a volte ritornano

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N70

La notizia circola da tre mesi, ad alcuni pare comica (a volte ritornano) e ad altri tragica (come si uccide l’informazione)

a Bergamo aprirà una nuova testata web di nome Bergamo Post, gravemente finanziata da Percassi Group (“il nostro successo è frutto dell’osservazione della realtà, unito al desiderio e all’ambizione di fare qualcosa di nuovo e di migliore”) e seriamente diretta da Ettore Ongis («Occorre il tempo per approfondire, se non si vuole gettare il cervello alle ortiche. Internet, per sua natura, non ha tempo di rielaborare le informazioni») ex direttore de L’Eco, già presidente del gruppo Imiberg, scuole cattoliche.

Nel 2009, l’allora direttore de L’Eco di Bergamo, così si confessava agli studenti del Mascheroni: «Non avevo le idee chiare su che cosa fare dopo l’università. Per fortuna è la vita che ha scelto per me. La mia prima esperienza da giornalista è  stata nel mondo della Rai. Alcuni dirigenti Rai vollero selezionare e reclutare dei giovani e venni assunto a Radiodue. Poco dopo entrai nella redazione de L’Eco di Bergamo e per così dire mi sistemai».

«Ho sempre pensato che non sia giusto imporre ai ragazzi la lettura dei giornali, nemmeno a scuola. Fino a venticinque anni la Gazzetta dello  Sport è il giornale più adeguato».

Un mito.

Sull’incontro Percassi-Ongis un amico, teorico della davantologia comica, approccio opposto alla dietrologia tragica (le cose sono lì davanti, da vedere, nella superficie delle cose la loro spiegazione)  ha detto: “ma quali lobby e finanza bianca! Piuttosto penso a  quella barzelletta milanese dove c’è un tipo un po’ ciula che chiama un suo amico un po’ ciula e gli chiede: non conosceresti qualcuno…si ma lo vuoi un po’ ciula ?”

Chi vede il lato comico,  pensa che ci sia del comico nel fare un giornale web con un direttore del cetaceo-cartaceo, e anche nell’avere la redazione e il budget per fare approfondimento sul web, e impiegarci tre mesi a partire.

Chi vede il tragico, invece, ha solo da scegliere:  partirei da un Gad Lerner del 2012, su MicroMega: «La confessione dell’imprenditore Pierluca Locatelli che ha pagato un milione e duecentomila euro la licenza per una discarica d’amianto, colpisce soprattutto per la destinazione della parte più cospicua di questa somma: la ristrutturazione “gratuita” della scuola paritaria Imiberg, 700 studenti e 100 docenti, fiore all’occhiello della “libertà d’insegnamento” lombarda.

Nel dicembre scorso Formigoni aveva inaugurato il suo centro sportivo lodandone la fisionomia esemplare, fiancheggiato dal giornalista ciellino Ettore Ongis che sovrintende alla sua gestione da quando il vescovo Francesco Beschi l’ha allontanato dalla direzione dell’Eco di Bergamo per liberare il giornale della curia dai vincoli eccessivi del gruppo di potere ciellino».

Per capire come un soggetto “troppo vincolato a cl per l’eco” possa ora vincolarsi al consumismo turbo capitalista del bell’antonio innominato, una pagina tratta da Sean Blazer, “Lo stile italiano”:

“l’informazione si uccide mettendo, o riportando, ai vertici dei media fidati yesmen molto ben pagati per garantire il massimo torpore d’opinione,

non la redditività editoriale, non la sostenibilità culturale, non la costruzione o la diffusione di una consapevolezza critica, ma proprio il suo esatto contrario, il massimo torpore d’opinione pubblica,

anche a costo di grandi perdite finanziarie, che saranno sostenute da imprese  impure, cioè non da editori puri, ma da super-imprenditori con interessi in settori diversi, che rappresentano il potere secolare, il braccio armato degli oligopoli bancari (quando non ne sono ostaggi)

nel mondo turbo capitalista l’informazione è controllata non attraverso la repressione ma con il finanziamento di testate opprimenti,

attraverso il controllo della pubblicità, in regime di monopolio od oligopolio, quei due o tre gruppi di potere associati escluderanno sia i professionisti che le testate indipendenti, o quelle comunque capaci di sostenibilità editoriale (cioè di stare in piedi per la qualità del prodotto realizzato)  e perciò doppiamente pericolose,

e d’altra parte invece si garantiranno introiti finanziamenti alle testate del gruppo, il che significa  che si darà il posto sicuro, prestigio, denaro e mille altri privilegi a un numero ristretto di direttori, capoccia, caporedattori e kapò,

non importa che sappiano scrivere, pensare, capire, comunicare, importante è che sappiano ammansire, riunire, condurre la redazione e i lettori come un gregge, come un curato fa con i suoi parrocchiani,

e al contempo si affameranno coloro che realmente lavorano, i giornalisti, i giovani freschi di laurea ed entusiasmo, o anche professionisti che da una vita fanno quel lavoro, tutti ridotti a vita a collaboratori esterni pagati una miseria, cioè il massimo della dipendenza, e il minimo della libertà di scrittura, che dovrebbe essere l’unico vero valore della professione”

Infine, per coloro, come me, per i quali  questa nuova notizia-onda, la  new ongis, tecnicamente una risacca,  è peggio che tragica, e cioè funebre (come un requiem all’informazione, alla professione, e allo spirito d’impresa editoriale)

propongo in spirito a volte ritornano  il post L’eco di un suicidio by Leone, dedicato a tutti i precari- aspiranti giornalisti, tratto dal blog estinto bamboostudio, pubblicato all’indomani del cambio di vertice alla direzione de L’Eco:

“Hai meno di trent’anni, sei cresciuto nella favola del Made in Italy, seguendo questa favola hai studiato Scienze della Comunicazione, ti sei laureato, hai cominciato a fare piccoli lavori nel mondo della comunicazione, dapprima gratis (per fare esperienza, curriculum) poi pagato quasi niente, senza alcun contratto, ma sei bravo, ci credi, tieni duro, il tuo lavoro consiste nell’incensare eventi mondani, prodotti di lusso, persone di successo, tu non hai in tasca nemmeno i soldi per comprare le sigarette, non importa, smetti di fumare, sei pronto a fare sacrifici.

Poi ti chiedono di aprire la partita iva, d’accordo, e ti chiedono di diventare commerciale, di vendere pubblicità, d’accordo, puoi fare anche questo.

Con la partita iva chiedi un mutuo per andare a vivere in un monolocale con la tua fidanzata (che è nelle tue stesse condizioni); alla fine dell’anno hai fatturato 10.000 euro, fai parte della generazione 1000 euro, precaria, la “parte peggiore” del paese secondo un ministro, però tu sei in regola, formalmente anzi sei un imprenditore.

Poi vai dal commercialista, dai tuoi 10.000 euro togli l’iva, le tasse, l’INPS, il commercialista, ti restano 3000 netti, in un anno, e hai un mutuo da 6000, cominci ad andare sotto, eppure ti dai da fare tutto il giorno, non hai vizi, non esci mai a cena, non getti un euro in gratta e vinci, non ti droghi, non vai a donne, non hai la macchina.

Prendi la bici, e vai umilmente a chiedere aiuto ai tuoi, pensionati, vai da tua sorella che ha sposato un dentista, cerchi di stare a galla, ma l’anno dopo non ce la fai, non hai i soldi per l’INPS, ti sembra un paradosso essere obbligato a versamenti previdenziali quando non hai da mangiare oggi.

Non hai i soldi, non paghi, allora Equitalia comincia a perseguitarti. Poi non riesci a pagare la rata del mutuo, e la Banca andrà a rivalersi sui tuoi.

La vergogna è troppa, ti rendi conto di aver sbagliato tutto, aveva ragione tua nonna: impara un mestiere, idraulico, panettiere!

Non hai più nemmeno la forza di guardare in faccia la tua ragazza, le dici che hai bisogno di restare solo, la molli, molli anche il monolocale, tiri avanti altri tre mesi fregandotene delle ingiunzioni di pagamento, intorno a te sembrano tutti ricchi e felici, belle ragazze e belle automobili, showroom e vernissage, tu non esisti, i tuoi problemi non interessano a nessuno, non sono contenuti interessanti da condividere su facebook, e così un bel giorno la fai finita.

Il giornale della tua città, cattolico, non racconterà questa vicenda (“Il nostro giornale non pubblica le notizie dei suicidi” si vanta il direttore Ettore Ongis) i suicidi non meritano una parola, non importa se il suicidio è la prima causa di morte giovanile dopo gli incidenti stradali, non importa se i giovani suicidi sono aumentati del 60% in tre anni, non importa se la tua città ha il record di giovani suicidi in Italia.

A nessuno interessa il tuo fallimento, ti negano perfino il funerale in chiesa (eppure da bambino facevi il chierichetto), nessuno ha una parola per te. Eri il migliore della tua generazione, volevi fare il giornalista. Chi ti ricorderà? Nessuno, forse Equitalia. Qualcuno ti renderà giustizia? Qualcuno spiegherà che il vero fallito non sei tu, ma il modello sociale in cui viviamo?

“Ogni tentativo di capire, si inceppa a motivo dei sentimenti che affiorano nel nostro cuore: sentimenti di pietà, di tenerezza e di amicizia, di delusione e di sconfitta, di tristezza e di speranza”. Sono belle parole queste, il Vescovo in persona le ha pronunciate: ma non sono per te, sono per un prete colpevole di molestie sessuali che, smascherato dalle Iene, per un genere totalmente diverso di fallimento e vergogna, ha fatto infine la tua stessa scelta.

“Il suicidio di don Recanati non è un fatto privato, è un grido di dolore e di protesta che sale fino al cielo”. Lo scrive Ettore Ongis, il direttore del giornale della tua città, lo stesso uomo che da dieci anni ignora e quindi denigra migliaia di suicidi come il tuo. È il trionfo dell’ipocrisia di regime. E tu muori due volte. E quelli come te continuano a fare la scelta di Catone.

Sono passati sei mesi, e la notizia del giorno è questa: a l’Eco di Bergamo hanno cambiato direttore.”

> sono passati tre anni, e il direttore scaricato da l’eco ritorna in carica col  post

4 thoughts on “a volte ritornano

    • non mi ricordo allora che fonti avesse, oggi la città it più alto tasso è trieste, ma anche bergamo nn se la cava male, in provincia il tasso più alto è in val brembana

  1. E invece tu di anni ne hai un tantino in più, e esperienza anche, direttamente proporzionale, e dopo una vita, che non basta neanche a intravedere una pensione, da autonoma nel settore della pubblicità – cane sciolto x onestà, in continua formazione e aggiornamento per forza e per passione, cerchi lavoro e..porte chiuse..porte aperte solo alle start-up (e qui mi fermo se no..chi mi ferma più! Complimenti bell’articolo!

  2. l’eco di bergamo è tema dominante in questo sito, e questa è cosa dovuta e sacrosanta per chiunque voglia davvero fare informazione: scontrarsi con la dis-informazione.

    per cominciare si tratta di un giornale (l’eco) che è passato alla storia con il nome di “bugiardino”. l’esatto opposto delle aspirazioni di un qualunque organo di informazione.

    l’eco è un’anomalia tutta italiana, è la manifestazione tangibile del potere della curia in questo paese.

    il gruppo dell’eco di bergamo possiede la più grande agenzia di pubblicità del territorio, dove i secondi arrivati sono ordini di grandezza più piccoli. questo significa che qualunque azienda voglia comunicare, lo deve fare passando attraverso la curia. in proporzione berlusconi con le sue reti nazionali è un dilettante. qui le reti di stato manco esistono. qui lo stato è la curia.

    il gruppo dell’eco possiede anche la radio più ascoltata, e anche la tv più vista, e, last but not least, ha in mano la distribuzione di tutte le testate di stampa: lo sapevate che se aprite un’edicola è il gruppo dell’eco che sceglie e vi consegna tutte le pubblicazioni per i vostri scaffali? non dovete nemmeno scegliere, lo fanno loro per voi, vi arrivano già tutte le testate che il pubblico può desiderare. non vi sta bene? trovate un competitor, e poi ne riparliamo.

    l’eco incarna percentuali di consenso bolsceviche, ma che dico, i bolscevichi avrebbero dato una gamba per avere la penetrazione che ha l’eco.

    quando eravamo ragazzini ci divertivamo a leggere le stronzate che scriveva l’eco in prima pagina (le pagine interne erano troppo già allora anche per noi ragazzini): avevamo dodici anni, forse meno, e già bastava sfogliarlo per ridere. in prima pagina si parlava (si parla) solo di preti, o di anziani che si rompono la gamba scendendo dalle scale. tutto il resto non è mai esistito.

    l’eco è un giornale che nella nostra epoca, in piena crisi delle risorse energetiche, in piena devastazione ambientale, ha ancora il coraggio di pubblicare articoli contro le biciclette “che non rispettano la segnaletica rendendo la vita difficile ai poveri automobilisti”. questa non è miopia. questa è malvagità volontaria. questa è consapevole professione di ignoranza. questa è merda allo stato puro. un articolo così te l’avrebbe parato su per il culo qualunque editor con due dita di cervello. ma l’eco no. l’eco lo sbatte in prima pagina con rimando dettagliato all’interno. questo è l’eco.

    l’eco ha come mission la NON-informazione. il NON dire. l’eco è come una colata di piombo che ha azzerato da sempre l’esercizio delll’intelletualità per più di un milione di persone. conosco tanti cattolici che se ne guardano bene dal leggerlo, l’eco, ma purtroppo sono la minoranza della popolazione, una nettissima minoranza.

    ed è ancora lì. a bergamo non si può fare informazione senza scontrarsi con l’eco. così come in russia non si poteva fare informazione senza pestare i piedi al pcus. peggio direi.

    bergamo è una città, una provincia, stritolata secolarmente da un pensiero univoco. il pensiero della curia. e qui potete dirmi il cazzo che volete ma ho ragione, e lo sapete, è la pura e semplice verità. a bergamo la curia possiede un edificio su tre. ho rischiato di collaborare ad un progetto della curia di censimento dei propri beni: il concetto che ci spiegavano i preti negli headquarters dietro la cappella colleoni era che non hanno la più pallida idea di cosa possiedono, e avevano bisogno di censire tutto. e poi parlano di poveri. e poi parlano di bisognosi. e poi chiedono l’8xmille. e hanno un mare di edifici vuoti che manco sanno di possedere. e in questo ho detto tutto, siamo unici in italia. nemmeno roma, che c’ha er papa, è così. l’eco è lo specchio di tutto questo. strapotere, valanghe di soldi, e una popolazione di capre sottomesse.

    essere stati direttori dell’eco significa essere stati fautori operosi di tutto questo. significa aver lavorato alacremente e volontariamente per la dis-informazione. significa aver passato anni ad impegnarsi per scegliere cosa NON pubblicare, per scartare, per insabbiare, per addolcire, per manipolare. per dire bugie. come tutti hanno ben capito: “bugiardino”.

    ‘ccà nisciuno è fesso’. sappiamo tutto, e non dimentichiamo niente.
    onore a chi ha il coraggio di criticare tutto questo. era ora, e sono sicuro che è solo l’inizio.

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