con un’immagine-locandina cyber-splatter, adatta a un concerto punk-teenager,
+ un vecchio titolo pseudo-sovversivo, stile Il manifesto anni Ottanta,
+ un comunicato stampa rigorosamente democristiano (offrire, a distanza di qualche mese, una riflessione che permetta di non disperdere il patrimonio di lavoro compiuto)
gli architetti di Bergamo si sono esposti stamattina in convegno sulla scena del Donizetti.
Originariamente previsto nel foyer, il convegno si è poi svolto in platea.
Tema: sviluppo urbano e politiche culturali.
Senso del convegno: dopo la “fregatura” presa su Bg2019, mettere le mani avanti su Expo2015.
La fregatura gli architetti su Bg2019 l’hanno presa in questo modo: originariamente esclusi dal comitato promotore (e dal budget, come tutti) sono stati inclusi di facciata all’ultimo momento, barattando l’adesione con la promesse di finanziamenti europei in caso di vittoria,
in questo modo hanno perso sia i finanziamenti, che la faccia,
ora, per ridarsi una faccia (e forse pensando anche ai finanziamenti expo) si espongono formalmente aggressivi (locandina e titolo) ma sostanzialmente disponibili (comunicato).
Sul palcoscenico i dieci relatori seduti dietro un lungo tavolone, coperto da un orribile assemblaggio di tovaglie stiracchiate.
Il convegno si è sviluppato in tre movimenti:
1) rappresentanti di altre città, che hanno raccontato progetti riusciti di interventi partecipati a Matera, dove la candidatura a capitale culturale è nata dal basso, da associazioni di cittadini, a Siena, a Torino,
progetti di architettura in grado di trasformare la percezione del patrimonio storico-architettonico che non è una cosa, ma un processo, e anche un conflitto, e dunque comprende anche le azioni sovversive, le iniziative abusive che svolgono un ruolo propulsivo di agopuntura urbana sul corpo delle città.
2) momento clou, l’archi-star Stefano Boeri (figlio dell’arci-designer Cini Boeri, già assessore cultura a Milano e a capo del primo master plan Expo2015) si è fatto dare un microfono, si è piazzato sul palco spalle alla platea, e si è denudato
raccontando molto francamente i suoi più noti fallimenti del recente passato, come la megasede magna magna del G8 che non si è tenuto alla Maddalena,
e del prossimo futuro, come lo snaturato e megacostoso bosco verticale di Milano, ben sintetizzato da un angosciante video-supplizio che mostrava tutta la sofferenza provata da quelle piante tirate su con la gru a 300 metri, in un altro clima.
(Ti regalo una certezza, Boeri: quelle piante smetteranno di vivere, nonostante gli impianti ipertecnologici per tenerle in coma vegetativo, a causa dello shock provato. Come qualsiasi botanico ti potrà spiegare, una pianta non è fatta di pietra inerte, ma è un sistema nervoso, un corpo fibroso, linfatico, organico, tenuto in vita da un “sentimento” base,
il sentimento di essere una pianta, radicata nella terra, che ogni giorno trova il coraggio per protendersi di qualche millimetro verso la luce, verso l’alto. Se tu la sollevi nel vuoto a 300 metri d’altezza con una gru, la pianta muore sul colpo, muore di vertigini, di panico, te lo garantisco, chiunque abbia una parte vegetale molto sviluppata vedendo quel video te lo potrà confermare)
tagliare un bosco vivo per fare un bosco artificiale, di facciata, costosissimo, mi è sembrata la metafora perfetta del tema del convegno, il senso della cultura per le istituzioni
lo spogliarello Boeri dice questo: il destino fallimentare dei grandi progetti–grandi eventi.
3) Infine, i candidati sindaci dei 3 grandi schieramenti: Tentorio, Gori e Zenoni.
A loro gli architetti bergamaschi per voce del loro vicepresidente portuguese chiedono che progetti hanno e se pensano di indire concorsi.
Tentorio non dice niente, però fa una gaffe, dicendo di doversi tenere buona l’ANCE che è sua cliente,
Gori dice qualcosa di sinistra, ma poi ha un vuoto di memoria, dicendo “3 cose in città alta”, ed elencandone 2.
Zenoni ha un tono da sacerdote, e quasi sussurrando dice le cose più pesanti: mentre la gente esce alla spicciolata, parla degli ex ospedali e invita gli architetti a essere partecipativi davvero, non solo iscrivendosi ai dovuti concorsi, ma offrendo ciò che viene prima dei concorsi, le idee, le visioni in base alle quali nasce il consenso, la decisione pubblica, e quindi il concorso pubblico.
Ma ormai molti dei presenti se ne sono già andati.
PS: nessuno ha avuto il coraggio di dire qualcosa, fare richieste, proposte, prendere impegni sulle due massime vergogne-emergenze dell’architettura urbana: il cantiere-frana abbandonato della Rocca, e gli insensati totem della cultura.