la nuova merce informazione

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HPIM2103

(4 note di B.Horn sulla trasformazione in corso della merce-informazione)

1. In passato i mass-media erano espressione egemonica sulla società di un potere economico che li utilizzava per costruire il suo immaginario,

il racconto di sé come unica società possibile, con una mediazione sociale chiamata libertà di stampa.

Come ogni libero pensatore ha potuto verificare sulla propria pelle,

la stampa, costretta nell’economia dell’informazione,

è libera quanto il nullatenente è libero di non andare a lavorare.

2. Oggi la comunicazione è merce nuova. Una merce che realizza il suo valore nello scambio www fra milioni di persone che al tempo stesso sono produttori e utenti.

Una merce gratuita intercettata e controllata nella sua circolazione a costo zero dai generatori di software, dai motori di ricerca e dai social network, nuove forme di monopolio dell’industria del consenso.

Così controllata, la merce comunicazione produce ricchezza per le elites finanziarie

ad opera di eserciti di persone a cui è concesso uno stato di sopravvivenza precaria nella perenne ricerca della notorietà  e del successo.

3. La nuova merce comunicazione genera comportamenti ed emozioni che sono alla base dei consumi e dunque dei flussi finanziari.

La merce comunicazione è dunque una merce di tipo nuovo, che si fonda su uno scambio simbolico culturale in grado di diffondersi  e farsi mercato e generare miliardi di utenti.

4. Mentre la vecchia merce entrava in eccesso nei mercati e provocava la ciclicità delle crisi economiche, ora la merce comunicazione non ha alcuna ciclicità,

il suo potere distruttivo può indirizzarsi verso il valore delle economie che si vogliono soggiogare indipendentemente dal ciclo economico.

La vecchia merce distruggeva i mercati per quantità in eccesso,

la nuova merce distrugge agendo sul valore dei mercati.

Il  valore economico di intere comunità, culture, nazioni può essere raso al suolo e ricostituito ottenendo gli stessi risultati di una guerra senza l’uso delle armi.

La merce comunicazione è la forma attuale dell’economia politica.

B.Horn

compagno Chef Guevara

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ciboTC

Chi è nato in una famiglia operaia o popolare

fin da bambino ha vissuto il cibo come crescita, come quantità,

come materia prima da ingurgitare per  soddisfare l’amore protettivo.

Poi, raggiunta l’età adulta e un modesto benessere,

per mutare la quantità in qualità, la sazietà in piacere

e sentirsi ancorato al materialismo dell’origine,

si dedica alla cucina domestica e diventa Chef,

manipola tradizione e innovazione, natura e religione,

identità femminile e maschile, territori e recinti linguistici

con carni, pesci, verdure, paste e spezie,

diventa un propagandista dell’ideologia del cibo.

L’alimento, il cibo, è informazione e nello stesso tempo energia

che può essere trasmessa per comunicare valori e rafforzare la percezione di benessere.

La sua qualità intrinseca e le sue valenze sim­boliche possono essere utilizzate

per trasformarlo in veicolo di contenuti intangibili e immateriali

così, finalmente, è data l’opportunità a nullatenenti di tutte le età,

di ogni sesso, religione e colore

di potersi liberare dal bisogno

e nutrirsi di pensiero commestibile.

Ammettiamolo: il pensiero rivoluzionario è confluito nel cibo

grazie ad un esercito di ex rivoluzionari che sono diventati Chef.

Hic Rhodus hic salta

B.Horn

photo by 

http://paolomassimotestaphotography.tumblr.com/

all’ultimo banco

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Firestone-(4)

B.Horn, tra i fondatori dell’Internazionale “Turbo e basta”

(“dopo tutto quello che è successo nel Novecento

la parola “comunista” deve essere superata, ma non essendoci nulla

che la possa sostituire nella sua grandezza,

meglio non mettere niente, per il momento”)

oggi scrive:  “la lista della fabbriche morte ogni giorno più lunga:

il più grande produttore di pneumatici del mondo ha deciso

di chiudere il più grande stabilimento europeo, in Puglia (1000 operai);

lo storico marchio Richard Ginori è dichiarato fallito

(indagato per bancarotta fraudolenta l’ex presidente);

e gli operai piangono per il lavoro che non c’è più.

Si producevano non solo copertoni e porcellane

ma  arte, seppure applicata, valori della collettività, cultura di un territorio,

storia, brand globali, la vita delle famiglie e l’università per i figli.

Tutto è perduto senza i copertoni.

La comunicazione generalizza le esperienze e le sofferenze,

così il buon presentatore Santoro ex marxista-leninista

esibisce l’operaio licenziato, l’esodato, il senza futuro,

lo fa per lo spettatore che vive l’emozione e il sottile piacere

di non essere al suo posto, e spera di finire i suoi giorni indenne,  lavorando,

lo fa per lo  spettatore che crede negli ammortizzatori sociali,

nelle nuove relazioni sul territorio  che gli può procurare lo status reale,

– se dichiarato in rete –  di operaio di fonderia licenziato.

Il padre e lo zio si sono bruciati i polmoni in fonderia,

il sistema nervoso  alla catena fordista, ma allora  il lavoro c’era

e loro non lo amavano,  per amarlo dovevano abolirlo.

Ma c’è una via d’uscita nota a chi ha praticato da bambino

l’arte di farsi cacciare nell’ultimo banco, da dove prevenire ogni minaccia.

Amare l’assenza, sognare l’invisibilità”.

B.Horn