Expo 2015 a Bergamo è già finita

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Expo 2015 a Bergamo è già finita. Vai sul sito dedicato, expo.bergamo, e la prima cosa che leggi in > Expo2015 > sistema Bergamo >  “Sistema Bergamo parteciperà al Padiglione Italia con uno spazio espositivo dedicato per una settimana a cavallo tra settembre e ottobre 2014”.

2014? Se lo correggi subito, un lapsus è solo un lapsus; ma se dopo un anno non l’hai ancora corretto non è più un lapsus: è un requiem, significa che quel sito non lo guarda nessuno, nemmeno chi lo gestisce.

E forse il sistema Bergamo, la Bergamo experience effettivamente è già morta, è già finita prima ancora che Expo apra i battenti. Lo percepisci dai discorsi, dagli atteggiamenti nel mondo dell’expo-business. Fino ad ora abbiamo visto un grandissimo “das de fà”, darsi da fare, e qualsiasi cosa diventava un “lo facciamo in occasione dell’expo!”. Adesso vedo già gente che dice: “Ehh! Adesso c’è l’expo, lasciamo passare l’expo, lo faremo dopo l’expo!”.

Questo “Sistema Bergamo” giusto un anno fa in previsione expo ha prodotto anche un suo logo specifico “Idee per expo” con tanto di manuale per l’utilizzo e invito a tutti gli operatori ad utilizzarlo.

Io me li immagino. Riunioni su riunioni. Ci servono idee? Facciamo un marchio per promuovere le idee! Passato un anno, vedi i risultati. In rete trovi forse un paio di agenzie pubblicitarie che l’hanno adottato.

Ma un’agenzia pubblicitaria, o chiunque, con un logo che certifica “qui si producono idee”, con un marchio “emozioni-entusiasmo-energia”  perde di credibilità, e di fatto asserisce il contrario: mancanza di idee, di emozioni e di energia, e infatti per quanto tu smanetti in rete  cercando “idee per expo bergamo” non trovi uno straccio d’idea.

Non che sia facile tirare fuori idee ai bergamaschi. Tanto più che appena uno ha un’idea viene preso per pazzo. Oggi Arlecchino è diventato a sua volta un logo, un marchio turistico, e così il senso vero, tragico di questa maschera, è del tutto travisato: non siamo una città colorata e vivace, ma una città grigia e morta, nella quale l’individuo “creativo” viene bollato come buffone, pazzo e pezzente, e trasformato in burattino.

Basta guardare le 10 immagini di copertina di questo sito expo/bergamo per deprimersi, e vedere che l’idea che la città proietta di sé stessa  è ferma da decenni, mummificata.

Immagini dapprima pesantemente belle e banali (le mura venete, città alta by night, i monti innevati, i dolci colli) quindi leggermente brutte e venali, con il poker pancetta-aero-papa-talanta, e cioè natura morta di salumeria + grande aereo/salsiccia inquinante al decollo (con sfondo città alta e montagne, che ha tutta l’aria del brutto fotomontaggio) + grande faccione al lardo del papa buono (ma ormai a chi interessa, diciamocelo, oltre a qualche nonna indigena e qualche suora filippina?) + logo iper-commerciale della società Atalanta, che fa molto tristezza-business.

Se poi abbassi lo sguardo, e leggi i testi, e guardi le altre immagini, l’impressione di falsità è totale, quasi di volgarità: Bergamo sembra una città di cartapesta, in mano a venditori group-on “imprestati” al turismo, che non sanno distinguere romano e romanico, e trovano tutto romantico.

Io sono convinto che tutti questi autogol di comunicazione rivelino un inconscio molto lontano dalle intenzioni di facciata, a proposito di Bergamo città d’arte e turismo.

In realtà sappiamo benissimo che Bergamo non è una città per turisti. Non bastano i monumenti giusti, se non c’è lo spirito giusto.  Non bastano i marchi, i concorsi, non basta uno slogan. Uno slogan ha forza solo se ha verità.

Non è una città per turisti. Potrebbe persino funzionare.

expo-kmrosso un contronsenso

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confezionatrici-per-biscotti-3

expo è l’occasione per la riconversione del made in italy in food in italy, che evidentemente non è il fast food, ma lo slow food,

non la grande industria, non i mercati globali,

ma la qualità autentica, l’economia, l’ecologia, della filiera corta, km zero,

italy sarà ok se diventerà la terra del buon cibo,

e non lo diventerà grazie ai surgelati e ai 4 salti in padella,

ma con un territorio fertile di cascine, persone, animali, colture, laboratori artigiani etc, cioè il contrario della grande industria, della grande distribuzione,

e invece i nostri presentano al km rosso una specie di expo delle macchine per confezionamento cibo, conservazione, congelamento, impacchettatrici, cioè una fiera di freezeer e domopak, cioè il passato,

il comune ha lasciato le lucine di natale in città per far vedere una città da favola ai delegati expo,

e con questo metodo-fiaba vogliono vendere mostri del passato come invenzioni del futuro, sempre complice la scenografia, il km rosso,

spacciato per un centro d’eccellenza, mentre è solo una scenografia, un muro, con spazi in affitto (alle grandi aziende, visti i prezzi, magari bisognose di fare scena)

in realtà le luci di natale a fine febbraio significano esattamente una città che è rimasta indietro,

di mentalità, coraggio, istituzioni,

molti avrebbero visto bene un’expo “terra madre” magari al lazzaretto di prodotti, colture e animali autoctoni, e delle nuove aziende bio che rappresentano il passato e il futuro, la patata di rovetta, il mais bg, i vini, i veri formaggi, i veri salumi, la pecora bergamasca…

per capire il controsenso di esibire macchine all’expo del buon cibo, basta leggere il nome su l’eco di questo nuovo leader confindustria che ha presentato l’idea expo-machine al kmrosso, matteo zanetti, figlio di emilio,

e leggere le cose apparentemente innocue che l’Eco scrive come: “la Zanetti spa, leader dei formaggi di qualità”…

e io che pensavo che i formaggi di qualità fossero quelli fatti nelle malghe in alta valle secondo metodi secolari,

metodi oggi vietati dalle norme ue, che evidentemente sono fatte dagli industriali della plastica, delle impacchetatrici e dei freezer.