circonvicina e invisible Montelungo)

> invisible il retroscena: San Lupo era il padre di Santa Grata, la fan girl di S.Alex Martire decapitato per non aver abiurato la fede cristiana: per lui Santa Grata fece costruire non 1 ma 3 chiese: de la Crux, in Columna, ex Cathedra (la grandiosa Cattedrale invisible di Bergamo, demolita per costruire le mura venete)

> show absolut opening at h22.00: lo space inside un teatro verticale su 6 livelli connessi (cripta con vista su atrium-tabernaculum sovra-esposto vs due piani di cubicoli finestrati + due piani di loggette colonnate),

esercitazione mystic luxury d’illusionismo baroque-privè pensato per subvisioni e supervisioni upside-down, accessi-scale come organi viscerali, una elicoidale, l’altra a rampe giustapposte,

tutto in scala ridotta 2:3 ergo adatto a persone piccole e magre e dunque tutto un toccarsi, un chinarsi, uno sfregarsi.

> show incredible at h22.30 pump up the music, un grande show, una sorpresa, Malaikat Dan Singa (angeli e leoni) un trio blues-rock etno-primitivista americano in trip indonesiano scatenato su testo ultrà-romantico old british by William Blake (le tigri dell’ira sono più sagge dei cavalli dell’educazione)

> show strong effect at h23.30: moto ondoso dionisiaco-pelvico from rocker leader to massa compatta di spectatores in trance-compulsion elettronica-voodo, quasi a “stuprare” la delicatessen di uno spazio intimo progettato 300 anni prima per la musica sacra-devozionale,

> show uncommon sense in exitu at 24.00, experience in apparence dissacrance for simplex b.got, non così per l’homo d’ecclesia teologato che apprezza la correttezza filologica del fare musica demoniaca proprio in San Lupo,

cioè colui che protegge dalla possessione demoniaca, dalla paralisi e dall’epilessia secondo il martirologio official dei santi e dei beati della catholic church. Mica scemi in Curia.

(recensione nozionistica by Sean Blazer evento invisible show “malaikat dan singa” tenutosi 24-1-2014 in oratorio San Lupo Bergamo – http://invisibleshow.tumblr.com/)  

le strane parole del papa ai lavoratori della rai

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VaticanoII

incontrando i giornalisti della Rai, Papa Francesco ha raccomandato di mantenere alto il livello etico della professione e ha indicato, condannandoli, i 3 vizi capitali del giornalismo italiano: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia.

Per un attimo abbiamo pensato fosse un scherzo, una parodia da Benigni, quando nei panni di Johnny Stecchino dice: “I problemi della Sicilia? L’Etna, la siccità e… il traffico!”

Invece parlava sul serio, e questo additare la diffamazione e la calunnia come mali supremi, in un’epoca e in un paese nel quale vige la dittatura di comunicazione dei grandi media controllati dalla politica e dalle lobby d’affari, somiglia tanto a un brutto invito alla prudenza, a non toccare i nomi noti, gli uomini di potere,

le istituzioni e le eminenze grigie che da decenni, supportati da schiere di avvocati ben pagati, stroncano sotto denunce per diffamazione e richiesta di danni morali per calunnia qualsiasi anelito di verità sociale, affossando ogni indagine  giornalistica o pubblicazione scomoda.

Forse il Papa non sa che oggi in Italia si può essere condannati per “diffamazione” anche per aver definito “pedofilo” un soggetto già condannato più volte per pedofilia…

Ci saremmo aspettati dal Papa tutto, meno la difesa della “onorabilità”. Forse è disinformato, o raggirato dai suoi stessi uomini di comunicazione…

A ben vedere, con queste parole effettivamente Papa Francesco ha mancato di rispetto a quanti (come Ilaria Alpi, della Rai) hanno perso la vita per scoprire e denunciare verità scomode (poi magari insabbiate da colleghi o superiori rispettosi del buon nome… dei grossi nomi!).

Avremmo preferito associare al livello etico della professione qualcosa di più autenticamente evangelico, e forte, come il coraggio della verità, la tutela dei deboli, la denuncia delle ingiustizie.

Quando Gesù sbatte fuori i mercanti dal tempio, cosa sta facendo, diffamazione semplice o aggravata? Calunnia? L’associazione esercenti di Gerusalemme l’ha poi denunciato?

Un giornalista che ha come prima preoccupazione evitare una denuncia per diffamazione, è già un servo del potere,

e in Italia di giornalisti e intellettuali del genere ne abbiamo già fin troppi, e da troppi anni,

e che Papa Francesco, proprio lui, non si sia accorto di questo, ci preoccupa,

e ci sembra molto strano, non ne capiamo il senso,

forse rivendica a sé, alla chiesa, il compito “scandaloso” della verità e della denuncia?

o forse sta dicendo che l’importante è non fare nomi?

Ci hai lasciati di stucco, grande padre, spiacevolmente di stucco!

(Imago: il Concilio Vaticano conferma il dogma dell’infallibilità papale)

blu chimay rossa pagata 1981

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chimay

una sera di pochi giorni fa, prima di andare a fare una performance da pub writer a un festival della birra, mi fermo a trovare i miei,

mia madre sta facendo ordine nei vecchi armadi, mi mostra delle mie vecchie giacche destinate alla caritas, tra queste il mio piumino Dubin 1980, è un vintage perfetto, lo indosso subito,

mezz’ora dopo alla festa della birra il boss mi mette in mano una manciata di tappi da birra bianchi, valgono come gettoni per le consumazioni, mi riempio le tasche del Dubin vintage e comincio la mia performance,

gente mai vista si siede davanti a me, in 15 minuti mi racconta una storia, io la scrivo in simultanea, i mie soci la stampano e distribuiscono,

ad ogni storia stacco qualche minuto e vado al bancone a farmi una birra a gettone,

finché, verso la fine della serata, forse alla decima birra, il cow boy alla spina osserva il tappo che gli ho dato, se lo gira tra le mani, e ride,

con un tuffo al cuore lo riconosco, è blu chimay, è un flash-back saltato fuori dal vecchio Dubin,

serissimo, dico al cow boy:  non è un gettone qualsiasi quello che ti ho dato, ha una storia, adesso non posso raccontartela, ma è una bella storia, vale molto più di una birra rossa,

d’accordo, risponde lui porgendomi la birra, però mi devi una storia,

e siccome uno scrittore chiaramente è un uomo di parola, la storia è questa:

stazione-dogana di Strasburgo, doveva essere il 1981, per la prima volta sperimentavo l’Europa, in viaggio-comitiva-convegno con i giovani studenti comunisti,

io in coda al gruppo, e sbucata dal nulla al mio fianco ecco questa ragazza che mi parlava camminandomi vicino, addosso,

magrissima, ambrata, slavata, occhi grigi, un viso delizioso, indossava solo jeans e t-shirt, ed era inverno,

mi mostrava come fosse una moneta preziosa questo tappo di birra, mi guardava negli occhi, e mi diceva, in francese: blu chimay è una petit rouge  corposa e persistente,

io avevo sedici anni, lei ne dimostrava di più, ma ne aveva tredici,

diceva d’essere parisienne, diceva di essere scappata di casa da due giorni, suo padre insegnava alla sorbona, sua madre una “gran vacca” della moda,

se tu adesso compri questo tappo, e vieni con me, mi disse, ti racconto una storia,

le servivano i soldi per tornare a casa, e un istante dopo, non so come, ci stavamo baciando con passione, in mezzo alla calca,

mi aveva preso per mano, trascinandomi nella direzione opposta, a bere blu chimay in un pub dietro la stazione,

poi ubriachi ci eravamo ritrovati in una carrozza in disuso su un binario morto,

al termine della notte, prima di scappare via, stringendomi nella mano il tappo blu chimay, mi disse:

finché terrai questo, saremo marito e moglie, ma poi un giorno lo perderai, e allora ti lascerò per sempre, bastardo, e tutto il mio amore andrà al primo fortunato che lo troverà.