il fantasma del Sentierone

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Il centro piacentiniano è la cattiva coscienza della città, che si nutre tanto di ignoranza storica quanto di ipocrisia sociale.  Si parla di “centro piacentiniano” come se fosse un’opera di qualità, come fossero “le stanze di Raffaello”, ma basta guardare il ritratto dell’uomo per capire l’opera: pomposo, ingessato, vanesio, ridicolo, Piacentini è il vero volto servile del fascismo, e la sua opera occupa il Sentierone da quasi un secolo a esibire il volto servile della città.

Nel 1907, il 26enne architetto figlio d’arte (o di papà) Marcello Piacentini vince il concorso per il nuovo centro di Bergamo, che poi egli stesso realizzerà tra il 1922 e il 1926, in piena epoca di “sventramenti” dei centri cittadini per l’edificazione del modello di città fascio-monumentale, senza tenere in alcuna considerazione storia e senso del luogo.

Il Sentierone non nasce storicamente come area centrale, ma prende funzione nei secoli come zona connettiva, di incontro, di commercio tra i borghi storici, “discesi” come propaggini indipendenti dalle porte di città alta: da un lato Borgo S.Leonardo, che ha come suo centro Piazza Pontida, dall’altro Borgo Pignolo/Palazzo, che ha come suo centro Piazza S.Spirito. In mezzo, ecco quest’area vuota, che aveva nome di “prato di Sant’Alessandro”, solcato da un “sentierino” (tuttora visibile: è il filare di alberi tra S.Bartolomeo e l’inizio di via XX) divenuto poi “sentierone”, e quindi fiera della città, in seguito abbattuta, e quindi oggetto del concorso del 1907.

L’identità viva, di meeting point, “melting pot” dell’area viene totalmente travisata dalla retorica piacentiniana: basta leggere l’iscrizione sopra il quadriportico, “Civium commoditate et urbis ornamento”, cioè “per la comodità dei cittadini e a ornamento della città”. Difficile immaginare un intento più gretto, del tutto fuori luogo rispetto alla storia e al carattere della città e dei suoi abitanti: dinamici, spartani, poco inclini allo struscio e al salotto, che sono le funzioni disegnate dal giovane Piacentini, funzioni forse adatte a una città meridionale, mediterranea.

Ma mentre il nostro costruiva questo “pasticcio” di ispirazione Jugendstil e Art Nouveau, nell’architettura europea, e in quella fascista, avveniva una rivoluzione, che dalla Secessione viennese doveva condurre al Movimento Moderno, al rifiuto del decorativismo e a una nuova architettura, razionale, funzionale, moderna.

Questo passaggio lo vedi bene se confronti le due architetture “fasciste” di Bergamo centro: il Quadriportico/Sentierone di Piacentini e  Piazza/Palazzo della Libertà di Bergonzo. Tra le due opere ci sono poco più di 10 anni: ma sembrano un secolo!

Nel fascismo c’è sia un aspetto di servilismo/passatismo, succube e decorativo, che un aspetto di rivoluzione/futurismo, razionalista e moderno. Qui scatta l’ignoranza, la superficialità, che ci fa percepire come fascista l’opera di Bergonzo, che invece è autenticamente moderna, e non quella di Piacentini, che è ipocrita e  vetusta.

Vittime delle nostra ignoranza-ipocrisia, da 70 anni teniamo in naftalina l’edificio moderno, razionale, nato innovativo, e ci sforziamo da dare vita all’edificio vanitoso, agghindato, nato già vecchio. Sforzo inutile.

Il centro piacentiniano non è un’opera di qualità, non è funzionale: è un pastrocchio, opera giovanile e già vecchia di un tipico servo del regime, che “come architetto era già morto nel 1925” (parole di Zevi).

Facile chiedere di “revocare” la cittadinanza onoraria a Mussolini, ma se davvero si vuole togliere la patina, l’ipocrisia, l’ignoranza-arroganza vetero-fascista che soffoca la città nel suo stesso centro occorre affrontare il fantasma del Sentierone, cominciando con il guardarlo in faccia. La città ha bisogno di un’altra faccia, autentica, pulita, rispettosa della storia e dello spirito dei bergamaschi.

Alla città, agli architetti, alla giunta, all’immobiliare che ne detiene la proprietà: per cominciare, la soluzione più sensata, semplice, coraggiosa ed economica per ridare vita e funzione al centro di Bergamo è quella di abbattere, demolire, radere al suolo il cosiddetto centro Piacentiniano, cioè il quadriportico del Sentierone, Piazza Dante e Tribunale compresi.

Guardiamo la realtà. L’area chiede di tornare alla sua funzione storica di connessione tra i borghi: da un lato i borghi vivi, molto extracomunitari, e dall’altro i borghi autoctoni, pignolo/palazzo, più morti che vivi. Isole pedonali “isolate” tra loro, che non comunicano, separate e non unite da questo quadriportico falso, non funzionale. Basterebbe riportarlo all’origine, un prato, una piazza, anche un parcheggio avrebbe più capacità connettiva dell’attuale scatolone “comodità/ornamento”.

Siamo ridotti al punto che le persone vanno dove c’è parcheggio. All’Oriocenter c’è parcheggio. Un grande parcheggio centrale, e le persone verranno in centro, e gireranno a piedi per i borghi e le botteghe.

Immagina di radere al suolo il quadriportico, piazza Dante, il tribunale: avrai una grande area di ripensamento, dove il teatro Donizetti ottocentesco e il novecento di Palazzo della Libertà si guarderanno in faccia, senza ipocrisie di mezzo.

Quando hai la coscienza sporca, è inutile rifarsi il trucco, devi prendere coraggio, affrontare i fantasmi, e fare pulizia.

il miracolo della spina di San Giovanni Bianco

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Posso confermarlo, a San Giovanni Bianco accadono miracoli in serie.

Stamattina all’alba, come da prescrizione, mi sono recato all’Ospedale di San Giovanni Bianco per un’operazione ortopedica (rimuovere un cavo metallico dalla rotula).

Primo miracolo: l’apparizione di un’infermiera bionda con gli occhi azzurri, efficiente e gentile.

Secondo miracolo: l’apparizione di un giovanotto non agitato non antipatico non infelice non borioso (il chirurgo) che fa un briefing preciso con noi pazienti prima di tagliarci.

Terzo miracolo: l’infermiera suddetta mi chiede di spogliarmi, sdraiarmi a pancia in giù e aprire le gambe. Quando mi giro a guardare che intenzione abbia vedo che ha un rasoio in mano, e una bacinella metallica, nella quale già immagino i miei preziosi beni. Mi deve depilare. L’acqua è piacevolmente tiepida. Le chiedo: com’è questa storia della spina?

E lei mi racconta: “mia nonna l’aveva vista nel 1932, me lo diceva sempre quando ero bambina, e adesso è successo! Ieri sera mi telefonano, mi dicono che sta succedendo qualcosa, la spina fiorisce, allora chiamo mio marito, che è capoturno e non ha mai fatto un giorno di ferie, e gli dico la spina sta fiorendo, vieni giù in chiesa o non sei più mio marito; poi chiamo mia figlia che era con le amiche, le dico vieni giù in chiesa o non sei più mi figlia, tutta la notte a vegliare in chiesa con tutta la famiglia, un miracolo, e la spina è fiorita”

Quarto miracolo: il chirurgo toglie la spina che ho nel ginocchio, e per la prima volta dopo nove mesi cammino senza tutori, stampelle, viti, cavi metallici.

L’unico miracolo che è mancato, è la fede del nostro vescovo, che in merito alla miracolosa fioritura ha sulle prime dichiarato (tanto per cambiare) che occorre prudenza in queste cose. E anche lui, come un qualsiasi amministratore delegato o conduttore televisivo, si è affidato al parere degli esperti.

Ma io, che ero sul posto, posso testimoniare che a San Giovanni Bianco non solo è fiorita la spina, ma è stata finalmente tolta la spina dalla zampa al Leone qui scrivente.

Così, appena uscito, sono andato a bere una birra alla spina.

 

contro la festa della donna

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In occasione della festa della donna, l’associazione neo-maschilista HS chiede l’abolizione di detta festività, offensiva per tutti i generi, e invita tutte le amiche a diffondere il manifesto dell’Homo Sapiens:

Constatato lo stato di crisi del maschio della cosiddetta “X Generation” (nati dopo il 1965) giudicato mammone, e senza palle,

Analizzato lo stato attuale di pace apparente nella guerra dei sessi in seguito alla vittoria del femminismo sul maschio antico che ha prodotto un maschio debole sottomesso schiavizzato;

Sentita nei nostri organi fondamentali (cervello, cuore, cazzo) un’urgenza vitale selvatica guerriera di ribellione e affermazione positiva solare

H.S.

libera riunione di maschi primitivi del nuovo millennio,

intende promuovere nell’immaginario collettivo una nuova identità maschile

Il nuovo maschio è un Homo Sapiens (HS) in grado di superare le paure del Maschio Debole (MD) e i limiti del Maschio Antico (MA). HS salva e rilancia la sensibilità degli MD con la forza e la sicurezza degli MA.”

Contro la cultura dell’autodisprezzo maschile insegnataci dalle nostre madri

Contro i valori di questa società femmina isterico frigida

H.S. Invita tutti gli uomini di buon senso a pensare e a dire

E’ mio e me lo gestisco io

H.S. invita tutti i maschi consapevoli ad affermare a voce alta la propria vocazione selvatico-ludica

Mantua vs Berghem

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MantuaUn mio amico manager nel settore cultura e turismo, innamorato di Bergamo, convinto che sia la più bella città d’arte della Lombardia, a precisa domanda, confessa di non essere mai stato a Mantova (dove io invece ho vissuto un anno, obiettore di coscienza assegnato all’ufficio del turismo).

Mi chiede se valga la pena spenderci un fine settimana, magari romantico.

Gli rispondo: assolutamente no, e gli elenco sui due piedi 10 buoni motivi per cui non gli conviene visitare Mantova, pena il crollo delle sue certezze sul turismo cultura e romanticismo:

1) lo skyline: il profilo della città ducale appare sospeso sulle acque, subito percepisci la città rinascimentale come scenografia ideale dell’edificio guida, il castello, la corte, e tutto quello che offre in coerenza, eleganza e leggerezza (must pittura: il Mantegna della camera degli sposi, versione privè della cappella sistina; must architettura: il cortile della Cavallerizza);

dopo questo skyline “città d’arte” con grazia, la ns Walled City, dominata dalla sagoma incombente del Seminario, ti sembrerà quello che è, un’accozzaglia edile chiusa, dura, petrosa,

Bergamo è un mattone pesantemente caduto dal cielo, Mantova un miraggio che sorge dall’acqua.

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2) il Mincio: il suo temperamento sentimentale, primavere/estati d’esuberanza gioiosa, autunni/inverni di melancolia sublime, sempre struggente,

strutturato come un carattere psicologico, tre personalità:

> l’io Mincio dal Garda a Mantova, azzurro, bello, risorgimentale, oleografico,

> il super-io Mincio di Mantova, che diventa un lago (a sua volta tripartito: superiore, di mezzo, inferiore) che circonda la città e produce un miracolo, ile isole di fiori di loto, che ti vien voglia di camminarci sopra

> e l’inconscio Mincio, da Mantova al Po, nella deep Po valley, lento, verde, majestic, con strutture ed esperienze d’altri tempi (il ponte di barche, le chiuse di Leonardo)

un corso brevissimo, ma un’importanza, un carisma e un carattere da grande fiume, per questo io lo chiamavo il Minciossipi,

Puoi anche affittare una house-boat, specie di camper d’acqua, senza patente, risalire fino al Garda o discendere al Po. Dopo aver navigato il Minciossipi,  i nostri Serio e Brembo ti sembreranno quello che sono: torrenti, non fiumi.

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3) la basilica di S. Andrea: per gli amanti del genere un orgasmo, e non di orpelli, ma di volumetria, di percezione fisica dello spazio;

lunghissima, stretta, altissima, niente cappelle, orpelli o altre cazzate, un perfetto e funzionale palasport dello spirito, ti fa sentire quello che sei, un microbo, impressionante,

e da fuori non la vedi, non  esiste, quasi completamente camuffata nell’edificazione urbana, vedi solo la facciata, irreale, che sembra un arco di trionfo romano, e un ingresso laterale, che sembra di un’altra chiesa,  essendo dall’altra parte della città.

Una basilica che non c’è, interno puro.

Nel film “Il mestiere delle armi” di Olmi è davvero filmata da Dio.

Dopodiché, se pensi alle nostre chiese, capisci che non ce l’abbiamo una chiesa così, capace di darti questo genere di orgasmo d’interni continuato. S.Maria Maggiore è da orgasmo d’orpelli, e già la seconda volta ti stanca; il Duomo è solo per orgasmi audio quando è in organo;

S.Agostino in teoria, ma una chiesa sconsacrata è un forma-struttura priva di senso, come una Ferrari senza il motore, non è buona neanche da esposizione.

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4) la cucina anfibiotica: se sei più di un turista, e vuoi entrare nello spirito del paese esotico come un vero viaggiatore, ti parlo di trattorie dedicate all’antica cultura autoctona della cucina anfibiotica: gamberi di fiume, rane, lumache, lumachine…

in alternativa, puoi ripiegare sui classici tortelli di zucca, o su un risotto alla mantovana, e a seguire stracotto d’asino e per finire bicchierino di rhum invecchiato, niente ghiaccio, temperatura ambiente.

Dopodiché casoncelli e coniglio e grappino ti sembrerà il parente povero, insipido.

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5) palazzo Te: ll’apoteosi dell’edificio inutile, dell’architettura effimera, senza funzione, puramente dilettevole, capolavoro di Giulio Romano,

palazzo per feste, la socialità come momento teatrale,

regno delle illusioni, una stanza che ti crolla addosso (la sala dei giganti), la facciata monumentale fine a sé stessa, come una quinta teatrale, per esibire un enorme giardino, che del resto ha il solo scopo di occultare un piccolo giardino segreto…

dopo Palazzo Te, le nostre dimore storiche ti sembreranno quello che sono, residenze borghesi, un po’ più grandi.

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6) biblioteca Teresiana: creata da Maria Teresa d’Austria a fine 700, il secolo dei lumi, l’epoca felice del Lombardo-Veneto come provincia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico,

con l’idea di raccogliere, riunire il sapere, e farne uno snodo, un punto di incontro – l’equivalente dei grandi server di oggi – e quindi un centro di produzione culturale,

ma è anche il sogno realizzato di ogni bibliofilo, un castello di libri, di parole, una torre di babele nelle quale arrampicarsi.

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7) Valeggio: il ponte visconteo, e sotto il ponte i mulini del borghetto, oggi convertiti in ristorantini e negozietti,

qui realizzi la gioia infantile del presepio a grandezza reale, qui fatturano in turismo più che in tutta città alta,

e capisci cosa potrebbero essere Porto Clanezzo o Porto Calepio, invece che ruderi abbandonati, infrattati in angoli ignoti di Brembo e Oglio.

foto per UNESCO Comune di Mantova

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8) teatro Bibiena: qui ci sarebbe da scrivere un saggio, ti dico solo vai, prova una serata al teatro Bibiena, e il nostro Sociale ti sembrerà uno spazio misero, e il Donizetti deprimente.

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9) Castellaro Lagusello: un borgo cinto, incastellato, sulle rive di un laghetto a forma di cuore, che in primavera diventa rosso,

detto così e visto così potrebbe sembrarti anche vomitevole, in realtà è realmente incantevole,

non mi viene in mente un competitor degno in Bergamoland, forse il laghetto di Gaiano, con la valle del freddo, ma è più da un cuore in inverno.

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10) gli amanti di Valdaro: l’immagine che non ti scorderai, dopo Mantova porterai con te  questa immagine dell’amore eterno, questo incredibile ritrovamento, una tomba del paleolitico, conservata e visibile in teca così come è stata trovata al Museo Archeologico.

Dopodiché, le nostre celebrate danze macabre del Bonomini in Borgo Canale o dei Disciplini di Clusone, ti sembreranno cose morte.

Questa è la superpotenza dell’amore terreno che trionfa sulla morte, e surclassa il “finché morte non vi separi” cattolico.

E non ti ho parlato delle cose più note, Palazzo Ducale, il Castello, la Camera degli Sposi, il Cortile della Cavallerizza… e poi Sabbioneta, l’utopia rinascimentale della città ideale, con quel suo Teatro Olimpico…

Aggiungi che a Mantova van tutti in giro in bici, niente stress subalpino, si relax food/wine via emilia, e se ti rivolgi a uno sconosciuto non ti prende per malato mentale, e le donne, anche quelle magre, hanno la risata grassa facile…

Alla fine l’amico ha deciso di fare un giro a Mantova, ma invece di ringraziarmi mi ha dato dello stronzo: se tu, mi ha detto, mettessi questa convinzione nel raccontare 10 motivi per venire Bergamo, invece di parlarne sempre male…

 

 

 

 

 

eco di bergamo pubblicitari furbissimi

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In prima pagina, oggi, titolo sul buon signor Persico (scafi per l’America’s Cup), che proclama l’orgoglio artigiano dichiarando “I miei 40 anni al lavoro senza un ufficio”.

A fianco della sua dichiarazione, anzi, a fianco della sua immagine, ecco la pubblicità “Regus – uffici arredati- sale riunioni”. Regus è la multinazionale degli uffici temporanei, con sede in Lussemburgo, e filiali in tutto il mondo, Bergamo compresa: guarda un po’, la filiale Regus di Bergamo ha sede in Palazzo Rezzara, che è anche la sede de L’eco di Bergamo…

Allora, signor Persico, stai pubblicizzando la Regus, ci metti la faccia, ci metti la tua storia aziendale, prendi i soldi o ti stanno prendendo in giro dedicandoti un articolo in prima pagina?

Un caso di pubblicità palese, occulta solo per il testimonial!

La Lobbia 2.0

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Amato da Churchill, dai gangster e dai jazzisti, la Lobbia è un cappello sui generis, a partire dal nome, che è il nome del personaggio da cui nasce, come il Montgomery o il Cardigan,

siamo nel secondo Ottocento, l’epoca in cui nascono tutti i classici della divisa maschile, e parliamo di Cristiano Lobbia, già garibaldino e deputato “radicale” del Regno d’Italia, che denunciò in Parlamento, quando la capitale d’Italia era Firenze, la “lobby” del tabacco e il relativo monopolio nato dalla corruzione.

Per questo il nostro onorevole fu aggredito e bastonato, ma non intimidito, tanto che il giorno dopo si presentò in Parlamento incerottato a denunciare il fatto, ed esibendo all’assemblea il proprio cappello che recava il segno della bastonata, un’infossatura sulla sommità.

La vicenda colpì l’immaginario popolare, e un cappellaio fiorentino, parimenti dotato di spirito anarchico e senso commerciale, mise in produzione il cappello con la sommità infossata, chiamandolo Lobbia: da quel giorno è il cappello di chi non si tira indietro nemmeno dopo esser stato preso a bastonate.

Oggi questo classico, che ebbe grande fortuna nell’età del jazz,  viene riproposto come must fashion, “da portare come tocco classico con divise informali da personaggi eclettici, testimonial di nuove aggregazioni fuori dal coro”

Nella foto, tre onorevoli membri della Lobbia del Leone:

la locandina del magazine CTRL, che sta in piedi senza contributi pubblici e senza essere sostenuto da nessuna lobby finanziaria o politica, dando lavoro e occasioni a giovani creativi con progetti d’innovazione culturale (come gli spettacoli di scrittura collettiva, i concerti invisibili o le gare di nascondino);

la felpa Rosti, maglificio sportivo indipendente, qui un modello vecchio di 10 anni, con il logo dell’uomo che salta nel canale per salvare il suo cane, gesto da cui è nata l’impresa, e lo spirito d’impresa, che oggi sponsorizza atleti, squadre ed imprese sportive di carattere antagonista, e fa disegnare le proprie linee di prodotto a giovani artisti;

la t-shirt Elav, la birra che vale, partner o sponsor di festival musicali, film meeting e fanzine di controcultura,

“perché a un certo punto le dissonanze diventano un controcanto, e impongono una nuova linea tonale: è lo spirito del free jazz, nuove sonorità da nuova mescolanza, è il codice della musica contemporanea”,

è questo il discorso che mi ha fatto il mio amico Akam nel regalarmi la Lobbia 2.0 da lui prodotta (creazioni AkamArt): un gran bel discorso, devo ammetterlo,

come il cappellaio fiorentino che per primo l’ha prodotto 150 anni fa, Akam è prima di tutto un artigiano che vuole vendere le sue creazioni, e proprio per questo ha capito che oggi insieme al cappello bisogna offrire una mentalità, qualcosa di nuovo da mettere in testa.

10 verità scomode sui p…..i

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A margine del convegno “malinconia erotica maschile” tenutosi a Torre Boldone a cura dell’Associazione Nuovo Maschio, nel corso del quale sono stati pubblicati i dati relativi alle abitudini erotiche degli italiani, frutto di una ricerca quinquennale, è emerso, come dato più interessante, il ribaltamento avvenuto negli ultimi decenni tra cunnilingus e fellatio,

per cui se nella generazione precedente nove uomini su dieci non praticavano il cunnilingus, ma pretendevano la fellatio, a seguito della “liberazione sessuale” abbiamo oggi una generazione di uomini che pratica il cunnilingus, mentre l’attività di fellatio, esclusi i rapporti mercenari, si è drasticamente ridotta, specie all’interno della vita di coppia.

Dal dibattito è emerso un vero e proprio decalogo, un manifesto di denuncia delle 10 verità scomode sulla fellatio, che qui pubblichiamo con riserva, per dovere di cronaca:

Nove coppie su dieci sono infelici, e la causa di tutto è che lei non fa p…..i, è questa la prima verità.

Una relazione sessuale senza rapporti orali è impersonale, meccanica, bestiale, triste, destinata a estinguersi, è questa la seconda verità.

Un uomo non è una bestia da sfogare, un p…..o non è un bisogno fisiologico, un p…..o  è intimità sublime, è questa la terza verità.

Una donna che si sente umiliata nel fare p…..i  è doppiamente vittima dei condizionamenti, perché in realtà è l’uomo ad essere umiliato dal rifiuto, è questa la quarta verità.

Un p…..o fatto con amore vale più di mille belle parole, e risolve qualsiasi incomprensione, è questa la quinta verità.

Una donna veramente libera dai condizionamenti adora prenderlo in bocca, come l’uomo adora leccargliela, è questa la sesta verità.

Una donna complessata e passiva può superare ogni suo problema dicendogli: non so fare i p…..i, ma voglio provare a essere sco..ta in bocca, è questa la settima verità.

Una donna che tiene spom…ato regolarmente il suo uomo, non si sentirà mai trascurata, incompresa, non amata, è questa l’ottava verità.

Nove donne su dieci non hanno fantasia e non fanno i p…..i, e le due cose sono intimamente connesse, è questa la nona verità.

Un ca..o pulito, caldo, vivo tra le tue labbra è la bacchetta magica che cerchi invano altrove, e ti farà sentire una fata dotata di poteri magici, è questa la verità finale, amica mia.

L’Eco della rosa

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Opera aperta, sugli specchi, il superuomo di massa, apocalittici e integrati, ma anche il nome della rosa;

la legittimazione a studiare e capire e anche a praticare la cultura di massa, la letteratura di genere, i gialli, i rosa, la fantasy, i fumetti, la televisione, la pubblicità, il cinema, la musica pop;

per la mia generazione, e per me come per molti in modo decisivo, Eco è stato uno dei tre o quattro maestri di pensiero che hanno indirizzato gli studi, la forma mentis, e anche le “avventure” intellettuali e professionali,

il modo di fare ricerca e sperimentazione, con curiosità, passione, coraggio, ma anche con gioia, col sorriso, con divertimento, apertura, vitalità,

ha rilanciato la figura dell’umanista, dell’intellettuale multi-sapio nell’epoca contemporanea, nel nuovo medioevo del villaggio globale, rendendola una figura eccitante, un avventuriero, uno 007 dello spirito, con le sembianze di Sean Connery,

ho scoperto Eco intorno ai vent’anni, leggendo tutti i suoi libri in modo forsennato, e sono subito diventato un nipotino di Eco,

come nipotino di Eco, nella Milano da bere, ho cominciato a fare il copy writer moda e design da un lato, e lo scrittore di harmony dall’altro, e sempre come copertura per fare ricerche, indagini nei sotterranei dei mass media, nel sottobosco del sistema editoria/pubblicità,

e in realtà tutta la passione e l’impegno, la curiosità e l’ambizione, avevano l’unico scopo di attirare le ragazze, ora lo posso dire, io ho fatto lettere per quello,

quando più di una top girl – a lettere ce n’erano tante –  mi ha candidamente ammesso che si sarebbe concessa con grande piacere a un re della lingua come Umberto Eco, notoriamente basso, grasso, pelato – come me, in pratica – allora ho cominciato a leggere Eco, e a diventare un nipotino di Eco,

la cosa ha funzionato a meraviglia, e di tutte le cose belle e nobili che Eco ha portato nella vita dei suoi nipotini, oggi, nel salutarlo, lo ringrazio sentitamente di questa,

e sono certo di non essere l’unico,

ricordiamoci colleghi che prima di Eco vigeva il dogma “lasciamo le donne belle agli uomini senza fantasia”

è stato Eco a renderci consapevoli che, parafrasando Onassis: “tutti i libri del mondo non servirebbero a niente, se non esistessero le belle donne: anzi, non sarebbero nemmeno stati scritti”.

una donna non si tocca nemmeno con una rosa, ma si lascia prendere dal nome della rosa,

poi le ragazze, le donne passano, e resta l’amore per il sapere,

il segreto della Poetica perduta è tutto qui.

 

eco di bergamo vergogna

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Peggio del prete pedofilo, è il giornale paraculo.

Non è nemmeno necessario aprirlo, il numero di oggi, basta leggere il titolo d’apertura in prima pagina: “Sono angosciato per le vittime”;

chi parla è il parroco di Solza arrestato con l’accusa di prostituzione minorile (adescava ragazzini sul web, pretendeva prestazioni gratuite, e avviava alla prostituzione)

“ha avuto un atteggiamento collaborativo e si è detto addolorato per le vittime”;

una storia molto triste e non nuova, le figure che nella società cattolica dovrebbero essere educative, il parroco, il vigile, l’allenatore, e invece eccole insieme per violare e sfruttare minorenni: e tutto quello che ha da comunicare l’Eco è l’angoscia del carnefice!

Povero parroco, ridotto in angoscia dagli insensibili Carabinieri! Questo è giocare sporco, molto sporco. Tuo figlio è stato vittima di abusi, e il titolo del giornale è sui buoni sentimenti del prete-porco.

E poveri noi.L’Eco di Bergamo di oggi è la vergogna della città, ed è un peccato perché rappresenta una testata storica, con lettori fedeli, e anche collaboratori di qualità.

Ma tutto questo viene puntualmente “sputtanato” da uscite come quella di oggi, che azzerano l’etica giornalistica e confermano la malafede di base, cioè della proprietà, la Curia, il Vescovo, anche lui molto addolorato.

Io invece sono indignato, disgustato, irritato. Fermiamo questa barbarie.

 

 

il messaggio di Sanremo

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Brividi ieri sera a Sanremo, quando la pubblicità TIM dice: “Le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover scegliere. Non è fantastico?”

Subito dopo, il conduttore dichiara: “Via al televoto, ognuno ha a disposizione cinque voti, sempre a un euro” (ambiguo, sembra 5 voti per 1 euro, e invece sono 5 voti a 1 euro l’uno…).

In realtà un voto è un sms, che normalmente paghi qualche centesimo. Cosa compri con quell’euro, cosa ti vendono? La tua opinione.

Conclusione: le nuove tecnologie ci danno la libertà di non dover scegliere, ma se proprio vuoi scegliere, puoi sempre farlo a pagamento (e solo relativamente a canzonette). È davvero fantastico.