47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 7

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7 paraletteratura giallo-nera – il mito del concorso letterario

 Conversione alla para-letteratura: abbandono le lezioni di Brioschi per quelle di Spinazzola, in un paio d’anni leggo qualche centinaio di romanzi, l’opera omnia di Ed Mc Bain (quasi cento titoli), Nero Wolfe, Donald Westlake/Richard Starck, Simenon, Scerbanenco, Highsmith, Follet, Cussler, Smith e altri.

Nel 1993 mi lego alla sedia come l’Alfieri e in un mese scrivo un romanzo giallo: è la storia movimentata di un sequestro di animale a scopo d’estorsione, protagonista è il barboncino di Liz Taylor, sottratto a  Zeffirelli che lo portava all’aiuola da due sequestratori-motociclisti. Lo mando al premio Tedeschi-Mondadori per il miglior giallo inedito dell’anno.

Vincitore risulta Carlo Lucarelli (allora semisconosicuto) ma “la giuria segnala inoltre”, e c’è il mio nome, e quattro righe di elogio al mio romanzo.

Scrivo al direttore del Giallo Mondadori: “Siete il più grande editore italiano, mi state dicendo “Bravo” perché ho scritto uno dei due migliori gialli italiani dell’anno e non mi fate vedere nemmeno una caramella?” Nessuna risposta.

Crisi.

Vedo per strada Oreste del Buono, lo fermo, gli rifilo il mio giallo, lo seguo, scopro dove abita, dopo una settimana di appostamenti sotto casa sua lo rivedo, gli chiedo, è molto cordiale, mi dice che l’ha letto, gli è piaciuto, e dunque ha passato il mio libro a suo nipote, e chi è suo nipote? E’ l’editore Baldini&Castoldi. Telefono a Baldini&Castoldi, chiedo del nipote di OdB. Dopo varie chiamate mi rispondono con una certa malagrazia di non molestare gli anziani.

Crisi.

L’unico risultato della partecipazione al concorso del Giallo Mondadori è quello di essere finito in so quale mailing list, sta di fatto che mi arrivano nella posta inviti a partecipare a concorsi letterari vari, città di Cattolica, città di Cefalù, città di Vattelapesca, insomma concorsi per autori di racconti o di gialli o di neri o di qualsiasi altra cosa. E chi presiede la giuria di questi concorsi? Carlo Lucarelli.

Crisi.

Non mi scoraggio, e l’anno seguente partecipo nuovamente, con un nuovo giallo, d’intonazione comica, alla maniera di Westlake, che devi mandare in cinque copie a tue spese, ricevuta di ritorno,  mesi di attesa, finché un bel giorno vedo in edicola un giallo Mondadori con la fascetta “vincitore del premio miglior giallo italiano”, all’interno trovo il comunicato della giuria, con in calce la dicitura: “la giuria segnala inoltre quale secondo classificato il romanzo di Leone Belotti…” . Non ci credo. Deja vu. Secondo classificato per il secondo anno di fila.

Crisi.

Non mi scoraggio, peggio, impazzisco: partecipo per la terza volta, e dal momento che si può concorrere con più opere, gliene mando cinque, nuovi, scritti di getto al ritmo di uno al mese, in cinque copi l’uno, venticinque tomi, anche una certa spesa in copisteria. Risultato: nessuna menzione. In totale 7 gialli in 3 anni, centinaia, forse migliaia di fotocopie, in cambio di 2 menzioni.

Crisi.

Consolati, mi dice un amico, c’è chi passa la vita a fare fotocopie, e nessuno lo menziona.

47 tentativi fallimentari d’impresa culturale – 3

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3 giornalismo dilettantelo scontro col potere

Nei successivi otto anni di medie e liceo non scrivo più niente e nemmeno leggo niente (prima divoravo un corsaro nero ogni due giorni) a causa di un trauma educativo occorsomi nella mia prima e unica esperienza di vacanze estive in colonia di mare, a Milano Marittima.

Invece di giocare con gli altri ragazzini, mi isolavo in pineta a leggere, quando ecco che mi ritrovo circondato da una folla inferocita di bambini e suore.

“Eccolo! E’ lui!”. Mi portano dalla madre superiora. Mi accusano del tutto assurdamente di aver spinto un bambino giù dallo scivolo (dalla parte della scaletta). Il poveretto si è rotto un braccio.

Io non c’entro per nulla, ma ben tre stronzetti testimoniano e giurano contro di me (in precedenza, a tutti e tre avevo detto, non sbagliandomi: “tua mamma è una puttana”).

Ricordo perfettamente le parole della madre superiora:

“oggi la spinta, domani il pugno, a sedici anni il coltello, a diciotto la pistola e la droga, è questo che vuoi diventare, bugiardo e assassino?”

Con entusiasmo avevo risposto: “Si!”.

Ero stato condannato a esser rinchiuso nel sottoscala a leggere Moby Dick alla luce di una lampadina.

Passai le tre settimane rimanenti nel sottoscala, senza leggere una pagina.

Dopo un mese al mare tornai a casa più pallido di com’ero partito, e traumatizzato.

Per otto anni non avrei più letto un libro né scritto una parola se non per dovere scolastico.

Alle medie e alle superiori sono uno studente modello, ottimo alle medie e 60/60 alla maturità con un tema su Juve-Liverpool, finale di coppa campioni giocata a Bruxelles e finita in tragedia per il crollo di una tribuna con un centinaio di morti.

Ricordo l’attacco ultra-retorico: “A Bruxelles è morta l’Europa…”

Nello scantinato nel Liceo Lussana, insieme al compagno Lori fondiamo la “cellula comunista” e stampiamo a ciclostile un foglio dal nome “Segnali di fumo”.

Nell’intervallo mi rivolgo a tutte le ragazzine più carine presentandomi come caporedattore di “Segnali di fumo” e chiedendo un’intervista sull’uso della pillola anticoncezionale.

In un articolo chiedo ufficialmente alla scuola di acquistare pillole e renderle disponibili gratuitamente. Come rappresentante degli studenti, faccio la stessa richiesta in consiglio d’istituto.

Dopo due numeri il preside scopre che le riunioni serali nello scantinato sono diventate un ritrovo di fumatori di hashisc (“Segnali di fumo”), e ci fa chiudere.

Ho idea di studiare matematica, vengo selezionato per la Normale, ma nel corso dell’estate riscopro il piacere della lettura: sono in vacanza con mio zio, sacerdote e cacciatore, io e lui in camper a dire messa in lande slave dimenticate da Dio, unico libro sul camper: “Paludi” di Gide. Una folgorazione.

Decido di iscrivermi a Lettere, Statale di Milano, con l’obiettivo di guadagnarmi il pane scrivendo.

Crisi.

Nel frattempo, me ne vado di casa, e mi mantengo lavorando come educatore disabili.

Creo un giornalino “In carrozza!” con resoconti comici delle disavventure quotidiane, stile “quasi amici”, organizzo corse per carrozzelle nella piazza ovale tipo “palio di siena”, e in generale azioni sovversive in luoghi pubblici, e tutto per avere qualcosa da scrivere.

Con la complicità della mamma di un disabile, faccio entrare nottetempo prostitute nel ricovero. Grande divertimento ma gli psicologi comunali non gradiscono.

Crisi.

Mi spostano sui bambini del campo estivo, ed io metto in piedi una nuova redazione di trenta bambini di 6-7 anni. Sul primo numero titolo e apertura con i lamenti dei bambini per la mancanza di fondi del campo estivo.

Quindi organizzo dei blocchi stradali nella via centrale del centro storico (oggi isola pedonale) con i bambini che chiedono una contributo agli automobilisti per un gelato collettivo.

Grande successo di pubblico e grande divertimento dei bambini, ma ancora una volta “i grandi” non gradiscono, e stavolta mi licenziano.

Crisi.

(imago by Monica Marioni)